Poster Malala

Malala (2015)

He Named Me Malala
Locandina Malala
Malala (He Named Me Malala) è un film del 2015 prodotto in USA, di genere Documentario diretto da Davis Guggenheim. Il film dura circa 88 minuti. Il film è spirato dal bestseller IO SONO MALALA scritto da lei stessa insieme a Christina Lamb e già grande successo editoriale edito in Italia da Garzanti. Il cast include Malala Yousafzai, Mobin Khan. In Italia, esce al cinema giovedì 5 Novembre 2015.

MALALA è un ritratto intimo e personale del Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai, divenuta un obiettivo dei Talebani e rimasta gravemente ferita da una raffica di proiettili durante un ritorno a casa sul bus scolastico, nella valle dello Swat in Pakistan. Allora quindicenne (ha compiuto 18 anni a luglio 2015) era stata presa di mira, insieme a suo padre, per la sua battaglia a favore dell'istruzione femminile, e l'attentato di cui rimase vittima ha suscitato l'indignazione e le proteste di sostenitori da tutto il mondo. Miracolosamente sopravvissuta, ora conduce una campagna globale per il diritto all'istruzione delle bambine e dei bambini nel mondo, come co-fondatrice del Fondo Malala. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 5 Novembre 2015
Uscita in Italia: 05/11/2015
Data di Uscita USA: venerdì 2 Ottobre 2015
Prima Uscita: 04/09/2015 (USA, Telluride Film Festival)
Genere: Documentario
Nazione: USA - 2015
Durata: 88 minuti
Formato: Colore
Box Office: USA: 768.448 dollari
Soggetto:
Il film è spirato dal bestseller IO SONO MALALA scritto da lei stessa insieme a Christina Lamb e già grande successo editoriale edito in Italia da Garzanti.
Classificazioni per età: ITA: 13+

Cast e personaggi

Regia: Davis Guggenheim

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

MALALA è un ritratto intimo e personale del Premio Nobel per la Pace Malala Yousafzai, rimasta gravemente ferita nel 2012 da una raffica di proiettili che le furono sparati addosso dai talebani della Valle dello Swat, in Pakistan, mentre si trovava sul bus che la riportava a casa dopo la scuola. Allora quindicenne (ha compiuto 18 anni lo scorso luglio) era stata presa di mira, insieme a suo padre, per aver manifestato pubblicamente in favore dell'istruzione femminile. L'attentato di cui rimase vittima e che l'aveva ridotta quasi in fin di vita ha suscitato indignazione e proteste da ogni parte del mondo. Miracolosamente sopravvissuta, ora conduce una campagna globale per il diritto all'istruzione delle bambine e dei bambini nel mondo, come co-fondatrice del Fondo Malala. Il documentario diretto dal celebrato regista premio Oscar® Davis Guggenheim ("Una scomoda verità", "Waiting for Superman") getta uno sguardo inedito sulla vita di questa ragazza straordinaria: dal profondo rapporto con il padre che le ha ispirato l'amore per lo studio e l'istruzione, al suo appassionato discorso alle Nazioni Unite, alla sua vita quotidiana con i genitori ed i fratelli. La Fox Searchlight Pictures, in associazione con la Image Nation Abu Dhabi, Participant Media e National Geographic Channel, presenta una produzione Parkes-MacDonald e A Little Room, MALALA (HE NAMED ME MALALA). Il film è diretto da Davis Guggenheim ("Una scomoda verità") con la presenza di Malala Yousafzai, Ziauddin Yousafzai, Toor Pekai Yousafzai, Khushal e Atal Yousafzai. I produttori sono Walter Parkes e Laurie MacDonald ("Il Gladiatore") e Davis Guggenheim con Mohamed Al Mubarak, Michael Garin, Jeff Skoll ("Citizenfour") e Shannon Dill ("Foo Fighters: Back and Forth) come produttori esecutivi. L'equipe di produzione comprende i montatori Greg Finton, A.C.E. ("Waiting for Superman"), Brian Johnson e Brad Fuller ("Rebirth"); il direttore della fotografia Erich Roland ("Waiting for Superman"), musica di Thomas Newman ("American Beauty"), supervisione alla musica di John Houlihan ("Southpaw"), supervisore al montaggio del sonoro Skip Lievsay ("Inside Llewyn Davis"), le animazioni di Jason Carpenter ("The Renter"), la produttrice delle animazioni Irene Kotlarz, i produttori associati David Diliberto ("Burn After Reading") e Shiza Shahid, e Sarah Regan alla supervisione della produzione. 

MALALA

"Quel nome è stato di grande ispirazione per me al punto di pensare che se avessi avuto una figlia l'avrei chiamata come la Malalai di Maiwand.  C'era una profonda passione nel mio cuore quando ho dato a mia figlia lo stesso suo nome, pensando che avrebbe avuto un ruolo importante. 
Avrebbe avuto una vita.  Avrebbe avuto l'ammirazione di tutti. Avrebbe avuto un'identità, come la ebbe Malalai di Maiwand".

Ziauddin Yousafzai

Per milioni di persone si tratta di una figura capace di trasformare il mondo e di grande ispirazione per tutti.  Gli estremisti la perseguitano perché la considerano una minaccia.
Nel potente ritratto di Davis Guggenheim MALALA vediamo Malala Yousafzai, questa teenager pakistana, la più giovane Premio Nobel per la Pace della storia, nel suo essere una ragazzina comune, a un tempo coraggiosa e compassionevole, in costante pericolo ma amante del divertimento, che semplicemente continua a lottare per il diritto universale di vivere e studiare.
Realizzato in 18 mesi molto intensi trascorsi da Guggenheim con tutta la famiglia Yousafzai in Inghilterra e sulle strade di Nigeria, Kenya, Abu Dhabi e Giordania, il film è l'occasione intima e confidenziale di conoscere Malala, ma anche suo padre Ziauddin, sua madre Toor Pekai ed i fratelli Khushal ed Atal che hanno contribuito a forgiare la giovane donna che lei sta diventando. E' il racconto della cultura e dell'infanzia incantata di Malala; la storia di una famiglia che ha detto no alla tirannia e delle conseguenze di un evento sconvolgente che ha trasformato una scolara coraggiosa in una paladina dell'istruzione conosciuta in tutto il mondo.
Per il regista premio Oscar Davis Guggenheim ("Una scomoda verità", "Waiting For Superman"), conoscere le tante sfaccettature di Malala ha reso la sua storia ancora più affascinante. Pur essendo il suo un coraggio fuori dal comune, il regista si è reso conto di come la determinazione di Malala fosse un dono ricevuto dai suoi genitori. Loro hanno fatto crescere in lei una consapevolezza: il potere della propria voce.
"MALALA è la straordinaria storia di una ragazza che ha rischiato la propria vita per dire a gran voce cosa è giusto" dice Guggenheim. "Ma il mio approccio istintivo nel fare questo film è stato di raccontare soprattutto la storia di una famiglia, la storia dell'amore di un padre e di una figlia che si sente sostenuta e autorizzata a fare cose bellissime. Sarebbe stato facile raccontare questa storia in un modo magniloquente e sensazionalistico. Ma non era questo che mi interessava. Quello che mi ha ispirato è stato un padre che ha visto in sua figlia una persona in grado di fare qualsiasi cosa e che ha creduto in lei. Mi ha ispirato una madre che dice: 'È importante che nostra figlia vada a scuola'. Mi ha ispirato una figlia che ha ascoltato suo padre dichiarare: 'Voglio farlo anch'io'. La cosa più straordinaria della storia di Malala è la sua famiglia, i suoi rapporti e le scelte che hanno fatto nelle loro vite".
Malala Yousafzai dice del film: "È una combinazione di passioni: la mia passione, la passione della mia famiglia e la passione di Davis Guggenheim. Tutti noi volevamo far sentire forte la voce delle giovani donne. Questo film è diventato una grande opportunità per raccontare la nostra storia ma anche di ricordare a gran voce che l'istruzione è un diritto fondamentale degli esseri umani".
Il film si articola in una fusione di interviste spontanee, di riprese del Pakistan più vero, di vivide animazioni disegnate a mano che riportano momenti del passato a nuova vita. Accompagna gli spettatori dal momento in cui l'attivista ed insegnante pakistano Ziauddin Yousafzai ha dato il nome di Malala a sua figlia, in onore della leggendaria eroina del folklore Pashtun Malalai di Maiwand, fino alla coraggiosa decisione di Malala, all'età di soli 11 anni, di scrivere un blog per la BBC sotto pseudonimo in cui racconta la sua vita di ragazzina in una città tiranneggiata dai talebani, per arrivare allo scioccante attentato alla propria vita e alla sua successiva lotta per la sopravvivenza.
Il film si focalizza in particolare sul presente, sulla crescita di Malala mentre prende coscienza del suo potere come agente di un cambiamento globale ed epocale.  La giovane è più concentrata che mai sulle più importanti battaglie del nostro tempo: dare forza alle ragazze attraverso l'istruzione, contrastare la violenza e formare nuovi leader e opinionisti nelle comunità. Eppure è anche una comune adolescente alle prese con le sue idee sui ragazzi, i compiti a casa, i fratelli, i genitori ed il futuro… il tutto vivendo sempre sotto i forti riflettori dei media.   
Con i suoi film Guggenheim è passato dai circoli della politica alla vita on the road con gli U2, ma il suo profondo interesse per l'istruzione è chiaramente visibile nella realizzazione di MALALA. Un'esperienza che ha avuto un profondo impatto sulla sua visione del mondo e che vuole condividere con il pubblico.  "Dopo aver fatto questo film sono più ricco di speranze", conclude Guggenheim.  "Ho conosciuto una famiglia che ha affrontato veramente tanti ostacoli, eppure il loro credere nella libertà di opinione continua ad ispirare molti. Mentre facevo il film in molti sono venuti a chiedermi com'è Malala e come si può riuscire a fare quello che lei fa? È stata la possibilità di raccontare la sua storia a motivarmi".

LA STORIA DI MALALA
"Credevano che i proiettili ci avrebbero zittiti. Ma nella mia vita non è cambiato niente a parte questo: la debolezza, la paura e il pessimismo sono morti; sono nati la forza, la potenza e il coraggio".
Malala
Yousafzai

Il 9 ottobre del 2012 la giovane esistenza di Malala Yousafzai venne bruscamente sconvolta. Fu il giorno cruciale in cui lei e i suoi amici Shazia Ramzan e Kainat Riaz vennero colpiti a bordo del loro scuolabus dalle pallottole di un gruppo armato di Talebani, nella rigogliosa valle dello Swat, nel Pakistan. Un proiettile colpì Malala al sopracciglio sinistro, il che richiese un invasivo intervento chirurgico, con l'applicazione di una placca di titanio per riparare il gravissimo danno. Ma nonostante le armi le abbiano inflitto una tale devastazione fisica, non hanno scalfito quello che ha reso Malala così straordinaria: la feroce intelligenza, l'impegno e la compassione che contrastavano con la sua giovinezza.
Aveva solo 15 anni. Eppure Malala aveva già attirato l'attenzione mondiale con la sua voce. Nel 2009 aveva cominciato a scrivere un audace, anonimo blog per la BBC esprimendo le sue opinioni sull'istruzione e documentando la vita nella valle dello Swat dove i Talebani avevano bandito la musica e la televisione, rendendo impossibile alle donne uscire di casa per andare a fare compere e limitando drasticamente la scuola per le femmine. Quando il blog è stato fermato ha continuato ad esprimersi sulla stampa internazionale, ricevendo nel 2011 il primo Premio Giovanile per la Pace indetto in Pakistan. Poco dopo, in un meeting dei leader Talebani venne deciso che la teenager doveva essere assassinata.
Malala avrebbe poi recuperato, ma non è stato facile. Ha dovuto iniziare una nuova vita in una città molto lontana, dove era stata trasferita per delle cure mediche specializzate: Birmingham, in Inghilterra. Non era sicuro per lei tornare nella sua amata casa in Pakistan.  
Il proiettile che aveva quasi spezzato la vita di Malala la spinse sotto i riflettori dell'opinione pubblica mondiale: l'abominevole ed impensabile attacco a una ragazza così giovane destò l'interesse del mondo per la sua storia di coraggio. Ma quella storia è stata solo l'inizio. Dopo aver sofferto per riuscire a guarire, Malala si è rifiutata di rinunciare al suo credo. Invece che chiudersi nel silenzio ha trovato la determinazione per continuare la sua campagna. Si è ritagliata un inedito ruolo come sostenitrice delle ragazze e bambini di ogni parte del mondo, che fossero rifugiati, bambini in zone di guerra o comunque privi di scuole o di istruzione, senza nessuna paura, esattamente come prima dell'attentato.
Indomita nonostante i problemi fisici, ha continuato il suo lavoro nel Regno Unito, cercando il modo di essere sé stessa pur vivendo in una cultura completamente nuova. Con suo padre Ziauddin e Shiza Shahid ha fondato il Fondo Malala, promotore dell'istruzione femminile; ha scritto un libro diventato presto un best-seller, IO SONO MALALA (con Christina Lamb ed edito in Italia da Garzanti); ha tenuto un importante ed emozionante discorso alle Nazioni Unite; ed ha cominciato a viaggiare in tutto il mondo per difendere i diritti dei bambini.
Nel dicembre del 2014, durante le riprese di MALALA, è diventata la più giovane persona della storia a ricevere il Premio Nobel per la Pace. Ha ricevuto il riconoscimento insieme all'attivista indiano Kailash Satyarthi, come lei promotore della salvaguardia e dei diritti dei bambini.

SOLO MALALA PUO' RACCONTARE LA STORIA DI MALALA
"Mio padre mi ha solo dato il nome Malalai. Non mi ha fatto diventare Malalai.
Ho scelto io questa vita".
Malala

All'inizio MALALA non doveva essere un documentario. I produttori Walter Parkes e Laurie MacDonald, noti per aver realizzato alcuni importantissimi film tra i quali "Il Gladiatore", "Prova a prendermi", "Il Cacciatore di Aquiloni" e "Flight", dopo aver letto le prime pagine dell'autobiografia di Malala avevano pensato a un forte film drammatico.
"Quando incontri una storia vera come questa, dove vedi il reale, autentico coraggio di fronte alle terribili conseguenze subite in difesa del semplice diritto universale all'istruzione delle ragazze, come filmmaker non puoi fare a meno di esserne attratto" ricorda Parkes.
Aggiunge la MacDonald: "C'erano quei bellissimi, mitici elementi nella storia di Malala, a cominciare dal fatto di essere stata chiamata come la guerriera e poetessa Pashtun che fu uccisa per aver parlato liberamente; per finire incontrando quasi lo stesso destino, sopravvivendo miracolosamente. In più c'erano degli aspetti affascinanti nei suoi rapporti con la famiglia, nonché l'ambientazione della valle dello Swat, uno dei luoghi più belli del mondo, diventato un inferno in pochi anni con l'ascesa al potere dei Talebani. Siamo rimasti commossi da quello che avevamo letto".
Parkes e la MacDonald sono andati in Inghilterra per parlare di persona con Malala e la sua famiglia. Ma appena arrivati a Birmingham è successo qualcosa di inatteso che ha cambiato la loro idea del film: sono rimasti ammaliati dallo spirito di Malala e dalla "chimica" che legava la famiglia Yousafzai. 
"Io e Laurie siamo usciti da quel primo incontro già convinti che nessun'attrice avrebbe mai potuto interpretare Malala" ricorda Parkes.  "Nel senso che è un essere umano veramente singolare. Perciò abbiamo realizzato insieme che un approccio documentaristico sarebbe stato un modo molto più potente per raccontare la sua storia e permettere al pubblico di conoscerla. Volevamo anche che Malala e la sua famiglia mantenessero in un certo senso la proprietà creativa ed emotiva della sua storia. Così quando siamo tornati indietro abbiamo portato il progetto a Davis Guggenheim, un uomo di enorme curiosità, un intelletto acuto e un vero umanitario. Con il suo sfavillante talento di documentarista, nonché per il suo appassionato interesse al tema dell'istruzione, sapevamo che sarebbe stato il regista perfetto per il film".
Il nome di Guggenheim è diventato sinonimo di documentari che attraversano tutta la cultura popolare. Suo padre, anche lui documentarista e meritevole vincitore di un Oscar, ha avuto una grande influenza sulla sua vita.  Ha scatenato appassionati dibattiti sui cambiamenti climatici con il discusso "Una scomoda verità", per il quale ha ottenuto un Premio Oscar. Ha continuato su quella strada con l'altrettanto incendiario "Waiting For Superman", un emozionante tour attraverso il sistema dell'istruzione pubblica in America, con cui ha vinto il Premio del Pubblico al Sundance Film Festival. Dopodiché è andato in tournée con gli U2 per "From The Sky Down", primo documentario nella storia ad aprire il Toronto Film Festival. 
Una cosa che ha contraddistinto la carriera di Guggenheim è il non aver realizzato documentari aggressivi o di denuncia.  L'esatto opposto, invece: fa film su temi e persone che lo appassionano nel profondo. "Alcuni fanno documentari su persone che non amano o addirittura che odiano. Io faccio documentari sulla gente che mi piace", afferma il regista.
Detto questo, a Guggenheim piace mettere a nudo e mostrare le persone che ammira come non sono mai state viste prima; per esempio molti hanno colto aspetti più umani e sinceri di Al Gore in "Una scomoda verità", di quanto non fosse emerso durante la sua campagna Presidenziale. Questa ricerca di cosa rende le persone interessanti era più importante che mai nel suo approccio a Malala.
"Per me la sfida nell'affrontare soggetti noti è quella di andare più in profondità di quanto nessuno abbia fatto prima, chiedendomi: come posso davvero svelare questa persona?", dice Guggenheim.  "Sentivo che avrei dovuto prendere una direzione veramente personale.  Dovevo entrare direttamente dentro la loro vita familiare, nella loro casa, stare con loro in modo veramente ravvicinato".
Parkes dice che Guggenheim aveva la giusta combinazione di qualità per entrare nella vita della famiglia Yousafzai in modo indagatorio ma anche discreto. "La grande forza di Davis è la sua curiosità verso il mondo – osserva il produttore – che si traduce nell'essere un ottimo ascoltatore e un eccezionale intervistatore. Così quello che viene fuori nelle sue interviste è autentico e fedele in ogni momento. Sembra di essere stati spinti in un'intima, naturale relazione con Malala e la sua famiglia".
Prosegue MacDonald:  "Davis non è solo uno straordinario filmmaker: ha anche una incredibile capacità di entrare in contatto con gli individui. E' il tipo di persona a cui affideresti la tua vita, il che gli consente di andare davvero in profondità. Sapevamo che avrebbe trovato una grande storia di famiglia da raccontare. Inoltre si interessa da sempre dei problemi dell'istruzione, ed avendo lui stesso delle figlie si è relazionato a questa storia in modo molto personale".
Parkes e la MacDonald hanno proposto il progetto al loro abituale partner produttivo, la Image Nation di Abu Dhabi, che lo ha immediatamente accolto e finanziato. Successivamente anche la Participant Media, società nota per la sua attenzione a contenuti sociali, si è unita alla Image Nation nel co-finanziamento del film. La sinergia con la Image Nation su MALALA era innegabile.  "I nostri erano rapporti di lunga data non solo con la Image Nation, ma con l'intera regione. Avevamo già prodotto IL CACCIATORE DI AQUILONI, film molto apprezzato per i suoi originali ritratti di personaggi musulmani e successivamente avevo partecipato per due anni al Forum Mondiale Islamico/Statunitense, sponsorizzato dal Brookings Institute, come rappresentante culturale" spiega Parkes.  Continua: "Viste la loro sensibilità politica e religiosa volevamo che la Image Nation  fosse coinvolta fin dall'inizio. Ricordo che stavo spiegando al nostro partner Mohamed Al Mubarak i motivi per cui volevamo fare questo film su Malala,  quando lui mi ha interrotto dopo poche parole per dire: 'Walter, lei è tutto quello che rappresentiamo'. Appena poche settimane dopo siamo andati a filmare la sua presenza alle Nazioni Unite, il giorno del suo compleanno". 
Per Ziauddin Yousafzai, prendere la decisione di accogliere una troupe cinematografica in seno alla sua famiglia non è stato facile, ma era convinto di aver trovato i giusti partner.
"La mia famiglia aveva appena vissuto un grande trauma e da padre sapevo che essere seguiti così da vicino dalle cineprese sarebbe stato difficile, ma nelle nostre vite avevamo già fatto tante cose per una causa che è più importante di noi", spiega. "Walter e Laurie hanno saputo motivare tutta la nostra famiglia, perciò, dopo aver incontrato e conosciuto Davis, ho capito che non avremmo mai trovato nessuno meglio di lui per raccontare la storia della nostra battaglia per l'istruzione. C'è qualcosa di speciale nella personalità di Davis. Sa portare alla luce le verità più profonde del tuo cuore e questo era ciò che volevamo condividere col mondo".

GUADAGNANDO FIDUCIA
"Non ho paura di nessuno."
Malala

Per Davis Guggenheim, l'immagine pubblica di Malala era certamente importante, ma lui era interessato anche a ciò che si celava sotto le tante immagini del suo morbido sorriso e del suo sguardo aperto. Voleva i veri, autentici dettagli della sua vita di tutti i giorni. Quali sono i suoi sogni? Come fa ad andare avanti? I suoi rapporti con i genitori sono cambiati?  Come fa a continuare a sentirsi motivata nel voler essere una leader, considerate tutte le sue sofferenze?
Per trovare tutte queste cose avrebbe dovuto far parte del suo mondo, non limitarsi ad intervistarla, ma entrando veramente nei suoi pensieri e nel cuore della sua famiglia, che significa tutto per lei.
Guggenheim non è rimasto deluso, pur sapendo che molte insidie culturali lo attendevano. "Era una cosa molto delicata", dice il regista, "raccontare la storia di una famiglia che appartiene a una cultura così diversa. Ma la cosa più importante per me era mostrare la loro storia in modo rispettoso e sincero, attraverso le loro esperienze. Non ho mai pensato al film come 'io che racconto la loro storia'; l'ho sempre vista come l'occasione perché fossero loro a raccontarla direttamente. Ho puntato su conversazioni intime, profonde e spero che il risultato sia che il pubblico abbia la sensazione che la famiglia Yousafzai parli direttamente a loro".   
Guggenheim si è recato a Birmingham, England, dove gli Yousafzais vivono dal 2012. Poteva sembrare un luogo inadatto per Malala e la sua famiglia questa piccola città industriale nel cuore geografico dell'Inghilterra, ma lei vi è dovuta rimanere per continuare i trattamenti medici al Queen Elizabeth Hospital (mentre l'intervento di urgenza alla testa era stato effettuato all'ospedale CMH di Peshawar).
Nella loro nuova casa Guggenheim ha trovato un'atmosfera familiare vivace ed accogliente, che lo ha messo subito a proprio agio. Sapeva che era fondamentale conquistarsi le basi di una fiducia totale, ma non esiste una formula magica per creare il legame tra soggetto e regista. Servivano tempo e pazienza per riuscirci.
"E' un genere di fiducia che devi imparare a conquistare col tempo" spiega Guggenheim.  "Ma continuando a filmare la famiglia nella sua vita casalinga, mentre facevano le semplici cose di tutti i giorni – la colazione, andare a scuola – e seguendoli nel loro viaggiare attraverso il mondo, sia nei momenti privati che quelli pubblici, gradualmente siamo diventati molto uniti. In me è nato un vero affetto nei loro confronti, un affetto per tutti loro, per l'intera famiglia".
Ziauddin Yousafzai confessa che il sentimento di confidenza è stato reciproco, man mano che Guggenheim diventava praticamente parte della loro vita di famiglia. "Voleva raccontare la nostra famiglia con totale sincerità, così abbiamo cercato di essere i più normali e veri possibile, riguardo a noi stessi e alla nostra attività.  Fin da subito tutto è stato filmato e messo a disposizione del pubblico, dalle piccole cose, come la mia balbuzie, alle grandi questioni che affrontiamo. E in tutto questo, Davis ha sempre tenuto conto delle nostre tradizioni e della nostra cultura con fedeltà e rispetto".
Per Guggenheim è stato gratificante essere accolto così caldamente nel loro nido. "Sedere al loro tavolo di cucina era un piacere assoluto" ricorda. "Tutti erano così aperti gli uni con gli altri, sempre a ridere e a raccontare storie. Spesso finivamo per metterci a cantare, che fossero canzoni Pashtun oppure Bob Dylan. Sono persone così vive. Possono anche dirsi cose taglienti gli uni con gli altri, ma dopo ci ridono sopra. Di solito uscivo da quella casa ancora vibrante di entusiasmo: mi sono davvero divertito con loro".
Pian piano è venuto fuori che le differenze culturali non erano poi così avvertibili come vere differenze. Guggenheim ha toccato con mano come la loro fede Musulmana e il Pashtunwali (il codice di vita Pashtun), così centrali nelle loro vite, si traducevano nella generosità, nella sincerità, nell'affetto.
"Io sono per metà Ebreo e per metà Cristiano Episcopale, perciò non sapevo cosa aspettarmi quando ho bussato alla loro porta", confessa Guggenheim.  "Ma ho trovato una famiglia molto simile alla mia. Ho scoperto che la loro fede e le loro tradizioni li guidavano in modo bellissimo; hanno dato loro la capacità di perdonare e il desiderio di dire la verità, il loro senso di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il che non è per nulla diverso dal modo in cui la fede aveva influenzato la vita a casa mia".
Per Laurie MacDonald, questo ritratto dal di dentro di una famiglia Musulmana ha dato vita a un importante confronto in un periodo di controversi dibattiti sulla crescente intolleranza.  "Penso sia fantastico che questo film porti una famiglia Musulmana sullo schermo in un modo in un cui tutti possono facilmente relazionarsi", dice MacDonald.  "I loro valori di gentilezza e perdono sono un linguaggio universale".
La stessa Malala era entusiasta di cominciare le riprese, ma aveva pochi punti di riferimento per immaginare come sarebbe stato. Fin dal suo arrivo in Inghilterra Malala aveva imparato a convivere con le telecamere che la seguivano in pubblico, ma sapeva che per il film sarebbe stato molto diverso. "Questo film mette in scena la storia di una comune famiglia", dice.
Quella normalità è stata catturata nei momenti quotidiani degli Yousafzais. "Noi ridiamo, litighiamo, parliamo, ci godiamo il tempo insieme", dice Malala della sua famiglia. "Mi considero fortunata ad avere una famiglia come questa. E' così che nei bambini nascono le ispirazioni. E' così che crescono motivati a raggiungere qualcosa nella loro vita".
Suo padre è d'accordo con lei nel pensare che l'affetto familiare è importantissimo.  "Credo che ogni famiglia sia come un piccolo Stato. Ha la sua costituzione, le sue regole, i suoi valori e se i suoi valori sono basati sulla parità, sulla giustizia, sull'amore, sul rispetto, ogni famiglia può essere meravigliosa. Sono i nostri valori ad averci resi così felici", dice Ziauddin.
L'approccio di "basso profilo" di Guggenheim ha aiutato ad abbattere le barriere.  "Normalmente io comincio facendo interviste e conversazioni senza la troupe, senza nessuna luce, solo il suono", spiega. "La mia prima intervista è stata con Malala nel suo piccolo studio dove fa i compiti e abbiamo parlato per tre ore. Poi ho fatto lo stesso con suo padre: ci siamo seduti ed abbiamo parlato. Ma durante quelle chiacchierate, entrambi si sono ritrovati a dire delle cose che non avevano mai detto prima. Perciò quella era una parte importante, aiutarli a raccontare tutta la loro storia. Ho cercato di porre loro delle domande non da un punto di vista intellettuale, ma sul piano umano".
Tutto ciò ha messo Malala a suo agio. "È stato davvero forte quello che lui ha fatto. Mi ha aiutato a dire liberamente quello che mi veniva dal cuore. Davis ha un modo di esplorare le cose che sono nascoste dentro di te, vengono fuori naturalmente e tu nemmeno te ne rendi conto", riflette la ragazza.
Successivamente, le ha fatto piacere avere Guggenheim al suo fianco durante i suoi viaggi in Africa e in Giordania. "È stato bello avere qualcuno che filmava quei momenti, momenti che volevo ricordare per sempre" dice. "Durante quei viaggi negli ultimi due anni ho incontrato tante ragazze fantastiche, perciò ora sento che quando parlo, è come se parlassi anche a loro nome. Questo ha dato più autorità alla mia voce e mi ha fatto diventare più forte".

A CASA CON GLI YOUSAFZAI
Mia madre diceva: "È scritto nel Corano che la verità deve venire e la falsità deve morire".
 Malala

Osservando la famiglia Yousafzai per oltre un anno e mezzo, Davis Guggenheim è arrivato alla conclusione che i due genitori hanno avuto la stessa indelebile influenza sulla persona che Malala sarebbe diventata.  
"È la combinazione di Ziauddin e di Toor Pekai ad aver creato questa ragazza incredibile", dice il regista. "Ovviamente Ziauddin ha un rapporto molto stretto con Malala. Cito una sua meravigliosa espressione: 'Non chiedermi cosa ho fatto. Chiedimi cosa non ho fatto. Non le ho tarpato le ali".  E poi c'è quel momento speciale quando lei è nata e lui le ha detto 'tu sei uguale a tutti gli uomini del nostro albero genealogico'.  Ma credo anche che sia da sua madre che Malala abbia ereditato la sua forza e la sua fede".
"Il rapporto di Malala con suo padre è davvero speciale. Ma vale lo stesso con sua madre", dice la MacDonald.  "Toor Pekai è una donna che segue le tradizioni culturali ed ha una tremenda, anche se silenziosa forza, che penso abbia molto a che fare con la persona che Malala è diventata. Toor Pekai è una donna eccezionalmente morale. Forse è perché sono una madre anch'io che mi confronto con Toor Pekai, che ha avuto il merito di crescere questa ragazza insegnandole a resistere alle difficoltà e ad uscirne rafforzata". 
Malala viene anche vista scherzare con i suoi fratelli più giovani, Khushal and Atal, perenni spine al suo fianco in qualsiasi situazione. Ricorda Malala: "Anche quando ho vinto il Premio Nobel, la prima cosa che mio fratello ha detto è stata: 'Ok, hai vinto questo premio, ma non significa che puoi fare la sorella prepotente'".
Mentre era con lei, ovviamente Guggenheim ha visto spesso Malala fare i compiti di scuola. Lei può anche essere una celebrità ma è rimasta con i piedi per terra per quanto riguarda l'istruzione, compresa la sua. "La scuola è un'assoluta priorità per Malala, penso che le piacerebbe essere la prima della classe", commenta Guggenheim.  "E credo sia degno di nota quello che ha compiuto. Immaginate cosa significa andare a scuola in un'altra nazione dove viene insegnata la terza o quarta lingua che parli, dove le lezioni di storia non riguardano il tuo paese, ma quelle di un'altra nazione. E lei riesce comunque ad andare molto bene".
Malala dice che cerca di trovare anche un po' di tempo per il divertimento. "Qualche volta faccio qualche gioco con l'iPad, tipo Candy Crush, altre volte leggo un libro o guardo la TV. Ma ho sempre un sacco di lavoro da fare per il Fondo Malala oltre ai miei compiti, così cerco di dividere il tempo equamente", spiega.
Come ogni adolescente Malala era molto chiusa a proposito di amore e di ragazzi, ma Guggenheim ha toccato lo stesso gli 'scomodi' argomenti. "Io non chiedo a mio figlio e mia figlia adolescenti se escono con qualcuno. In effetti, non ne ho il coraggio" ride. "Ma con Malala una ragazza capace di parlare eloquentemente alle Nazioni Unite davanti ai leader mondiali e a tutti quei potenti, finisci per scordarti che è solo una ragazzina che cerca di cavarsela. Per me era importante mostrare tutti i lati della sua personalità. E' determinata a cambiare il mondo, e ragiona in un modo molto elevato; ma poi la ritrovi a casa a preoccuparsi per un esame o a ridere insieme scherzando su Roger Federer".
Walter Parkes aggiunge: "Ogni ragazza di quell'età è un campo minato di emozioni. Ma specialmente con qualcuno che arriva in un nuovo paese ed è nella posizione di Malala è difficile immaginarsi che cosa stia passando. Quello che è stupendo di Malala, e che credo si veda nel film, è la sua assoluta trasparenza rispetto a queste cose. A volte litiga con sua madre e suo padre, o fa a botte con i fratelli.  Ha questa incredibile dicotomia di essere da un lato una leader a livello universale e dall'altro una ragazzina simile a ogni teenager del mondo".
Per la MacDonald quelle potenti scene nel cuore del film sono di grande ispirazione per lo spettatore. "Anche se ormai è diventata una figura morale e un esempio a livello globale, quello che commuove della storia di Malala è che è anche una ragazza normalissima. Il suo eroismo è nato dalla sua consapevolezza del più elementare diritto umano – il diritto all'istruzione – ed ha trovato la sua forza in questo".
Una cosa di cui Malala non voleva parlare era la profondità della sua sofferenza fisica ed emotiva. Guggenheim non è sicuro del perché lei non volesse affrontare l'argomento, ma pensava fosse dovuto al fatto di aver visto tanta gente soffrire a causa della guerra e della repressione, sia in patria che all'estero, e che quindi non volesse distrarre l'attenzione parlando di sé, quando altri avevano vissuto sofferenze ancora più grandi delle sue.
"Molti dei loro amici di famiglia sono stati uccisi", precisa Guggenheim.  "Molti altri stanno ancora soffrendo in Pakistan, per questo loro stessi non pensano di essere straordinari. Ma è ugualmente notevole che malgrado abbiano attraversato l'inferno, in loro non ci sia un grammo di amarezza. Lo si vede nel film, sono pieni di gioia e di speranza… e ti fa pensare a noi che ci lamentiamo di cose talmente piccole".
Anche Parkes ha una sua teoria sul perché Malala non parli delle sue tribolazioni. "Io credo che il suo rifiuto di riconoscere le proprie sofferenze sia legato alla totale concentrazione nei valori per cui lotta. La valutazione di Ziauddin sull'attentatore che ha premuto il grilletto contro di lei – 'non era una persona, ma un'ideologia' – sia la vera chiave di tutto questo. Gli Yousafzai sanno bene che un principio fondamentale dell'Islam è il perdono, e loro ne sono esempi viventi. Essi canalizzano ogni parte di sé stessi nel cercare di rendere il mondo un posto migliore".
Eppure Guggenheim ha visto coi suoi occhi come Malala stia ancora guarendo dalle sue ferite, un processo che potrebbe durare tutta la vita per lei. "Credo che abbia subìto danni molto più gravi di quanto non sia evidente", dice. "La vedi parlare alle Nazioni Unite, con quel carisma, eppure uno dei suoi nervi facciali è stato reciso, riattaccato con l'operazione, e il suo viso non ha ancora riacquistato il pieno movimento. Alcune ossa intorno al suo orecchio sono state distrutte e il suo udito da quel lato non è ancora buono. Ma non la senti mai lamentarsi. Si sente fortunata, veramente".
Malala considera naturale la sua disponibilità a perdonare. "Credo fortemente che noi dovremmo trattare gli altri come vorremmo essere trattati da loro. È una cosa molto semplice: io voglio essere trattata gentilmente, con giustizia, con amore ed amichevolezza, e quindi è così che mi comporto verso gli altri. Se coltivassi della rabbia verso i terroristi o i Talebani, non ne otterrei alcun buon risultato. Io credo nella pazienza, e credo nella tolleranza. Penso che sia il modo migliore di vivere la propria vita".
In virtù della sua genuina ammirazione Guggenheim non ha voluto evitare le controversie che circondano Malala, dalla domanda se fosse stato giusto lasciare che una ragazzina si mettesse così a rischio (una questione che suo padre affronta con commovente calore nel film) alla preoccupazione di alcuni Pakistani che Malala venga usata come uno strumento dall'Occidente (una preoccupazione che Malala respinge, facendo notare che ha criticato la politica estera dell'Occidente e stigmatizzato l'uso dei droni da parte degli Stati Uniti, armi che hanno causato la perdita di tante vite umane nella regione).
"Il film ha affrontato questa domanda: incoraggiare tua figlia a ribellarsi a un'età così giovane, significa metterla in pericolo? Era una controversia sollevata da molti all'epoca", ricorda la MacDonald "e noi abbiamo avuto l'opportunità di vedere la questione da entrambi i lati".
Secondo Parkes la decisione di rischiare la propria vita era stata presa coscientemente da Malala e lui era profondamente commosso di questo. "Come padre mi sono chiesto se la sua posizione di leader mondiale non avesse schiacciato il suo diritto di essere solo una teenager. Eppure come dice lei stessa nel film, è stata lei a scegliere questa vita. Nessuno l'ha scelta per lei. Non l'ha decisa suo padre. Lei ha deciso da sola, perché ci credeva fortemente".
Malala ha avuto recentemente l'opportunità di vedere MALALA, e confessa di vedersi molto goffa, come del resto ognuno alla sua età, ma ne è stata conquistata. "È strano guardarsi", dice con il suo tipico candore. "Non mi piace mai vedere le mie interviste o le mie foto, perciò è stata dura. A mio padre invece non importa, lui guarda le interviste in cui ci siamo io e lui anche tre o quattro volte!   Per me non è così facile.  Ma sono rimasta molto colpita da come Davis ha fatto il film, e in particolare le animazioni".

MALALA: UN NOME
"Quando ero piccola tanti mi dicevano: Cambiati questo nome, Malala. È brutto, significa triste. Ma mio padre diceva sempre: No, ha un'altro significato. Significa Coraggio".
Malala

Nel film, Malala ammette di non essere stata sempre sicura che le piacesse quel suo nome, ora diventato un iconico emblema per i diritti delle ragazze e per l'istruzione in tutto il mondo. E' stato qualcosa con cui ha dovuto convivere. Ma per Davis Guggenheim la storia che c'è dietro quel nome era il fulcro della sua visione del film, al punto da diventarne il titolo.
"Ho scelto questo titolo per il suo mistero. Spero che la gente venga a vedere il film chiedendosi perché suo padre l'ha chiamata Malala.  E perché era così importante. Il fatto che Ziauddin, senza sapere tutto quello che sarebbe accaduto a sua figlia, l'ha chiamata come una ragazza che ha fatto sentire la propria voce e fu uccisa per il suo coraggio sarà sempre straordinario. Il fatto di averle dato quel nome ha avuto profonde ripercussioni, ed è centrale nel nostro film".
Ziauddin Yousafzai decise di chiamare sua figlia Malala perché voleva un nome che le avrebbe sempre ricordato il potere che poteva avere come donna.  Quindi le ha dato il mome di una delle più grandi eroine del popolo Pashtun: Malalai di Maiwand, una ragazza Pashtun spesso comparata alla santa francese, Giovanna D'Arco, per le sue altruistiche gesta di guerra. Nel 1880, all'epoca in cui i Pashtun in Afghanistan erano in guerra contro i colonialisti inglesi, malgrado fosse appena una ragazza Malalai si è messa in viaggio verso il campo di battaglia per aiutare i feriti. Durante l'infuocata Battaglia di Maiwand, Malalai vide i suoi camerati assediati perdere morale, così prese una bandiera e cominciò a incitarli a gran voce con parole di fede e incoraggiamento, fino a che venne colpita dalle pallottole del nemico. Risollevati dalle sue parole, i soldati Afgani vinsero la battaglia.
Alcuni hanno notato la predestinazione del nome di Malala, visto come anche lei è stata colpita combattendo per ciò in cui crede. Ma c'è anche qualcos'altro che proviene da quel nome, qualcosa che Ziauddin ha cercato di trasmettere a sua figlia fin dalla tenera età, cioè la consapevolezza che non le sarebbe stato precluso compiere grandi cose solo perché è una donna.
"Nel corso della storia si comprende l'importanza del suo nome", dice Guggenheim.  "Abbiamo scoperto che la genealogia della famiglia di Malala era lunga centinaia di anni, ma era costituita solo da uomini. Immaginate: nessuna donna era mai stata considerata degna di essere ricordata nella genealogia familiare. Ziauddin ha avuto l'istinto di dire: 'No, mia figlia merita di esserci e sarà ricordata nella storia di questa famiglia'. Da quel momento le ha dato il permesso di essere quello che voleva e lei ha sempre tenuto questo nel cuore".
Per Malala il suo nome è qualcosa che appartiene più a un intero movimento, che solo a lei come persona. "Spero che questo nome diventerà un simbolo della battaglia per i diritti e per l'istruzione" dice. "Dopo l'attentato che ho subìto mi ha dato tanta forza ed ispirazione il vedere tante ragazze alzare cartelli con su scritto IO SONO MALALA. Quello che stavano dicendo era: 'Sto lottando per i miei diritti'. Per questo non è più solo il nome di una ragazza. È un nome che simboleggia tutte le ragazze che parlano liberamente".

DISEGNANDO MALALA
"Normalmente i Talebani uccidono la gente di notte. Vorrei andare fuori, a controllare ogni porta.  Quel cancello è chiuso, perciò non possono entrare da quel cancello; quella porta è chiusa, così con possono entrare da quella porta. Oh Dio, proteggi mio padre, proteggi la mia famiglia".
Malala

Difficile pensare a due forme di cinema più diverse tra l'animazione e il documentario. I documentaristi prendono in mano una macchina da presa e filmano la vita come si svolge naturalmente. Gli animatori all'opposto lavorano in modo lentissimo e minuzioso, segno dopo segno, pezzetto per pezzetto, per dipingere una visione alternativa della realtà.
Nonostante queste differenze, quando queste due forme si sono unite hanno dato vita a esperienze visive molto intense per il pubblico. Davis Guggenheim ha usato l'animazione in MALALA per un preciso intento narrativo: mostrare al pubblico i ricordi del passato di Malala, qualcosa che altrimenti non sarebbe stato possibile. Anche perché Guggenheim voleva uscire dagli stereotipi. "Quando vediamo un reportage sul Pakistan è spesso qualcosa di spaventoso e tremendo. Ma quando Malala e Ziauddin raccontano il loro passato è meraviglioso. Il modo in cui ne parlano mi fa pensare a un libro di favole. E così ho deciso di usare l'animazione per raccontare la vita degli Yousafzai prima dei Talebani, nel modo in cui loro la ricordano: come qualcosa di bellissimo e affascinante, come una fiaba. L'animazione costa e richiede tempo. Ma ero convinto che fosse la maniera migliore per raccontare la storia di Malala in modo coinvolgente e toccante".
Walter Parkes è rimasto molto sorpreso quando Guggenheim ha presentato quest'idea alla produzione. Idea che ha superato le perplessità. "Ricordo che Davis diceva che siamo talmente inondati di notizie dei Talebani e del caos che regna in Pakistan, al punto che ce ne siamo abituati e non ci colpisce più. Per questo propose di raccontare il passato di Malala con i disegni animati.  Io ho subito detto: 'Ma sei pazzo? Questo è un documentario!'"  dice Parkes, sorridendo. "Ma Davis aveva questa visione così vivida ed è per questo che è un regista così affascinante.  Le animazioni che lui e il suo team hanno creato, hanno portato qualcosa di molto inusuale in un documentario: un feeling soggettivo, che ci conduce nel passato in modo più personale".
Guggenheim aveva bisogno di un collaboratore talentuoso e creativo. Si è rivolto a Jason Carpenter, un giovane filmmaker che lo aveva colpito con "The Renter", pluripremiato cortometraggio studentesco che nonostante l'uso di moderne tecniche digitali aveva immagini essenziali e vibranti, tali da rendere la storia di un bambino in un asilo piena di atmosfera e di emozioni come se fosse un quadro.
Carpenter, che guida la Carpenter Bros. Animation con suo fratello, si è approcciato alle animazioni per MALALA come a un "grandioso esperimento". Era totalmente diverso da ogni sfida che aveva incontrato prima, una sfida che ha richiesto 18 mesi di intenso lavoro e concentrazione creativa.  "E' un tipo di animazione molto particolare, perché riguarda una persona che non solo è reale, ma che è anche un leader mondiale. Perciò dovevamo creare un'animazione molto realistica e genuina, rispettosa non solo delle persone coinvolte ma di un'intera cultura", spiega il giovane animatore.
Carpenter voleva soprattutto che le animazioni rispecchiassero l'espressività di Malala e Ziauddin che Guggenheim aveva restituito con le sue riprese. "L'animazione doveva essere autentica, ma anche poetica ed impressionistica, per creare un contrasto con l'azione reale e dare allo spettatore la sensazione di entrare dentro i loro più preziosi ricordi". 
Piuttosto che fare riferimento alle animazioni tradizionali, Carpenter si è ispirato alla pittura, come quella di Andrew Wyeth con le sue umorali esplorazioni della memoria, della nostalgia e del desiderio di ciò che si è perduto.  Ha cominciato con la ricerca, ma una volta trovata la chiave ha cominciato a sperimentare. "Abbiamo visto la casa natale di Malala e le scuole nella valle dello Swat per essere fedeli alla realtà. Ma non volevamo essere troppo rigidi o troppo scrupolosi perché altrimenti sarebbe sembrato tutto troppo asettico", dice Carpenter.  "La questione era catturare il cuore e lo spirito di Malala e della sua famiglia, di nutrirci con la passione che hanno e trasportare quel tipo di vita emozionale nei disegni. Per me era importante che l'animazione avesse il feeling della visione del mondo di una ragazza, non quella di un maschio; che avesse quindi quella morbidezza e dolcezza, da risultare come una fedele prospettiva del punto di vista di Malala".
Carpenter ha usato attrezzature digitali ma voleva le belle, naturali imperfezioni del disegno a mano. "Abbiamo usato tavolette Wacom, computer iMacs, Mac Pros e il software Adobe, ma disegnavamo con le nostre mani", spiega. "Non ti macchi i pantaloni con gli schizzi dei colori, ma c'è lo stesso livello di artigianato". 
Guggenheim ha amato fin da subito le immagini con cui Carpenter illustrava le parole di Malala e Ziauddin. "Era uno stile semplice, molto nostalgico, seducente e colorato, che sembrava arrivare direttamente dal modo in cui padre e figlia avevano raccontato la loro storia", dice il regista.
È stato un lavoro in tandem con Guggenheim che mostrava le riprese a Carpenter, e Carpenter che rifiniva ulteriormente le animazioni.  "Se avessimo fatto tutta l'animazione dopo che il film era finito, limitandoci a montarcela dentro, sarebbe stato completamente diverso. Invece l'animazione era costantemente relazionata alle riprese che arrivavano e questo ha fatto sì che si siano legate così bene. Sono diventate la stessa cosa, il che è veramente inusuale".
Le sequenze preferite di Carpenter sono quelle in cui anima i discorsi di Ziauddin e Malala come dei turbinii che vanno come il vento.
"Ziauddin veniva preso in giro per la sua balbuzie e dovevamo trovare un modo per mostrare come, nonostante le sue parole stentate, sia successivamente diventato un grande oratore", ricorda Carpenter.  "Farlo bene era importante perché questa storia riguarda molto l'avanzare nella vita e il parlare. Se ci fate caso, molte volte prima che un personaggio parli, fa letteralmente un passo in avanti. Quando Malala fa un discorso su una montagna, fa un ultimo passo verso la montagna, prima di parlare. Quando Ziauddin parla ad un pubblico, fa un passo in avanti. E' così che mostriamo come nel parlare liberamente ci sia il coraggio di fare quel passo".
Carpenter continua: "Dovevamo anche trovare una maniera di far vedere come talvolta una voce è qualcosa che può ispirare e commuovere le persone e che può cambiare il mondo. Quindi abbiamo provato a rappresentare visivamente i discorsi in un modo che restituisce l'energia, la bellezza e l'eloquenza. Se fate attenzione si può notare che abbiamo trattato i discorsi di Ziauddin e quelli di Malala in modo differente. Ziauddin è impetuoso ed incendiario, al punto che ci sono fiammelle e scintille che saltano intorno. Invece il discorso di Malala è più semplice ed arriva a grande distanza".
Un'altra sequenza cruciale per Carpenter era la ricostruzione della Battaglia di Maiwand, nella quale la Malalai del 19° secolo divenne un'eroina leggendaria. Descrive l'animatore: "Mi piace molto il modo in cui i colori cambiano in quella sequenza. E quando Malalai parla la luce regna nella sua voce".
Secondo Carpenter nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza l'appoggio di Guggenheim.  "Davis ti pressa molto, per farti tirare fuori il tuo meglio. Ma è anche facile parlarci, con la sua umiltà. È stata una collaborazione forte ed equilibrata. E non credo che avremmo ottenuto questo risultato in nessun altro modo".

LA CASA LASCIATA INDIETRO: LA VALLE DELLO SWAT
"Una volta il nostro isolamento significava vivere in un paradiso.
La vita era normale, la vita era felice".
Malala

La terra che Malala e la sua famiglia sono stati costretti ad abbandonare era duramente sferzata dalla guerra, ma era anche una delle località più splendide del mondo. Guggenheim sperava di riuscire ad evocare durante il film la bellezza pittoresca e la ricca eredità culturale della Valle dello Swat.
"Quando si pensa al Pakistan si tende ad associarlo a filmati sgranati e brutte notizie. Ma quando ho visto le foto della Valle dello Swat ho scoperto un paradiso verde e lussureggiante e con una forte tradizione di cultura ed istruzione, prima della venuta dei Talebani. Per questo volevo mostrare un po' di quel mondo che è poco conosciuto", dice Guggenheim. 
Incastonata tra le alte montagne dell'Hindukush, la Valle dello Swat è un verdeggiante mosaico di fertili campi irrorati da cime innevate e fiumi spioventi. Questa meravigliosa terra ha una storia complessa e turbolenta. Fu conquistata da Alessandro il Grande nel 320 avanti Cristo; divenne il luogo di nascita del Buddismo Vajrayana nel secondo secolo avanti Cristo; è poi divenuta la terra madre delle tribù Pashtun che ancora oggi la abitano. Successivamente venne invasa dal monarca Afgano Mahmud di Gazni che introdusse l'Islam nella regione, prima che la valle diventasse parte dell'India sotto il dominio Inglese. Nel 1917 lo stato Yousafzai dello Swat fu fondato da Mian Gul Abdul Wadood.  Lui e suo figlio Miangul Abdul Haq Jahanzeb vi hanno governato fino al 1969, quando lo Swat venne aggregato alla nuova nazione del Pakistan.   
La Valle dello Swat ha subito un altro cambiamento nel 1990, con l'ascesa della militanza radicale. Nel 1992 Sufi Muhammad ha fondato lo TNSM (Tehreek-e-Nafaz-e-Shariat-e-Mohammadi), un'organizzazione legata ai Talebani che promuoveva una rigidissima legge della Sharia. Nel 2002 suo genero Maulana Fazlullah – soprannominato "Radio Mullah" per i suoi ferventi discorsi radiofonici – prese la leadership del TNSM.  Dal 2007, tra sanguinosi combattimenti con l'esercito pakistano, il gruppo ha preso il controllo di quasi tutta la Valle dello Swat.
Sempre più rigido nei suoi promulgamenti, è nel 2009 che Fazlullah annuncia il completo divieto dell'istruzione femminile nello Swat, privando 40.000 ragazze della scuola. E' cominciata così una implacabile campagna di distruzione, con il bombardamento, l'incendio e lo smantellamento di 400 edifici scolastici.
Tutto questo coincideva con la giovinezza di Malala.  Ma lei aveva delle prospettive diverse. Suo padre era ben cosciente che la regione aveva una lunga tradizione legata all'istruzione. E come lei stessa confessa, fin dalla tenera età si sentiva una studentessa nell'intimo, desiderosa di imparare tutto.          Nella speranza di educare una nuova generazione di donne leader, nel 1994 Ziauddin Yousafzai diede vita a Mingora alla Khushal School – dal nome di un famoso poeta Pashtun, Khushal khan khattak – con solo tre studentesse, con Ziauddin nei panni del direttore didattico, dell'insegnante e persino del bidello. La scuola crebbe presto e Malala cominciò a frequentarla all'età di cinque anni. Anche se ora gli Yousafzais non vivono più lì, la Khushal School continua ad istruire le ragazze nella Valle dello Swat. Dover lasciare la scuola è uno dei grandi rimpianti di Ziauddin.  "Sarei voluto restare con i bambini in Pakistan, andare alla mia scuola e in altre a diffondere questo messaggio per l'istruzione e camminare ancora tra le verdi colline della valle dello Swat".
Da quella imposizione militare del 2009 ci sono stati piccoli miglioramenti nella zona.  I bambini sono tornati a scuola e c'è stata una diminuzione della violenza. Ma la situazione rimane delicata e gli stessi leader Talebani che decisero l'attentato a Malala furono implicati nel massacro scolastico a Peshawar, nel quale rimasero uccise 145 persone, tra cui 132 scolari tra gli 8 e i 18 anni.
A casa Yousafzai si sogna ancora un possibile ritorno.  "Per noi è molto difficile accettare che la vita che avevamo nello Swat – andare a scuola al mattino con Malala, stare tra i bambini coi loro sorrisi, i loro bei visi, e incontrare gli anziani –  sia finita", dice Ziauddin. 

L'APPELLO DI MALALA: ISTRUZIONE FEMMINILE

"Io ho il diritto di cantare, ho il diritto di andare al mercato, il diritto di parlare. Avrò la mia istruzione, che sia a casa, a scuola, o da qualche parte. Non mi fermeranno".
 Malala

Più di 60 milioni di ragazze in età scolare nel mondo non frequentano la scuola. La durata media dell'istruzione femminile nelle nazioni più povere è di appena 3 anni.  In Pakistan le ragazze ricevono una media di solo 4,7 anni di scolarizzazione. In circa 70 paesi del mondo le femmine sono minacciate con la violenza, solo per il desiderio di andare a scuola.  
Questa è purtroppo la realtà, anche se il rovescio della medaglia è che l'istruzione femminile è uno dei modi più efficaci di migliorare le società. Quando le femmine sono istruite, le statistiche rivelano che le loro intere famiglie beneficiano di più guadagni e di salute migliore. Una ragazza che riceve anche un solo anno extra di istruzione può guadagnare il 20 percento più di un adulto. Le ragazze istruite hanno più probabilità di avere famiglie meno numerose, di avere figli più in salute e la capacità di cominciare degli affari, trovare lavoro e contribuire maggiormente alla loro comunità. 
L'importanza dell'istruzione è qualcosa che Malala sembra comprendere intuitivamente, fin dalla giovane età, quando scopre il suo amore per l'apprendimento. Perciò quando i Talebani cominciano a vietare la scuola alle femmine non può accettare l'ingiustizia, il che ha alimentato la sua esigenza di parlare liberamente, seppure in un'età così tenera, come un fondamentale diritto umano. 
E questo è anche uno dei motivi per cui Malala e suo padre hanno fondato insieme il Fondo Malala, un'organizzazione che si batte per lo sviluppo femminile attraverso un'istruzione superiore adeguata. Il fondo mette in pratica quello che Malala ha sempre creduto come un diritto di ogni essere umano: "Malala vorrebbe vedere tutti i bambini avere l'opportunità di ricevere 12 anni di istruzione", dice Meighan Stone, la Presidente del Fondo Malala.
Il Fondo Malala ha tre obbiettivi principali: 
Primo: il Fondo Malala si impegna ad assicurare che le ragazze di tutto il mondo abbiano accesso a 12 anni completi di istruzione.
Secondo: il Fondo Malala investe in progetti scolastici che forniscono una scolarizzazione sicura e adeguata per le femmine, specialmente quelle che altrimenti non avrebbero accesso alla scuola superiore.
Terzo: il Fondo Malala lavora di concerto con leader di tutto il mondo, con governi e organizzazioni private per finanziare l'impegno di dare a ogni bambino una istruzione completa.
Per raggiungere questi obbiettivi il Fondo Malala sostiene il cambiamento di politiche locali e internazionali nell'ottica di migliorare la sicurezza delle ragazze e un più facile accesso all'istruzione; investe in programmi nei paesi in cui le ragazze sono in situazioni di maggiore difficoltà, come in Nigeria, in Pakistan e nelle nazioni che ospitano rifugiati Siriani; il Fondo Malala vuole altresì amplificare la voce delle ragazze e delle giovani donne di tutto il mondo.
"Malala è totalmente impegnata nello sviluppo femminile in questa campagna globale", dice la Stone. "Lei dice sempre che non è solo una ragazza, lei è una delle tante ragazze che sanno che significa essere private dell'istruzione e vuole sostenere il diritto di tutti ad esprimersi. Questo è quello che il pubblico vedrà nel film e speriamo che molti si uniranno a lei".   
Per il Fondo Malala, questo film è l'opportunità di scoprire qualcosa in più sulla realtà di milioni di ragazze in tutto il mondo e sull'impegno di Malala e di suo padre nell'assicurare a ogni ragazza la chance di andare a scuola. 
"Al Fondo Malala speriamo che le persone che vedranno il film si sentano spinte a manifestare per la causa dell'istruzione femminile nel mondo", aggiunge la Stone.
Davis Guggenheim ha sempre creduto che l'istruzione sia il fondamento per lo sviluppo di ogni società, che sia in Pakistan, negli Stati Uniti o in ogni nazione.  "Ci sono molti problemi complicati nel mondo… ma una cosa che può servire veramente è dare istruzione alle ragazze", dice Guggenheim. "E' cosa nota. Quando una ragazza viene istruita questo crea delle opportunità e può cambiare intere economie. Il Fondo Malala sta facendo delle cose straordinarie a questo proposito. Non solo elevano la consapevolezza e costruiscono scuole in molti paesi, ma stanno anche convincendo molti governanti che questa è una priorità, spingendoli ad investire più denaro nella scuola e cambiando le leggi in modo che più ragazze possano ricevere una completa istruzione".  
Laurie MacDonald ha visto crescere dovunque il desiderio di scuole migliori. "Questo argomento è diventato importante in molte comunità. C'è una consapevolezza crescente che l'istruzione è un modo di incrementare l'economia e di combattere contro il terrorismo in modo efficace. Malala, grazie alle sue doti, ha l'opportunità di avere un ruolo fondamentale in questo cambiamento".   
"In MALALA", dice la Parkes, "vediamo Malala non solo nella sua casa, ma anche viaggiare intrepidamente attraverso alcune zone calde del mondo, per esempio per sostenere le ragazze Nigeriane rapite da Boko Haram o aiutare i rifugiati Siriani in Giordania. Vederla in azione era essenziale per avere un suo ritratto esauriente". 
"Lei è totalmente senza paura. Penso che abbia un istintivo senso del perché è a questo mondo e di quello che è chiamata a fare… e lo fa", osserva ancora la Parkes.  "Quando l'ho vista sul confine siriano fare il terzo grado al presidente della Nigeria sulle ragazze rapite da Boko Haram, mi sembrava di vedere la stessa ragazza che avevo incontrato nel soggiorno della sua famiglia. Non importa dove si trovi, lei è sempre profondamente sé stessa".  
Per Davis Guggenheim quell'autenticità non sarebbe mai diventata un dono per il mondo se Malala non fosse nata in una famiglia che empatizza con i valori universali di una ricca e completa istruzione. "Spero che il film mostri come l'istruzione di Malala le abbia dato la forza di provare a cambiare il mondo", riassume il regista.  "Grazie alla sua istruzione Malala ha trovato la propria voce, e ha poi preso la decisione di usarla per quello in cui crede. Se qualcun altro venisse ispirato a parlare a gran voce vedendo questo film, sarebbe qualcosa di speciale".  

AGGIORNAMENTI SU MALALA

Nell'agosto del 2015 Malala ha completato il 10° Grado (Anno 11 nel Regno Unito, "GCSE") a Birmingham, in Inghilterra (ha perso un anno di scuola dopo l'attentato), vivendo con la sua famiglia e continuando fervidamente il suo lavoro con il Fondo Malala.

Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. Malala Yousafzai.

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:

Puoi cercare "Malala" nelle principali piattaforme di VOD: [Apri Box]
DVD E BLU-RAY FISICI:
Non abbiamo informazioni specifiche ma puoi aprire i risultati della ricerca di DVD o Blu-Ray per "Malala" o correlati su Amazon.it: [APRI RISULTATI]

Prossime Uscite

Il Regno del Pianeta delle Scimmie
Impostazioni privacy