

Storie di donne, i racconti dell’ultima puntata
Mercoledì 31 agosto 2011 ottava ed ultima puntata di “Storie di donne“, il programma della seconda serata estiva di Canale 5 che racconta l’universo femminile attraverso racconti di donne famose e donne comuni. Tra le protagoniste dell’ultimo appuntamento stagionale c’è Flavia Pennetta, la prima tennista italiana ad essere entrata nella Top Ten della classifica mondiale […]
di Redazione / 30.08.2011
Mercoledì 31 agosto 2011 ottava ed ultima puntata di “Storie di donne“, il programma della seconda serata estiva di Canale 5 che racconta l’universo femminile attraverso racconti di donne famose e donne comuni.
Tra le protagoniste dell’ultimo appuntamento stagionale c’è Flavia Pennetta, la prima tennista italiana ad essere entrata nella Top Ten della classifica mondiale WTA Tour nel 2009 e ad aver raggiunto la prima posizione del ranking di doppio lo scorso febbraio.
La bella atleta pugliese si racconta così:
“Penso di essere due persone totalmente diverse. In campo sono una che lotta, si arrabbia, grida, strilla; fuori invece, sono molto più tranquilla, non ho la stessa ansia continua che ho in campo e la volontà di volermi affermare a tutti i costi. Nella vita quotidiana mi lascio portare dalle situazioni, cerco di essere sempre molto solare e positiva e nelle relazioni sentimentali, da donna del sud, non faccio mai il primo passo”.
Una vita dedicata allo sport, quella della primatista, che tra un dritto, un rovescio e un servizio ha maturato la consapevolezza che il confronto più difficile da affrontare è quello con se stessa, ben più delle battaglie di Wimbledon e del Roland Garros:
“L’essere sola fa parte di questo sport, quando sei in campo sei sola, quando vinci sei sola e quando perdi sei sola. Sono abituata alla solitudine e di conseguenza sono molto egoista, ma negli ultimi anni penso di essere migliorata… Non ho mai vissuto un rapporto di coppia giornaliero e, a dir la verità, mi fa un po’ paura pensarlo. Testarda e umile, Flavia si considera una buona giocatrice e soprattutto una persona di buon animo, perché le vere campionesse sono altre e, con il timore di non riuscire ad adattarsi a “una futura vita normale.
In un’altra vita, se non avessi fatto la tennista, avrei già avuto dei figli.”
E ancora, a Storie di donne parla Madre Maria Vittoria Longhitano, 36 anni, prima donna sacerdote ordinata in Italia, parroco, anzi “parroca” della Comunità veterocattolica Gesù di Nazareth di Milano.
“Il sogno di diventare prete l’ho sempre avuto, per me i biscotti o le patatine erano delle piccole ostie da elevare e spezzare. Giocavo a dire messa, a predicare e le mie bambole erano ormai sante perché ho dato loro tutti i sacramenti possibili, il battesimo gliel’ho fatto nel lavandino. Il mio più grande struggimento da bimba fu quello di non poter fare il chierichetto.”
Nata a Nissoria, un paesino in provincia di Enna, la domenica andava a messa con la famiglia che non sempre l’ha capita:
“Ho capito di avere una vocazione quando, durante i miei giochi inusuali, mia mamma mi derise dicendomi “queste cose sono impossibili”. Mi fece molto male, era come se mi avesse detto che non sarei mai stata felice. Ma al contempo fu un momento importante, mi fu chiarissimo quale sarebbe stata la fonte della mia felicità.
A volte mi chiedono se non mi sarei realizzata ugualmente come suora. La mia risposta è no, perché Dio aveva previsto per me la vocazione presbiterale. È come se chiedessimo a una donna se sarebbe stata felice a sposare un altro uomo.”
Moglie da tre anni e con la volontà di diventare madre, perché la sua Chiesa glielo consente, Maria Vittoria afferma orgogliosa:
“Faccio la parroca come puro volontariato, perché la mia professione è quella dell’insegnante. La mia è una vocazione del cuore.”
L’ultimo racconto è quello di Alessandra Celentano, l’insegnante di “Amici”, ballerina di danza classica cresciuta “a pane e musica”, grazie alla mamma, cantante lirica, al padre, discografico, e al più celebre, lo zio Adriano:
“Il mio cognome non è stato né un cognome ingombrante e tanto meno un aiuto, a volte addirittura controproducente, perché molte persone tendono a essere prevenute.
Per me Adriano è solo mio zio. Da piccola, ad esempio, io e i miei cugini avevamo un rapporto più confidenziale con lui che con mio padre, perché era più vicino dal punto di vista dell’età.”
La ballerina “del clan di via Gluck” non avrebbe potuto far altro nella vita che ballare, fin da bambina sognava il palcoscenico e, grazie alla sua tenacia e disciplina, ha raggiunto ogni suo obiettivo:
“Nella danza classica cerchi la perfezione, non sei mai veramente contento di te stesso ed è giusto così, perché solo così migliori. Credo molto nelle regole e nella famiglia: se hai avuto un’educazione ferrea, è più facile non fare stupidaggini e rovinare il tuo futuro”.
Dopo anni di sacrifici e di priorità professionali, finalmente Alessandra ha dato una chance anche all’amore e alla maternità:
“Se arrivasse ora un bambino, mio marito ed io saremmo molto felici, ma da questo punto di vista siamo fatalisti.”