The Courier, Benedict Cumberbatch
The Courier, Benedict Cumberbatch

The Courier, Benedict Cumberbatch è una spia alla Festa del Cinema di Roma


Alla Festa del Cinema di Roma arriva 'The Courier', la pellicola con Benedict Cumberbatch: l'incredibile storia vera di un normale cittadino londinese che ha trovato il coraggio di improvvisarsi spia e, poi, eroe
Voto: 8/10

Alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Tutti Ne Parlano, arriva The Courier, la pellicola con cui il regista Dominic Cooke abbandona i toni (melo)drammatici di Chesyl Beach e si avventura invece nel racconto emozionale ed emozionante di una pagina che ha visto la Gran Bretagna svolgere un ruolo fondamentale durante la Guerra Fredda e, soprattutto, nella disarma di possibili testate nucleare pronte a far precipitare il mondo nel caos della guerra e della devastazione.

The Courier, infatti, racconta la storia vera di Greville Wynne (un sempre straordinario Benedict Cumberbatch), un uomo d'affari, un uomo comune quasi di stampo hitchcockiano che accetta di essere il ponte tra gli Stati Uniti e Oleg Penkovski (Merab Ninidze), un alto funzionario russo, di Mosca, che decide di tradire le proprie credenze così come il suo paese nel rendersi conto che la Russia ha tradito gli ideali di pace, mettendosi sul piede di guerra con la scelta di dedicarsi al nucleare. Viaggiando tra Londra e Mosca, avanti e indietro in modo quasi continuativo, Greville e Oleg diventano non solo collaboratori di un piano molto delicato e pericoloso, ma anche amici con l'ideale condiviso di provare a cambiare il mondo e di migliorarlo. Tuttavia la Russia della Guerra Fredda e del KGB non è forse il luogo più adatto per pensieri del genere…

The Courier è, più di ogni altra cosa, un film di scrittura. L'azione che viene raccontata, così come la tensione che si costruisce intorno all'incontro/scontro tra due culture, passa essenzialmente attraverso dialoghi che riescono a catturare l'attenzione allo spettatore, lasciandolo smarrire (in senso buono) all'interno della pellicola. Per le quasi due ore di durata sembra non esistere nient'altro che il coraggio di Oleg e la determinazione di Greville, un eroe che non pensava di esserlo e che si reinventa spia quando il suo Paese gli chiede aiuto e, soprattutto, quando scopre che una persona a cui si è affezionato potrebbe avere bisogno di lui. Di certo il film di Cooke non mostra niente di particolarmente originale. Né nell'idea di un uomo comune strappato alla sua routine, né nella rappresentazione di una Russia buia, quasi medievale, che ancora oggi suscita terrore e sgomento per le pratiche che venivano messe in atto ai tempi dell'U.R.S.S., tra intimidazioni, limitazioni della libertà individuale e soprusi che, a volte, hanno superato anche l'immaginazione. Da questo punto di vista non c'è niente di nuovo, niente che non sia già stato mostrato, tanto al cinema quanto in letteratura, come accade ad esempio nella trilogia dedicata a Leo Demidov dallo scrittore Tom Rob Smith.

Eppure questa mancanza di originalità nella narrazione e anche nella struttura narrativa non inficia minimamente l'esperienza di chi è seduto in poltrona, che si lascia rapire dall'ottima interpretazione di Benedict Cumberbatch che raggiunge l'apice nella parte finale del film, quella in cui ovviamente non ci avventuriamo per non fare spoiler. Il film si presenta con una messa in scena pulita e precisa, che ha forse un impianto teatrale, coi suoi luoghi chiusi e la luminosità ridotta alla penombra. La resa tecnica abbraccia la storia, in un connubio che funziona alla perfezione, che non lascia intravedere crepe di insicurezza o inesattezze. Da applaudire anche l'uso della fotografia, con la presenza di scene annegate nell'oscurità dei neri saturi, contro cui si stagliano i volti dei protagonisti, come maschere della commedia dell'arte strappate ai loro palcoscenici per precipitare nel terrore della vita vera.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
L’ombra delle spieFesta del Cinema di Roma 2020
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