Rocco (2016)

Rocco
Locandina Rocco
Rocco è un film del 2016 prodotto in Francia, di genere Documentario diretto da Thierry Demaizière, Alban Teurlai. Il film dura circa 107 minuti. Il cast include Rocco Siffredi, Abella Danger, James Deen, Rozsa Tano, Gabriele Galetta, Mark Spiegler. In Italia, esce al cinema lunedì 31 Ottobre 2016 distribuito da BIM Distribuzione.

Rocco Siffredi è per la pornografia quello che Mike Tyson è per il pugilato: una leggenda vivente. Sua madre avrebbe voluto che si facesse prete e lui è diventato un attore porno con la sua benedizione, dedicando la sua esistenza ad un unico dio: il Desiderio. Nell'arco dei trent'anni che ha dedicato alla professione, Rocco Siffredi ha esplorato tutte le fantasie dell'animo umano e si è prestato ad ogni sorta di trasgressione. Attore porno dal destino eccezionale, in questo documentario introspettivo Rocco si immerge negli abissi più reconditi della sua dipendenza dal sesso e si confronta con i suoi demoni. Per questo mostro sacro del sesso è anche giunto il momento di appendere i guanti al chiodo. Per girare l'ultima scena della sua carriera, Rocco ha scelto questo documentario. Una galleria di personaggi – parenti, amici, soci e professionisti dell'industria del porno – lo accompagnano fino a questa spettacolare uscita di scena, in un road-movie corale dall'atmosfera crepuscolare. Dai pasti in famiglia nella casa di Budapest alle riprese di film pornografici a Los Angeles, dalle stradine italiane di Ortona alle ville americane della Porn Valley, il film ripercorre la storia di una vita ossessionata dal desiderio e offre uno sguardo in filigrana ai retroscena dell'industria del cinema porno, oltre allo scandalo e all'apparente oscenità. In un periodo in cui la pornografia emerge dalla clandestinità e invade il cinema tradizionale, la moda e l'arte contemporanea, è un universo a tutto tondo filmato da vicino quello che ci viene rivelato in uno stile impressionista. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: lunedì 31 Ottobre 2016
Uscita in Italia: 31/10/2016
Genere: Documentario
Nazione: Francia - 2016
Durata: 107 minuti
Formato: Colore
Distribuzione: BIM Distribuzione

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI REGIA

Il racconto della vita di Rocco Siffredi è degno di una grande tragedia. Per tratteggiare la storia romanzesca di quest'uomo condannato a desiderare, lo abbiamo ripreso nella sua vita privata e nell'esercizio della sua professione. Abbiamo filmato l'ordinaria quotidianità di questo personaggio così straordinario per captare la sua complessità, i suoi dubbi e le sue angosce. Questo ritratto è anche un'immersione senza precedenti nell'universo della pornografia, di cui Rocco è l'emblema assoluto. Abbiamo filmato questo mondo parallelo senza giudicarlo, né sublimarlo. Violento, spesso strano o sorprendente, lo abbiamo rappresentato per come è, in modo schietto, in tutta la sua verità, la sua crudezza, la sua umanità e persino la sua poesia. Abbiamo dato la parola ai suoi attori, ai grandi dannati del cinema, e soprattutto alle attrici, che ne cinema porno sono spesso ridotte a corpi anonimi, frammentati e oggettivati, ma che non fanno mai questo mestiere per caso. Attraverso la vita di queste icone della pornografia, si rivela in modo impressionista il rovescio dell'ambiente, il retroscena di un universo mai realmente esplorato fino in fondo. Questa galleria di personaggi secondari, fatta di comprimari dei film porno, ma anche di sua moglie, di suo cugino e dei suoi compagni di strada di sempre, accompagna Rocco Siffredi in una avventura umana che li condurrà tutti sul set dell'ultima scena della sua carriera, in una sorta di apoteosi, girata negli studi Kink di San Francisco. Confermando, precisando, a volte contraddicendo lo Stallone Italiano, non tutti lo risparmiano, ma tra le righe tracciano un ritratto inedito di Rocco Siffredi la cui carriera è di per sé una storia del porno senza precedenti.

INTERVISTA CON THIERRY DEMAIZIÈRE E ALBAN TEURLAI

Come mai avete voluto realizzare un ritratto di Rocco Siffredi? Per curiosità verso la pornografia? Per il desiderio di presentare sotto un'altra veste un personaggio famoso, ma per presunti "motivi sbagliati"?

Thierry Demaizière: In un primo tempo Mars Films e Programme 33 sono venuti a trovarci proponendoci di fare un documentario sulla pornografia americana. Di fatto però noi siamo innanzitutto e soprattutto dei ritrattisti e il soggetto ci è sembrato troppo vasto. A quel punto abbiamo proposto loro un film più corale, un'immersione nell'universo della pornografia attraverso dei ritratti dei protagonisti di questa industria (attori e attrici porno, produttori, tecnici. ecc…).
Il primo nome al quale tutti abbiamo pensato è stato quello di Rocco. Da 30 anni a questa parte è la star incontrastata del porno. È anche la prima persona che abbiamo incontrato a Budapest. Dopo una chiacchierata di un'ora eravamo persuasi che meritasse un ritratto lui da solo. E lo era anche lui peraltro! Non riusciva a immaginare un coprotagonista del film: «Chi pensate di mettermi davanti? Tutti quelli con cui ho cominciato non ci sono più». A 50 anni, era arrivato per lui il momento di mostrarsi in modo completamente diverso.

Alban Teurlai: Quello che ci ha subito colpiti sono state la complessità e la sofferenza dell'uomo, molto lontano dal personaggio burlesco del programma televisivo francese "Journal du Hard". Per la prima volta, era pronto a confrontarsi con la parte più oscura della sua personalità. Sapevamo che attraverso lui e attraverso la pornografia, avremmo toccato tematiche più vaste e universali inerenti al desiderio e al senso di colpa. Una sorta di ritratto dell'uomo moderno.

TD: In quanto soggetto, Rocco va ben al di là della pornografia. Affronta la vita, la morte e i rapporti tra dominatori e sottomessi.

Ciò nonostante, questo ritratto di Rocco per voi resta un documentario sulla cinematografica porno?

TD: Sì, su un'industria che non è quasi mai stata trattata al cinema sotto forma di documentario, il che è allucinante dal momento che sappiamo che il porno genera 4,46 miliardi di visualizzazioni al mese, costituisce di per sé un terzo dell'intero traffico internet e che la cultura porno ha impregnato interi segmenti della società.

AT: Questa industria ha sempre fatto tendenza, sia in termini di estetica (silicone, tatuaggi, epilazione) sia a livello di tecnologia (film in 3D o realtà virtuale). Il porno è sul web, nella moda, nella pubblicità, contribuisce all'educazione sessuale degli adolescenti, non c'è una sola rivista, per quanto seria possa essere, che ogni estate non pubblichi il suo numero «speciale sesso». Si parla di pornografia culinaria, di pornografia della catastrofe e cineasti come Gaspar Noé o Lars Von Trier se ne impadroniscono per mettere l'atto pornografico al centro dei loro film. La nostra epoca è satura di immagini pornografiche e tuttavia, ed è questo il massimo dell'ipocrisia, è un fatto che non riguarda mai nessuno. Abbiamo fatto una fatica immane a reperire i finanziamenti per girare questo film. Molti hanno letto la sinossi tappandosi il naso come il Tartufo di Molière: «coprite quel seno che non mi è permesso guardarlo»…

TD: Il porno non rappresenta più la controcultura degli anni '70. Ha cessato di essere un atto militante per apparire oggi come una patologia della nostra epoca. Spaventa, è un cinema da poveracci, un cinema di cui vergognarsi. Resta maledetto. Coloro che fanno film porno oggi appaiono come gli ultimi dei dannati e vengono disprezzati. Il porno non è chic: a Cannes, un Gérard Depardieu può irritarsi perché Rocco vuole fare la montée des marches. Non lo considera un attore, non fa parte della grande famiglia.

Un documentarista filma in modo diverso un attore porno?

AT: È un cinema di paria che, a forza di essere esclusi, non amano essere guardati e sono diffidenti. È dunque molto difficile arrivare con delle macchine da presa sul set di un film porno perché quella presenza estranea alla costruzione della scena che si sta girando deconcentra molto gli attori e le attrici che spesso sono contrari. Rocco è stato per noi un apriti sesamo! per poter filmare questo mondo che funziona a circuito chiuso.
Avevamo appena ultimato RELÈVE, un film sulla danza classica per il quale avevamo ripreso i ballerini per oltre tre mesi all'Opéra Garnier. Per quanto strano possa sembrare, quando abbiamo dovuto filmare degli attori porno ci siamo resi conto che l'approccio non era poi tanto diverso: entrambi i film sono sguardi sul corpo al lavoro. Come i ballerini, le pornostar sono degli atleti per i quali il corpo è uno strumento. La finalità non è esattamente la stessa, ma le loro professioni hanno qualche punto in comune: si tratta esclusivamente di performance fisiche molto intense che comportano molta sofferenza, delle ferite e a volte l'estasi. Gli attori porno possono girare fino a sei ore di fila. Li abbiamo filmati con la stessa attenzione e la stessa benevolenza con cui avremmo filmato un qualunque atleta. Senza preconcetti, senza giudizi morali. Sono dei lavoratori del sesso e noi li abbiamo filmati come qualsiasi lavoratore.

Avete scelto di non filmare il punto centrale della pornografia: la penetrazione. Perché? Per timidità, per censura?

TD: No, per vedere una penetrazione lo spettatore non ha bisogno di noi, gli basta un clic. Per quanto ci riguarda, era anzi l'aspetto meno interessante durante le riprese. I film porno spesso non sono altro che una successione di primi piani sul sesso degli attori e delle attrici. A noi interessava il resto: i volti, le mani, gli sguardi, i crampi, i muscoli, tutto quello che di solito resta fuori campo.
Sono dei performer. La nostra sfida era quindi di riuscire a trasferire un'atmosfera inerente alla pornografia, a questa dipendenza dal sesso, senza passare per la penetrazione e senza occultare la violenza e la sofferenza.

Rocco è famoso per le sue scene estreme. Va molto lontano nelle fantasie, incarna l'apice della pornografia. Ma è anche colui che, nell'ambiente del porno, è conosciuto per il suo modo di accompagnare le attrici, di stabilire a modo suo una complicità con loro…

TD: Sì, il suo rapporto con le donne, con sua madre, sua moglie e le sue attrici, è complesso, al tempo stesso oscuro ed effettivamente complice. È il cuore del film. Rocco ha una evidente dimensione analoga a Cristo, è crocifisso al corpo delle donne e soffre a causa di quello che gli dà da vivere. Porta il fardello dell'uomo moderno che deve e vuole essere tutto allo stesso momento: stallone, uomo d'affari, sex symbol, marito, padre di famiglia, figlio affettuoso. Lui, simbolo del maschio dominatore, asserisce di fatto di essere dominato dalle donne, schiavo dei loro desideri.
Ad ogni modo, nel film comprendiamo che il rapporto dominazione / sottomissione è molto più complesso di quanto non possa sembrare. Per la sua ultima scena, Rocco è persino arrivato a proporre di invertire questo rapporto e di interpretare a sua volta l'uomo oggetto. Quando abbiamo iniziato a mostrare il film, abbiamo spesso sentito questa riflessione: il vostro film parla quasi più di donne che di uomini. Probabilmente questo è dovuto allo spazio che occupa Kelly Stafford nell'ultimo terzo del film. Kelly è il suo doppio femminile, la partner più emblematica della trentennale carriera di Rocco, una performer incredibile in grado di entrare in trance con lui e di avere rapporti sessuali di un'animalità sconvolgente. Per questo è una persona molto disturbante. Spinge lo spettatore ad interrogarsi sul suo stesso desiderio e sui suoi limiti.

AT: Un giorno Rocco ci ha detto questa frase: «Sono innanzitutto un altoparlante. Ma è la donna che stabilisce il volume». Si considera al servizio delle donne. Forse farà sorridere, ma Rocco è un cerebrale puro, è in costante ricerca della trance che è il suo principio motore e, a volte, è anche quello che muove le ragazze con cui gira.

Non è, purtroppo, sempre così però…

TD: No e non dobbiamo mentire a noi stessi. Penso che il film non faccia sconti in merito a questo problema. Siamo stati molto attenti ai profili delle attrici che abbiamo scelto di mostrare. C'è sia la giovane attrice americana, molto professionale, lavoratrice del sesso che assume la sua scelta, anzi la rivendica, sia la giovane esordiente senza esperienza che si incammina verso il mattatoio.

AT: Abbiamo girato per due anni. abbiamo incontrato molte attrici e molti attori. Per ciascuno di loro, ci sono ovviamente tanto i motivi per cui fanno il porno quanto le storie personali.
Le donne possono molto velocemente trovarsi in una posizione di debolezza in un'industria che sa essere brutale e spietata, gestita il più delle volte da uomini, tra cui alcuni disposti a tutto pur di guadagnare. Eppure, entrando in contatto con la realtà di questo mondo, ci è capitato di imbatterci in situazioni molto lontane dai cliché e dalle idee preconcette.
È evidente che il cinema porno si nutre abbondantemente dei disastri economici di alcune regioni del mondo, in particolare dei paesi dell'ex blocco dell'Est. Molto spesso le attrici entrano nel business per ragioni si sopravvivenza economica, ma anche per sete di celebrità. Queste ultime in generale non durano a lungo e vengono triturate dal meccanismo. Le fini delle loro brevi carriere sono orribili. Penso, per esempio, a Jenny Smart, un'esordiente ceca che vediamo all'inizio del film, terrorizzata da quello che l'aspetta. Abbiamo deciso di conservare questa scena al montaggio, anche se provoca un vero malessere, perché è una parte terribile della realtà del porno. Devono essercene centinaia come lei.
Ma c'è anche l'altro lato dell'industria, meno sordido, popolato di giovani donne consapevoli del loro desiderio, per le quali il porno è un modo accettabile di fare soldi o addirittura di rivendicare una certa forma di contro-cultura.

Avete avuto il privilegio di filmare l'ultima scena porno di Rocco. L'addio al set del più grande attore pornografico di tutti i tempi era previsto fin dall'inizio delle vostre riprese?

AT: Assolutamente no. Penso che siamo arrivati con il nostro progetto in un momento di svolta nella sua vita. E Rocco ha percepito che questo nostro film sarebbe stato per lui l'occasione di chiudere in bellezza.

TD: All'inizio non sapevamo nulla, no, ma abbiamo capito quasi subito che non sarebbe riuscito a reggere ancora a lungo il ruolo di super star del porno, di maschio alfa dominante. Era assillato da troppi dubbi, troppe domande. E anche sul piano fisico. Rocco è ancora molto prestante, ma il suo corpo è sfiancato: ha problemi alle anche, alle ginocchia, alla schiena, ha dolori dappertutto. È stata una fortuna incredibile per noi e per il film arrivare in quel preciso momento della sua storia, quando qualcosa ha smesso di funzionare.

Questa cosa che non funziona più, al di là del fisico, cosa sarebbe?

TD: È qualcosa che ha a che fare con il senso di colpa. Qualcosa di molto italiano. Un attore francese ci avrebbe parlato della sua vita da libertino senza alcun rimorso né complesso. Lui ci ha innanzitutto parlato di sua madre, del peso della famiglia, della religione che non è mai molto lontana. Del lavoro intimo che ha dovuto fare per conquistare prima di tutto l'approvazione di sua madre per poter essere quello che è. E poi il consenso di sua moglie per continuare ad essere quello che è pur mantenendo un'unione di coppia. E tuttavia, malgrado si sia conquistato queste due autorizzazioni, resta sempre un uomo italiano impegolato in una serie di quesiti esistenziali e morali sul suo senso del dovere, sulle sue trasgressioni, sulla sua infelicità e il suo godimento.

La sua infelicità…?

TD: Sì. È stata una situazione unica e sorprendente: eravamo seduti di fronte al re del porno e lo ascoltavamo dirci che nel profondo è infelice, ancora e sempre infelice, di essere l'uomo che è, l'uomo che ha fatto di tutto per essere. Il film racconta questa tragedia, questa lacerazione.

Rocco non ha mai fatto mistero della sua profonda erotomania, al punto di non poter vivere senza il porno…

TD: Sì ed è questo il suo paradosso. È il motivo per cui Rocco è intensamente umano. Ha 52 anni, grazie al porno è diventato ricco, osannato, famoso in tutto il mondo. Ci saremmo potuti aspettare di incontrare un individuo più sereno, un barone del porno, un principe nel suo regno, soddisfatto della sua riuscita. E invece è l'esatto contrario: sta male. È addirittura la persona del clan Siffredi che sta peggio di tutti. Mentre sua moglie e i suoi figli sembrano aver perfettamente accettato la situazione, lui è ossessionato dalla sua domanda senza risposta, come se fosse condannato a desiderare…

AT: Rocco viene da Ortona, una cittadina abruzzese. Quando ha scelto di dedicarsi al porno, tutti i notabili del villaggio lo hanno convocato. Il medico, il curato e uno dei suoi fratelli gli hanno detto: «Se farai questo, venderai la tua anima al diavolo. Non avrai una famiglia, ti verranno tutte le malattie, sarai maledetto». E per certi versi, è rimasto ancora a quel momento, come se la maledizione si fosse avverata.

Le vostre riprese sono durate due anni. Di solito, una lavorazione così lunga aiuta un ritrattista ad accedere ad una certa intimità. Quale intimità è in grado di creare la macchina da presa con qualcuno che è abituato ad essere filmato nell'intimità?

AT: La nudità degli attori e delle attrici che abbiamo incontrato non crea una «intimità» propriamente detta, tanto è quotidiana e ordinaria.
La vera e propria intimità è stata psicologica. Rocco non ha alcun limite e non ha alcun filtro, nel sesso come nella vita, dà tutto e troppo. Da questo punto di vista è l'uomo più integro che abbiamo mai filmato. Non ha mai cercato di dissimulare alcun ché, non è mai tornato indietro su quello che ha detto o fatto davanti al nostro obiettivo. Non ci ha mai chiesto di tagliare qualcosa, nemmeno quando la situazione non era a suo vantaggio, come a volte capita all'interno del film. Se ne frega. La sola cosa che lo interessa è la verità. l'intimità è scaturita da questa fiducia cieca che ha avuto in noi. Quando gli abbiamo mostrato il film, ci ha detto: «è la prima volta che mi si vede nudo».

Quando si filma Rocco, con i suoi contatti e il suo entourage, qual è il margine che ci si pone tra ritratto di condanna e film celebrativo?

TD: Non volevamo fare né un'agiografia di Rocco chiudendo gli occhi su tutto, né un film moralistico contro la pornografia. Abbiamo fatto un ritratto di un individuo complesso che pratica un cinema porno molto hard, in cui le ragazze che girano con lui non possono passare su un altro set il giorno dopo perché per loro sarebbe fisicamente impossibile. Non abbiamo nascosto nulla. Viviamo in un'epoca di sensibilità nei confronti della violenza contro le donne, e a buon diritto, e il modo in cui le donne vedono la pornografia ci ha ossessionati durante i due anni di riprese. Rocco ci ha mostrato il suo lato oscuro, ma anche la sua ricerca della verità nel piacere delle donne che si esprime attraverso la follia, la dismisura, la ferocia e la dominazione. Non è un film inquisitore e non è un film elogiativo: è lui. Abbiamo fatto il ritratto di un uomo pieno di paradossi, mezzo angelo e mezzo demone.

AT: La vera difficoltà è arrivata in seguito, durante il montaggio, quando abbiamo dovuto condensare in 105 minuti l'atmosfera di due anni di riprese, mantenendo il fragile equilibrio tra la profonda umanità di Rocco e il suo lato mostruoso.

Da un lato c'è la tragedia dell'uomo e dall'altro c'è una dimensione comica che quasi ricorda un certo cinema italiano degli anni '70. Con la loro dose di burlesco, le scene tra Rocco e suo cugino Gabriele, ci fanno pensare a Dino Risi…

TD: Avevamo più di 200 ore di materiale girato e c'erano molte scene con Gabriele. Il lato comico, a volte involontario, faceva sempre capolino, con le sceneggiature che Gabriele si inventa tutto solo nel suo angolo e che non funzionano mai. Questi retroscena erano irresistibili, ma non forniscono informazioni sulla personalità di Rocco, quindi ci siamo trattenuti. Ma nel film ci sono alcune scene che rasentano la pura commedia canzonatoria.

AT: Rocco e suo cugino Gabriele sono le due facce di una stessa medaglia. Sono inseparabili da 30 anni. Rocco interpreta e Gabriele inventa attorno all'interpretazione. La loro pornografia ha due volti: un duro, estremo, quando si tratta di scene di sesso. L'altro naïf, arcaico, quasi infantile, quando si tratta di scene di «commedia». La serietà e la dedizione messe in atto dai due compari per trovare una sceneggiatura e scavare nella profondità psicologica dei personaggi a volte sfiora la genialità. Sembrano due bambini presi dalle loro storie che si raccontano in modo molto diretto. Il loro cinema è quasi un cinema delle origini: giocano, nel senso originale del termine.
C'è qualcosa di talmente amatoriale e ingenuo nel cinema porno che ad un certo punto abbiamo avuto molta paura che pensassero che li stessimo prendendo in giro, quando in realtà era vero l'esatto contrario. La Porn Valley si trova dietro le colline di Hollywood, lontano da sguardi indiscreti. Le riprese vengono fatte senza alcun mezzo, senza ingegnere del suono, senza tecnici, e gli attori di rado sono coperti da un'assicurazione, poiché assicurare tutti eroderebbe l'intero budget del film.
Siamo partiti alla scoperta di un cinema quasi clandestino.

Che tipo di estetica avete scelto per smarcarvi dal porno pur non giudicandolo?

AT: L'approccio estetico al cinema porno è sempre abborracciato, che si tratti delle produzioni in sé o della rappresentazione che ne viene data nella pletora di reportage che sono stati realizzati su questa industria. Malgrado giriamo documentari, con mezzi infinitamente più limitati rispetto alla finzione, abbiamo sempre cercato di dare ai nostri film una tonalità, un colore e, soprattutto, un punto di vista. E il punto di vista comincia dal modo in cui guardiamo il nostro soggetto. È una maniera di rispettare coloro che filmiamo e che ci offrono una parte di loro stessi. A che titolo il porno dovrebbe essere filmato meno bene?
Il punto fondamentale era affrontare da una prospettiva diversa le scene di sesso, la cui rappresentazione è solitamente molto cruda e diretta, passando dall'altra parte, quella del chiaroscuro, per rendere a volte quasi poetico il groviglio dei corpi. Non abbiamo cercato di sublimare il porno, ma più che altro di incoraggiare lo spettatore a guardarlo con occhi diversi.

E la musica?

AT: Con questo lungometraggio, firmiamo la nostra sesta collaborazione con AVIA. All'inizio delle riprese avevamo pensato che il film non avesse bisogno di musica data la pesantezza del clima e la complessità del soggetto da trattare.
Dopo averle montate, ci siamo resi conto che le sequenze «esplicite» erano ancora troppo brutali, troppo crude. Volevamo fare un film sulla pornografia e non un film pornografico. Intuitivamente, abbiamo pensato che la musica avrebbe messo quella giusta distanza che ricercavamo dall'inizio e avrebbe reso le immagini meno figurative. Fare un film su Rocco Siffredi e sul mondo del porno esigeva da parte nostra di essere sempre ad una distanza adeguata. Eppure, ogni volta che cercavamo di inserire delle musiche sul nostro girato, ci scontravamo con lo stesso problema: la musica o sublimava l'atto pornografico o lo rendeva ancora più sordido. E non ci sentivamo a nostro agio in nessuna di queste due posizioni. Volevamo che nella colonna sonora si avvertisse una minaccia, qualcosa di invisibile ma di palpabile, una sorta di tensione permanente, percepita ma mai imposta.
AVIA è andato a cercare una serie di accordi minimalisti reiterati alla John Carpenter, delle chitarre pesanti simili a quelle di Neil Young per DEAD MAN e un corno da caccia come in FOXCATCHER – UNA STORIA AMERICANA e poi ha lavorato molto per compiere il percorso inverso e staccarsi da quei riferimenti ed appropriarsi del film. Non volevamo assolutamente una musica piena di riferimenti o ammiccante, ma una pura composizione del tutto personale.
ROCCO è il nostro film meno «musicale» e a volte siamo rimasti molto disturbati dall'assenza totale di musica durante lunghi minuti, ma penso che siamo riusciti a trovare un giusto equilibrio per un soggetto così spinoso, dove la musica è presente non per sublimare o giudicare, ma perché parte integrante del racconto a cui dà lo spessore e il respiro auspicati.

La voce fuori campo, molto presente nelle sequenze iniziali, scompare progressivamente da film…

TD: Avevamo bisogno che Rocco raccontasse della sua infanzia e della sua famiglia, per capire che cosa gli è successo che lo ha fatto diventare Rocco Siffredi. Una volta enunciati gli elementi biografici in modo esauriente e definitivo, non c'è più stato bisogno della voce narrante. Il film precipita verso qualcosa d'altro.

Il corpo di Rocco parla per lui?

TD: Il corpo di Rocco è come lui, dolente. È teso, contratto, ha problemi di prostata, di sciatica, è consumato dal sesso e questo gli dà un aspetto da Re Lear affaticato.
Ma al tempo stesso, è ancora un atleta che si sottopone a terrificanti allenamenti. Ha bisogno di soffrire per scontare il debito che ha con il dio del sesso.

INTERVISTA CON ROCCO SIFFREDI

Qual è stata la sua reazione quando due documentaristi francesi le hanno proposto questo ritratto filmato?

È sempre fantastico sapere che qualcuno si interessa alla tua vita. Avevo già avuto tre proposte in passato. La prima da parte del figlio di un grande regista polacco, la seconda da parte di un italiano e la terza da parte di un americano. Thierry e Alban mi hanno mostrato i loro film precedenti e mi è molto piaciuto il loro modo di affrontare i loro soggetti e di filmarli. E questo è stato fondamentale nel persuadermi a lasciarmi finalmente riprendere sotto un profilo molto personale. E poi io sono nato artisticamente in Francia: il mio primo film porno è stato girato a Parigi nel 1986 per Dorcel. E quando in seguito ho deciso di pubblicare un libro autobiografico è stato su suggerimento di un editore francese. Probabilmente questo dipende dal fatto che la Francia è più emancipata in tema di sesso, è meno ipocrita. I francesi mi sembrano in una posizione migliore rispetto a tutti gli altri per raccontare la vita di un uomo che ha scelto un percorso che non è, per così dire, tradizionale…

Quando è nato il progetto, lei aveva appena compiuto 50 anni. Questo evento ha avuto un ruolo nella sua decisione di raccontare la sua storia?

Sì, assolutamente. Quanto arrivi a cinquant'anni, le scelte che hai fatto impongono una riflessione, ma sembrano anche più chiare. Sia le buone sia le cattive. Hai improvvisamente l'età giusta per soppesarle, per raccontarle.

C'era anche la voglia di rompere con l'immagine di Rocco l'attore porno?

La gente ha un'immagine di me come di una super-macchina. E posso essere quella super-macchina davanti alla videocamera. Ma qui, per la prima volta, mi si può vedere completamente a nudo. Per me è molto più difficile mettermi a nudo in questo modo che apparire senza vestiti sul set per girare una scena hard. Non è lo stesso modo di scoprirsi.

Questo mettersi a nudo non fa anche paura?

Sì, c'è un momento in cui hai paura. Che cos'è questa paura? Sinceramente, nel mio caso non è quella di chi teme di mostrarsi per quello che è, per come è. Sono cose che io ho accettato molto tempo fa. E non si tratta neanche di pudore. Il mio timore riguarda i miei cari: mia moglie e i miei due figli. Quando hai una famiglia, cerchi di mostrare il tuo lato forte, mostri che sei un lottatore, che non hai paura di nulla, che sei invincibile, che sei un super papà. Ma contemporaneamente so che i miei figli crescono (hanno 16 e 20 anni). Un giorno, che arriverà molto presto, diventeranno a loro volta padri di famiglia, e anche loro incontreranno dei problemi. Quindi mi sono detto che hanno già l'età giusta per sentire il loro padre dire determinate cose, per vederlo sotto una luce diversa. Nella vita, a volte mi capita che la mia decisione occupi non soltanto tutta la mia mente, ma anche il mio corpo. Tutto il mio corpo. Tutta la mia anima. Al punto che ho acconsentito a dire certe cose, su mia madre, sul mio passato, sui miei fantasmi.

Ne avete parlato tra di voi, in famiglia, di questo ritratto?

Sì. Mia moglie era forse la più reticente. Aveva più che altro paura che il film raccontasse una volta di più dei cliché sul cinema porno e lo raffigurasse come l'incarnazione del male. Mia moglie sa che faccio questo mestiere sempre con molta gioia, molta passione e molta professionalità. Mi ha visto felice del mio lavoro e temeva che ne emergesse solo il lato violento, bestiale, il lato oscuro del porno… Io condividevo questo suo timore. Anch'io avevo paura che Thierry e Alban cercassero di filmare solo il lato duro del porno. Ora penso che abbiano trovato un equilibrio. Le cose vengono dette e mostrate, ma si percepisce anche che all'interno dell'industria ci sono persone che cercano di farla avanzare e per le quali questo lavoro è prima di ogni altra cosa una passione.

Questo ritratto sarebbe quello di un supereroe della pornografia?

No, per l'appunto. È tutto fuorché questo! Ho lasciato che Alban e Thierry cercassero in ogni angolo. Sapevo che avevano una scarsa conoscenza del porno, che se n'erano fatti una certa idea. Ho corso dei rischi. Un film che mi avesse glorificato sarebbe stato orribile come pure al contrario un film che presentasse solo persone che mi vedono come l'incarnazione del male. Hanno esplorato tutte le facce del porno e hanno capito che io esercitavo questo mestiere con il massimo della professionalità possibile. E un'immensa dose di passione.

Cosa c'è di ancora difficile da dire a questo punto nella pornografia? Sembra essere ovunque, eppure nessuno è disposto a riconoscerlo…

È vero, resta il grande tabù di oggi. La violenza non è più un tabù: è ovunque, nel quotidiano della nostra vita, sui mezzi di informazione. È mostrata, esibita e a volte ci lascia addirittura indifferenti. Anche la nudità non è più un divieto: i corpi si mostrano con maggiore facilità. Resta un solo tabù, che forse è l'ultimo: la pornografia. La sessualità. E so per esperienza che uno dei problemi più grandi con cui si confronta la pornografia è che mostra il sesso maschile. Di recente, l'inserto M del quotidiano Le Monde mi ha dedicato un servizio da copertina. Ci sono state immediatamente delle reazioni molto violente. Una copertina di Le Monde con una donna nuda non avrebbe scatenato una simile reazione. Ma in quel caso si mostrava il sesso di un uomo, si toccava un'interdizione. Non si mostra il cazzo di un uomo in una rivista seria, è troppo vicino all'animalità che è dentro di noi. Il pene è una cosa da usare quando ce n'è bisogno, ma da mettere via una volta terminato l'uso. Non lo si deve raffigurare… Ecco in cosa consiste il tabù che avvolge la pornografia. Ecco perché è così disturbante. Tutti guardano immagini porno, è il segreto meglio condiviso di tutti e so anche, in quanto produttore, che i gusti sono sempre più orientati verso scene bizzarre ed estreme. La pornografia eccita tutti noi, ma nessuno è ancora disposto ad ammetterlo. Sono pochi e poche coloro che osano ammettere che è fantastica e bella, che è eccitante. Questo dice molte cose sulla nostra epoca.

Il film mostra che il suo stile di recitazione è sempre ambiguo: le sue scene hanno la fama di essere intense, a volte violente, e contemporaneamente sono cariche di una sorta di complicità con l'attrice che raramente si riscontra nell'industria del cinema porno…

Quando funziona, insieme si va verso qualcosa di intenso. A volte non ci sono più veramente dei limiti. So di essere in gran parte responsabile di una certa tendenza violenta nel porno, una moda apparsa da circa quindici o vent'anni. Potrei quasi datare lo slittamento verso questa violenza: è stata una scena durante la quale una ragazza mi ha dato una sberla in faccia. Istintivamente, gliel'ho restituita e nell'stante in cui l'ho fatto, lei ha subito goduto. A partire da quel momento, quando i segni me lo indicavano ovviamente, a volte ho cercato di entrare in quella zona in cui la violenza è un gioco ammesso, persino richiesto, ed è praticata contro uno o l'altro dei due partner. Ci ho provato con attrici come Sidonie e Kelly. Sono scene molto hard, senza limiti, in cui si gioca con il dolore e il piacere insieme. Lo ripeto, visto che ancora oggi è spesso incompreso: quelle scene sono sempre una forma di complicità con la donna, rispondono a una domanda dell'attrice in quel momento. Se non si capisce questo, non si capisce niente di quello che avviene tra lei e me in quell'istante. La vera sessualità è un'esplorazione. Consiste nel cercare dentro di noi delle cose, a volte molto violente, ma che ci fanno vibrare ancora di più. L'orgasmo perfetto, l'orgasmo supremo è una cosa complessa, che fa emergere emozioni molto intense in noi. Bisogna andare a cercarlo quest'orgasmo che ribalta tutto. È la sola cosa che conta.

Tuttavia, molti sono critici rispetto a questa posizione: ha aperto la porta verso una pornografia che cerca di denigrare la donna e che soprattutto non tiene in considerazione il suo piacere…

Troppe persone hanno cercato di imitarmi su questo terreno, senza mai capire nulla del mio approccio. Questo mi dispiace. Hanno recepito solo la violenza. La complicità è stata del tutto ignorata. Eppure, senza la complicità, quella violenza diventa insopportabile.
Una volta, mentre stavo presentando il film ROMANCE di Catherine Breillat, una giornalista del Times, e sottolineo che era una donna, mi ha detto che, dopo aver visto i miei film porno, riteneva che io avessi un cervello femminile, che la mia sessualità fosse più femminile di quanto la gente pensasse. Mi ha molto toccato, perché nel mio intimo so di essere a disagio con la sessualità maschile più cruda. Non è questa la mia ricerca. Uso il termine "ricerca" volutamente: per me, girare una scena significa entrare nel cervello della donna e cercare, cercare, aiutare a far emergere delle cose, portarla ad un altro livello. Il grado successivo, il passo successivo, il livello successivo. Se nel documentario si percepirà questa mia complicità con la sessualità femminile, ne sarò felice.

Il film la mostra in conflitto nel suo ruolo di attore, produttore e uomo d'affari che gestisce il marchio di fabbrica Rocco, di marito e padre e anche di figlio con un grosso peso famigliare sulle spalle e ancora di uomo in preda alle sue fantasie… Tutto questo crea un curioso ritratto di un uomo moderno, in preda alle sue contraddizioni, ma che cerca di essere tutto questo contemporaneamente…

Sì, credo di appartenere a una generazione che è entrata testa e piedi nella confusione. Non so se sono il prototipo di un uomo moderno, ma la confusione sì, la rivendico. La sessualità mi ha attratto come un'amante, ma mi ha anche fatto smarrire in territori complessi. Il mio primo desiderio quando ho iniziato a fare questo mestiere era di rendere mia madre e i miei fratelli più felici. Venivamo da una famiglia modesta, volevo che soffrissero meno, che avessero meno stress e una vita più rilassata. Ho impiegato del tempo a guadagnare dei soldi con il porno, oggi posso aiutarli, ma questo non è sufficiente a regolare i conti. Dopo trent'anni di porno, non sono ancora riuscito a normalizzare determinate cose della mia vita, della mia personalità. So che può sembrare inverosimile che dopo tutti questi anni io vada sul set di un film porno per lavorare e mi senta in colpa nei confronti di mia moglie. Non mi sono ancora pacificato! Ci sono milioni di coppie di scambisti che vivono meglio, in ogni caso più serenamente di me, il fatto di cambiare partner davanti a tutti. So che è incredibile, ma sono fatto così.

Forse è anche questo che fa di Rocco Siffredi un attore fuori dal comune?

Non so se il mio segreto è di intrattenere, mio malgrado, un rapporto tragico con la mia sessualità. È una fissazione. La sofferenza è presente, fa parte della mia vita. Dal momento in cui sono diventato un attore porno, ho rinunciato all'idea di avere una vita completamente pulita. Ho finito col credere che quello che la vita mi dà me lo dà in cambio di una certa sofferenza. Lo sapevo, erano gli accordi: avere tutto quello che ho conquistato in trent'anni di pornografia – gioia, riconoscimento, agio sociale – esigeva una sofferenza di fondo.

E tuttavia è una sofferenza che non le infligge nessuno…

No, è esclusivamente nella mia testa. È la mia realtà, è il mio motore di vita. È forse la ragione per cui sono ancora in questa industria, trent'anni dopo il mio primo set. È anche la ragione che sta dietro a questo film, per trovare il coraggio di raccontare tutto.

Il porno è una dipendenza per lei?

Faccio fatica a liberarmene. È una parte di me da trent'anni.

Il film fa tornare sullo schermo un'altra persona che è stata importante per lei e che aveva detto addio al porno molto tempo fa: niente meno che Kelly Stafford, ovviamente…

Quando Thierry e Alban mi hanno chiesto chi intervistare tra le ragazze, ho pensato a molte attrici fantastiche, come Valentina Nappi o Eva Berger, ma ci tenevo che Kelly fosse nel film. Perché? Perché è come me. È sincera nella sua sessualità, concede tutta se stessa, vive fino in fondo le sue fantasie. È il mio doppio femminile. In tutto e per tutto. Ha una sessualità completamente aperta e completamente mentale. Mi ritrovo in lei. E poi ribalta di continuo la questione della sottomissione. Kelly è la mia porno star preferita di tutti i tempi.

Rocco è un uomo felice?

Mi sento molto felice. Non posso lamentarmi. Conosco lo sguardo negli occhi degli uomini che mi dicono che darebbero dieci anni di vita per trovarsi un solo giorno al mio posto. Eppure, resto un uomo insoddisfatto. O tragico. Mi sveglio al mattino dicendomi che sono l'uomo più felice del mondo perché ho una moglie meravigliosa che mi ha dato due figli incredibili. Ma nonostante questo, faccio di tutto per rendermi infelice. Come se dovessi sempre trovare un punto per guastare questa felicità perfetta. Ed è il motivo per cui ho vissuto dei momenti terrificanti di cui parlo nel film. Per andare sempre più lontano nella ricerca delle emozioni che solo la sessualità è in grado di dare. In quei momenti, andavo verso la sessualità senza eccitazione, ci andavo per farmi del male. Ed è questa dipendenza dal sesso che è terribile, perché è una dipendenza che non offre alcun sollievo né consolazione. Quindi, sono, come dice in Italia, felice nel fondo e infelice negli occhi. So di avere questa malinconia nello sguardo. Risale a molto tempo fa, alla morte di mio fratello quando avevo sei anni, alla tristezza di mia madre che ne è seguita. Cerco sempre di soffrire come hanno sofferto loro. Per avvicinarmi a loro. La mia insoddisfazione sta in questo.

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