Wolverine - L'immortale
Wolverine - L'immortale

Wolverine – L’immortale


Recensione del film Wolverine - L'immortale con Hugh Jackman: tra immancabili esperimenti scientifici e lotte oltre ogni limite, la sceneggiatura manca di originalità in un racconto che, in parte, risulta confusionario.
Voto: 6/10

Il cinema è, di per sé, un'arte allucinatoria, una fabbrica di sogni ormai digitalizzati: per questo non è osato prendersi un momento per sognare ad occhi aperti un Wolverine firmato dalla mano cupa e decisa di Darren Aronofski, il regista di capolavori come Black Swan The Wrestler. Un'illusione, questa, che rimane senza soddisfazione, visto che il regista fu costretto ad abbandonare le redini del progetto, quando il disastro del terremoto in Giappone ritardò ulteriormente lo sviluppo del film. Così la macchina da presa è passata tra le mani di James Mangold, autore di Walk The Line, Kate & Leopold (dove lavorò già al fianco di Hugh Jackman) e Ragazze Interrotte. Un regista che sembrava, almeno sulla carta, non avere la sensibilità (o la spacconeria) adatta a risollevare le sorti di un comic-hero come Wolverine, caduto in disgrazia al di fuori dell'impianto X-Men.

Wolverine (Hugh Jackman) non è più lo stesso: si trascina dietro i suoi giorni come se non gli importasse. E' stanco della sua esistenza, arrabbiato col proprio destino, sfinito dalle guerre che lo rincorrono come spire velenose. Il suo passato è un fardello divenuto troppo pesante sulle sue spalle e i continui incubi in cui Fenice torna dalla morte per perseguitarlo non fanno che spingerlo sempre più verso l'autodistruzione. Un compatimento, questo, potenzialmente senza fine, visto che il mutante ha la possibilità dell'immortalità. Ma a cosa serve vivere per sempre se non c'è nessuno con cui condividere il cammino dell'esistenza? E' a questo punto che Logan/Wolverine si imbatte in Yukio (Rila Fukushima) una giovane mutante col potere della preveggenza, che gli dice che il Maestro Yashida è in fin di vita, e che vuol pagare il debito con Wolverine (che gli ha salvato la vita durante il bombardamento di Nagasaki) offrendogli ciò che l'uomo anela di più: la mortalità.

Tra immancabili esperimenti scientifici e lotte all'interno della gang di Yashida, Wolverine si vedrà costretto a pagare a caro prezzo il suo desiderio di vulnerabilità. Sarà solo con l'aiuto della nipote di Yashida (Tao Okamoto) che Logan riuscirà a diradare le nebbie dalla sua vita, riscoprendo la bellezza di amare e essere amato senza più timore.

Tratto dall'albo del 1982, scritto da Chris Claremont e disegnato da Frank MillerWolverine – L'immortale è un film che pecca di insipidità: non si può, infatti, dire che il film di James Mangold sia interamente da buttare, anzi. La pellicola risponde ad un'affabulazione di vecchio stampo, fatto di uno schema lineare ben collaudato. Tuttavia, in un'epoca in cui Joss Whedon Christopher Nolan hanno riscritto le regole del cinema supereroistico, fare sufficientemente il proprio lavoro non basta.

Wolverine – L'immortale manca essenzialmente l'anima: non c'è afflato epico, nè un'ironia sferzante, con i personaggi che sono ben lungi dal rappresentare caratteri psicologici ben delineati. E' come se tutto si fermasse in superficie, al limite estremo di un film che si contenta di intrattenere il proprio pubblico per un paio d'ore, senza però riuscire ad avvincerlo. Nonostante alcune scene molto belle (l'inseguimento sul treno e la scena finale che lancia il sasso verso il prossimo, attesissimo X-Men – Days of future past), è la sceneggiatura soprattutto a dover pagare i maggiori danni. La mancanza di originalità – quante volte abbiamo seguito la parabola di un (anti)eroe che rinuncia ai suoi poteri per il peso gravoso, scoprendo poi quanto essi siano fondamentali? – si sarebbe potuta perdonare laddove le singole parti del racconto avessero funzionato tra di loro. Invece, ad una storia già vista e a personaggi alquanto scialbi si affianca anche un intreccio spesso confusionario, scevro di un qualsiasi tipo di emotività utile a sviluppare un rapporto empatico con il pubblico. Tutto, invece, viene buttato sulla ribalta, come in un calderone pieno di idee, tanto che anche la storia d'amore – nucleo trainante del destino di Wolverine – finisce col diventare un pretesto affinché il film si trascini verso la propria conclusione.

Non basta la buona prova istrionica offerta dal sempreverde Hugh Jackman per salvare un film dalla schiera dei dimenticabili.

Valutazione di Erika Pomella: 6 su 10
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