Nina di Elisa Fuksas
Nina di Elisa Fuksas

Recensione: Nina di Elisa Fuksas


Recensione del film Nina, esordio alla regia di Elisa Fuksas: una riflessione sulla necessità di sentirsi, di ascoltare se stessi per capire cosa si desidera davvero dalla vita.
Voto: 6/10

Agosto, il grande esodo: la città si svuota, ed è allora che, come dice uno dei personaggi del film, "il caos lascia posto al caso". Ed è il caso a governare le vite di quelli che restano, come Nina, giovane appassionata di canto, dolci e della Cina, che passa la sua estate in una Roma assolata e deserta, quasi un luogo incantato dove il tempo è sospeso, come la vita di chi vi abita. Nina si trasferisce a casa dei genitori di un amico per prendersi cura dei loro animali, e comincia così per lei un periodo di transizione prima di quello che sarà, forse un nuovo inizio. Il film descrive l'estate di Nina, i suoi incontri con una serie di personaggi curiosi e affascinanti, i giorni e le notti che si susseguono prima del ritorno alla normalità.

Una trama evanescente, quella di Nina, come la realtà che vuole raccontare, fatta di parole che si alternano a lunghi silenzi, gesti, sguardi, e che suggeriscono così la monotonia delle azioni, l'atmosfera rarefatta che accompagna i protagonisti.

La giovane regista, Elisa Fuksas, che esordisce con questo film nel lungometraggio, è laureata in Architettura e si vede: è infatti evidente l'attenzione fondamentale che riserva al paesaggio e allo spazio, ambientando il film principalmente nel quartiere dell'Eur, fatto di palazzoni bianchi e abbaglianti che di giorno accecano, di notte sembrano custodire tesori misteriosi e segreti nascosti. Uno scenario che a volte è immobile e immutabile come un deserto disabitato, e talvolta invece diventa teatro di un sogno, una visione immaginaria che lo riempie di colore, musica e origami.

Il film prende così la realtà per trasfigurarla in miraggio attraverso gli occhi di Nina, per restituirci il suo tentativo di districarsi nel suo presente fatto di incertezze, volendo forse suggerire anche una precarietà dei giovani, oggi più che mai, unita  alla difficoltà di decidere il proprio futuro. In finale arriva anche, infatti, una riflessione sulla necessità di sentirsi, di ascoltare se stessi per capire cosa si desidera davvero, mentre i luoghi che si attraversano si fanno specchio delle proprie sensazioni.

È indubbio il talento visivo della regista, che carica ogni inquadratura di segni e simboli, dando vita a immagini suggestive con l'aiuto anche delle musiche di Mozart; evidente anche l'affetto per i suoi personaggi, queste figurine pennellate con pochi tocchi che ruotano intorno alla protagonista Diane Fleri.

In questi casi, però, il rischio dell'esercizio di stile è sempre in agguato: volti e corpi si caricano di una valenza estetica, i dialoghi spesso ellittici fanno sì che la forma prevalga sul contenuto, e storie e situazioni rimangano anch'esse sospese,  soffrendo di una trama leggerissima che non permette loro di svilupparsi completamente.

Valutazione di Matilde Capozio: 6 su 10
Nina
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