Poster Notre-Dame in fiamme

Notre-Dame in fiamme (2022)

Notre-Dame brûle
Locandina Notre-Dame in fiamme
Notre-Dame in fiamme (Notre-Dame brûle) è un film del 2022 prodotto in Francia, di genere Drammatico diretto da Jean-Jacques Annaud. Il film dura circa 110 minuti. Il cast include Samuel Labarthe, Jean-Paul Bordes, Mikael Chirinian, Jeremie Laheurte, Maximilien Seweryn, Garlan Le Martelot, Dimitri Storoge, Pierre Lottin, Jules Sadoughi, Chloé Jouannet, Vassili Schneider, Ava Baya. In Italia, esce al cinema lunedì 28 Marzo 2022 distribuito da Vision Distribution. Disponibile in homevideo in Digitale da venerdì 15 Aprile 2022.

Il film racconta le 24 ore che precedono la mattina del 16 aprile 2019, quando finalmente l'incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame è stato dichiarato sotto controllo. Il racconto ricostruisce la sfida che hanno dovuto fronteggiare i servizi di emergenza, avvisati con notevole ritardo, le difficoltà nel trasportare uomini e attrezzature attraverso il traffico parigino congestionato e la folla dei curiosi e la pericolosa lotta di chi ha dovuto affrontare il mostruoso incendio trionfando, a fine nottata, grazie a competenza e coraggio. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: lunedì 28 Marzo 2022
Uscita in Italia: 28 Marzo 2022 al Cinema; 15 Aprile 2022 su Sky e NOW
Prima Uscita: 16/03/2022 (Francia)
Genere: Drammatico
Nazione: Francia - 2022
Durata: 110 minuti
Formato: Colore
Produzione: Vision Distribution (presenta), Pathé (co-produzione), TF1 Film Production (co-produzione), Wildside (co-produzione), OCS (partecipazione), Amazon Prime Video (partecipazione), TF1 (partecipazione), TMC (partecipazione), Financière Pinault (con il supporto di), La Région Île-De-France (con il supporto di), Centre Nationation Du Cinéma et de L'image Animée (con il supporto di), Brigade Des Sapeurs-Pompiers di Parigi (con il supporto di)
Distribuzione: Vision Distribution
In HomeVideo: in Digitale da venerdì 15 Aprile 2022

Cast e personaggi

Regia: Jean-Jacques Annaud
Sceneggiatura: Jean-Jacques Annaud, Thomas Bidegain
Musiche: Simon Franglen
Fotografia: Jean-Marie Dreujou
Scenografia: Jean Rabasse

Cast Artistico e Ruoli:
foto Samuel Labarthe

Samuel Labarthe

Generale Gontier
foto Jean-Paul Bordes

Jean-Paul Bordes

Generale Gallet
foto Mikael Chirinian

Mikael Chirinian

Laurent Prades
foto Jeremie Laheurte

Jeremie Laheurte

Maresciallo Joel
foto Maximilien Seweryn

Maximilien Seweryn

Sergente Maggiore Reynald
foto Garlan Le Martelot

Garlan Le Martelot

Intendente Aurelien
foto Dimitri Storoge

Dimitri Storoge

Capitano Francis
foto Pierre Lottin

Pierre Lottin

Tenente Alexandre
foto Jules Sadoughi

Jules Sadoughi

Sergente Maggiorejordan
foto Chloé Jouannet

Chloé Jouannet

Caporale Capo Marianne
foto Vassili Schneider

Vassili Schneider

Caporale Sandro
foto Ava Baya

Ava Baya

Pompiere Marie-Eve
foto Nathan Gruffy

Nathan Gruffy

Pompiere Victor
foto Sebastien Lalanne

Sebastien Lalanne

Capitano Marcus
foto Bernard Gabay

Bernard Gabay

Colonello Roland
foto Oumar Diolo

Oumar Diolo

Moumet.D
foto Élodie Navarre

Élodie Navarre

Madre (Bambina)



Produttori:
Jean-Yves Asselin (Produttore esecutivo), Jérôme Seydoux (Produttore), Ardavan Safaee (Produttore), Mario Gianani (Coproduttore), Lorenzo Gangarossa (Coproduttore)


Aiuto Regia: Matthieu De La Mortiere (Afar) | Suono: Lucien Balibar | Montaggio del Suono: Gurwal Coïc-Gallas | Responsabile Mix: Cyril Holtz | Mix: Damien Lazzerini | Cons. Sfx E Effetti Pirotecnici: Philippe Hubin | Superv. Sfx E Effetti Pirotecnici: Jean-Christophe Magnaud | Superv. E Coordinatore Set Vfx: Laurens Ehrmann.

Immagini

[Schermo Intero]

Intervista con Jean-Jacques Annaud, regista

L'avventura incredibile di questo film comincia il 15 aprile 2019, il giorno dell'incendio di Notre Dame.
Ero nella regione della Vandea da alcuni giorni, in una casa in cui la televisione era guasta. Accendendo la radio per ascoltare il discorso del Presidente Macron, ho scoperto il dramma in corso a Notre Dame. Non ho visto la tragedia quella sera, ma l'ho immaginata. Conosco molto bene la cattedrale. Da bambino ho inaugurato la mia prima macchina fotografica, una "Brownie Kodak", ritraendo la Strige della Galleria delle Chimere.

Come è venuta l'idea di farne un film?
Alla fine di dicembre 2019 Jérôme Seydoux, il presidente di Pathé, mi ha chiamato. È il mio partner di riferimento da molto tempo. Mi ha fatto una proposta che mi ha sorpreso. L'idea di un film di montaggio con materiali d'archivio sull'incendio di Notre Dame, spettacolare, destinato al grande schermo e con un suono immersivo. La mia reazione iniziale è stata pensare che non ci fossero sufficienti immagini per realizzare un film di 90 minuti, ma l'ho ascoltato. Me ne sono andato con una busta piena di documenti e articoli in francese e in inglese. Prima di andare a dormire, gli ho dato un'occhiata. Li ho divorati fino a notte fonda. Era troppo tardi o troppo presto per chiamare, ma avevo deciso.

Cosa l'ha convinta in questi primi documenti?
Ho scoperto qualcosa di inimmaginabile. Un'affascinante catena di contrattempi, ostacoli e malfunzionamenti. Qualcosa di impensabile, ma vero. C'erano tutti gli elementi per una sceneggiatura di finzione: nel ruolo di protagonista, una star internazionale come Notre Dame. L'antagonista: un demone spaventoso e carismatico, il fuoco. Fra i due, delle persone umili pronte a sacrificare la propria vita per salvare delle pietre. Una storia che tutti gli sceneggiatori sognano, un affresco visivo pieno di suspense, dramma, generosità, comicità. Mi sembrava tutto folle, grandioso, ridicolo, umano. A quel punto dovevo verificare, concentrami sull'esattezza di quei fatti rocamboleschi. Ho capito fin dall'inizio che dovevo raccogliere tutte le informazioni, le testimonianze, le ipotesi di chi aveva vissuto quelle ore sconvolgenti.

In che modo è poi andato avanti?
In un primo momento ho deciso di limitarmi ai fatti, preparando una cro- nologia degli avvenimenti. Ho avuto grandi difficoltà a ricavare gli orari esatti. Riordinando le varie testimonianze di cui disponevo, mi sembrava che ognuno desse la sua versione della prima apparizione del fumo, delle fiamme e dell'ar- rivo dei soccorsi. Ho presto capito come nell'impatto della catastrofe nessuno abbia il tempo di guardare l'ora. Ho fatto leggere a Thomas Bidegain, lo sce- neggiatore di Jacques Audiard, una prima versione embrionale della sceneg- giatura. "Ma cosa posso aggiungere io di più?", mi ha chiesto dopo averla letta. Gli ho spiegato che avevo bisogno dell'occhio critico di un giudice severo e del contributo benefico di un autore di talento.

Passando in rassegna gli eventi di quel 15 aprile 2019, cosa ha scoperto di sorprendente?
L'incendio è stato notato all'inizio della Messa del Lunedì Santo, alle 18:17, ma i vigili del fuoco sono stati avvisati solo mezz'ora dopo da un amico del generale in vacanza a Firenze. Fin dalla mattina si è innescata una drammaturgia implacabile, tutto sembrava condurre a una catastrofe inevitabile. È il primo giorno di lavoro a Notre Dame di un nuovo addetto alla sicurezza antincendio, incaricato di sorvegliare uno schermo in cui delle spie rosse si illuminano in caso di incidente. Non ha mai visitato la cattedrale, non conosce i termini tecnici dell'architettura gotica. Quando si attiva l'allarme e appare un codice indecifrabile, chiama il suo superiore, che non è raggiungibile e richiama solo un quarto d'ora dopo. La persona incaricata di verificare l'effettivo scoppio dell'incendio pensa dai rumori che giungono dal suo walkie-talkie di doversi dirigere nel sottotetto della sacrestia, mentre il fuoco divampa nel sottotetto della navata principale. È solo l'inizio di uno stupefacente disallineamento dei pianeti.

Rimane una questione spinosa: qual è la causa reale dell'incendio? A distanza di quasi quattro anni ancora non lo sappiamo ufficialmente.
Gli inquirenti portano avanti la loro inchiesta. Il film non ha mai voluto essere un'inchiesta che sostituisse alle indagini. Mancano le prove, ma citiamo le differenti piste. Notre Dame in fiamme affronta quello che conosciamo nel dettaglio: l'epopea del salvataggio. Raccontiamo come la cattedrale è stata salvata, non come e perché è stata quasi distrutta.

Il film è un affresco spettacolare nel quale Notre Dame interpreta il ruolo principale. Ha potuto girare alcune scene all'interno, ma soprattutto avete ricostruito identica una parte della cattedrale in studio.
L'edificio era inaccessibile per la presenza massiccia di piombo e per il rischio di crollo. Ma in ogni caso bisognava riempire tutto di fumo, ricoprire il suolo di cenere e polvere, far cadere tonnellate di travi infuocate, inondare il pavimento. L'abbiamo ricostruita identica, dando fuoco alle scenografie da centinaia di ugelli. Abbiamo ricostruito in studio a grandezza naturale una gran parte della navata principale, le scale a chiocciola, i corridoi esterni, la struttura del tran- setto nord e l'interno del colossale campanile della scena finale. Insomma, tutti i luoghi emblematici di Notre Dame al centro della catastrofe che dove- vano assolutamente essere mostrati, prima e durante l'incendio.

Bisogna essere credenti per appassionarsi a un simile soggetto?
Bisogna credere nel cinema. Vengo da una famiglia atea, laica e repubblicana. Per noi il senso dell'al di là era una nozione astratta, ma ricordo come intorno ai 10, 12 anni abbia sentito una sorta di mancanza. L'ho compensata sviluppando un'attrazione particolare per l'architettura medievale. Consacravo le monete avanzate della paghetta per comprare dei dischi di musica sacra, i canti gregoriani, i salmi tibetani, le melodie del Sahel, gli oratori di Bach, le toccate di Frescobaldi. L'estate, più che andare al mare, chiedevo di partire per fare il giro dei calvari bretoni o delle basiliche romane dell'Auvergne. Non sono capace a recitare le preghiere, ma ho grande rispetto per il raccoglimento e la fede che provano gli altri. Da qui la mia felice armonia con i monaci buddisti di Sette anni in Tibet, con i beduini del deserto de Il principe del deserto o i benedettini di stretta osservanza de Il nome della rosa. All'interno di un tempio, di una moschea o di una chiesa amo percepire il mistero della fede che non ho, la serenità del raccoglimento della preghiera. I religiosi che ho incontrato in occasione di Notre Dame in fiamme non sono stupiti che sia stato io a fare questo film, e fra le persone che sacralizziamo ci sono i pompieri. Interessante notare come i due mondi si uniscano in questo progetto.

In effetti lei ritrae i pompieri come gli eroi del salvataggio di Notre Dame, in particolare i sei giovani che, per primi, sono partiti per domare le fiamme.
Due giovani donne e due giovani uomini appena usciti dall'adolescenza. Su quattro, due non avevano mai affrontato un incendio. Questi novizi del corpo dei Vigili del fuoco sono guidati da due capi appena più vecchi di loro. Arrivano a bordo di una camionetta di primo soccorso di 7 metri per combattere una fiammata alta 120. Dispongono di una barella, di una scala di qualche metro e una manichetta di modeste dimensioni. Quando li ho incontrati durante la preparazione del film, mi hanno impressionato per la loro modestia e umiltà. In questa professione che ho imparato a conoscere, nessuno vuole mettersi in mostra. Tutti dedicano la vita agli altri, prendono dei rischi assurdi, ogni giorno rischiano la morte, ma non inseguono mai la gloria. Quando gli faccio notare come la loro quotidianità fosse eroica, mi fanno segno di non esagerare, imbarazzati. Mi ricordano l'insegnamento dei Pompieri di Parigi: "rischiare la nostra vita per salvarne altre". Obietto che Notre Dame è un monumento di pietra. Replicano che le loro vite sono poca cosa in confronto alle pietre millenarie di uno dei santuari più rappresentativo del mondo. Poi continuano raccontando che, dopo aver guadato dei corridoi trasformati in vasche da bagno, si sono rammaricati di non aver potuto avvicinarsi alle fiamme. Le uniformi sono concepite per resistere a 700 gradi. Ma impregnati d'acqua ed esposti a temperature prossime al doppio, il rischio è che il rivestimento si trasformi in un autolavaggio e all'interno cuociano al vapore. Quel 15 aprile le fiamme hanno superato i 1200 gradi. Ascoltandoli ho preso coscienza della complessità di questa operazione fuori dal comune. Un caldo insostenibile, del fumo soffocante, 40 chili di materiale sulle spalle, 15 chili di manichette ciascuno, i caschi e le maschere respiratorie per forza di cose poco confortevoli. Il tutto su un terreno ostile in cima alla cattedrale, con dei passaggi strettissimi. Meno di 50 centimetri di larghezza.

Il contributo di queste testimonianze dei pompieri erano vitali per il film. Come li ha avvicinati?
Durante i preparativi, e il lavoro indispensabile di documentazione, eravamo in piena pandemia durante il primo lockdown. I nostri tentativi di entrare in contatto con i testimoni-attori privilegiati della catastrofe sono stati nonostante questo molto facilitati. Per fissare gli appuntamenti con i pompieri della BSPP (Brigade des Sapeurs-Pompiers de Paris), Jean-Yves Asselin, il mio produttore esecutivo, è passato per Claire Boët, responsabile della comunicazione. Lo stesso è successo per il comune di Parigi. Anne Hidalgo, la sindaca, ci ha subito fatto sapere che avremmo potuto accedere al sagrato di Notre Dame nel corso delle riprese. Florence Parly, la ministra della difesa, da cui dipendono i Pompieri di Parigi, oltre al prefetto di polizia Didier Lallement, ci hanno aperto le porte e chiuso le strade.

Quello che colpisce vedendo il suo film è constatare l'incredibile bellezza delle immagini del fuoco che divora Notre Dame. Restiamo spaventati e affascinati. Lo confermo. L'architettura gotica e le fiamme formano un connubio molto fotogenico. Fra le testimonianze, il racconto dell'arrivo dei soccorritori a Notre Dame mentre il fuoco già invadeva la struttura, liquefacendo il tetto… mi hanno tutti descritto una scena apocalittica, con la furia rabbiosa del fuoco talmente potente che delle travi sono state spazzate via dallo spostamento d'aria, schiantandosi a terra sul sagrato sottostante, o talvolta anche molto più lontano. La cenere portata dal vento è caduta anche oltre il Museo d'Orsay. I gargoyle vomitavano fumo color zolfo, oltre al piombo del tetto in fusione. Me l'hanno tutti raccontato: la prima cosa che li ha colpiti (e la parola non è casuale) è stata la pioggia di braci roventi che picchiettavano sui loro caschi e scricchiolavano sotto i piedi.

Uno dei momenti cruciali della preparazione è stata il suo incontro con il generale Georgelin, incaricato dal Presidente della Repubblica di supervisionare i lavori di ricostruzione di Notre Dame.
Era il maggio 2020. Che personaggio da film quel Georgelin! Prima di tutto, senza che glielo avessimo domandato, ci ha proposto con Jérôme Seydoux di visitare la cattedrale incendiata. Ci siamo vestiti con delle tute per proteggerci dal piombo, con stivali troppo grandi, oltre a un equipaggiamento fatto di vari strati di slip, maglie e pantaloni. Con una maschera siamo partiti dietro al generale. Con la sua voce da baritono ci ha guidato come un attore consumato, illustrando lo stato dell'edificio in seguito alla catastrofe. Una visita commovente e appassionante. Avere l'occasione di muoversi lungo la navata, le campate, il coro mi ha permesso di chiarirmi le idee. Mi sono reso conto che le lacerazioni della volta erano allo stesso tempo enormi, ma di una dimensione che lasciava sperare in un restauro. Gli architetti del medioevo inventori dell'arte gotica puntavano tutto sulle volte e la malta ignifuga che le ricoprivano. Bisognava evitare i problemi delle costruzioni carolinge, in cui le pareti sostenevano direttamente la struttura senza quella preziosa risorsa contro il fuoco. Nel corso dei secoli hanno costituito una protezione formidabile antincendio. Il crollo della guglia ha perforato la volta, incendiandosi al passaggio del gas infiammabile accumulato sotto la navata. Le fiamme si sono spinte verso l'alto con un'impressionante torcia di una trentina di metri d'altezza. Secondo alcuni specialisti questo ha evitato un'esplosione più violenta e salvato Notre Dame.

Ma aveva bisogno, al di là di questa visita della cattedrale ferita, di sopralluoghi in altri luoghi simili, della stessa epoca.
Sì, ho deciso di intraprendere, una volta finito ufficialmente il lockdown della primavera 2020, un giro delle cattedrali dello stesso periodo o dello stesso stile: Sens, la prima cattedrale gotica al mondo, vero riferimento per Notre Dame di Parigi, Saint-Denis, costruita con lo stesso calcare, Amiens e soprattutto Bourges, anche lei con un doppio deambulatorio. Volevo piazzare le mie camere lungo un asse molto simile a quello di Notre Dame e poterle poi raccordare con la mia scenografia ricostruita identica in studio. Così ho evitato di costruire tutto, rimanendo il più vicino possibile alla realtà. Porte, scale a spirale, navate laterali, cappelle radiali, statue, cornicioni, passerelle o archi rampanti. Ho creato un gigantesco archivio di possibili luoghi per le riprese. In seguito mi è bastato assemblare questo puzzle gotico affinché corrispondesse a una visione globale della Notre Dame del film. È così che mi sono reso conto, dopo aver salito migliaia di gradini delle cattedrali, dalle navate ai campanili, quanto la missione di salvataggio di Notre Dame dei pompieri sia stata al limite dell'impossibile. Le scale a spirale sono talvolta così anguste che sono stati costretti a spogliarsi per poi trascinarsi scivolando per arrivare all'incendio.

Bisogna anche parlare del casting. Ha scelto attori affermati, ma non delle star molto conosciute dagli spettatori.
Le salvatrici e i salvatori di Notre Dame sono eroi anonimi, e desiderano restarlo. Sarebbe stato inopportuno farli interpretare da celebrità molto riconoscibili. Per sottolineare la distanza fra il documentario e la finzione, ho rinunciato a coinvolgere, a parte qualche eccezione, i veri pompieri eroi del 15 aprile. Un margine di libertà e di creazione che volevo assolutamente mantenere. D'altro canto, si è posta la questione delle personalità pubbliche, i politici e i militari il cui volto è conosciuto dal pubblico ed erano presenti quella notte. Il presidente Macron, Anne Hidalgo, il prefetto Lallement, il generale Gallet, il generale Gontier, capo dei Pompieri di Parigi, etc… Per alcune di queste personalità ho deciso di inserire delle immagini reali del momento, riprese dai turisti, dai giornalisti o i pompieri stessi. Sono inserti che rafforzano la credibilità. Per altri personaggi come i generali Gallet o Gontier, che avevano molti dialoghi, ho usato artisti con una solida carriera in televisione e a teatro. Abbiamo attinto da un bacino di grandi professionisti. Gli spettatori potranno riconoscere Samuel Labarthe, Chloé Jouannet, Pierre Lottin, Jérémie Laheurte, Jean-Paul Bordes, Ava Baya, Vassili Schneider o Jules Sadoughi.

Passiamo al lavoro di costruzione delle scenografie e dei luoghi delle riprese in studio. Per un progetto così importante, avete dovuto trovare le giuste location.
Abbiamo avuto bisogno di set sufficientemente grandi per accogliere scenografie alte fino a 25 o 30 metri, oltretutto per la maggior parte totalmente bruciate. Volevamo assolutamente girare in Francia ma neanche uno studio aveva le infrastrutture necessarie a questo progetto. Avevamo due possibilità: la Cité du Cinéma di Saint-Denis e Buy-sur-Marne. A Saint-Denis abbiamo girato in interni e a Buy in un vasto spazio esterno. Ci servivano poi dei laboratori di falegnameria, di lavorazione dei metalli, di scultura, dei calchi in gesso, etc… Sono riuscito a ottenere il minimo di spazio vitale per il mio film in termini di infrastrutture. Alla Cité du Cinéma ho potuto contare sull'esperienza delle squadre tecniche, abituate a questo genere di produzioni. Ho potuto poi contare sulla straordinaria competenza di Jean Rabasse, scenografo eccezionale. Jean ha lavorato in molti film di Jean-Pierre Jeunet ma anche di Bernardo Bertolucci o Roman Polanski. Le nostre prime discussioni sono state appassionate e produttive. Al di là di tutte queste difficoltà, ho mantenuto chiaro lo spirito di questo progetto: dovevamo girarlo nel posto giusto. Là dove Notre Dame è stata pensata, scolpita, edificata. In Francia.

In quale maniera avete proceduto per la costruzione delle scenografie?
I nostri uffici di produzione sono stati installati alla Cité du Cinéma, in un piano intero. Disegni, bozzetti, modelli in 3D: ho chiesto che riproducessero varie versioni ridotte di Notre Dame o del suo campanile, come dei giochi di costruzione in cartone o legno. Ogni oggetto ha richiesto diverse settimane di lavoro perché sono stati fabbricati in base ai progetti originali. Questo mi ha permesso molto presto di immaginare come mettere le camere, la collocazione degli attori, le parti da bruciare o il modo in cui inserire i dispositivi di sicurezza come l'acqua o le stesse uscite di sicurezza. E poi questo lavoro di produzione minuzioso ci ha fatto guadagnare tempo prezioso quando ho girato nelle vere cattedrali o in quelle ricostruite in studio. Mi ha permesso poi di non costruire quello di cui non avevo bisogno. Allo stesso tempo i nostri tecnici hanno messo a punto delle macchine da presa ignifughe speciali, capaci di resistere al calore delle scene con il fuoco. Nel corso di questo lavoro minuzioso di pre-produzione ho constatato con entusiasmo, passando da un laboratorio all'altro, la gioia e la fierezza di questi artigiani appassionati. Ebanisti, stuccatori, fabbri, vetrai, pittori, etc… Dei veri artisti che non hanno frequentemente l'occasione di costruire delle colonne gotiche, delle volte. Ho portato la mia squadra di scenografia varie volte a fare dei sopralluoghi nelle vere cattedrali perché si ispirassero alla patina dei muri e delle statue, ad esempio. Abbiamo anche effettuato delle prove per trovare la maniera giusta di riprodurre lo scioglimento al suolo o sui caschi dei pompieri del piombo dei tetti. Questo entusiasmo collettivo mi ha coinvolto.

In Notre Dame in fiamme, le immagini dell'incendio che devasta la guglia della cattedrale sono particolarmente intense. Come le avete affrontate e girate?
La guglia di Notre Dame, la celebre foresta di travi di quercia (per alcuni risalenti a oltre 900 anni fa) si è ridotta in fumo nell'incendio dell'aprile 2019. Dovevamo ricostruire un luogo unico al mondo, oggi scomparso, in una scena che si svolge nel transetto nord della cattedrale, dove sono intervenuti i primi pompieri. Scene molto drammatiche e spettacolari. Abbiamo innanzitutto creato dei modelli della guglia con immagini 3D, prima di costruirla veramente. La scenografia l'abbiamo messa in piedi a Bry-sur-Marne e abbiamo appiccato il fuoco. Le nostre campane erano in gesso armato, capaci di resistere a 400 gradi durante le riprese.

Nella primavera 2021, il 9 marzo, sono iniziate le riprese. Che ricordo ha?
Finalmente! È stato a Bourges, dove ci siamo piazzati una settimana piena per girare nella cattedrale delle scene dell'inizio del film che mostrano l'afflusso dei visitatori a Notre Dame. Volevo mostrare la cacofonia delle guide durante le visite di gruppo. Ho quindi ricreato la presenza di turisti di tutte le nazionalità: spagnoli, italiani, inglesi, tedeschi, cinesi, giapponesi, ungheresi, canadesi, russi. Poi abbiamo fatto tappa a Sens per portarci a casa le scene gemelle di Bourges, ma viste da un altro asse di ripresa, non più dal basso ma dall'alto. Abbiamo approfittato della pavimentazione identica a quella di Notre Dame. Poi ho girato a Sens delle scale che portano al campanile: dei 350 gradini, gli ultimi 50 sono in una scala a chiocciola estremamente stretta. Ho anche trovato delle splendide porte medievali in legno massiccio di quercia, sopravvissute alla Rivoluzione.

Una delle sequenze più impressionante del film è il crollo delle guglia e poi della volta di Notre Dame. L'avete girata in studio alla Cité du Cinéma. Ci racconti.
Era il 5 aprile 2021. in effetti una giornata molto importante. Una ricostruzione totale perché nessuna telecamera di sorveglianza (inesistenti a Notre Dame) ha ripreso quel momento. I pompieri stessi, con il reparto audiovisivo sotto rappresentato quel giorno, non hanno alcuna immagine di quella scena cruciale. Nella realtà la volta è caduta da un'altezza di 40 metri, riversando 500 tonnellate di polvere incandescente, calcestruzzo e pietre sul pavimento della cattedrale. Questa sequenza dura circa un minuto e mezzo sullo schermo, ma ha richiesto settimane di preparazione! Voglio prima di tutto congratularmi con la squadra degli effetti speciali, la migliore con la quale abbia avuto occasione di lavorare. Abbiamo meticolosamente attrezzato il più grande studio della Cité du Cinéma per disporre di almeno 20 metri d'altezza per la caduta di 75 metri cubi di materiale infuocato. Sei enormi cesti di metallo sono stati costruiti nei nostri laboratori dei metalli, con delle griglie sulle quali erano disposte delle false maceria in sughero, del calcestruzzo e delle travi in balsa. Questi cesti sono equipaggiati con dei cavi azionati da un sistema di leve per aprirli, simile a quello degli scambi nelle ferrovie. Al momento giusto prende fuoco tutto e da quel momento possiamo contare su un minuto e 15 secondi prima che il calore diventi incontrollabile e pericoloso. L'accensione del fuoco è operativo in 30 secondi, ne restano quindi 40 per filmare la scena. Per non dover rifare tutto, ho girato con una dozzina di macchine da presa in contemporanea, da angolazioni differenti, alcune in mezzo alle fiamme, protetti da delle "crash box", delle scatole in metallo ultra resistenti al calore e ventilate. Neanche una delle macchine ci ha tradito. D'altro canto, la potenza del fuoco ha fatto in parte bruciare il soffitto dello studio. Per fortuna eravamo assicurati.

Un mese più tardi un altro momento cruciale: ha potuto girare sul sagrato di Notre Dame.
Sì. Proprio davanti alle staccionate che delimitano la zona ad alta concentrazione di piombo in cui nessuno o quasi può accedere. È stata una tappa importante del film, non facile da organizzare. Avevamo delle comparse, dei mezzi dei pompieri, bus di turisti ma anche tecnici, macchine da presa, casse di materiali, ventilatori, macchina per il fumo e altre che proiettavano in alto del carbone. il tutto implicava la necessità di chiudere una parte del quartiere e delle strade nei dintorni. Avevamo inoltre l'autorizzazione eccezionale per girare all'interno dei corridoi di Notre Dame. Eravamo una trentina di persone, rispetto ai soliti 150, e ne siamo usciti molto commossi. All'improvviso Notre Dame prendeva realmente corpo davanti agli occhi dei miei tecnici. Siamo passati per dei luoghi ancora cosparsi di braci carbonizzate, travi spezzate, pareti annerite dal fumo, ricoperte di colature di piombo solidificato. La sensazione era sconvolgente, sorprendente. Fra una ripresa e l'altra, su questo sagrato dell'Ile de la Cité, mi sono spesso sorpreso a guardare Notre Dame. Amo immaginarla come un personaggio vivente. È la mia star e l'adoro. Racconto la sua storia durante le ore tragiche in cui ha rischiato di morire. I suoi salvatori non riuscivano a raggiungerla per gli ingorghi, i lavori. I bravi medici sarebbero riusciti a fermare in tempo l'emorragia? La magnifica notizia è che la cattedrale è sopravvissuta. È sempre là, anche se l'azione combinata del fuoco e dell'acqua non ha giovato alle sue condizioni di salute, che avrebbero in ogni caso necessitato di lavori di ampio respiro, visto che le pietre sono in alcuni casi in cattive condizioni. Dovevo dire la verità su quello che realmente è successo. Era mia responsabilità farlo, con emozione e rispetto.

E poi un ultimo favore: ha potuto girare all'interno della cattedrale stessa.
Ci sembrava impossibile, inaccessibile. Chiaramente l'abbiamo fatto con una troupe ultra ridotta e per un tempo limitato, dopo esserci sottoposti a un protocollo indispensabile e molto rigido. Le nostre tute anti piombo e i costumi degli attori sono stati poi bruciati alla fine della scena.

Nella primavera 2021 ha inoltre lanciato un appello sui social network per recuperare delle foto o dei video girati la sera dell'incendio da turisti o anonimi. L'idea era di inserire questi documenti nel film.
Abbiamo ricevuto più di 6000 video e foto. In quelle immagini registrate sui cellulari ho visto una serie di dettagli che (per fortuna) corrispondevano perfettamente a quanto avevo già girato. Ho ugualmente recuperato delle immagini che mostravano la folla ammassata sui ponti e intonava dei cantici. Ci hanno mandato immagini di quello che era successo all'estero all'annuncio della catastrofe, perché il mondo intero ha assistito in diretta all'evento. In Cina, in Australia, negli Stati Uniti, in Inghilterra o in Islanda, l'incendio era in prima pagina.

Ritorno in studio nel maggio 2021, questa volta a Bry-sur-Marne, per un altro momento dantesco del film. L'incendio del camminamento del transetto nord. Ancora una volta abbiamo costruito un modello a grandezza naturale. Questo corridoio è quello in cui sono giunti i primi sei pompieri inviati per l'incendio. Sono arrivati sul luogo più di un'ora dopo l'inizio. Si sono confrontati con un incendio mostruoso e la furia delle fiamme con mezzi irrisori. La scenografia era alta alcune decine di metri: un corridoio molto stretto di una cinquantina di centimetri di larghezza che si affacciava da una parte sul vuoto e dall'altra sul fuoco. È stato ricostruito identico a Bry, con le scorte di gas di cui avevamo bisogno e delle pompe per gettare l'acqua. Il tetto è stato realizzato in quatto versioni in base all'evoluzione della disgrazia, fino quasi alla sua distruzione. Le squadre di scenografia si sono trovate di fronte a una sfida incredibile, in particolare per nascondere i condotti che veicolavano il fumo e il fuoco. Ogni fiamma era alimentata da un tubo a potenza variabile, controllato a distanza. Il colore del fuoco doveva essere rosso e non blu, per cui bisognava anche gestire la potenza dei ventilatori che spingevano il fumo alla giusta velocità e nella direzione esatta. In base all'evoluzione dell'incendio il fumo è prima bianco, poi nero e infine giallo. È stata una fase delle riprese molto pericolosa per i miei attori, perché le emanazioni, qualsiasi cosa potessimo fare o prevedere, sono tossiche. Quanto alle fiamme, arrivavano a 500 o 600 gradi e naturalmente ho espressamente detto agli attori di indietreggiare e mettersi al sicuro quando il calore diventava insopportabile. C'era una squadra di pompieri veri, nel caso le cose degenerassero. In occasione di questa scena ho constatato una volta ancora quanto gli attori siano motivati da questo genere di situazioni, a condizione di aver fiducia in chi li dirige, sapendo che è stato predisposto tutto per la loro sicurezza. È l'essenza stessa della loro vocazione: vivere delle vite straordinarie, e in questo caso sono stati serviti.

Qualche considerazione su uno degli altri personaggi del film: la musica. Ha lavorato con un compositore britannico, Simon Franglen.
Un collaboratore di lunga data. Questo notevole Suddito di Sua Maestà d'Inghilterra mi è stato presentato anni fa da James Horner, il mio rimpianto grande amico compositore che ha firmato per me le musiche de Il nome della rosa, Il nemico alle porte, Il principe del deserto, L'ultimo lupo. Se uno spaventoso incidente aereo non gli fosse costato la vita nel giugno 2015, avremmo proseguito questa formidabile collaborazione e sincera amicizia. Simon, che James definiva "il miglior keyboard artist" del mondo, è anche un arrangiatore geniale che ha un archivio personale con migliaia di suoni di ogni strumento immaginabile, che è in grado di suonare alla tastiera. In questo momento lavora con James Cameron per il seguito di Avatar. La composizione della musica nei miei film è un momento che per molto tempo ho temuto, per paura di perdere il controllo. Se l'idea di partenza, la sceneggiatura, i dialoghi, il casting, la scelta delle scenografie, le riprese, il montaggio, la post-produzione sono sotto il mo controllo totale, la musica deve essere affidata a qualcun altro. In soldoni, partorisco la creatura ma non la vesto io! Posso ispirare, ma non sono io al volante. Naturalmente, ed è andata così anche con Simon, passo molto tempo a studiare scena per scena, inquadratura per inquadratura, per decidere quasi al fotogramma quello che è necessario esprimere. Abbiamo registrato in Inghilterra. Prima a Abbey Road, il mitico studio dei Beatles, oltre che uno dei templi della registrazione delle musiche per film. Abbiamo inciso i cori composti da Simon per Notre Dame in fiamme con i 35 cantanti del gruppo Tenebrae, uno dei più apprezzati al mondo, che ha collaborato alla colonna sonora di Star Wars. Un momento davvero inusuale: alla fine della registrazione, i coristi si sono alzati per applaudire il lavoro di Simon. Abbiamo poi registrato i 70 musicisti dell'orchestra agli Air Studios, sempre a Londra.

A proposito di post-produzione, quale parte del film ha previsto l'uso di effetti speciali?
La Mikros, una società francese estremamente competente, si è incaricata del lavoro sotto la supervisione del nostro coordinatore VFX, Laurens Ehrmann. Ha riguardato circa un quarto delle inquadrature, quindi circa 400 sulle 1500/1600 del film. Per la metà si trattava di far sparire i cavi di sicurezza che tenevano gli attori o i tubi per alimentare di acqua e gas la scena. L'altra metà del lavoro è stata più complessa, consisteva nell'aggiungere del fumo sullo sfondo o delle fiamme quando non era possibile o troppo pericoloso farlo sul set.

Questa lunga e appassionante avventura ha avuto termine, Notre Dame in fiamme esce al cinema. Un'epopea cinematografica iniziata senza saperlo una sera d'aprile del 2019.
Un'esperienza da cui esco incantato. Non ha fatto che alimentare un approccio che ho fin dall'inizio della mia carriera: ascoltare sempre la mia voce interiore. Se non si fa sentire quando mi interesso a un potenziale soggetto, allora meglio rinunciare. Devo essere entusiasta. Dal momento in cui ho cominciato a leggere i primi documenti di Jérôme Seydoux sono stato appassionato, sedotto, affascinato e sorpreso da questa storia. Ogni mattina, dai sopralluoghi alle riprese passando per la preparazione, il casting o la post-produzione, mi sono svegliato con la voglia di saltare giù dal letto e far cominciare una nuova giornata. Quello che è divertente e alle volte commovente è che passo praticamente ogni giorno davanti a Notre Dame. Non devo far altro che uscire sul balcone del mio appartamento parigino per vederla, dall'altra parte della Senna. Continuo a parlarle chiamandola "mia cara". Le chiedo "come va oggi?". Di tutte le attrici che ho avuto la fortuna di dirigere, Notre Dame è senza alcun dubbio la più meritevole, ma anche la più fragile. È ancora così bella. La più celebre cattedrale del mondo subirà dei lavori ancora per molto tempo. Constato settimana dopo settimana l'avanzamento di quel cantiere colossale, unico e storico. Viene da lontano ma è sempre là. La sua storia proseguirà molto oltre la mia o la nostra. Sono felice di aver pensato per un breve istante di essere stato suo amante.

Il suo film ha le caratteristiche di un thriller. Conosciamo la minaccia, la sentiamo, la immaginiamo, sappiamo la devastazione che provocherà, ma all'inizio non la vediamo.
È il principio della sospensione temporale. Far durare l'attesa e il piacere dello spettatore il più possibile, mantenendo la suspense nel confronto con il fuoco. Ho voluto ritardare le cose al massimo, seminando una serie d'indizi, mostrando sullo schermo l'ora e i minuti che mancano al momento in cui l'incendio diventa ineluttabile. È quello che mi ha affascinato e appassionato fin dall'inizio, leggendo i primi documenti: l'accumulo di malfunzionamenti in questa storia è allucinante. Non avevo colto che un decimo della verità. C'è da chiedersi come si sia riusciti a salvarla, Notre dame. A dirla tutta, la notte dell'incendio ero convinto che la cattedrale sarebbe crollata. Il generale Gonthier mi ha rivelato alcuni mesi fa che anche lui lo temeva. Aveva immaginato di mettere una croce sopra, se così posso dire, su Notre Dame e di mettere in sicurezza gli immobili intorno, una volta crollata la cattedrale, per evitare una propagazione dell'incen- dio in tutta l'Ile de la Cité.

L'attenzione al suono nel suo film è eccezionale. Scricchiolii, fiamme, acqua, l'atmosfera o i dialoghi. Ogni elemento sonoro è valorizzato.
È stato in effetti un lavoro enorme che ha richiesto più di 6 mesi, a partire dall'estate 2021. La colonna sonora è stata concepita per essere immersiva e sarà al massimo della sua potenza nelle grandi sale Imax, Dolby Vision, Atmos 4K, 7.1 e 5.1. Sono convinto dall'inizio del progetto che il 50% dell'e- mozione passi dal suono. Tutti hanno visto le immagini della cattedrale in fiamme, pochi l'hanno sentita. Il mio obiettivo è che gli spettatori entrino in osmosi con i pompieri nel cuore dell'incendio, che sentano le travi gemere, esplodere, che comprendano la rabbia dei testimoni alle prese con questo demone incendiario che conquista e divora tutto, che respirino il fumo che si insinua in ogni angolo della cattedrale, che il crepitio dell'acqua che scorre nei tubi delle impalcature diventati bianchi per il calore dia l'impressione di trovarsi loro stessi a combattere l'incendio. La tecnologia Atmos permette di vivere questa esperienza grazie a più di 70 altoparlanti distribuiti oriz- zontalmente e verticalmente, attorno e sul soffitto della sala. Ogni dettaglio sonoro diventa una componente del racconto. L'incendio di Notre Dame ha fatto precipitare una vasta zona di Parigi in un frastuono assordante. Ho tenuto a registrare dei suoni più precisi rispetto a quelli che si potevano registrare in presa diretta nel trambusto delle riprese. Sono stati sostituiti in post-produzione. Il rumore di una pesante goccia di piombo sul casco di un pompiere o su un antico pavimento di quercia, la raschiatura delle sedie sbattute via dal crollo della volta sul pavimento della cattedrale, il boato delle gocce d'acqua spinte dalle manichette antincendio sulle differenti superfici, pareti, travi infuocate, ponteggi tubolari, il bronzo delle campane. È stato un lavoro considerevole, a cui bisogna aggiungere quello delle varie squadre incaricate dell'atmosfera. I rumori della città, le sirene, gli ingorghi, clacson, il clamore della folla. Gli effetti, che dovevano essere perfettamente sincroniz- zati. L'impatto degli stivali sui gradini in pietra, lo sfregamento delle uniformi sui muri, i vetri che si rompono. Poi, naturalmente, un terzo almeno dei dia- loghi degli attori da rifare in post-sincronizzazione, dialoghi spesso coperti durante le riprese dal rumore dei ventilatori per il fumo, dei propulsori delle braci, degli ugelli per il fuoco. Per concludere con la musica, composta da Simon Franglen nel corso dei mesi per accompagnare in ogni momento le inflessioni del racconto, sottolineare la tensione e lasciar fluire le emozioni. Decine di ore di lavoro per decidere insieme a me prima di comporre, decine di ore di esame delle immagini ancora provvisorie, decine di ore di registra- zioni, migliaia di piste sonore mixate a Londra e poi aggiustate con le imma- gini da Dick Bernstein, venuto appositamente dagli Stati Uniti un mese e mezzo per portare a termine questo compito. Gli spettatori non immaginano la mole di lavoro che rappresenti. Il lavoro affascinante e fondamentale di post-produzione rappresenta un mondo tanto magico quanto misterioso.

Intervista con il CAPitano FRANCK

Il film di Jean-Jacques Annaud ripercorre la terribile notte del salvataggio di Notre Dame da parte dei pompieri di Parigi. Lei ha partecipato attivamente, trova che la finzione sia conforme alla realtà?
Le immagini del film sono incredibili. Si alternano con quelle realmente girate quella sera dai pompieri o dai passanti e ritengo ci si immerga completamente nell'atmosfera dell'incendio. Ho ritrovato le sensazioni e i momenti che abbiamo vissuto insieme ai miei colleghi nel corso dell'intervento del 15 aprile 2019.

Sullo schermo è l'attore Dimitri Storoge a interpretare il suo personaggio, quello che del capitano Francis. L'ha turbata vedersi nel corpo di un altro?
Assolutamente. Suscita inquietudine e mi ha spinto a chiedermi se quello che vedevo corrispondesse veramente a quello che avevo fatto. Sono passati già tre anni e qualche volta la memoria trasforma un po' le cose o cancella alcuni elementi. Volevo vedere in che modo Jean-Jacques Annaud aveva reso sullo schermo quello che gli avevo raccontato. Alla fine direi che il risultato è molto fedele a quello che ho vissuto quella notte, malgrado qualche adattamento cronologico inevitabile e logico per facilitare la comprensione dello spettatore.

Torniamo a quel 15 aprile in cui ha salvato la corona…
…Attenzione, tengo a precisare che non ho "salvato la corona". Sono tutti i pompieri presenti sul posto che l'hanno fatto, compiendo una serie di gesti e azioni. Ero incaricato con i miei colleghi della salvaguardia delle opere d'arte della cattedrale e quindi è stata tutta una squadra che ha lavorato a quella missione. È importante dirlo.

Avete preso allora collettivamente coscienza dell'importanza di questa missione, che consiste nel salvare dalle fiamme la reliquia più sacra della cristianità?
Ho subito capito l'importanza di quella Corona di spine di Cristo. Me l'hanno spiegato nel momento in cui c'è stata assegnata la missione. Richiedeva un certo impegno per portarla a termine. Ma dovevamo anche mettere in sicurezza altre opere, sia nel perimetro della cattedrale che nello spazio contiguo. L'idea era di esporci il meno possibile perché, anche se si trattava di reliquie, non valevano la vita di un uomo. Si vede bene nel film qual è stato il nostro lavoro: sottrarre alle fiamme le opere e portarle via o, laddove non era possibile, coprirle e proteggerle con una parete d'acqua che spegnesse le fiamme nelle immediate vicinanze.

Questo tipo di missioni non sono banali. Lei è un pompiere ma anche un uomo con le sue convinzioni, magari con la sua fede. In quel momento bisogna accantonare tutto questo?
È vero che quell'intervento eccezionale a Notre Dame aveva qualcosa di mistico, ma una volta in azione ti concentri sull'obiettivo. Il pericolo è presente in ogni momento. È quello che mi ha preoccupato maggiormente: la sicurezza delle persone ai miei ordini. Abbiamo impegnato il minimo possibile di pompieri nella missione, con grande attenzione a non superare il limite, a non esporci troppo. Per cui sì, la questione della fede personale è stata messa da parte.

La nozione di eroismo è molto presente in Notre Dame in fiamme. Jean- Jacques Annaud sottolinea il lato eroico dei pompieri di Parigi in quella notte, anche se non è per niente nella vostra filosofia definirvi in questo modo. Sì, ed è un po' sconcertante. Da noi non ci sono azioni individuali, tutto è collet- tivo. Quello che realizziamo durante un'operazione sul terreno deve essere medi- tato. Il nostro motto è "salvare o perire", va bene, ma l'importante è sempre fare attenzione alla sicurezza di chi interviene. Non siamo né degli eroi né dei Superman.

Pensava che l'incendio di Notre Dame avrebbe potuto un giorno ispirare un film per il cinema?
Sì, è molto logico. Sono stati realizzati molti libri, reportage o documentari subito dopo l'incendio. Opere molto legate ai fatti. Con il film di Jean-Jacques Annaud siamo arrivati a una finzione che riprende in molte parti fedelmente lo svol- gimento degli eventi. Alcune parti, come ho detto, modificano un po' la cronologia, ma rimane l'essenziale. Il film è bello e permetterà agli spettatori di comprendere quello che è successo quella notte.

Intervista con il sergente maggiore RÉMI

È stato sorpreso nell'apprendere che sarebbe stato girato un film sull'incendio di Notre Dame?
Molto, ma è sicuramente un po' ingenuo da parte mia, perché mi ricordo che, dal giorno dopo l'incendio, siamo stati sollecitati dai media per raccontare le circostanze del salvataggio della cattedrale. Ironia della sorte, sono stato assegnato dal 2015 al 2017 alla caserma Poissy, che si trova proprio vicino a Notre Dame e mi ero sempre detto che era impossibile che quel monumento subisse un incendio. Come no.

In che modo è stato coinvolto nella genesi del progetto?
Jean-Jacques Annaud mi ha contattato direttamente nel luglio 2020, dicendomi che preparava un film sull'incendio di Notre Dame. Il mio ruolo quella notte nel salvataggio della cattedrale gli interessava per la sua sceneggiatura. Ovviamente gli eventi erano ancora freschi nella mia memoria e gli ho semplicemente raccontato quello che io e i miei colleghi avevamo fatto. Sono arrivato sul luogo tre quarti d'ora dopo i primi interventi e penso di aver avuto quella sera uno sguardo piuttosto esterno su quello che stava accadendo. A mio avviso, è quello che mi ha permesso di sollecitare i miei superiori, proponendo l'idea dell'azione che abbiamo poi portato a termine. Jean-Jacques Annaud mi ha chiesto i dettagli su quello che avevo fatto durante quelle ore decisive, precisandomi che avrebbero contribuito a costruire il personaggio ispirato a me.

In Notre Dame in fiamme il suo personaggio è il sergente capo Reynald. La scena in cui convince i suoi superiori a provarci è molto toccante. Si parla di "missione suicida". È in linea con quanto ha vissuto?
L'idea di mettere su una squadra è stata del generale Gontier, non ho fatto che proporre di portare l'acqua al livello della galleria delle Chimere. Siamo partiti in una ventina e in effetti le confermo che non è stata una passeggiata. Il fuoco si era propagato nella torre nord e poi in quella sud.

Il generale dice nel film che i pompieri salvano vite non pietre. Nonostante questo, lei ha deciso di combattere contro le fiamme, quella notte in cui nessuna vita era in pericolo. Ora si rende conto cosa l'abbia spinta?
Prima di tutto questo sguardo esterno di cui parlavo, essendo arrivato sul luogo un po' dopo i miei colleghi. Il tetto era allora completamente incendiato e ho visto il sistema di distribuzione dell'acqua che era stato predisposto. Penso inoltre che l'idea mi sia venuta in mente per la mia anzianità, la mia esperienza. Ogni intervento è diverso dagli altri e impariamo sempre da ogni incendio. Quindi se la domanda è: "pensiamo al rischio prima di lanciarci?", le rispondo di no. Quando combattiamo contro un incendio l'adrenalina ci spinge a portare a termine la missione. Aggiungo che quel giorno l'idea di salvare Notre Dame aveva in più un valore simbolico.

La fede entra in gioco?
Ho solo fatto il mio lavoro. Quando sei pompiere, una delle missioni basilari (insieme naturalmente al salvare le persone) è spegnere l'incendio, qualunque esso sia. Non mi sono quindi mai fatto domande, tanto che salendo sulla torre sud della cattedrale abbiamo ricevuto l'ordine di evacuare perché l'edificio rischiava di crollare, ma ho voluto farmi un'idea in prima persona. Ero a tre quarti della scala a spirale e sono andato in cima per avere una "visuale", come diciamo noi. È quella che mi ha permesso in seguito, una volta ridisceso, di proporre l'intervento ai miei superiori.

Immagino che quella notte del 15 aprile 2019 rappresenti uno dei ricordi più intensi della sua carriera di pompiere?
Naturalmente sì. È un intervento cruciale per tutti quelli che hanno partecipa- to. Personalmente mi sono messo in luce, come dimostra il fatto che sto facendo questa intervista. Non sono sorpreso perché, a distanza di tre anni dall'incendio, continuiamo a parlarne e a interrogarci, ma non siamo abituati a tutta questa espo- sizione mediatica. D'altro canto, la lotta contro l'incendio di Notre Dame rimarrà per noi motivo di immenso orgoglio.

Intervista con Jean Rabasse, scenografo

Si ricorda il suo primo incontro con Jean-Jacques Annaud, all'inizio della preparazione del film?
Molto bene, sì. Conoscevo naturalmente il lavoro di Jean-Jacques, ma non conoscevo lui. È il suo produttore esecutivo, Jean-Yves Asselin, che gli ha parlato di vari scenografi tra cui me. Ci siamo incontrati in un piccolo caffè molto carino di Saint-Germain-des-Prés, accanto a casa sua. È stato un vero momento di grazia, durante il quale mi ha raccontato quello che voleva fare. In realtà non mi ha parlato di un affresco spettacolare, ma di un polar. Ho subito adorato la storia, trovandola palpitante e incredibile. Ascoltandolo ho scoperto quello che avevano vissuto i pompieri quella notte e sembrava davvero un thriller, con tanto di peripezie e colpi di scena. Che poi era quello che dicevano tutti quelli che si trovavano sul campo: una catastrofe di queste proporzioni non ha mai solo una causa, ma una moltitu- dine di ragioni che si combinano allo stesso momento.

Ha accettato quindi subito la sua proposta?
Avevo voglia di lavorare con lui da molto tempo e il suo racconto non ha fatto che aumentare questa volontà. Non so se sia un caso, ma quando l'incendio di Notre Dame è iniziato avevo appena finito il libro di Victor Hugo. Quando ho incontrato Jean-Jacques ero ancora imbevuto di tutte le descrizioni della cattedrale, avevo le immagini in testa, tutto un universo nato dalla lettura del romanzo. Sognavo di andare oltre e scoprire veramente quel mondo architettonico e culturale total- mente a se stante.

Jean-Jacques Annaud le ha detto dall'inizio che voleva costruire il più possibile scenografie reali, ricorrendo al minimo possibile agli effetti digitali?
Sì, da subito, e non potevo che essere d'accordo con lui al 100%. Adoro gli effetti speciali, sono uno strumento incredibile, ma a mio avviso il digitale funziona quando è accompagnato dal reale. Mi è capitato di lavorare in film in cui vedevo dei poveri registi girare su fondali verdi senza sapere realmente quello che giravano. Mancava la sfida, il pericolo o la bellezza. Piazzare la macchina da presa non è banale. Godard diceva che "ogni carrello è una questione morale", ma in generale rappresenta una presa di posizione nei confronti della funzione della storia che racconti e degli attori che la incarnano in una scenografia. Non potevo immaginare Notre Dame in fiamme girato con dei pompieri su uno sfondo verde. Non sarebbe successo niente. Nel nostro caso, al contrario, l'insieme della troupe (tecnici e attori) sono stati messi nelle condizioni reali dell'incendio e tutti gli assi di ripresa sono stati definiti in funzione di questo. Sul set posso dire che non si scherzava: tutti indossavano tute spe- ciali che possono resistere a 700 gradi.

Questo implica una grande preparazione prima.
La documentazione è stata molto importante proprio all'inizio, perché dovevamo comprendere e imparare come riprodurre i differenti elementi di Notre Dame: il campanile, il transetto, la navata centrale. Siamo andati quindi a visitare delle cattedrali durante i sopralluoghi, poi siamo passati ai disegni, agli schizzi e ai modelli in 3D. Ma molto presto abbiamo capito che non era sufficiente e che dovevamo costruire dei veri bozzetti affinché tutti comprendessero quello che succedeva e che bisognava filmare. Una tappa essenziale per gli stunt-man, i responsabili degli effetti speciali, i tecnici, gli attori. Per quanto concerne le scene d'incendio, sapevamo sei mesi prima delle riprese dove sarebbe arrivato il fuoco nella scenografia. Notre Dame in fiamme è il film più tecnico che abbia mai fatto.

Comprendiamo questo lavoro minuzioso vedendo il film, in particolare nelle tre sequenze con il fuoco davvero dantesche rappresentate dall'incendio del campanile e del transetto, ma anche dal crollo della guglia e della volta nella navata centrale. Quale ha rappresentato la sfida maggiore per lei?
Direi che la scena dell'incendio del campanile è stata senza dubbio la più complessa e pericolosa. Abbiamo rinchiuso una parte della troupe (30 persone) in una torre di legno e fuoco, all'interno della quale abbiamo fatto entrare una gru lunga 15 metri. La torre era alta 13 metri, costruita in legno massiccio dai falegnami che lavorano al restauro di Notre Dame. Tutto poi è stato trattato in modo che il colore e la consistenza somigliasse all'originale. Un lavoro enorme. Chiaramente le condizioni di sicurezza erano totali. Potevamo accendere le fiamme in tre secondi e spegnerle in uno e mezzo.

Concretamente, come avete costruito questo tipo di scenografia?
Le travi in legno sono state scavate per permettere il passaggio di un tubo da cui fuoriusciva il gas che si infiammava per innescare il fuoco. Non avevo ancora mai fatto una cosa del genere prima e con i miei colleghi degli effetti speciali abbiamo fatto un gran lavoro a monte. Dovevamo studiare la fattibilità della scenografia, i rischi legati alla volatilità del gas e quindi allo spostamento del fuoco. Ecco perché abbiamo utilizzato delle travi in legno massiccio e non dell'impiallacciato, che sarebbero costato meno caro. All'interno di queste travi, ogni innesco era controllato dall'esterno da una rete di gas davvero impressionante. Un altro aneddoto: Jean-Jacques mi ha chiesto di aumentare le dimensioni delle campane che abbiamo fatto costruire. La sua speranza era che lo spettatore comprendesse che se le campane si fossero staccate a causa del fuoco avrebbero fatto crollare la torre nord e senza dubbio tutta la cattedrale. Facciamo del cinema basato sulle emozioni e dobbiamo aiutare lo spettatore a provarle.

Parlando del crollo di una parte della volta, la navata ricostruita negli studi della Cité di Cinema deve aver rappresentato un momento notevole per uno scenografo. Con una fitta al cuore avrà poi visto distrutta in 30 secondi una scenografia gigantesca, costruita in settimane.
Potrà sembrare strano ma non ha avuto alcun effetto per me la distruzione della scenografia. Ai miei occhi rappresentava un lavoro svolto per un regista, per una scena in particolare, per un momento del film. In ogni caso, ho recuperato raramente elementi delle mie scenografie per il cinema. Quello che conta è quello che hai prodotto per il film, non quello che conservi. La squadra di scenografia era composta da 150 persone e per la scena della navata eravamo una quindicina a lavorare affinché sembrasse reale e bella sullo schermo, perché il fuoco ci affascina tutti. Una volta che le riprese sono terminate, bisogna distruggere tutto. Anche se tengo a precisare che siamo stati estremamente attenti a riciclare le scenografie di Notre Dame in fiamme. In questo ambito la mentalità è molto cambiata. Mi ricordo che nel primo Asterix di Claude Zidi avevamo costruito il villaggio gallo in studio e alla fine abbiamo usato i bulldozer per radere tutto al suolo. In questo film invece tutto è stato recuperato: il campanile è stato venduto agli americani, la struttura del tran- setto è stata smontata ed è servita per costruire una casa in Bretagna.

E questa volta ha portato a casa qualcosa della scenografia?
Ebbene sì. Mi sono tenuto un pezzetto della finestra della torre nord. Appena finite le riprese, ho costruito un rifugio in giardino e l'ho messa dentro. Fa un notevole effetto sui miei amici dirgli che è una finestra di Notre Dame.

Guardando la sua filmografia come scenografo, fra gli altri per Caro-Jeunet, Zidi, Bertolucci, Joffé, Barratier, Jewison, Polanski, sembra logico che abbia incrociato il suo cammino con quello di Jean-Jacques Annaud. Condivide con lui l'amore per un lavoro artigianale.
Ha ragione e mi piace. Mi ricordo quando ho cominciato questo mestiere. Avevo una ventina d'anni e Jean-Jacques Annaud girava già film ai quali sognavo di partecipare. È per persone come lui che facciamo cinema. Quando ho visto Il nome della rosa sono rimasto allucinato. Ero invidioso, era esattamente quello che volevo fare. Poche persone si rendono conto del lavoro che bisogna fare per ottenere una scenografia storica così imponente. Ogni volta è un viaggio nel tempo. Ne ho avuto dimostrazione in Vatel di Roland Joffè e lo sto vivendo anche ora che lavoro al prossimo film di François Ozon, che è ambientato negli anni 30. Bisogna documentarsi molto, andare a vedere le mostre, leggere. Si rende conto che per il film di Jean-Jacques abbiamo ricostruito identico il transetto e l'orologio della cattedrale? Ogni tanto incrociavo Philippe Villeneuve (il capo architetto del restauro di Notre Dame) e gli parlavo delle nostre tecniche scenografiche. Era colpito, non pensava che nel cinema si potesse essere così rigorosi, precisi. Solo la mia squadra incaricata dei disegni era composta da 6 architetti, persone molto attente. Non è il budget del film che conta, è il viaggio che propone il regista. E al momento delle riprese, quando tutti sono al loro posto, con i costumi e nella scenografia, francamente torno bambino. Veramente.

Intervista con Jean-Christophe Magnaud, supervisore SFX

Il suo percorso di supervisore agli effetti speciali al cinema passa per i principali film diretti da Luc Besson, le commedie di Philippe Lacheau ma anche progetti americani come, recentemente, quelli di Ridley Scott o Wes Anderson. Che sguardo ha portato all'avventura di Notre Dame in fiamme?
Direi che il film di Jean-Jacques Annaud fa storia a sé. Penso sia la prima volta in Francia che si danno i mezzi per spingersi così lontano nel volume di fuoco da mostrare sullo schermo, nella sua complessità. Devo ammettere che dopo questo film mi sono arrivati molti lavori legati al fuoco, fra cui un grosso film americano che si gira in Francia e per il quale sono stato scelto grazie a quello che siamo riusciti a fare in Notre Dame in fiamme. Se parliamo di regista, Jean-Jacques si piazza al livello dei grandi maestri con cui ho avuto la fortuna di collaborare: Ridley Scott, Brian De Palma o Wes Anderson. È un onore essere stato al suo fianco in questo film e ho avuto l'impressione spesso di tornare a lezione di cinema: conosce tutti i trucchi del mestiere, anticipa tutto, è un grandissimo lavoratore. Mi hanno dato fiducia per portare avanti una grande sfida cinematografica, che resterà una tappa importante della mia carriera.

All'inizio delle sue discussioni con Jean-Jacques Annaud, cosa si aspettava da lei e come avete visualizzato il lavoro da compiere?
Ho pensato a una montagna. Con la mia squadra ci siamo per prima cosa domandati se ce l'avremmo fatta e poi ci siamo lanciati. La sfida tecnica era enorme, soprattutto perché era necessario aggiungere delle misure di sicurezza indispensabili per chi si trovava sul set, come gli attori, nelle immediate vicinanze del fuoco,. Dovevamo fare meglio e dare di più del solito. È un po' come nel salto in alto: eravamo abituati a superare 1 metro e 90 e ora dovevamo arrivare a 2 metri e 50.

Soprattutto considerando che il regista voleva che il fuoco apparisse veramente, fisicamente sullo schermo.
Sì, voleva darci dentro, ricorrendo al minimo possibile di effetti digitali VFX, a cui di solito si fa ricordo quando la cosa si fa complicata. Quello che ci ha aiutato è stato che tutti gli attori indossavano vere tute da pompiere, erano quindi protetti, per cui siamo potuti spingere molto. Dall'inizio Jean-Jacques ci ha descritto perfettamente quello che si attendeva. È un narratore eccezionale, ti parla arricchendo il racconto con molti aneddoti. Insomma, sa come farti venire voglia.

Entrando nel dettaglio del film, si possono distinguere tre sequenze dantesche d'incendio: il crollo della guglia nella navata, il transetto e il campanile. Cominciamo per la più breve sullo schermo ma la più impressionante: la guglia.
Ognuna di quelle scene presentava delle difficoltà differenti e ogni volta abbiamo dovuto inventare tutto, anticipare e costruire tutto. In questo senso la scena del crollo della navata centrale è senza alcun dubbio la più complessa. Abbiamo dovuto costruire dei cesti metallici giganteschi, installati in studio a quasi 15 metri d'altezza, azionati da 55 motori, sui quali sono stati piazzati 60 metri cubi di finte travi in balsa e delle macerie in sughero e gesso di una decina di tonnellate, infiammate da 100 litri di petrolio, il tutto infine sparso sulla scenografia più in basso. Potevamo permetterci solo una ripresa, perché ci voleva più di una settimana per preparare tutto! Un dispositivo davvero molto complicato da sistemare, che ha necessitato molto lavoro e concentrazione, per un risultato finale di qualche decina di secondi. Ho fortunatamente potuto contare su una ventina di membri della mia squadra, persone sveglie e intelligenti che si sono spese al 100%. Aggiungo che abbiamo dovuto isolare la porta dello studio della Cité du Cinema in cui abbiamo girato, perché nel momento in cui abbiamo dato fuoco ai cesti la temperatura è immediatamente salita a 240°. Abbiamo bruciato solo tre strisce di neon, un male minore.

Parliamo della scenografia del transetto, infiammato invece nello studio di Bry-sur-Marne.
Un'altra sfida. In quel caso bisognava tenere conto dei materiali utilizzati per ricostruire identico il transetto di Notre Dame e lavorare con degli elementi che dessero l'impressione di bruciare a contatto con le fiamme. Tutto quello che riguardava il fuoco era alimentato da condutture di gas, il che ci ha richiesto un'istallazione tecnica complessa per accendere e spegnere le fiamme, rispettando le norme francesi. Intendo dei serbatoi di gas di 4 tonnellate, dei sistemi di sicurezza, etc… Quello che era interessante nel transetto era il volume di quello che doveva prendere fuoco a Bry.

Per la sequenza del campanile, siete tornati nello studio di Saint Denis.
In quel caso abbiamo dovuto indirizzare il fuoco su vere travi di legno e le fiamme dovevano adattarsi alla forma di ciò che avrebbero bruciato. Il che ci ha costretto a farci furbi. L'idea grafica del fuoco era importante. Spesso non ci si rende conto come sia artistico l'ambito degli effetti speciali. Siamo dei tecnici, ma lavoriamo affinché l'immagine sia bella, specie con cineasti come Jean-Jacques Annaud. Il lavoro sul campanile è stato veramente appassionante, perché c'erano la bellezza e la tecnica insieme a un sistema di sicurezza di accensione e spegnimento automatico, dei rilevatori termici, del CO e CO2. Dei colleghi americani con cui ne ho parlato riconoscono la qualità dell'impresa.

Bisogna aggiungere che il fattore umano deve essere preso anch'esso in considerazione. Non è solo un set che brucia, nel mezzo ci sono degli attori e dei tecnici.
Anche in questo caso, la produzione ha messo a disposizione i mezzi per proteggerci al meglio, sia che fossimo dietro o davanti alla macchina da presa. Gli attori beneficiano dei loro costumi e dei caschi da pompieri creati apposta per contrastare il fuoco. Questo gli ha permesso di attraversare le fiamme e di restarci anche per alcuni minuti senza rischi. Un principio applicato allo stesso modo a tutto il personale tecnico: delle tute da pompiere sono state acquistate per chiunque dovesse entrare a contatto con il fuoco.

Le rimarrà una traccia sulla pelle di questa lavorazione, perché si è bru- ciato la mano durante il crollo della guglia nella navata centrale.
Niente di grave. Nel mio mestiere ho imparato nel tempo che il fuoco brucia! Dopo essermi accertato che tutti stessero bene, mi sono solo dimenticato di indossare i guanti. Mi resta una graziosa cicatrice, ma niente di traumatico. Non amo il freddo ma adoro il caldo e in fondo sono i rischi del mestiere. Conosce uno stunt-man che non si sia mai rotto la clavicola, una gamba o semplicemente non si sia mai ferito? Sarà un bell'aneddoto da raccontare. L'importante è che la scena sia riuscita e so che è così.


extra dal pressbook del film

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Notre-Dame in fiamme disponibile in Digitale da venerdì 15 Aprile 2022
info: 28 Marzo 2022 al Cinema; 15 Aprile 2022 su Sky e NOW.

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