Unbroken
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Unbroken – la recensione


Seconda opera di finzione da regista di Angelina Jolie, Unbroken racconta la lunga vita di Louis Zamperini, atleta e soldato statunitense durante la Seconda guerra mondiale. Una storia interessante realizzata però con uno stile un pò anonimo e poco coraggioso.
Voto: 6/10

Angelina Jolie, forse l'attrice più famosa al mondo, con Unbroken torna per la seconda volta dietro la macchina da presa per realizzare la sua seconda pellicola di finzione nella veste di regista. Dopo In the Land of Blood and Honey, film che una storia d'amore nata durante  la guerra in Bosnia ed Erzegovina, la regista torna ad affrontare nuovamente il tema della guerra, questa volta si tratta della Seconda guerra mondiale e si racconta la vita del famoso atleta statunitense Louis Zamperini, il quale ha dovuto rinunciare alla sua carriera sportiva perché richiamato alle armi. Louis è venuto a mancare da pochi mesi alla veneranda età di 97 anni. La pellicola si basa sul libro Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio, rieditato poi ora con il titolo Unbroken, scritto nel 2010 da Laura Hillenbrand e la sceneggiatura è realizzata niente meno che da Joel e Ethan Coen. Per il ruolo del protagonista la Jolie ha scelto appositamente un volto poco conosciuto, quello dell'attore britannico Jack O'Connell.

Dopo un'infanzia difficile, fatta di bullismo e un padre severo, vissuta da immigrato in quanto i suoi genitori erano italiani emigrati negli Stati Uniti per inseguire il sogno americano, Louis Zamperini (Jack O'Connell) vive un momento di riscatto alla superiori, quando diventa  membro della squadra di atletica. Il suo talento non tarda a farsi notare, tanto da entrare a far parte della squadra Olimpica degli Stati Uniti nel 1936. Nonostante non vinca nessuna medaglia tutti non possono non notare il suo grande talento che sarebbe sicuramente sbocciato quattro anni dopo, nell'edizione delle Olimpiadi a Tokyo se non fossero state cancellate a causa della guerra. Luois diventa membro dell'Air Force come bombardiere, fino a quando l'aereo dove si trova precipita e rimane ben 47 giorni in mare aperto prima di essere salvato dai giapponesi e catturato come prigioniero di guerra, dove subisce gravi torture.

Ne ha fatta di strada Angelina da quando era una giovane scapestrata che viveva una vita folle e volta all'eccesso. Ora oltre ad essere una delle donne più ammirate al mondo, aver creato una famiglia con l'uomo più desiderato di sempre con sei figli tra naturali e adottivi, essere diventata ambasciatrice ONU per i rifugiati e aver vinto un Oscar Premio umanitario Jean Hersholt assegnato per contributi eccezionali a cause umanitarie (dopo averne vinto già uno per la sua grande performance in Ragazze Interrotte), la sua nuova veste è quella di regista e anche in questo caso il talento sembra non mancare. Entrambe le sue pellicola affrontano temi importanti dal punto di vista umanitario, affrontano la brutalità della guerra e narrano di persone eccezionali che combattono portando avanti i propri valori nonostante gli orrori del mondo. In Unbroken la Jolie affronta anche il tema religioso, in quanto il protagonista del film trova nella fede e nel perdono un modo per andare avanti nelle difficili situazioni che è stato costretto ad affrontare nella vita e lo fa con grande rispetto e delicatezza, nonostante la sua visione nella vita sia poco vicina alla religione.

Unbroken è un film ben girato, è un buona opera, con molti elementi positivi, che racconta una vita coraggiosa che meritava senza dubbio di essere raccontata. È però anche un film molto standardizzato,  un prodotto confezionato in maniera classica, senza alcun colpo di genio o momenti che possono fargli fare il salto di qualità. Racconta una storia che potrebbe appartenere a qualsiasi film sulla guerra in un modo che sa di già visto. Un compitino ben svolto che però a fine visione lascia ben poco, non a livello umano ma a livello cinematografico. È probabile che ad Angelina il secondo aspetto interessi di meno rispetto al primo e quindi in questo caso ha centrato il suo obiettivo, ma a noi che viviamo di cinema interessa molto anche il secondo aspetto. Non ci resta che aspettare la bella Angie alla prova numero tre che sembra essere più intimista e meno votata ad aspetti umanitari, per capire se, come regista, può arrivare ad avere un proprio stile autoriale che le faccia fare il salto di qualità.

Valutazione di Giorgia Tropiano: 6 su 10
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