La bella e le bestie (2017)

Aala Kaf Ifrit
Locandina La bella e le bestie
La bella e le bestie (Aala Kaf Ifrit) è un film del 2017 prodotto in Francia e Tunisia, di genere Crimine e Drammatico diretto da Kaouther Ben Hania. Il film dura circa 100 minuti. Il cast include Mohamed Akkari, Chedly Arfaoui, Anissa Daoud, Mariam Al Ferjani, Mourad Gharsalli, Neder Ghouati. In Italia, esce al cinema giovedì 26 Luglio 2018 distribuito da Kitchenfillm.

Durante una festa studentesca, Mariam, una giovane donna tunisina, incontra il misterioso Youssef ed esce con lui. Inizia una lunga notte, durante la quale dovrà combattere per i suoi diritti e la sua dignità. Ma come può avere giustizia quando si trova dallo stesso lato dei suoi aggressori?

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 26 Luglio 2018
Uscita in Italia: 26/07/2018
Genere: Crimine, Drammatico
Nazione: Francia, Tunisia, Svezia, Norvegia, Qatar, Svizzera - 2017
Durata: 100 minuti
Formato: Colore
Produzione: Cinétéléfilms, Laika Film and Television, Film i Väst (in co-produzione con), Tanit Films
Distribuzione: Kitchenfillm

Con il supporto di Ministère des affaires culturelles & Centre National du Cinéma et de l’Image – Tunisie, Swedish Film Institute, Sorfond – Norway, Visions Sud Est – Suisse, Fonds Image de la Francophonie, Doha Film Institute, Aide aux Cinémas du Monde Centre National du Cinéma et de l’Image Animée – Institut français, World Cinema Fund Europe, Hubert Bals Fund of the International Film Festival Rotterdam, la SACEM, Commune Image.

INTERVISTA A KAOUTHER BEN HANIA

Sia nei documentari che nei film di finzione, i tuoi lavori mantengono sempre uno stretto legame con la realtà sociale.
Ho iniziato con i documentari perché, per me, i film di finzione erano qualcosa di estremamente difficile. I film di finzione sono creati da più "elementi fuorvianti", eppure da questa menzogna deve uscire una certa autenticità. Filmare ciò che è reale attraverso un documentario mi ha permesso di ripensare questa nozione e sviluppare gli strumenti necessari per affrontare i film di finzione. In questo senso, Challat of Tunis (Il rasoio di Tunisi) è un lavoro di transizione, perché mi stavo avvicinando ai film di finzione con gli strumenti e lo stile del documentario. Quando per la prima volta ho trattato la realtà in Imams go to school (Gli Imam vanno a scuola) e poi nei miei film successivi, ho imparato a strutturare le scene come si fa nei film di finzione, ma con frammenti di realtà. Così, mentre giravo, pensavo al tipo di montaggio, che naturalmente non corrispondeva alla realtà così com' è perché era una riorganizzazione della realtà con gli strumenti dei film di finzione. Per me, fare documentari è stato un vero processo di apprendimento, soprattutto nel mio lavoro con gli attori. In Challat of Tunisi avevo a che fare con attori dilettanti e non immaginavo come dirigerli per ottenere qualcosa di così autentico come in un documentario. Fare documentari mi ha insegnato non solo a dirigere gli attori, ma anche a costruire personaggi nelle loro ambiguità e complessità, lontano da tutti i cliché. 

Come si fa a dirigere gli attori nei piani sequenza, che possono essere considerati "frammenti di realtà", come avete fatto in La bella e le bestie?
E'un limite formale considerevole. Ma il film lo necessita, perché il piano sequenza ti catapulta in tempo reale nella vita. Usiamo il piano sequenza per creare un elemento di tensione e per dare al pubblico l'impressione di un tempo reale, anche se il film è composto da 9 frammenti. La sfida era quella di garantire la coerenza tra recitazione e realtà. Tutto era preparato in anticipo con una modalità molto simile a quella del teatro. Sono state necessarie molte prove per coordinare i movimenti degli attori con quelli della cinepresa. Durante le riprese mi sono fatta spesso questa domanda spaventosa: tutte queste prove avrebbero stancato gli attori rendendo la recitazione sempre più automatica e meno emozionante? Se sì, rischiavo di perdere la spontaneità. Invece le tante prove non solo non hanno stancato gli attori, ma hanno avuto tanto su cui lavorare. E a me hanno dato la possibilità di esplorare le diverse sfaccettature di un personaggio e agli attori di essere più preparati durante le riprese.

Utilizzando un evento di vita reale, il film esplora i codici del cinema di genere, dal thriller all'horror, attraverso l'incubo vissuto dalla protagonista nell'arco di una notte.
Mi piace molto il cinema di genere, in particolare i film horror, che trovo davvero affascinanti. Questo non è un film horror in realtà, è molto più vicino ad un incubo; ma questo non mi impedisce di includere citazioni dei film che amo. Dal momento in cui ho iniziato a lavorare con gli attori e a scrivere la sceneggiatura, ho avuto in mente quei riferimenti. Mi piace molto la tensione nei film: l'idea era anche di mantenere una sorta di tensione verosimile (la burocrazia può portare esattamente a questo tipo di incubo Kafkiano) anche se rimane nel genere. Per me, i film horror sono estremamente realistici. Infatti, il personaggio di Youssef paragona la sua vita a quella di un film zombie. Questi film possono davvero suscitare emozioni molto reali suscitate dalla vita di tutti i giorni. 

In La bella e le bestie, il riferimento ai film horror porta in primo piano la questione dell'umanità dei personaggi dove la dignità umana non è più rispettata.
Dalla prospettiva di Mariam, la storia è crudele, ma allo stesso tempo – paradossalmente – diventa insignificante per gli ospedali e la polizia. Per loro, è solo un altro giorno di lavoro. Vedono le vittime come Mariam ogni notte. La differenza tra questi due atteggiamenti, quello della tragedia personale da un lato e l'indifferenza delle istituzioni dall'altro, definisce il tono del film. I vari personaggi secondari del film giustificano il loro comportamento orribile con i limiti della loro professione: il malfunzionamento dell'amministrazione, la solidarietà all'interno delle forze di polizia o la mancanza di personale negli ospedali. È una specie di logica operativa che potrebbe accadere a chiunque, dai piccoli atti di codardia a quelli più riprovevoli. Puoi facilmente e involontariamente perdere l'umanità di compromesso in compromesso. La tensione nel film è costruita su un conto alla rovescia al contrario che quindi non terminerà con l'esplosione del personaggio principale – ma piuttosto con la sua costruzione. Se Mariam non molla la presa, è perché i personaggi molto più forti attorno a lei non si aspettano la sua reazione. Fin dall'inizio volevo costruire il personaggio di una giovane donna completamente normale, con paure normali, che racconta mezze verità e che sembra una santarellina. Alla fine riscopre se stessa perché si trova di fronte a eventi eccezionali. Dimostra un istinto di sopravvivenza che non sapeva di avere. All'inizio del film lei era persa e avevo bisogno del personaggio di Joseph per sostenerla, anche se qualche dubbio ce l'aveva su di lui. Non capiamo se lui sia davvero interessato a lei o incarni la figura del militante che gli altri si aspettano. Quando Youssef non è più al suo fianco, Mariam si trova sola contro le "bestie", e deve farcela. Da qui in avanti lei rompe un ordine che tutti conoscono e accettano.

Mariam rappresenta la gioventù che crede fortemente in una democrazia costituzionale derivante dal nuovo ordinamento scaturito dopo la fine del regime di Ben Ali in Tunisia?
In realtà, non volevo darle un passato militante. Ecco perché l'ho rappresentata come un'ingenua quando mente al poliziotto. Youssef è molto più politicizzato, è lui che parla della Rivoluzione. Quando ti confronti con l'ingiustizia diventi automaticamente un militante per sopravvivere. Mariam vuole che gli uomini che l'hanno violentata vadano in prigione. Se parliamo di vendetta sotto forma di giustizia civile, allora non parliamo di militanza. Ma essa comincia là dove un sistema sociale nega completamente il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini. Mariam comincia un viaggio in cui vuole soltanto giustizia e riparazione alla sua richiesta di ascolto per quello che le è successo. Diventa quindi una militante nel momento in cui realizza che questo è impossibile. All'opposto di lei, "le bestie", diventano violenti non per ciò che Mariam rappresenta ma perché osa denunciarli. La polizia farà di tutto per umiliarla appellandosi al disprezzo sociale per tutto ciò che è provinciale. Questa manifestazione di denigrazione e disprezzo per l'altro costituisce un'arma psicologica nei conflitti tra gruppi. Mariam combatte anche contro la «normalizzazione del male» quando le persone che incontra trattano lo stupro con disprezzo e indifferenza. A questo proposito, il film è una presa di coscienza di questa "normalizzazione del male" – non solo in Tunisia, ma in tutto il mondo. In questo contesto, faccio un riferimento al documentario intitolato The Hunting Ground (Terreno di caccia) (Kirby Dick, 2015), che si occupa di casi di stupro in prestigiose università statunitensi (Columbia, Harvard, ecc.), dove alle vittime femminili non viene concessa giustizia da parte delle amministrazioni del campus. Queste università sono, infatti, imprese di un sistema iper-competitivo, e non vogliono vedere danneggiata la loro reputazione. Inoltre, le amministrazioni spingono le vittime di stupro a rimanere in silenzio – tanto più se gli accusati sono amati campioni della squadra di football, che rappresenta un grosso business. La bella e le bestie è un film sui diktat delle istituzioni più ancora che sullo stupro. Ecco perché la violenza viene commessa da agenti di polizia, in altre parole coloro che incarnano il monopolio della violenza simbolica nella società. Le società moderne sono in realtà fondate su questa idea in cui gli individui sono protetti da pubblici ufficiali. 

Una delle tattiche utilizzate dal poliziotto che cerca di zittire Mariam consiste nel giocare la carta di una società in costruzione che ha bisogno delle forze di polizia e pertanto non può essere danneggiata.
E' quel tipo di ricatto che tutti conosciamo e che consiste nell'opporre la sicurezza alla libertà, come se non potessero convivere. Così facendo, per avere una forza di polizia forte, devi darle potere assoluto e girarti dall'altra parte per non vedere quando questa commette crimini. E' una cosa iniziata negli Stati Uniti dopo l'11 settembre e la ritroviamo in Francia e altrove sotto forma di "leggi di emergenza". Con questo tipo di ricatto, è meglio chiudere la bocca per quanto riguarda gli abusi della polizia se si vuole evitare la guerra civile e la minaccia del terrorismo.

Anche se il contesto del film è locale, nel senso che si tratta di un ritratto post 2011 in Tunisia, va ben oltre quei confini. Come hai fatto a creare un dialogo tra locale e globale nello sviluppo del film? Hai sempre bisogno di un contesto per fare un film. Conosco bene il contesto tunisino, e lo trovo affascinante perché è vario; mette tutto in discussione. Tutti i miei film sono stati concepiti con questa possibilità di poter dialogare con qualsiasi pubblico, indipendentemente dal paese di origine. Mi rendo anche conto che, dato che ci sono poche immagini della Tunisia, ci vuole un grande impegno per dar forma a quelle che verranno messe in circolazione. A un regista proveniente da un' industria cinematografica più ricca, non fareste le stesse domande sui pregiudizi associati di un Paese. 

Questo film è basato su una storia vera: in cosa si differenzia dalla realtà dei fatti? Mi sono presa molte libertà. È una notizia che ha avuto un forte impatto su di me all'epoca e che ha avuto molta attenzione e molte dimostrazioni di supporto per la vittima. Ho usato l'evento che ha scatenato tutto, che era lo stupro. Ma i personaggi del film non assomigliano in alcun modo alle persone reali. Nessuno degli eventi che si svolgono nella sceneggiatura sono realmente avvenuti: ad esempio la vittima di stupro incappa nei suoi aggressori la stessa notte ma non per le stesse ragioni che abbiamo messo in sceneggiatura. Non ho voluto incontrare la vittima di stupro e neppure l'autrice del libro, abbiamo acquistato i diritti in modo di avere la possibilità di una re-interpretazione. Alla fine però ci siamo incontrate per leggere la sceneggiatura, che non l' ha particolarmente soddisfatta, e la cosa era comprensibile: quando hai vissuto un'esperienza traumatica, puoi sentirti tradita quando vedi una rappresentazione di quella esperienza che non è fedele. Oltre al coraggio che ha dimostrato testimoniando in tribunale e attraverso il suo libro, volevo anche parlare di tutte le voci delle donne che non vengono ascoltate. 

Sarebbe stato possibile fare questo film qualche anno fa? Chiaramente, questo film non poteva essere fatto in Tunisia prima del 2011. Anche se non fa un ritratto lusinghiero delle forze dell'ordine in Tunisia, il Ministero della Cultura sostiene il film. Per me, questo è un potente sostegno simbolico in un momento in cui il pessimismo generale regna sulla Tunisia. È un segno che le cose in questo paese stanno cambiando. Come il personaggio principale del film, niente potrà più essere come prima. La cosa più importante, il film sta dicendo a tutte le persone che sono ancora sotto il regime di Ben Ali, è che l'ordine sociale non può più essere lo stesso. 

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