Tutto L'oro Che C'e (2019)

Gold Is All There Is
Locandina Tutto L'oro Che C'e
Tutto L'oro Che C'e (Gold Is All There Is) è un film del 2019 prodotto in Italia e Svizzera, di genere Documentario diretto da Andrea Caccia. Il film dura circa 100 minuti. Il cast include Filippo Caccia, Rinaldo Molaschi, Francesco Falzone, Daniele Ferrario, Roberto Vailati.

Un fiume. Un ragazzino. Un uomo nudo tra gli alberi. Un' arma. Un cacciatore in attesa di una preda. Un carabiniere errante e un anziano cercatore d'oro. Persone reali che passano le loro giornate immerse nella natura; dove la realtà assume di volta in volta le tinte del racconto poliziesco, della fiaba, del poema metafisico. Cinque esistenze che non si incontrano mai, parte di un'unica, instancabile e sospesa narrazione.

Info Tecniche e Distribuzione

Genere: Documentario
Nazione: Italia, Svizzera, Francia - 2019
Durata: 100 minuti
Formato: Colore, DCP 2k, Dolby 5.1
Produzione: Dugong Films, Rough Cat, Picofilms, RSI, Radiotelevisione Svizzera Italiana (coproduzione), Shoot and Post (SWE) (coprodotto da), Eurimages (con il supporto di), Mibac DG Cinema (con il supporto di), Lombardia Film Fund (con il supporto di), Piemonte Doc Fund (con il supporto di), Ticino Film Commission (con il supporto di), CNC Fonds a l'innovation Audiovisuelle (con il supporto di), Scam (con il supporto di)

Cast e personaggi

Regia: Andrea Caccia
Sceneggiatura: Andrea Caccia
Fotografia: Massimo Schiavon, Andrea Caccia
Montaggio: Cristian Dondi, Andrea Caccia

Cast Artistico e Ruoli:
foto Rinaldo Molaschi

Rinaldo Molaschi

Cercatore d'oro
foto Roberto Vailati

Roberto Vailati

Cacciatore



Suono di presa diretta: Luca Bertolin | Montaggio del Suono: Riccardo Studer, Tommaso Barbaro | Sound Design: Massimo Mariani.

Note di Regia – Andrea Caccia

Da quando sono tornato ad abitare nei pressi del fiume Ticino, ho conosciuto molte persone che vivono a stretto contatto con la natura del luogo. Nelle passeggiate lungo il greto del fiume o nello scuro dei boschi, spesso mi sono imbattuto in figure "ataviche", che mi hanno parlato, incuriosito, stupito, spaventato. Corpi, volti, gesti, forme, provenienti dalle profondità del tempo, ma ancora capaci di suggerire significati forti e incredibilmente attuali, sul rapporto tra uomo e natura, tra conoscenza e istinto, tra mente e corpo. Mi sono sempre piaciuti i fiumi. Sono nato a Novara e cresciuto a Romentino, uno dei paesi del Parco Naturale del Ticino Piemontese. Da bambino non vedevo l'ora di andare con mio padre e mio fratello a tirare i sassi nel fiume. Contavamo i rimbalzi sull'acqua e ogni volta ci stupivamo di come sembrassero volare sulla linea d'argento che sottolineava la fine della sponda. Ci dicevamo di come tirandoli, avevamo modificato il loro destino. Ricordo i picnic con la famiglia e poi da adolescente, le birre con gli amici. Le tracce degli uomini sotto i ponti, nelle anse, sulla rara sabbia. Ricordo l'odore dell'acqua salmastra che rimaneva sulla pelle dopo il bagno, che dava la sensazione di essere parte della natura. Il profumo dell'estate e gli insetti. Tutti quei cartelli con scritto riserva di caccia. Ricordo il freddo e la paura. Il caldo e la noia. La sensazione di essere fermi nel tempo e nello spazio. Per 15 anni ho vissuto a Milano. Mi sono sposato, ho avuto due figli e da qualche tempo vivo a Cuggiono, paese del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Sono sull'altra riva rispetto a venti anni fa. Quando riesco porto i bambini a tirare i sassi nel fiume. Guardo i loro lanci e nell'istante del rimbalzo sull'acqua che precede l'affondo della pietra, mi chiedo come si può pensare anche solo per un momento, che le nostre azioni, possano davvero modificare il corso delle cose. Vedo gli alberi mutilati dalla piena, i resti dei picnic spazzati via. I teli da spiaggia abbandonati tra i sassi bianchi. L'orgia di libellule sulla riva. L'acqua del fiume che cambia continuamente colore. Osservo immobile lo scorrere della vita, mentre cerco qualcosa che possa brillare come quella luce che vedevo da bambino. Tutto l'oro che c'è nasce da questo sguardo. Dai pomeriggi nel bosco con mio figlio Filippo e dalla fortuna di avere conosciuto Rinaldo – il cercatore d'oro – che con i suoi racconti mi ha permesso di vedere oltre l'orizzonte del fiume. L'idea ha preso forma e le figure inizialmente immaginate sono diventate persone in carne e ossa. Un ragazzino, un anziano, un cacciatore, un carabiniere e un naturista; esseri umani che rispondono a una logica naturale di azioni. L'incontro successivo con Roberto, Daniele, Francesco ha cominciato ad aprire quel diaframma che separa l'idea dalla pratica, la fantasia dalla realtà, svelandomi una luce e una prospettiva nuova per guardare il mondo che volevo raccontare. Adattandomi al loro passo, lasciandomi guidare nelle zone nascoste – distinte ma sovrapponibili – del loro cuore, ho finito per trovare lo scenario del film. Lentamente, la loro ricerca quotidiana si è fatta la mia ricerca di realtà.

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