The Road Within
The Road Within

[Roma 2014] The Road Within, la recensione


'The Road Within' è una pellicola sull'amicizia e sulla speranza, piena di ottimismo, nonostante un senso di tristezza che striscia nel sottotesto narrativo. Interpretato da tre giovani di talento, la pellicola di debutto di Gren Wells è assolutamente da non perdere.
Voto: 8/10

Presentato all'interno di Alice Nella Città, sezione autonoma a sua volta inserita nella kermesse capitolina del Festival Internazionale del Film di Roma, giunto alla sua nona edizione, The Road Within, debutto dietro la macchina da presa dell'attrice/produttrice Gren Wells. Il film è un piccolo gioiello che non sembra affatto essere un debutto cinematografico, per la chiara visione d'insieme che la regista ha dato della sua storia e dei personaggi (splendidi) messi in gioco.

Vincent (il Robert Sheehan di Misfits e Shadowhunters) è seduto in prima fila al funerale della madre, morta presumibilmente a seguito di alcune complicazioni legate all'abuso di alcool. Stretto nel suo vestito nero, però, Vincent non riesce ad esprimere a pieno il suo lutto. Il ragazzo, infatti, ha la sindrome di Tourette e ha spasmi continui che lo inducono ad imprecare in continuazione e a sottomettersi a fastidiosi tic fisici. Rimasto senza madre, l'unico vero supporto mai avuto in tutta la sua vita, Vincent viene affidato dal padre Robert (Robert Patrick) alle cure di una clinica sperimentale guidata dalla dottoressa Mia Rose (Kyra Sedgwick). Qui Vincent viene messo in stanca con Alex (Dev Patel), un ragazzo germofobico con un disturbo ossessivo convulsivo. Sentendosi imprigionato e desideroso di vedere l'oceano, dove sua madre si era sentita felice, Vincent accetta il consiglio della nuova amica Marie (Zoe Kravitz) e ruba la macchina della dottoressa Rose. Al duo si unisce anche Alex; i tre iniziano così un viaggio attraverso la California, seguiti a ruota da Mia e da Robert.

A leggere le descrizioni dei personaggi di The Road Within si potrebbe avere l'idea che il film di Gren Wells sia una pellicola incentrata sulla malattia. Vincent con la sindrome di Tourette, Alex con il suo disturbo ossessivo-compulsivo e Marie che non riesce a guarire dall'anoressia; i tre protagonisti potrebbero essere dunque presi come manifesti di uno stato più generale di malessere, malattia e autodistruzione. In realtà, però, The Road Within è un film sulla speranza, sull'amicizia, sulla (ri)scoperta di se stessi. Al centro del racconto infatti ci sono tre ragazzi che hanno imparato a considerare se stessi come dei reietti, degli scarti che la società vorrebbe smaltire il più in fretta e il più velocemente possibile. In questo senso è emblematico il rapporto che Vincent ha con suo padre: un padre all'inizio stereotipato, perso nei panni di un genitore assente e distratto, che preferisce concentrarsi sulla sua carriera politica piuttosto che sul disagio di un figlio smarrito, privato dell'unica amica mai avuta. E' Robert stesso a far sentire suo figlio solo, abbandonato, un vero e proprio freak show ambulante. Eppure tutto questo viene raccontato dalla Wells con una leggerezza profondamente consapevole che non stanca mai, che non rende pesante il racconto, ma che piuttosto fa sì che esso diventi una sorta di manifesto generazionale. In scena abbiamo tre ragazzi che sognano, sperano, hanno paura. Tre ragazzi con un disturbo psicologico che, tuttavia, non hanno perso (o almeno non del tutto) l'ambizione ad essere  vivi. La struttura diegetica del film si poggia, infatti, su una ricerca continua dell'ottimismo e della speranza, che pur passando attraverso scene politicamente scorrette, non può fare a meno di mettere lo spettatore di buon umore, sebbene continui a serpeggiare – in modo sotterraneo – una sorta di disagio esistenziale. Il tutto viene condito da una colonna sonora alquanto giovanile e sicuramente azzeccata; la composizione generale, così, si mostra senz'altro adatta a toccare le corde del cuore di chi guarda, anche di coloro che sono giovanissimi.

Ovviamente niente di tutto ciò sarebbe stato possibile se non fosse stato per il grandissimo apporto dato dagli interpreti principali. Da questo punto di vista potremmo dire che la pellicola è divisa in due macrocosmi. Da una parte quello rappresentato dai tre ragazzi, dall'altro quello in cui si muovono Robert e Mia. Naturalmente il centro nevralgico dell'empatia spettatoriale è rappresentato dal personaggio di Vincent, che viene interpretato magistralmente da Robert Sheehan. L'attore ha lavorato immensamente non solo sulla personalità di Vincent, ma soprattutto sulla sua condizione fisica. "E' come quando ti scappa uno starnuto" dice il ragazzo, quando Marie gli chiede se sente quando gli sta per venire uno spasmo involontario. E in questa spiegazione si può facilmente rintracciare tutto quello che Vincent diventa grazie al lavoro fisico di Sheehan. Quest'ultimo infatti ha disimparato a muoversi e ha re-impostato il suo corpo sulle frequenze di una persona affetta da questa sindrome. I suoi muscoli si tendono e si piegano, così come la sua voce. E gli spettatori non riescono a credere che tutti quei gesti siano frutto di un'arte interpretativa, visto quanto sembrano naturali nel loro essere non-naturali. Accanto al protagonista, poi, trova spazio una Zoe Kravitz abbastanza credibile nei panni di questa ragazza anoressica che non vuole guarire. Ma il vero comprimario è assolutamente l'Alex di Dev Patel, fissato con la musica classica, incapace di sopportare un contatto umano, ma desideroso di abbattere tutte le barriere che si costruisce intorno, con una serie di "esercizi comportamentali" che, alla fine, riescono a sciogliere senza sforzo il cuore di chi guarda.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
The Road WithinFestival del Cinema di Roma 2014
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