The Dinner
The Dinner

The Dinner, Recensione film con Richard Gere


Due coppie, un ristorante di lusso, una cena che nasconde un orribile segreto: Richard Gere e Steve Coogan protagonisti dell'adattamento del best-seller La Cena.
Voto: 6/10

Tolstoj scriveva che tutte le famiglie felici si somigliano, mentre ogni famiglia infelice è disgraziata a modo suo: è una citazione ricorrente nel romanzo La cena, bestseller internazionale a firma dell'olandese Herman Koch, e sembra ben adattarsi al quartetto dei suoi protagonisti.

Il romanzo è giunto ora al suo terzo adattamento cinematografico, dopo una prima versione olandese, l'italiano I nostri ragazzi (2014, regia di Ivano de Matteo) e adesso The Dinner, diretto dall'israelo-americano Oren Moverman (anche se originariamente era previsto come debutto alla regia di Cate Blanchett).

A differenza di quella italiana, che si prendeva diverse libertà, questa trasposizione è piuttosto fedele al libro, anche se l'ambientazione si sposta in America.

Paul Lohman (Steve Coogan), ex professore di storia, si reca controvoglia, insieme alla moglie Claire (Laura Linney), a cena in un ristorante di lusso su invito del fratello Stan (Richard Gere, già protagonista del precedente film del regista, Gli invisibili), politico in corsa per la carica di governatore, accompagnato a sua volta dalla giovane moglie Katelyn (Rebecca Hall).

Si capisce da subito che c'è tensione nel rapporto tra i due fratelli, e una serie di conflitti mai risolti, e ciò viene a galla specialmente quando le due coppie devono affrontare un fatto di cronaca che riguarda da vicino i loro figli adolescenti. Alle immagini della serata, scandita dalle portate della cena, si alternano una serie di flashback che mostrano il passato dei protagonisti (introducendo il personaggio di Chloe Sevigny, prima moglie di Stan).

Quello della cena è solo il punto di partenza per una storia che offre molteplici spunti di discussione: la superficie di colta e rispettabile società borghese (evidenziato anche dall'ambientazione nel ristorante stellato, sbeffeggiato per la sua cerimoniosa pretenziosità) che svela pian piano il suo aspetto più brutale, come accadeva ad esempio anche in Carnage di Roman Polanski. Da lì parte la riflessione su razzismo, ipocrisie, mancata assunzione di responsabilità, un agire per interesse individuale che rimanda alla situazione socio-politica più d'attualità: la violenza insita nel quotidiano va a sovrapporsi a quella tramandata dalla Storia (la battaglia di Gettysburg, sorta di "peccato originale" per gli USA, che tanto ossessiona Paul); non manca neanche un accenno all'influenza negativa della tecnologia, e all'idea deviata di intrattenimento che ne consegue.

Andando a scavare nel privato, vediamo poi la contrapposizione tra i due fratelli, il successo dell'uno in confronto al fallimento dell'altro, e le insidie del rapporto tra genitori e figli; e, non ultimo, il tema della malattia mentale.

Una struttura complessa, quella del romanzo, da tradurre sullo schermo, per l'abbondanza di trame e sottotrame che attraversano anche i diversi generi cinematografici: dal dramma, alla satira, al thriller; lo stile frammentario del racconto, evidenziato anche dall'alternarsi di più stili visivi, non sempre aiuta a mantenere alta la suspense: quello che dovrebbe essere, nelle intenzioni, il fulcro della storia, il dilemma morale dei protagonisti, passa un po' in secondo piano, sino al brusco finale che non lascia pienamente soddisfatti.

Valutazione di Matilde Capozio: 6 su 10
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