Locandina italiana

The Old Man and the Gun (2018)

The Old Man and the Gun
Locandina The Old Man and the Gun
The Old Man and the Gun è un film del 2018 prodotto in USA, di genere Commedia e Crimine diretto da David Lowery. Il film dura circa 93 minuti. The Old Man and the Gun è tratto dalla storia vera di Forrest Tucker e della sua audace evasione da San Quentin a 70 anni. Il cast include Robert Redford, Casey Affleck, Sissy Spacek, Danny Glover, Tom Waits, Tika Sumpter. In Italia, esce al cinema giovedì 20 Dicembre 2018 distribuito da BIM Distribuzione. Disponibile in homevideo in DVD da giovedì 11 Aprile 2019, in Digitale da giovedì 4 Aprile 2019. Al Box Office italiano ha incassato circa 1202215 euro.

Addio di Robert Redford alla carriera di attore, il film è ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Negli anni del suo crepuscolo, dalla sua temeraria fuga dalla prigione di San Quentin a settant’anni, fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Forrest Tucker disorientò le autorità e impressionò il pubblico. Coinvolti in maniere diverse nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dall’impegno non violento profuso da Forrest nel suo mestiere, e una donna, Jewel, che ama Forrest nonostante la professione che l’uomo si è scelto.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 20 Dicembre 2018
Uscita in Italia: 20/12/2018
Data di Uscita USA: venerdì 28 Settembre 2018
Genere: Commedia, Crimine, Drammatico
Nazione: USA - 2018
Durata: 93 minuti
Formato: Colore
Produzione: Condé Nast, Endgame Entertainment, Identity Films (I), Sailor Bear, Wildwood Enterprises
Distribuzione: BIM Distribuzione
Box Office: USA: 10.230.835 dollari | Italia: 1.202.215 euro
Soggetto:
The Old Man and the Gun è tratto dalla storia vera di Forrest Tucker e della sua audace evasione da San Quentin a 70 anni.
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 4 Aprile 2019 e in DVD da giovedì 11 Aprile 2019 [scopri DVD e Blu-ray]

Cast e personaggi

Regia: David Lowery

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

Durante la sua prolifica carriera, il premio Oscar Robert Redford ha interpretato numerosi personaggi ribelli e fuorilegge estremamente carismatici, dal rapinatore di treni con la mira perfetta di Butch Cassidy al mago delle truffe nel classico film su un colpo grosso La stangata; ora porta sullo schermo la leggenda di Forrest Tucker in Old Man & the Gun.
Tucker si è sempre dedicato a un unico mestiere, che però era un lavoro per cui aveva un talento naturale e che svolgeva con gioia sfacciata. Peccato che si trattasse di rapinare banche. Nei primi anni Ottanta, ormai più che settantenne, Tucker organizzò un’ultima, leggendaria serie di colpi con la “Over-The-Hill Gang” (nel film “La banda dei vecchietti d’assalto”), una banda di criminali attempati che per le rapine preferiva ammaliare con le buone maniere piuttosto che usare metodi più aggressivi. Tucker non ha mai smesso di sfidare l’avanzare del tempo, le aspettative e le regole, trasformando la propria vecchiaia nel culmine della sua carriera criminale. L’unica arte che conosceva era quella della rapina, che cercava di perfezionare a ogni costo, a prescindere da quanto irrealizzabili fossero i suoi sogni.
Nel film compaiono anche il premio Oscar Casey Affleck (Manchester by the Sea) nei panni del detective John Hunt e Tika Sumpter (Ti amo presidente) in quelli della moglie Maureen; il premio Oscar Sissy Spacek (La ragazza di Nashville), che interpreta Jewel, l’amante di Tucker; e infine Danny Glover (Dormire con rabbia, Dreamgirls) e Tom Waits (America oggi, 7 psicopatici), che interpretano rispettivamente Teddy e Waller, i complici di Tucker.
Jeremy Steckler di Condé Nast Entertainment ha scoperto l’avvincente profilo di Tucker raccontato da David Grann negli archivi del New Yorker. La società ha subito acquisito i diritti per il progetto, che ha poi proposto a Robert Redford e David Lowery (Senza santi in paradiso, Storia di un fantasma). Redford, che da qualche anno meditava di ritirarsi dalle scene, è stato subito calamitato dal ruolo di Tucker ed è stato felice di ritrovare lo sceneggiatore e regista David Lowery, che aveva conosciuto al Sundance. “Mai dire mai, però ho praticamente deciso che sarebbe stato il mio ultimo ruolo. Ho detto a David che l’unica condizione era che il film fosse in qualche modo divertente. Forrest è un personaggio meraviglioso e complesso, pieno di vita e amante del rischio, ma anche deciso a divertirsi” spiega Redford.
Lowery ha preso in parola questa descrizione. Basandosi sull’articolo di Grann, ha costruito una storia intrisa della mitologia spensierata di un western moderno. L’effetto è quello di una storia raccontata intorno al fuoco, che parla di un’epoca in cui tutto era più semplice: gli anni Ottanta, l’ultimo decennio prima che Internet e i dispositivi mobili rivoluzionassero tutto. Era un periodo in cui si aveva meno fretta e più spazio per nascondersi, cosa che ha dato all’inseguimento di Tucker da parte dell’agente sulle sue tracce una lentezza meravigliosa che entrambi i protagonisti apprezzavano. Anche Forrest però dà la caccia a qualcosa: un’ultima speranza d’amore e il desiderio di lasciare un’eredità, anche se da fuorilegge.
Il fulcro della sceneggiatura di Lowery non è soltanto un omaggio a un complesso antieroe, ma anche un’ode ai momenti più importanti della carriera quarantennale di Redford, fra cui la fondazione del Sundance Institute, che ha segnato una svolta nel mondo del cinema e ha anche favorito l’ascesa di Lowery come cineasta indipendente.
Racconta il regista: “Nella mia mente Bob e Forrest Tucker sono sempre stati intrinsecamente legati. Avevo già notato un sacco di parallelismi con i vari personaggi che Bob aveva interpretato nel corso degli anni, ma è stato soltanto quando ho lavorato con lui per Il drago invisibile che sono riuscito a conoscerlo personalmente. È questo che mi ha permesso di adattare il ruolo apposta per lui. È stato un vero e proprio lusso passare un mese insieme in Nuova Zelanda, a lavorare e conoscerci.”
Nello spiegare cosa lo attirava della storia, al di là dell’opportunità di creare un personaggio su misura per un’icona del cinema, Lowery ammette di avere un debole per Forrest. “Mi ci ritrovo moltissimo” confessa il regista. “È una persona che fa ciò che ama e riesce a farla franca. Sono sicuro che anche Bob si è trovato in sintonia con lui per lo stesso motivo.”
Per il team di produzione, che riunisce James D. Stern di Endgame Entertainment, Jeremy Steckler e Dawn Ostroff di Condé Nast Entertainment, Anthony Mastromauro di Identity Films, Toby Halbrooks e James M. Johnston di Sailor Bear e Bill Holderman di Wildwood Enterprises, quello tra il personaggio di Forrest interpretato da Redford e la regia di Lowery era un connubio raro e prezioso.
Stern sottolinea che il film sfrutta le convenzioni di alcuni dei generi preferiti degli spettatori, fra cui gli scontri in stile western, la comicità dei film sui colpi grossi e il realismo delle storie di complessi criminali e poliziotti, ma lo fa per offrire una prospettiva nuova sulla vita fuori dalle regole. “David voleva rendere omaggio non solo a Butch Cassidy e La stangata ma anche a Bonnie e Clyde e Nick mano fredda e a tutti i grandi film sugli antieroi” spiega il produttore. “Ma ciò che rende unica questa storia è che si tratta di un’allegoria dell’animo da artista che non scende a compromessi. Rapinare banche non sarà l’arte più nobile, ma è questo che faceva Forrest, mettendoci il cuore. E come tutte le persone che non accettano compromessi, Forrest ha sacrificato moltissimo in termini di rapporti, di rinunce e di rischi. Il film esplora questi aspetti profondi in modo giocoso.”
Per Steckler è stato bellissimo veder crescere la simbiosi fra personaggio e interprete. Osserva il produttore: “La sceneggiatura di David era una vera e propria esplorazione di come potevano evolversi i personaggi della prima parte della carriera di Bob, di come sarebbero invecchiati questi artisti della rapina con un talento naturale per ciò che facevano e una scintilla sempre accesa nello sguardo. Credo che Bob si sia identificato con quell’idea, e anche con il fatto che Forrest ha dedicato tutta la vita ad affinare la propria arte.”
Halbrooks, così come Johnston, lavora con Lowery sin dall’inizio della sua carriera. Il produttore spiega cos’è riuscito a fare Lowery con la storia: “La cinematografia di David ha una delicatezza tutta sua. La prima volta che abbiamo letto l’articolo di David Grann, il nostro dubbio principale era che fosse tutto vero. Ricordo di aver controllato che non fosse una storia inventata. Ma David ha uno stile narrativo che si basa moltissimo sulla credibilità delle emozioni, perciò è riuscito a raccontare le vicende in modo che non sembrassero fittizie e che gli spettatori potessero ritrovarsi nella storia di Forrest.”
Per Johnston, l’approccio giocoso di Lowery è stato un ottimo contraltare per l’esplorazione dei temi del film: le ossessioni, l’amore, il rimpianto e l’avvicinarsi alla fine del cammino. “Per David era importantissimo che il film avesse una sua leggerezza, che sembrasse una leggenda divertente da raccontare ai bambini la sera. Ma nel mezzo di questa levità, David ha saputo tirare fuori emozioni profonde” riassume il produttore. “Facciamo il tifo per Forrest perché capiamo che è un uomo che vuole continuare a fare ciò che gli riesce meglio, un uomo in cerca d’amore e di successo e per nulla pronto a smettere.”

DALLE PAGINE DEL NEW YORKER ALLO SCHERMO

“Forrest Tucker aveva avuto una lunga carriera di rapinatore di banche e non aveva certo voglia di smettere.”
– The New Yorker

Perfino nelle eccentriche classifiche dei fuorilegge più famosi, Forrest Tucker era considerato un personaggio a sé, un rapinatore di banche professionista che era riuscito a evadere dal carcere ben 18 volte e aveva messo a segno numerosi colpi anche dopo aver ampiamente superato i settant’anni. Questa è stata la ragione iniziale che ha spinto il giornalista e autore David Grann (Civiltà perduta) a raccontare la storia di Forrest sul New Yorker nel 2003, tre anni dopo che il leggendario rapinatore era stato rispedito in prigione alla veneranda età di 80 anni per un altro geniale colpo a coronamento di una carriera durata letteralmente tutta la sua vita. Grann ha mostrato al mondo un uomo il cui innegabile orgoglio per il suo lavoro risulta incredibilmente comprensibile, persino lodevole, dato che Tucker era sì un criminale fuorilegge, ma anche un uomo gentile.
Tra i primi lettori del pezzo di Grann ci furono anche i produttori Jeremy Steckler e Dawn Ostroff. Dopo aver convinto Redford, i due proposero il progetto a David Lowery, che aveva appena diretto Senza santi in paradiso, una storia di fuorilegge ambientata in Texas e di enorme impatto visivo. Spiega la Ostroff: “Lo stile registico di Lowery corrisponde esattamente a quello di scrittura di David Grann, con un approccio umano e ben curato.”
“Non volevo studiare troppo il vero Forrest, perché sapevo che Bob lo avrebbe interpretato con estrema accuratezza. Ne avrebbe fatto uno dei suoi personaggi” dichiara David Lowery.
Lo sceneggiatore e regista ha quindi modificato il suo approccio per dare al personaggio il massimo respiro possibile. “La prima stesura del copione era molto più lunga e più giornalistica” spiega Lowery. “Mi sono basato molto sui fatti. Nella vita reale, la “Banda dei vecchietti d’assalto” era molto più numerosa e spietata, con parecchi episodi di droga, morte e altri elementi sgradevoli. Ma quell’approccio l’ho abbandonato quasi subito, in parte perché non è il mio forte, ma anche perché volevo tenere la telecamera continuamente fissa su Bob. Perciò in pratica ho usato l’articolo di Grann come bibbia e non me ne sono allontanato troppo.”

Il regista si è lasciato guidare dalla contentezza interiore di Tucker, adottando un approccio non convenzionale che mette sia i crimini, sia l’inseguimento da parte delle forze dell’ordine in secondo piano rispetto allo spirito della narrazione. Lowery ricorda: “Volevo vedere Forrest brillare. Come narratore sono naturalmente incline alla malinconia ed effettivamente ci sono degli aspetti tragici nella storia di Tucker. Però una volta tanto ho voluto tenere a freno i miei istinti e fare un film che facesse anche sorridere.”
Di bozza in bozza, Lowery ha trasformato la storia in un duplice, allegro gioco tra gatto e topo: da una parte la storia d’amore tra Tucker e quella che forse era l’unica donna a poter sopportare la sua riprovevole scelta professionale; dall’altra la storia dell’agente stanco della vita che ha deciso di dargli la caccia.
Il regista ha inoltre sottolineato che fino a qualche decennio fa sia il mondo del crimine sia quello delle forze dell’ordine avevano dinamiche molto diverse. Senza Internet né smartphone e con pochissimi computer a disposizione, se la polizia di stati diversi voleva condividere delle informazioni, doveva necessariamente ricorrere al telefono o alla posta. La maggior parte dei poliziotti portava ancora il revolver anziché armi automatiche. “Tutti i miei film si svolgono in quello spazio temporale, prima che la tecnologia invadesse la nostra vita” spiega Lowery.
Era un’epoca in cui i poliziotti potevano prendersi tutto il tempo per inseguire i rapinatori, quando contava quasi più lo spirito della caccia che l’effettiva cattura, il che è quello che succede tra Forrest e John Hunt. “È nella caccia che si sprigiona tutta l’energia” osserva Lowery. “Nei film c’è sempre un po’ di delusione quando la caccia finisce, non è vero? E io segretamente spero che il poliziotto lasci andare il rapinatore. Mentre scrivevo la sceneggiatura, il fatto che Hunt lasci andare Tucker quando ne ha la possibilità è probabilmente uno degli elementi più personali della storia. Sono proprio io che non voglio che Forrest venga catturato.”
Per Lowery era anche fondamentale evidenziare che Forrest aspirava alla pace, più che a fare del male alle persone. Nel suo articolo Grann aveva scritto che secondo Forrest la violenza gratuita indicava che il rapinatore era un dilettante. “Per lui i banditi migliori erano come degli attori di teatro, capaci di ipnotizzare i presenti con la pura forza della loro personalità. Alcuni addirittura si truccavano e si esercitavano per entrare nel personaggio” scrive Grann.
A Lowery quest’idea è piaciuta molto. “Forrest aveva un’arma, ma per me era importante che non si vedesse mai. Se l’articolo non fosse stato intitolato The Old Man and The Gun (Il vecchio con la pistola), probabilmente avrei escluso del tutto le armi” spiega il regista. Patrick Newall, produttore esecutivo, è rimasto colpito dalla dimensione misurata della sceneggiatura. “Si ispira a un tipo di cinema quasi alla James Cagney, con una sorta di innocenza. Forrest non voleva ammazzare la gente. David aveva spiegato molto chiaramente che voleva mettere in primo piano questo aspetto” continua Newall. “E ciò vale anche per il personaggio di Forrest era. Era un gentiluomo, anche se un gentiluomo che rapinava le banche.”
Johnston sottolinea che Lowery ha introdotto nella sceneggiatura una forte identità texana. “David ha estrapolato dall’articolo originario una storia molto più personale. Ha esplorato i due lati della medaglia del poliziotto e del bandito e, dato che è texano, mi pare che nel film abbia trasmesso un po’ dello spirito del Texas.”
Conclude Newall: “Nella sua sceneggiatura, David ha trovato un ottimo equilibrio tra l’assenza di giudizio nei confronti del personaggio di Forrest e l’inserimento di altri personaggi che in qualche modo mettono in discussione l’idea di un uomo tormentato con un’ossessione. La storia è divertente, commovente e a volte anche entusiasmante. Penso che David abbia la capacità straordinaria di creare qualcosa che funziona su tutti questi fronti.”

ROBERT REDFORD NEI PANNI DI FORREST TUCKER

A 79 anni è ancora al culmine della sua carriera criminale.
– Los Angeles Times
Il vero Forrest Silva Tucker è cresciuto in Florida durante la Depressione, tirato su dalla nonna e formatosi sui romanzi da quattro soldi su rapinatori cresciuti ai margini della società. Ha iniziato la carriera nel crimine nella prima adolescenza, rubando una bicicletta (o almeno così racconta lui). Da allora ha trascorso tutta la vita adulta dentro e fuori dal carcere, riuscendo spesso a evadere da diverse prigioni, tra cui quella di San Quintino. Dopo essersi creato una versione personale delle leggende del crimine che aveva letto, è diventato famoso come i suoi eroi per la propria calma, lo stile personalissimo nel mettere a segno i colpi e anche e soprattutto per essere riuscito a fuggire 18 volte dal carcere.
Forrest Tucker è morto nel 2004 all’età di 83 anni, dopo aver scontato solo 4 dei 13 anni di detenzione che gli erano stati comminati nel 2000 per una rapina a mano armata in Texas. Ma la sua storia continua a viaggiare, anche se Forrest non avrebbe mai potuto prevedere che sarebbe stato interpretato da un’altra leggenda, Robert Redford. Due caratteristiche sembrano accomunare Forrest e Redford: la dedizione al mestiere scelto e la capacità di provare un entusiasmo da ragazzini a qualunque età.
Come attore, Redford è noto per una vasta gamma di ruoli che mettono sempre in mostra il potere e i pericoli del fascino. Ricordiamo per esempio il tenace sciatore olimpico emergente in Gli spericolati del 1969; la giovane promessa della politica del Candidato; il veterano di guerra perseguitato dai ricordi e trasformatosi in un istintivo montanaro in Corvo Rosso non avrai il mio scalpo di Sidney Pollack; il burocrate governativo amante dei libri coinvolto in una cospirazione internazionale ne I tre giorni del Condor, sempre di Pollack; lo spericolato pilota acrobatico di Il temerario; e il detective improvvisato Bob Woodward che cerca di scoprire i segreti di presidenziali in Tutti gli uomini del presidente. Ci sono inoltre il tormentato campione di baseball ne Il migliore di Barry Levinson, il direttore carcerario riformista di Brubaker e il marinaio che si ritrova da solo in mare aperto in All Is Lost – Tutto è perduto.
Come cineasta, Redford ha ottenuto l’Oscar come Miglior regista per Gente comune e ha fornito contributi essenziali al panorama cinematografico americano con pellicole come In mezzo scorre il fiume, vincitore di due premi Oscar, e Quiz Show e L’uomo che sussurrava ai cavalli, candidati agli Oscar. Nella seconda parte della sua vita, Redford ha aperto altri due capitoli per i quali adesso è altrettanto famoso: la fondazione del Sundance Institute e del Sundance Film Festival, allo scopo di sostenere i cineasti indipendenti e la sua strenua difesa delle bellezze naturali e delle risorse americane.
Ad affascinare Redford, la cui filmografia testimonia un evidente passione per le nuove sfide, sono stati non tanto i crimini, quanto la levità di Forrest Tucker. Redford lo ha interpretato come un uomo in cerca di avventure esaltanti, un uomo che non riusciva a non tentare di risolvere problemi impossibili e che d’istinto pensava che combattere il sistema e seguire la propria strada significasse restare giovani e vitali.
Anche l’approccio alle rapine di Tucker, che non prevedeva vittime, la dice lunga, secondo Redford, riguardo al codice etico del fuorilegge. “Forrest non ha mai sparato a nessuno. Aveva una pistola, ma non la teneva mai carica” sottolinea l’attore.
Per Lowery lavorare sin dall’inizio con Redford è stato uno dei piaceri della regia di questo film. “Ne abbiamo parlato molto negli anni, mentre Bob leggeva varie stesure della sceneggiatura; quando abbiamo avuto in mano un copione che piaceva a entrambi, non c’è stato più bisogno di discuterne” ricorda Lowery. “Il personaggio era stato affinato così bene sulla pagina ed era così simile a Bob che potevamo permetterci di improvvisare alcuni tratti. Abbiamo parlato molto del suo rapporto con Jewel. Probabilmente è stato l’aspetto su cui abbiamo lavorato di più durante le riprese.”
Redford, che fa film da quando aveva 21 anni, era particolarmente felice dei suoi co-protagonisti. “Sono stati in grado di offrire una performance realistica che comunque tiene sulle spine” spiega l’attore. “Sono stato fortunato ad avere dei colleghi così e ho un immenso rispetto per loro. Sissy e Casey hanno fatto un lavoro straordinario. E poi c’è Danny Glover, che ammiravo molto, anche se non avevo mai lavorato con lui prima. Veniamo dalla stessa zona della California e quindi avevamo una cosa in comune. E io sono da sempre un ammiratore di Tom Waits, quindi la prospettiva di lavorare con lui è stata una sorta di benedizione.”
Tucker ha sempre cercato di evitare di arrivare alla fine del cammino, e forse questa è una delle ragioni per cui è diventato uno dei più grandi artisti mondiali della fuga. Per Redford è proprio il bisogno di Tucker di continuare a migliorare nel suo lavoro che lo spedisce di nuovo nelle mani della legge. Gli sarebbe bastato stare lontano dalle rapine per non tornare più in prigione, ma, come spiega Redford, “Forrest era uno che pensava: ‘Sì, è stato bello fare questi lavoretti, ma mi manca qualcosa. Penso di aver bisogno del colpo del secolo.” Ed è così che è caduto in trappola.”
Johnston adorava vedere affiorare l’umorismo di Redford sul set. “Bob è divertente di suo, perciò David sapeva che avrebbe messo in risalto anche solo una battuta vagamente ironica. “A Bob basta fare l’occhiolino per illuminare lo schermo e mandare tutti in estasi.”
Halbrooks ricorda che, con Redford, ogni giorno c’era qualcosa di inatteso. “Bob è talmente tranquillo quando non è in scena che non ci si aspetta che faccia quelle performance meravigliose davanti alla cinepresa.” Inoltre non sapevamo se ci sarebbe stata giusta alchimia tra lui e Sissy. Ci speravamo, ma è stato comunque incredibile vedere Bob e Sissy che si costringevano l’un l’altra ad alzare un pochino l’asticella. Era una sorpresa continua, nel senso migliore possibile.”
Sul set sono rimasti tutti colpiti dal modo in cui Redford riusciva a interpretare Forrest senza bollarlo come colpevole o come santo. Ricorda Newall: “Come la sceneggiatura di David, anche l’interpretazione di Bob non implicava un giudizio su Forrest. Era emozionante vedere Bob al culmine delle sue capacità, in un ruolo che sfrutta al meglio tutti i suoi lavori passati. Ha un fascino incredibile, mai sbandierato. Dava l’impressione di fare tutto senza sforzo, ma ha anche messo in luce un sottotesto profondo, evidenziando aspetti inattesi ogni volta che entrava in scena.”
Conclude Stern: “È semplice, nessun altro al mondo avrebbe potuto interpretare questo ruolo.”

SISSY SPACEK: JEWEL

Il vero Forrest Tucker si è sposato tre volte, ma solo la sua ultima moglie si è resa conto di chi era veramente. Nella sceneggiatura Lowery ha inserito una versione semi-romanzata del personaggio di Jewel, chiedendosi perché una vedova fieramente indipendente avesse scelto di passare la vita con un rapinatore di banche che ancora sognava di mettere a segno il colpo perfetto.
Il regista ha pensato subito all’apprezzatissima Sissy Spacek per Jewel, e non ha più cambiato idea. “A un certo punto ho avuto bisogno di capire meglio il personaggio e mi sono ritrovato a pensare a Sissy. Mi è sempre piaciuta e ho deciso di rischiare e di scrivere una parte fantastica su misura per lei. Sono davvero felice che abbia accettato, non so che cosa avrei fatto se avesse detto di no. Adesso voglio fare un milione di altri film con lei.”
La Spacek, che ha ricevuto sei nomination agli Oscar e ha conquistato la statuetta per il ruolo di Loretta Lynn ne La ragazza di Nashville, ha recitato in alcuni dei film più evocativi del cinema americano, creando spesso dei personaggi che rompevano gli schemi. I suoi ruoli più memorabili vanno dalla forza telecinetica della leggendaria rabbia adolescenziale di Carrie – Lo sguardo di Satana di Brian De Palma, alla ragazza di provincia che segue il suo fidanzato in una carneficina in La rabbia giovane di Terrence Malick, alla moglie determinata a ritrovare il marito in Missing – Scomparso di Costa-Gavras. La Spacek ha poi indossato i panni di una contadina che lotta per conservare la terra della sua famiglia ne Il fiume dell’ira, la sorella che ha ucciso il proprio marito in Crimini del cuore e una madre protettiva che affronta la tragedia nel film In The Bedroom.
Il ruolo di Jewel l’ha portata ancora una volta in un terreno inesplorato. La Spacek si è trovata a voler scavare a fondo nell’improbabile legame tra Forrest e Jewel, cercando di capire come due persone che sembrano formare una coppia inverosimile riescano in realtà a essere perfettamente in sintonia a un livello più profondo, perché entrambi stanno ancora tentando di ricavare qualcosa dalla vita.
“Jewel stava bene da sola. I figli erano cresciuti e se n’erano andati di casa. Il marito era morto e lei viveva in un ranch con tutti i suoi animali. Era molto legata alla sua terra ed era l’opposto di Forrest. Lui andava ovunque lo portasse il vento, come aveva sempre fatto” osserva la Spacek. “Ma Jewel aveva radici profonde e per lei il rapporto con le persone e con gli animali era tutto.”
In quel contesto, per Jewel la decisione di accettare la corte di Forrest è soprattutto un gradito salto nel vuoto. “Jewel si trovava in una fase della vita in cui si era resa conto che forse era ora di fare quello che voleva” racconta la Spacek. “Dicendo di sì a Forrest, in realtà diceva di sì alla vita. Ha potuto farlo perché era già così indipendente e non aveva davvero bisogno di nessuno che si occupasse di lei.”
Per la Spacek non è stato certamente difficile mostrare l’attrazione magnetica di Jewel nei confronti di Forrest, dato che era Redford a interpretare il fuorilegge. “Certo, era un criminale, ma era anche terribilmente affascinante” riflette l’attrice. “Un intellettuale e un gentiluomo. E sì, anche un ladro. Ma lui e Jewel si divertivano un sacco e avevano un modo dolce, goffo e divertente di stare insieme, come due ragazzini.”
Forrest Tucker sapeva di essere stato fortunato a incontrare una donna che si era innamorata di lui e che accettava il fatto che fosse un ricercato. Dice Redford del personaggio di Jewel: “Sapeva chi era Forrest ed era a conoscenza delle sue terribili attività, e tuttavia lo sosteneva. Non apprezzava particolarmente il mestiere di Forrest, ma amava il marito come persona. E gli è rimasta accanto tutte le volte che è stato arrestato, cosa che deve aver avuto un enorme impatto su di lui. Forrest sapeva che lei lo amava davvero.”
Secondo la Ostroff, l’alchimia tra Redford e la Spacek è stata palpabile sin dal primo giorno. “L’energia tra Bob e Sissy è bellissima perché deriva non deriva da ciò che si dicono. Si sente che le loro anime si nutrono l’una dell’altra, in modi molto diversi. Penso che sia un rapporto molto insolito in un film, perché riguarda quello che si percepisce al di là delle parole.”
La Spacek, Redford e Lowery hanno discusso a lungo sui personaggi e hanno tirato fuori ogni minimo dettaglio del rapporto tra i due nei giorni tranquilli tra una rapina e l’altra. “Abbiamo parlato molto della loro relazione” dice Lowery “sia separatamente, sia tutti insieme; quando avevo già le mie idee, chiedevo sempre il loro punto di vista. Ho imparato molto da tutti e due.”
Per quanto bello fosse il loro rapporto, Forrest e Jewel sapevano che era solo questione di tempo prima che Forrest venisse arrestato di nuovo. Per Jewel era una realtà agrodolce, ma la Spacek comprende che la donna abbia voluto accettare il rischio. “Penso che sapesse che Forrest non riusciva a fermarsi, anche se una parte di lui lo avrebbe voluto” osserva l’attrice. “Era il suo mestiere. Gli riusciva bene, ma allo stesso tempo era anche una sorta di droga per lui. Penso che anche Jewel capisse che l’unico motivo per cui Forrest rapinava banche era per l’emozione di sapere che ne era in grado.”
La performance di Redford ha reso questo aspetto ancora più reale, aumentando l’effetto comico, ma anche la tragica impossibilità del loro amore. La Spacek era felice di poter finalmente lavorare con Redford. Lo aveva incontrato per la prima volta quando era agli esordi ed era nervosissima. “So che lui non si ricorda di quell’incontro, ma io sì. Lui era già una grande star. Quando me l’hanno presentato, ero talmente agitata che l’ho chiamato “Bobert”. Ero mortificata” ride la Spacek.
L’attrice ha seguito l’evoluzione della carriera di Redford sui vari fronti. “Ha recitato in tantissimi film e ne ha diretti mille altri. È una persona incredibile. Ha fatto anche cose grandissime per i registi indipendenti, quindi il suo contributo al cinema è stato davvero immenso” commenta.
A proposito di quello che Jewel fa per Forrest, la Spacek osserva: “Penso che gli abbia dato un posto dove andare, dove fermarsi e riposare le sue stanche ossa, anche se solo per un momento, ed è stata una buona amica per lui. Forrest era bravissimo a rapinare banche, ma io mi domando come sarebbe stata la sua vita se avesse fatto qualcosa di diverso.” Era una persona talmente adorabile che avrebbe potuto aver successo in qualunque altro ambito, e allora forse lui e Jewel avrebbe potuto cavalcare insieme verso il tramonto.”

CASEY AFFLECK: IL DETECTIVE JOHN HUNT

Il brivido della rapina che provava Forrest Tucker era pari alla determinazione del poliziotto che si era assunto la missione di acciuffarlo: John Hunt. A vestire i panni dell’agente stanco che ritrova l’energia grazia al fascino puro della caccia è il premio Oscar Casey Affleck, reduce dal successo di Manchester by the Sea e di Storia di un fantasma, diretto da Lowery.
Spiega Lowery: “Casey è un amico e io adoro lavorare con gli amici. Inoltre, per molti versi mi ricorda Bob. Entrambi sono sia irascibili sia giocosi e amano percorrere strade nuove.”
Tutti erano ansiosi di vedere come si sarebbe evoluto il rapporto tra Tucker e Hunter.  Racconta Steckler: “Forrest è una forza inconfutabile, in grado di ammaliare i cassieri delle banche e convincerli a collaborare. Perciò John Hunt lo guarda e si chiede se non sia giusto adottare il suo stesso stile di vita. È una domanda che difficilmente un poliziotto si pone nei confronti di un criminale e che crea dinamiche interessanti sia nella mente di Hunt, sia tra lui e Tucker.”
Affleck era attratto da Hunt perché il detective rappresentava l’insolita figura di un agente che dedica tutte le sue energie a decifrare il criminale che insegue, facendolo quasi con affetto. “Hunt era un lupo solitario” spiega Affleck. “Era insoddisfatto del dipartimento di polizia, quindi ha deciso di portare avanti il caso da solo. Ma penso che ad affascinarlo fosse anche la leggenda di un criminale non violento che ha dedicato tutta la vita alle rapine. Hunt provava una specie di ammirazione per Forrest. Voglio dire, sapeva che doveva catturarlo, era il suo lavoro, ma Forrest aveva toccato qualche corda dentro di lui.”
Anche quando Forrest si è avvicinato a Jewel, il poliziotto texano John Hunt lo marcava sempre più stretto. Ma anche Hunt era più una fonte di orgoglio che di sofferenza per Forrest, che era contento di essere degno di una grande caccia e di avere un nemico da superare in astuzia. Riguardo al rapporto tra i due, Redford afferma: “Tra loro c’è un profondo rispetto, che per Forrest nasce nel momento in cui si rende conto che Hunt è il predatore e lui la preda. Penso che Tucker adorasse il legame che si era creato fra loro.”
“Redford è un attore da cui ho sempre preso esempio, e fra i miei film preferiti ce ne sono diversi dei suoi” dichiara Affleck. “Ha reso speciale il personaggio di Forrest perché in parte ci si ritrova, ed è stato molto divertente osservarlo. Una delle caratteristiche più belle di Redford è che, pur essendo così famoso, è riuscito comunque a essere sempre misterioso ed enigmatico.”
Affleck era felicissimo di lavorare con Redford, ma anche altrettanto contento di ritrovare Lowery, che per lui è un cineasta di grande autorialità. “David ha una visione e una voce molto chiare” spiega l’attore. “Ho apprezzato molto che volesse fare questo film con uno stile energico, molto anni Settanta, che ricorda i migliori polizieschi di una volta, con uno stile visivo libero e giocoso. È davvero piacevole e divertente.”
Anche se il film presenta una versione romanzata del suo personaggio, il vero John Hunt è stato felicissimo di essere incluso nella produzione. Per anni aveva sentito parlare della possibilità che si facesse un film ma, prima che Lowery lo chiamasse, non aveva mai creduto che potesse succedere sul serio. “Mi ha telefonato e mi ha detto: ‘Lo facciamo. Facciamo un film… con Robert Redford e Casey Affleck.’ Gli ho chiesto se mi stava prendendo in giro, ero rimasto senza parole. David mi ha chiesto se poteva usare il mio nome per il detective, ho risposto che ne sarei stato onorato” ricorda l’agente.
Hunt confessa di aver avuto davvero un profondo rispetto per Tucker, anche se cercava di consegnarlo alla giustizia. “Ammiravo la sua professionalità, non si poteva non apprezzarla” dichiara Hunt. “Ma non posso ammirare il fatto che infrangesse la legge. O che minacciasse la gente con una pistola. Però posso ammirare la professionalità con cui pianificava tutto e la sua capacità di andare avanti per così tanti anni.”
Nella vita reale, Hunt non ha mai incontrato Tucker di persona, ma nel film i due si scontrano ripetutamente. La prima volta Tucker riesce a umiliare Hunt compiendo una rapina a mano armata proprio sotto il naso dell’agente, che si trova in coda in banca in attesa di effettuare un deposito. “Da quel momento in poi, Hunt si dedica totalmente alla missione di catturare il bandito” racconta la Ostroff “È l’inizio di un profondo legame in cui i due si provocano e si fomentano a vicenda.”
Il look di Affleck è stato curato nei minimi dettagli, compresi i baffoni alla Tom Selleck. “Casey aveva già un po’ di baffi di suo e noi siamo riusciti a tirar fuori un look da Magnum P.I. Si adatta bene al personaggio, e a Casey piaceva molto” ricorda il truccatore Leo Corey Castellano.
Secondo Jim Stern, Affleck ha reso benissimo il personaggio di Hunt, fino al groviglio psicologico che si innesca quando un poliziotto e un rapinatore si vedono riflessi l’uno nell’altro: “Vedendo come Casey ha interpretato John, si capisce benissimo come abbia fatto il detective a ridare la carica a Forrest e come ognuno dei due riuscisse a tirare fuori qualcosa cui l’altro aveva bisogno. A Forrest serviva un antagonista da sfidare e a John serviva la gioia di vivere che gli dava Forrest.”

I COMPLICI DI TUCKER

“L’anziano detenuto non ha mai conosciuto la retta via.”
The Palm Beach Post, 10 maggio 1999

Accanto a Robert Redford, nei panni dei complici di Tucker noti come la “Band dei Vecchietti d’Assalto”, troviamo due attori con carriere altrettanto prestigiose: Danny Glover, quattro volte candidato agli Emmy, interpreta Teddy Green, mentre il cantautore e attore Tom Waits interpreta Waller. “Danny e Tom sono i primi nomi a cui David ha pensato; secondo noi erano perfetti” ricorda Steckler. “Assieme a Bob formano un trio davvero magico.”
A Lowery le scelte parevano azzeccatissime. “Sapevo che mi servivano attori che potessero dare qualcosa in più ai personaggi. Ho sempre ammirato Danny, da quando ho visto Lonesome Dove da bambino fino a quando ha cominciato a produrre i film di Apichatpong Weerathesakul e Lucretia Martel. È stato un onore averlo nel cast. E Tom Waits è Tom Waits. Un eroe.” commenta Lowery.
Glover è rimasto conquistato dalla sceneggiatura. “Mi sono piaciuti subito il ritmo e il linguaggio” spiega l’attore. “Ho apprezzato il fatto che fosse tutto costruito in modo che lo spettatore potesse identificarsi con entrambe le parti. E poi mi interessava molto il rapporto della “Banda dei vecchietti d’assalto”, il modo in cui i tre comunicavano fra loro e risultavano simili l’uno all’altro anche se ognuno aveva una propria storia.”
Glover ha riflettuto molto sul motivo per cui Teddy e Waller hanno scelto Forrest come capo. “Da un lato Forrest è un sognatore, ma dall’altro è anche capace di correre enormi rischi e ci si può fidare della sua capacità di portare a termine un piano; la fiducia è la sua chiave d’accesso al mondo” spiega l’attore.
Sul set era impossibile non notare il rapporto positivo tra Glover, Redford e Waits. Dice quest’ultimo a proposito della sinergia del trio: “Danny è un grande attore ed è divertente lavorare con lui. È molto spontaneo, così come Bob, perciò è stato bellissimo improvvisare con loro. Erano entrambi sempre pronti, con il motore perennemente acceso, cosa che apprezzo molto.”
Waits è una leggenda musicale per i suoi testi capaci di narrare storie e la sua voce roca, ma ha anche ottenuto numerosi riconoscimenti come attore per film come America oggi di Robert Altman e 7 psicopatici di Martin McDonagh. Anche lui ha apprezzato subito la sceneggiatura di Lowery e i co-protagonisti. “Mi è sembrato un western moderno” spiega. “Come scrittore, David ha occhio, orecchio e una voce perfetta. E poi c’erano Redford, la Spacek e Glover. È come quando ti invitano a una festa e ti dicono chi verrà, e tu non riesci a fare a meno di continuare a chiedere chi altro c’è. Sei conquistato dall’elenco degli invitati.”
Secondo Waits, Waller era un criminale più classico rispetto a Forrest e non aveva tutte le rotelle a posto. “Penso che fosse un po’ svitato” riflette l’attore. “È stato in carcere per 10 anni, ha commesso un sacco di errori e si metteva anche i calzini spaiati. Forrest era molto più organizzato e controllato, ed è per questo che era il capo della gang.”
A completare il cast troviamo vari attori non protagonisti che risultano comunque di fondamentale importanza, fra cui la moglie di John Hunt, Maureen, interpretata da Tika Sumpter, affermatasi grazie al ruolo della giovane Michelle Obama in Ti amo presidente. La Sumpter dice di Maureen: “Ha visto suo marito affrontare una crisi di mezza età ed era il tipo di donna pronta ad incoraggiarlo senza però dirgli cosa fare. Era sicura che l’avrebbe capito da solo e ha continuato a sostenerlo, un aspetto che mi è piaciuto moltissimo.”
Elisabeth Moss interpreta Dorothy, la figlia che Forrest sembra non voler conoscere. L’attrice, che vanta un Emmy e un Golden Globe, racconta così il suo breve ma indelebile ruolo: “Dorothy riporta alla realtà la storia di Forrest e offre una rappresentazione più complessa del personaggio del padre. Forrest è così affascinante e leggendario che non si può non stare dalla sua parte, ma Dorothy rivela che il suo stile di vita aveva conseguenze non immediatamente visibili.”

DIETRO LE QUINTE: LA CREAZIONE DEL FILM

Old Man & the Gun è ambientato all’inizio degli anni Ottanta, cosa che ha permesso a Lowery di rendere omaggio a modo suo alla cinematografia degli anni Settanta e far sì che le location costituissero inoltre un’espansione dei personaggi. Per dar vita a ciò che aveva in mente, Lowery ha lavorato a stretto contatto con il direttore della fotografia Joe Anderson (che aveva già lavorato nella seconda unità di Senza santi in paradiso), lo scenografo Scott Kuzio (The Sinner), la costumista Annell Brodeur (Storia di un fantasma) e la montatrice candidata agli Oscar Lisa Zeno Churgin (Le regole della casa del sidro, Il drago invisibile).
Secondo Toby Halbrooks, l’ambientazione storica aggiunge un ulteriore livello alla narrazione, ma senza prevaricarla. “Non sbandieriamo mai i dettagli dell’epoca” spiega il produttore. “Il film è un ritorno al passato in termini emotivi, più che stilistici. Non è mai appariscente o kitsch, David è bravissimo in questo. Il fulcro sono le persone, mentre la collocazione spazio-temporale è quasi ininfluente. È solo che all’improvviso può capitare di rendersi conto che nessuno usa un cellulare o Internet e che ci troviamo in un mondo un pochino diverso da quello attuale.”
Sin dalla fase di stesura del copione, Lowery aveva deciso di girare Old Man &the Gun in Super 16. “Il 16 mm ha un aspetto estetico speciale che rimanda subito alla cinematografia degli anni Settanta. Oltre a questo formato, David voleva anche utilizzare lenti e teleobiettivi più vecchi, senza ricorrere a tanti dei nuovi strumenti più raffinati” spiega Johnston.
Il direttore della fotografia Joe Anderson era divertito all’idea di usare il Super 16, ma sapeva anche che quello era un lavoro fatto apposta per lui. “Non si producono più macchine da presa 16mm, perciò bisognava trovarne di vecchie, di almeno quindici anni fa” spiega Anderson. “Per fortuna la pellicola da 16 mm viene ancora prodotta e sviluppata e ha ancora un suo mercato.”
Per Lowery il formato 16 mm aveva molti più vantaggi che svantaggi. “Lavorare in Super 16 è un sogno, molto più semplice che in digitale o in 35 mm” commenta il regista. “E poi il girato ha un’aria retrò, che è il motivo per cui abbiamo scelto questo formato. Volevamo che l’immagine sembrasse vecchia, ma senza effetto nostalgia, e il Super 16 era il modo migliore per ottenere questo risultato. Cercavo una tecnica per rendere le immagini un po’ meno raffinate, meno perfette. Per descrivere il mio approccio, dicevo che volevo filmare gli attori su uno sfondo di muri in cemento, sotto il sole di mezzogiorno, e l’abbiamo fatto sul serio quando Bob e Sissy si sono incontrati per la prima volta.”
Anderson spiega che girare su pellicola non è soltanto una questione visiva, ma cambia anche l’atmosfera sul set. Le riprese in 16 mm, a bassa velocità, hanno però richiesto più esperimenti con la luce. “Quando si gira in digitale, ognuno se ne sta dietro al proprio monitor, ma quando invece si gira su pellicola, la troupe comunica molto di più” sottolinea Anderson. “Si tratta di lavorare insieme per immaginare che aspetto avrà il film invece di preoccuparsi di ogni singolo pixel. Si sfrutta di più l’immaginazione.”
Una delle sequenze più impegnative è stata la prima rapina in banca del film, l’unica dell’infinita carriera di Forrest a essere raccontata per intero. “Doveva essere divertente e intensa, con tante cose che succedono in contemporanea” spiega Lowery. “Volevo attingere all’astuzia e al fascino di Forrest per estenderli alla realizzazione del film stesso. Mi sono divertito moltissimo a trovare il ritmo giusto per quella scena e per i passaggi da un personaggio all’altro.”
Anderson ha sempre lavorato a stretto contatto con Kuzio e la Brodeur per realizzare lo schema cromatico del film, scelto con estrema cura. “Non volevamo enfatizzare troppo l’epoca” commenta Kuzio. “Volevamo che il film sembrasse senza tempo. A livello concreto ci siamo attenuti alla realtà pre-1981, ma non abbiamo sottolineato apertamente che si trattava di un film ambientato nel 1980. Abbiamo preferito un aspetto più freddo e sterile, fatto di grigi, bianchi e colori primari, piuttosto che una palette di colori caldi come i toni del marrone e dell’arancione.”
Uno dei set più amati era la casa di Jewel, che in sostanza è il suo rifugio dal resto del mondo. La location scelta da Kuzio ha conquistato il cast e la troupe. “Era una grande e vecchia fattoria con le verande sui quattro lati e un aspetto imponente e splendido” racconta la Spacek. “Quando l’abbiamo vista per la prima volta, siamo rimasti tutti senza fiato, compreso Bob. Credo che per Forrest quella casa fosse un porto sicuro nel pieno della tempesta. E poi era una grossa parte dell’identità di Jewel.”
Aggiunge Kuzio: “Ci serviva una bella fattoria che non fosse né lussuosa, né in rovina, ma non siamo riusciti a trovarla. O andavano bene gli esterni, o gli interni, ma mai entrambi. Così alla fine abbiamo scelto una fattoria pittoresca e l’abbiamo completamente rifatta per adattarla al personaggio di Jewel, che doveva essere uno spirito libero, ma non facile da definire. È la dimora di una bohémienne cresciuta in una famiglia della classe operaia del Texas, quindi dovevamo fondere quei due mondi.”
La casa di Forrest è molto più minimalista, in forte contrasto con quella di Jewel. “Forrest non ha mai voluto crescere o sistemarsi, perciò casa sua era quasi del tutto spoglia. Praticamente era una casa che sarebbe piaciuta a un dodicenne. Forrest non amava gli oggetti di lusso. Rapinava le banche solo per il gusto delle rapine in sé, non per fare la bella vita” riflette Kuzio.
A completare il triangolo delle abitazioni troviamo la dimora di John Hunt, incentrata sulla dimensione familiare. “La casa di John rappresenta i sobborghi residenziali degli anni Settanta, il classico sogno americano” racconta Kuzio.
Anche la sequenza della fuga dalla prigione è stata molto divertente da creare. Per riprodurre San Quintino è stato scelto un carcere di Jackson, nel Michigan, che, pur essendo in attività, casualmente aveva un blocco di celle totalmente libero che Kuzio ha potuto adattare. Dal momento che Forrest alla fine è fuggito dalla nota prigione su una barca costruita a mano, Kuzio ha voluto realizzare la sua versione dell’imbarcazione partendo da zero. “Abbiamo deciso di usare soltanto materiali che si potessero trovare nel laboratorio di falegnameria di un carcere e che potessero essere assemblati senza fare troppo rumore, perché nella realtà dev’essere andata così” spiega lo scenografo.
Kuzio ha lavorato in tandem con la costumista Brodeur. Dice lo scenografo: “Annell tirava fuori le sue idee e io le mie, poi ci mettevamo comodi e cercavamo di combinare le proposte migliori di entrambi.”
La Brodeur ha dovuto fare un sacco di sortite nei negozi di seconda mano per cercare filati della fine degli anni Settanta. Tutto però ruotava attorno a uno specifico pezzo forte: il completo blu brillante di Forrest che cattura l’attenzione di Jewel quando il rapinatore si ferma ad aiutarla lungo la strada. “Io, David e Scott avevamo deciso che il mondo doveva apparire quasi piatto fino alla comparsa di Forrest con lo sgargiante completo blu, in modo che si capisse subito che si trattava di un personaggio speciale” spiega la Brodeur.
La costumista sapeva che Redford avrebbe dato vita in modo personalissimo a qualunque cosa gli avesse proposto. “Il vero Forrest era molto appariscente, forse anche più che nel film, perciò non vedevo l’ora di ammirare Bob nei suoi panni. Era così elegante che riusciva a dare l’impressione di una persona molto orgogliosa del proprio aspetto. Era assolutamente perfetto nel ruolo di un rapinatore di banche affascinante e intelligente.”
Redford indossa lo stesso completo per buona parte del film, cosa che poi ha permesso a Lowery e alla Churgin di scegliere fra moltissime opzioni durante il montaggio finale.
Invece l’abbigliamento di Casey Affleck si evolve durante il film, diventando più vivace a livello cromatico con il proseguire della storia. “Man mano che John si avvicina a Forrest, vediamo sempre più colori nel suo mondo” sottolinea la Brodeur. “Quando finalmente i due si incontrano, John indossa una cravatta di un verde acceso e colori molto più saturi rispetto a quelli dell’inizio del film, perché il suo umore è cambiato.”
Per la Brodeur è stato altrettanto bello lavorare con la Spacek. “Jewel è una donna senza fronzoli, ma emana anche una sorta di leggerezza. Per lei ho pensato a dei vestiti molto morbidi e fluenti, perché il suo personaggio non ha una visione del mondo rigida. Compie un percorso tutto suo e le sue scelte cromatiche rispettano la sua indipendenza.”
La Brodeur riconosce anche il merito della Spacek nella creazione del look di Jewel. “Molti dei capi che Sissy indossa si ispirano a lei stessa, che abita in una fattoria e conosce quello stile di vita. Mi ha dato un sacco di idee ed è stato meraviglioso lavorare con lei.”
Una volta finite le riprese, Lowery è tornato a Dallas, una città in cui il settore cinematografico sta prendendo piede; la Churgin l’ha raggiunto lì per il montaggio, durato sei mesi e mezzo. La montatrice non vedeva l’ora di tornare a lavorare con Lowery dopo l’esperienza de Il drago invisibile e di curare per la prima volta il montaggio di un film con Redford.
“Sono molto orgogliosa di aver montato un film di quest’ultima parte della carriera di Redford e sono grata a David per avermi dato l’opportunità di lavorare con grandi attori come Sissy, Casey e il resto del cast” racconta la Churgin. “È quello che mi entusiasma di più in assoluto. David ha la capacità di tirar fuori tantissimo dagli attori e dalla narrazione visiva. Ci siamo conosciuti lavorando a un grosso lungometraggio Disney, ma mi sono divertita molto a realizzare una storia più indie con lui.”
Lowery descrive così il loro modo unico di collaborare: “Si tratta di una lunga serie di piccole scoperte nel corso di vari mesi. Io mi occupo del montaggio in una stanza e Lisa in un’altra, poi ci scambiamo le sequenze e le confrontiamo. A volte lei monta una scena, io la distruggo e poi gliela ridò perché la metta a posto. L’unica sequenza che non è quasi mai cambiata dalla prima all’ultima sessione di montaggio è stata la rapina in banca durante il giorno di pioggia. Lisa l’ha montata ancora durante le riprese e quella scena ha determinato il tono di tutto il resto del montaggio.”
Secondo la Churgin la sfida più impegnativa è stata creare una struttura narrativa che mescolasse volutamente diversi ritmi. “L’approccio è più sottile e umano rispetto ai gialli classici” osserva la montatrice, “ma ha anche un tocco più brioso. Abbiamo seguito il principio secondo cui meno si inserisce, meglio è: volevamo che il pubblico restasse con dubbi e misteri.”
Una delle scene preferite della Churgin è la sequenza iniziale del film. “Sorrido ancora ogni volta che vedo quella scena con Bob e Sissy, perché è impossibile non immedesimarsi in lei e lasciarsi conquistare da lui” racconta la montatrice.
Anche se la Churgin e Lowery si sono ispirati ad alcuni western revisionisti e autoriflessivi (Pat Garrett & Billy the Kid di Sam Peckinpah), a dei road movie (Strada a doppia corsia di Monte Hellman) e ai primi lavori di Redford, la montatrice sottolinea che il film ha un ritmo tutto suo. “Secondo me ha una struttura unica” conclude. “Ha degli elementi del genere western, ma non si concentra sulle sparatorie. A Forrest Tucker non interessavano le armi, il film racconta il suo modo di sentirsi vivo.”
Contrariamente a quanto accade di solito, Lowery e la Churgin hanno montato il film senza musica, senza nemmeno una colonna sonora temporanea. “Questo procedimento permette di seguire il ritmo interno al film invece di adattarlo a un ritmo esterno” spiega la montatrice. “Consente di essere più rigorosi, di lasciare che siano l’azione e il ritmo a determinare l’andamento invece di appoggiarsi alla sola musica.”
Il tocco finale è stato poi dato dalla colonna sonora di Daniel Hart, che aveva già costruito una solida collaborazione creativa con Lowery grazie a Storia di un fantasma e Il drago invisibile. All’inizio della produzione, Lowery ha dato a Hart un’idea musicale generale che il compositore ha poi mantenuto. “David diceva che quando pensava al film, continuava a sentire delle percussioni, perciò sono partito da lì” ricorda Hart.
Aggiunge Lowery: “Ho sempre pensato che le percussioni fossero adatte al film. Sarebbe stato facile scegliere qualcosa di più folk o country, ma volevo assolutamente cercare qualcosa di meno prevedibile. Daniel ha proposto di creare una colonna sonora jazz e mi ha dato alcuni brani di Miles Davis che secondo lui potevano andar bene come modelli. Si sono rivelati molto adatti al ritmo del film.”
Per Hart l’esperienza è stata molto gratificante. “Uno dei massimi pregi di David come regista è la sua capacità di ascoltare gli altri e di fidarsi del loro giudizio” racconta il compositore. “Credo che sia uno dei motivi per cui i suoi film trasmettono sempre un senso di sincerità.”
Per Lowery quella sincerità iniziava da un progetto che ha costituito la base di tutte le fasi della realizzazione, dalla sceneggiatura alla post-produzione. “Volevo fare tre cose con questo film. Sfidare tutti i miei istinti naturali da regista e vedere quanto riuscivo ad allontanarmi dalla mia zona di comfort; creare qualcosa che facesse sorridere gli spettatori; e infine scrivere una lettera d’amore a uno dei massimi eroi del grande schermo. Spero che come effetto secondario di questi tre obiettivi sia anche venuta fuori una bella storia.”

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info: 20/12/2018.


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