Splice: la recensione


Recensione del film Splice (2009) diretto da Vincenzo Natali e con protagonisti Adrien Brody, Sarah Polley, David Hewlett, Brandon McGibbon, Abigail Chu, Delphine Chan

Recensione del film “Splice” con i personaggi interpretati da Sarah Polley e Adrien Brody. In Italia l’ uscita è per il 13 agosto 2010.Non bisogna commettere, per questo, la leggerezza di considerare il nuovo film di Vincenzo Natali semplicemente come l’equivalente contemporaneo delle derivazioni cinematografiche di Mary Shelley, con le più avanzate teorie e pratiche sulla ricerca genetica a sostituire la scienza di allora.

Perché Splice non è un film su una coppia di ricercatori che gioca a fare Dio, o suoi rischi della manipolazione del DNA, o sulle difficoltà di gestione di una creazione azzardata: piuttosto, inserendosi in un filone che comprende titoli come Rosemary’s Baby o Alien – per citare i due più universalmente noti – Splice ha al centro della sua riflessione il ruolo della maternità, del trauma che rappresenta, delle sue conseguenze e delle sue (ir)responsabilità. E, grazie al complesso e sessualizzato rapporto che la creatura Dren ha con suo “padre” Colin, anche di paternità e ruolo genitoriale in senso ampio.

Attraverso una costruzione formale e narrativa che riesce ad alternare echi vagamente cronenberghiani con momenti più vicini ad un cinema di genere meno autoriale, quasi scanzonato, Natali riesce nel tentativo di strutturare un film che non dimentica mai la necessità di rispettare gli obblighi impliciti nell’abbracciare le convenzioni della fantascienza e dell’orrore e che al tempo stesso porta esplicitamente avanti il discorso tematico e filosofico che gli sta realmente a cuore.

Creatura atroce e sublime al tempo stesso, Dren non è tanto la rappresentazione di una figlia surrogata quanto la traduzione concreta e degenertata dei desideri, delle ansie, delle pulsioni e delle repulsioni presenti nel conscio e nell’inconscio dei genitori. Dove l’aspetto sessuale – che riguarderà Colin e in maniera ancor più drastica e decisiva Elsa – è chiaramente metaforico di forme di possesso e desiderio ben più complesse ed interiori.

Ed in un finale che narrativamente è infarcito di risvolti inquietanti e disturbanti, Splice nasconde anche una testarda e determinata tensione che è liberatoria e positiva nel suo accettare e superare le paure che la protagonista si porta appresso per via dei suoi traumi passati.

Fonte: ComingSoon.it – di Federico Gironi

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