Storia di una ladra di libri
Storia di una ladra di libri

Storia di una ladra di libri, la recensione


Storia di una ladra di libri è un film incentrato sulla parola e sul potere che essa ha di celare anche il più orribile dei momenti storici dietro il velo brillante dell'immaginazione.
Voto: 7/10

Una voce maschile, fuori campo, riempie lo schermo. Su una distesa di bianche nuvole soffici quella voce ci parla, partendo dall'apologo per eccellenza: "tutti moriamo". Eppure, in questa verità incontrovertibile la voice over ci sta mentendo. Perchè lei non muore mai; lasciati alle spalle falce e lugubre mantello, la Morte appare (sebbene con voce maschile si rivolge a se stessa sempre al femminile) come una sorta di Trovatore, un cantastorie che all'umanità dipinge il ritratto degli esseri umani. Ed è in questo racconto che ci viene introdotta Liesel, una bambina dai capelli biondi che, in un treno che taglia la bianca distesa di neve, affronta una sorta di viaggio della speranza insieme alla madre. Un viaggio che della speranza perde subito i contorni, dal momento che il fratellino minore muore e Liesel è costretta ad andare da una famiglia tedesca, composta dal mite Hans (Geoffrey Rush) e dalla tempestosa Rosa (Emily Watson), due genitori che più tardi Liesel stessa descriverà come "un uomo dal cuore a fisarmonica e una donna vestita di tuoni". Mentre la seconda guerra mondiale è ancora solo un miraggio, Liesel comincia a vivere in una Germania su cui l'ombra di Hitler allunga già le sue dita avide di assolutismo. Sotto la cappa di un nazismo sempre più soffocante, Liesel impara a leggere e ad innamorarsi dei libri, proprio quando essi sembrano essere diventati un bene proibito. Nella lettura la aiuta Max, ragazzo ebreo che i coniugi Hubermann nascondono in cantina. Le parole, allora, diventano le migliori amiche di Liesel, che attraverso la lettura e l'immaginazione trova un modo per sfuggire agli orrori che cominciano a perpetuarsi nel suo mondo, sotto la mano algida di una guerra che toccherà tutti, compreso il suo migliore amico Rudi, dai capelli "gialli come il limone"

Tratto dal romanzo di Markus Zusak – che è rimasto nella classifica dei best seller del New York Times per qualcosa come sette anni – Storia di una ladra di libri è una pellicola che mira a spiegare uno dei periodi più oscuri dell'umanità ad un target giovanile. L'intendo pedagogico del racconto si evince facilmente nella costruzione narrativa che il regista Brian Percival ha costruito intorno ai suoi personaggi. Un mondo fatto di parole sussurrate, battute rubate nell'intimità di una cantina umida e fredda, e storie inventante mentre l'universo intorno trema per i bombardamenti. Tutto questo, però, comporta un effetto negativo: la storia, in questo modo, rallenta, si propaga quasi all'infinito, finendo in alcuni punti per diventare ridondante. Perchè questo è il problema di Storia di una ladra di libri: a tratti annoia. Pellicola pensata per colpire dritta alla pancia dello spettatore, trascinandolo in un vortice mortifero di sofferenza Storica, Storia di una ladra di libri riesce in questo intento solo a metà. Perchè di certo non mancano le sequenze che fanno commuovere, che tirano un pugno allo stomaco di chi guarda, costringendolo a fare i conti con un bagaglio storico che, seppur privo di esperienza, dovrebbe essere comunque abbastanza pesante da impedire all'Uomo di ricadere nei propri errori. In questo senso sono molto esplicative le sequenze della fuga di Max, così come quella dell'attacco aereo a Via del Paradiso (di sicuro una delle scene più belle ed emozionanti di tutto il film). Ma intorno a questi guizzi ci sono segmenti più o meno lunghi volti ad indagare la situazione quotidiana di chi ha affrontato quel periodo, di chi era costretto quasi a tenere sempre una bandiera del Reich a portata di mano. L'indagine, però, sembra sempre fermarsi alla superficie, all'apparenza intorno a Liesel e ai suoi rapporti umani; elementi, questi ultimi, che sono il vero cuore centrale del film.

Dove Storia di una ladra di libri riesce alla perfezione, senza sbagliare, è nella rappresentazione di una Morte meno mortifera di quanto si possa immaginare. Pur non  brillando per originalità, il film riesce a descrivere i contorni di una Signora Morte che racconta e si innamora degli esseri umani. Non più un fantasma che scivola di notte per ucciderci con la sua falce, ma un uomo comune che accoglie le anime nelle sue braccia amorevoli. Gli inserti in cui è la morte a raccontarci gli eventi o a spiegare cose già rese chiare dalla costruzione delle inquadrature, sono sicuramente tra i più riusciti di questa pellicola che, nonostante i difetti evidenziati poco più sopra, rimane un film godevole da vedere, che riesce comunque a commuovere in più punti del proprio racconto, anche grazie alle buone interpretazioni del cast, su cui troneggia un Geoffrey Rush come sempre incredibile, questa volta nei panni di un uomo ancora profondamente ingenuo e che, per questo, risulta quasi anacronistico in un tempo in cui l'umanità ha dato il peggio di sè.

Valutazione di Erika Pomella: 7 su 10
Storia di una ladra di libri
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