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The Lone Ranger [2]

Recensione del film The Lone Ranger di Gore Verbinski con Johnny Depp: un'avventura iconografica lungo i luoghi di un cinema che da tanto tempo non veniva trattato.

Il 30 Gennaio 1933, sulle frequenze della radio WXYZ di Detroit faceva il suo debutto un racconto western destinato, negli anni, a diventare un vero e proprio fenomeno di culto nella terra a stelle e strisce. The Lone Ranger, con i suoi 2.956 episodi radiofonici ed una trasmissione sulla ABC durata otto anni, è diventato un simbolo iconografico della cultura mainstream americana, dove il personaggio del cavaliere solitario ha scalato le classifiche dei personaggi più amati. Ora questo lascito viene recuperato dal regista Gore Verbinski e dal produttore Jerry Bruckheimer – la famosa coppia che ha riscritto il genere piratesco con la saga di Pirati dei Caraibi – con un film spettacolare, che alla grandezza degli effetti visivi alterna una sceneggiatura lineare e solida, che ben si sposa con la voglia dello spettatore di farsi irretire dal racconto.

Tutto comincia quando John Reid (Armie Hammer, già visto in The Social Network) decide di tornare nel proprio villaggio d'origine, dove ad aspettarlo c'è il fratello maggiore Dan (James Badge Dale), un texas ranger che da molto tempo dà la caccia a Butch Cavendish (un ottimo William Fichtner), uno dei fuorilegge più ricercati del paese. Quando però i due fratelli ligi al dovere decidono di partire per un ulteriore tentativo di cattura, non possono immaginare in alcun modo di essere diretti verso una trappola imbastita da un amico che li ha traditi. Così, prima di poter far rispettare la legge, il gruppo di texas rangers viene abbattuto. L'unico superstite è proprio John Reid, che viene aiutato dall'indiano Tonto (Johnny Depp) che, proprio come lui, ha sete di vendetta nei confronti di Cavendish. Sullo sfondo della costruzione della ferrovia, John Reid decide di rinunciare alla propria specificità individuale, nascondendosi dietro una maschera attraverso la quale decide di fare giustizia e vendicare la morte del fratello.

John Wayne – non a caso il volto più riconoscibile e simbolico del genere wester e del cosiddetto cinema di frontiera – una volta disse che nessuno dovrebbe andare al cinema se non è disposto a credere negli eroi. The Lone Ranger reclama la stessa avvertenza: se non siete disposti a seguire il corsus di nascita e ascesa di un eroe, seguendo vittorie e sconfitte lungo un percorso accidentato, allora questo non è il film che fa per voi. Lungi dal voler reinventare gli stilemi di un genere fortemente stilizzato come quello del western, The Lone Ranger al contrario omaggia quello stesso tipo di cinema, perdendosi lungo i paesaggi sconfinati e sempre affascinanti della Monument Valley, tingendosi di tinte ocra e vinaccia, che rimandano quasi il sapore della terra e del deserto.

Protagonista della vicenda è uno studente di legge pieno di ingenuità, ancora vergine di fronte ad un mondo che vorrebbe proteggere senza però conoscerlo. Le quasi due ore e mezza di racconto, allora, servono per raccontare l'ascesa verso un cinismo pacato, una presa di coscienza che, se da una parte reclama ancora il proprio bisogno di purezza e giustizia, dall'altra non può fare a meno di scendere a patti con una realtà ben diversa da quella che John Reid, con i suoi abiti patinati e la sua gentilezza quasi femminile, ha inseguito sui libri. E, per questo, John Reid si trasforma in eroe.

La tragedia che lo colpisce, e che rappresenta quel climax necessario affinchè un eroe decida di prendere parte all'avventura che lo vede come protagonista, spinge John Reid a riscrivere i filamenti del proprio dna, reinventandosi costantemente, senza trovare mai pace. Le persone che lo legano alla vecchia vita – come la cognata Rebecca (Ruth Wilson) – sono ponti da bruciare, ombre che inseguono il cavaliere solitario. Ad emergere, in loro vece, è la figura affascinante dell'indiano Tonto, un Johnny Depp strepitoso che rinuncia all'esagerazione che, negli ultimi anni, è stata marchio d'infamia per la maggior parte della critica. Tonto è un personaggio tragicomico, un bambino cresciuto a metà, un adolescente schiacciato dai propri sensi di colpa e desideroso di rivalsa, un affascinante outsider che riesce a rimandare le proprie sofferenze intime grazie alle ombre che passano sui suoi occhi scuri. La strepitosa prova istrionica offerta dall'interprete di Jack Sparrow offre al film un livello empatico d'alto impatto emotivo. E in effetti è proprio nell'ottima chimica dei due protagonisti che il film trova la sua cifra di successo. Per gran parte della pellicola, Tonto chiama John Reid con un nomignolo indiano che si traduce come "fratello sbagliato". Man mano che la storia avanza appare sempre più evidente che il nomignolo potrebbe facilmente trasformarsi per rimandare l'immagine di due anime affini, due storie simili che razza e destino hanno separato al momento della nascita.

Al di là delle interazioni tra i due protagonisti – tutte basate su una forte dose di irresistibile ironia – The Lone Ranger è una pellicola irresistibile grazie soprattutto alla colonna sonora che Hans Zimmer cura con una precisione quasi chirurgica. La scena finale della riconcorsa sul treno, con tanto di omaggio all'entrata in scena di Jack Sparrow ne La maledizione della prima luna -, col recupero reiterato del Guglielmo Tell di Rossini, vale da sola il prezzo dell'intero biglietto. La partitura musicale – che accompagna alla perfezione gli scambi buffi e divertenti dei protagonisti – ben si sposa con gli effetti visivi che, scevri da un inutile 3D, e uniti ad una fotografia spettacolare, permettono allo spettatore un più ampio respiro, dandogli così la possibilità di cogliere i vari omaggi, non solo al cinema di frontiera (come ad esempio Ombre Rosse), ma a veri e propri film cult, come Frankenstein Jr. di Mel Brooks.

Con un ultimo cenno alle buone prove offerte dal cast – e soprattutto dal villain William Fichtner – The Lone Ranger si appresta ad arrivare al cinema con l'abito scintillante dei film che non si possono perdere. Un'avventura iconografica lungo i luoghi di un cinema che da tanto, molto tempo, non veniva riportato in auge. E due protagonisti ai quali, credeteci, donerete volentieri il vostro cuore.

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