They'll Love Me When I'm Dead (2018)

They'll Love Me When I'm Dead
Locandina They'll Love Me When I'm Dead
They'll Love Me When I'm Dead è un film del 2018 prodotto in USA, di genere Documentario diretto da Morgan Neville. Il cast include Peter Bogdanovich, Oja Kodar, Orson Welles, Steve Ecclesine, R. Michael Stringer, Peter Jason. Disponibile in homevideo in Digitale da venerdì 2 Novembre 2018.

Il premio Oscar Morgan Neville (20 Feet from Stardom) racconta in un documentario la provocatoria storia del leggendario regista Orson Welles nei suoi ultimi 15 anni di vita. Nel 1970 Wells non era più il ragazzo prodigio di Citizen Kane, ma un artista in esilio che aspirava a tornare ad Hollywood con un nuovo progetto: The Other Side of the Wind. Per anni, Orson Welles ha lavorato ad un film dedicato alla storia di un regista che, durante la vecchiaia, cercava di finire il suo ultimo grande film. Welles ha girato il film in circostanze caotiche con l'aiuto di una troupe di giovani sognatori, alle prese con le proprie storie e le proprie finanze. Nel 1985, il regista morì lasciando come testamento il più grande film incompleto della storia del cinema. La pellicola è rimasta in un caveau per decenni fino ad oggi. Grazie a nuove intuizioni dei collaboratori di Welles, compresi Peter Bogdanovich, Frank Marshall, Oja Kodar e la figlia Beatrice, They'll Love Me When I'm Dead racconta il capitolo finale mai raccontato di una delle più grandi carriere nella storia del cinema, brillante e innovativa quanto ribelle e impetuosa.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita in Italia: 02/11/2018 (Netflix)
Uscita negli Stati Uniti: 02/11/2018 (Netflix)
Prima Uscita: 02/11/2018 (Netflix)
Genere: Documentario
Nazione: USA - 2018
Durata: N.d.
Formato: Colore
Produzione: Tremolo Productions, Royal Road Entertainment
Distribuzione: Netflix
In HomeVideo: in Digitale da venerdì 2 Novembre 2018

Orson Welles è stato molte cose per tante generazioni diverse: un radicale provocatore radiofonico  hollywoodiano  dalla  voce suadente, un cineasta rivoluzionario e il padrino del cinema  indipendente,  una  presenza  notturna  fissa  nei  talk-show  televisivi  e  negli  spot pubblicitari dei vini.

Ma più di ogni altra cosa, ha lasciato diverse opere d'arte geniali- l'immenso Quarto potere (1941), ancora considerato da molti il più grande film mai realizzato, ma anche dei classici come il dramma famigliare L'orgoglio degli Amberson (1942), il cupo capolavoro noir L'infernale Quinlan (1955) e la sua licenziosa fantasia Shakespeariana Falstaff (1965). Durante la sua altalenante carriera, Welles si distinse per un'incontenibile vena di cattiveria maliziosa, retaggio forse del suo primo successo come allarmista durante lo sceneggiato radiofonico La guerra dei mondi (1938), primo ironico esempio di "fake news". Attraverso lo schermo televisivo, entrò solennemente nei nostri salotti, sempre dotato di un sigaro e di un aneddoto.

Eppure, all'inizio degli anni '60, Welles era emarginato ad Hollywood, incapace di esercitare il suo fascino per convincere le società di produzione e lasciargli dirigere i suoi film. Si trasferì in Europa  e  rimuginò  con  rabbia  su  quello  che  avrebbe  potuto  essere.  E  infine,  questo regista-attore-leggenda fece ritorno a Los Angeles, una città che lo aveva accolto e lo aveva respinto, sperando di fare il suo grande ritorno.

"Esiste un intero capitolo della vita di Welles largamente taciuto, che riguarda il suo ritorno in America negli ultimi 15 anni della sua vita", spiega il regista di documentari Morgan Neville, vincitore del premio Oscar con il suo elettrizzante 20 Feet from Stardom e più recentemente autore del commovente ritratto di Fred Rogers Won't You Be My Neighbor?. "Welles ritorna nel
1970, dopo aver vissuto per anni all'estero, e si ritrova a essere considerato un eroe vittorioso da tutti i giovani esponenti della Nuova Hollywood. Dovrebbe essere sulla cresta dell'onda in quel periodo in cui chiunque volesse fare un film ispirandosi al suo stile poteva farlo. Eppure lui non terminò mai un altro film narrativo. Cosa accadde durante quei 15 anni? Questa era la domanda che volevo porre. E, ovviamente, come ogni cosa che riguarda Orson, non esiste mai un'unica risposta."

L'indagine approfondita di Neville su quegli anni caotici – carichi di alti e bassi, di trionfi e tradimenti – confluisce in They'll Love Me When I'm Dead, frenetica, divertente e sorprendentemente  toccante  storia  della tardiva ricerca di un riscatto artistico da parte di Welles. Ricavato da un'immensa quantità di inedite riprese sul set, apparizioni televisive e pubblicitarie, e nuove riflessioni da parte dei suoi collaboratori, tra cui il regista Peter Bogdanovich, il produttore Frank Marshall e Oja Kodar, con la quale per molti anni Welles ha avuto un sodalizio artistico e sentimentale, They'll Love Me When I'm Dead è l'ultima parola su un classica storia hollywoodiana: gli ultimi anni di un "ragazzo prodigio" diventato bandito, di un mastino costretto in un angolo, ancora in grado di ispirare magnificenza a una troupe devota e non retribuita, mentre continua a inseguire il sogno di un'ultima brillante opera di narrazione prima che la luce del crepuscolo svanisca del tutto.

Centrale in questo periodo della vita di Welles era la sua ostinata benché frammentaria produzione di un film intitolato The Other Side Of The Wind. Ritenuto innovativo al pari di Quarto potere, benché questo sia difficile da appurare, The Other Side Of The Wind era un meta-racconto hollywoodiano di un illustre regista (un crudele John Huston, simile al suo personaggio in Chinatown) il cui progetto di film per tornare in auge vacilla sull'orlo di un dissesto finanziario. Welles negò qualunque riferimento autobiografico, sebbene siano sotto gli occhi di tutti. The Other Side Of The Wind diventò la sua ossessione, una pietra al collo che girò per sei anni e il più famigerato progetto incompiuto nella storia del cinema.

Ora, nel 2018, la storia è cambiata: Netflix è orgogliosa di presentare The Other Side Of The Wind ricostruito, finalmente completato a distanza di 33 anni dalla morte di Welles nel
1985, il cui lancio avverrà il prossimo novembre. Ora che il film a lungo perduto è diventato improvvisamente realtà, era essenziale raccontare anche la lunghissima gestazione che ha accompagnato la sua nascita.

"Se non era mai stato terminato, ci doveva essere un motivo davvero valido o in questo caso diversi motivi davvero validi", sostiene Korelan Matteson, la produttrice di They'll Love Me When I'm Dead di Neville, alla sua prima collaborazione con il regista. Accettare un progetto che superasse in astuzia Welles non sembra averla preoccupata; anzi, è vero il contrario. "Fare un documentario sul grande capolavoro di un autore può essere senz'altro interessante", spiega Matteson. "Ma non altrettanto interessante che farne uno incentrato sul grande capolavoro incompiuto di un autore".

"Chiunque sia stato su quel set anche solo per quattro secondi, lo riporta nel curriculum", afferma Josh Karp, autore del libro "Orson Welles's Last Movie: The Making of The Other Side Of The Wind" nonché uno dei produttori di They'll Love Me When I'm Dead. "Fu il culmine dell'esperienza per loro. Tutti pensavano che a quell'epoca Welles facesse solo le parodie di Dean Martin o le pubblicità dei vini Paul Masson in televisione e invece c'è questa incredibile storia."

Corroborato con brio e umorismo, They'll Love Me When I'm Dead è una disamina profonda e tuttavia accessibile delle tradizioni di Hollywood, raccontate per bocca dei suoi stessi esponenti: gli attori Bogdanovich, Kodar, Rich Little, Henry Jaglome Bob Random, i tecnici, gli studiosi, i biografi e i famigliari (compresa la figlia di Welles, Beatrice)

Neville, documentarista poliedrico che ha adattato la sua pluripremiata tecnica a soggetti di varia natura, dal mondo dell'arte contemporanea di Los Angeles (The Cool School), a due intellettuali che discettano dialetticamente di politica (Best of Enemies), dalle sottovalutate cantanti  rock-and-roll  (20  Feet  from  Stardom)  a  Fred  Rogers,  amabile  icona  educativa (Won'tYou Be My Neighbor?), si è trovato in sintonia con la sicurezza del suo ultimo soggetto, Orson Welles, molto prima di iniziare a lavorare al progetto.

"Posso affermare che non provavo alcuna apprensione alla prospettiva di fare questo film", dichiara Neville. "Era più come se fosse la mattina di Natale: Oh mio Dio! Sono un ammiratore di  Welles  da  sempre.  Ho  guardato  tantissimi  documentari  su  di  lui,  ma  non  avrei  mai immaginato di fare io stesso un film su di lui, perché mi sembrava impossibile trovare il taglio giusto. Ma questa era un'occasione unica nella vita, con un'incredibile libertà, a partire dal materiale di Josh. Quindi per me è stata una gioia pura. Avrei potuto crogiolarmici molto più a lungo. I montatori e io eravamo entusiasti di lavorare a questo film. Quando rientravo a casa, mia moglie mi diceva 'Sei di buon umore'. E non capita spesso quando lavori a un documentario."

"Volevo coinvolgere gli spettatori nella visione di Orson fin dall'inizio", continua, "che poi è quello che succedeva a tutti coloro che lavoravano con lui. Se eri disposto ad accettare la sua visione, lo avresti seguito in capo al mondo, forse anche più in là di quanto avresti dovuto. Volevo che il pubblico percepisse questo spirito, perché noi lo abbiamo colto."

VEDERE… E ASCOLTARE – LA STORIA DI ORSON DA UNA PROSPETTIVA DIVERSA

Per i veri maniaci del cinema, Orson Welles è una scuola di cinema in sé. È il punto di partenza quando vuoi fare sul serio. Il regista Morgan Neville e l'autore Josh Karp sono orgogliosi e dichiarati ammiratori del cineasta.

"Per me Orson è stato immenso sotto ogni aspetto", ricorda Neville. "Sono cresciuto in una casa di veri appassionati di cinema. Mio padre adorava Welles in modo esagerato. Avevamo molti dei suoi film in videocassette Betamax. Fin da bambino, ho imparato a conoscere l'uomo, il personaggio e le sue opere. Orson morì il giorno del mio diciottesimo compleanno e me lo ricordo vividamente. La sua scomparsa rabbuiò davvero molto quella giornata, per dire quanto fosse importante per me a quell'epoca."

"Vorrei avere un milionesimo di quello che aveva Orson, qualunque cosa fosse", dichiara Karp, pensando al fascino e allo spirito ribelle di Welles. "Non se ne producono più come lui. Nemmeno George Clooney arriva ai suoi livelli. Chiunque abbia avuto una conversazione con lui, riferisce di aver considerato quel momento come uno dei più memorabili della sua vita."

Ma essere un super fan di Welles e presentarlo sullo schermo in modo innovativo sono due cose ben diverse.

"La triste realtà è che Orson sta iniziando a sbiadire nella storia, come tanti altri", constata
Neville.

"È stato una figura titanica della mia gioventù di appassionato di cinema, ma se parli con i giovani di oggi ti rendi conto che sta scomparendo. Quindi io volevo che il mio film, malgrado riguardi solo gli ultimi 15 anni della sua vita, scavasse molto più in profondità per arrivare ad aspetti che altrimenti sarebbero sfuggiti. Nessuno mi obbligava a fornire una versione alla

Wikipedia della sua vita –ex-mogli e luoghi di residenza- che, per me, equivale a condannare a morte il documentario biografico."

Dal punto di vista pratico, questo significava dedicare ore a rovistare negli archivi e nelle teche in cerca di filmati e materiali inutilizzati e degli aspetti meno visti della vita di Welles aldilà della famosa inquadratura di lui che tuona dal podio in Quarto potere.

"Era questo che ci preoccupava: come faremo a essere diversi?" ricorda la produttrice Korelan Matteson. "Come potremo non mostrare lo stesso materiale d'archivio di Orson che tutti hanno visto un milione di volte? Dovevamo davvero setacciare e selezionare immagini che sembrassero insolite. Morgan non voleva percorrere le stesse strade che chiunque altro aveva già percorso. Abbiamo scavato per moltissimo tempo. Ma abbiamo raggiunto quell'obiettivo."

Imparagonabile a ogni altro documentario su Welles, They'll Love Me When I'm Dead è saturo di filmati di un "Orson inedito": scene tagliate delle sue stesse produzioni, interviste esuberanti e perfino scarti di altri ritratti di Welles, pepite d'oro rimaste sul pavimento della sala di montaggio. Testimonianze fondamentali di collaboratori ormai scomparsi, tra cui l'attore e regista John Huston e l'altruista Gary Graver, devoto operatore di ripresa di Welles scomparso nel 2006, che si esprimono in veste ufficiale in interviste d'archivio, contribuendo a fornire un'immagine più completa delle condizioni di lavoro, spesso comiche, con un perfezionista frenetico.

"È stato quel che si dice un incarico da sogno", si entusiasma il co-montatore Aaron Wickenden, alla sua terza collaborazione con Neville. "Il primo giorno di lavoro, ho sentito che una delle cose che avevano trovato nella proprietà di Albert e David Maysles erano delle scene scartate  del  loro  film  Orson  Welles  in  Spain  [1966].  Guardando  quel  materiale,  la  cosa incredibile è che c'è Orson che lavora sulle idee che sarebbero diventate The Other Side of the Wind. Si vedono delle persone in una camera d'albergo a Madrid e Orson che spiega loro il suo progetto. Quindi già il primo giorno avevamo trovato sia l'inizio che la fine del nostro film.

Infine, avere accesso al girato stesso del leggendario The Other Side Of The Wind – per molto tempo ritenuto inaccessibile, ma ora disponibile – è stata in sé un'esperienza elettrizzante. Non solo l'epilogo dello stesso Welles poteva essere raccontato in modo inedito, ma c'era anche la speranza che il suo ultimo testamento artistico potesse essere completato.

"Ero salito a bordo anni fa per l'ultimo giro sulle montagne russe dei 'diritti', giostra che durava ormai da decenni",precisa Neville riguardo al film notoriamente incompiuto, impantanato in controversie legali e rompicapi tecnici. "Pensavo: 'Okay, quando il girato sarà qui, acquisito,e tutto risulterà a posto, allora forse potrò crederci'. Perfino quando intervistavamo le persone queste ci dicevano 'Quando entrerò in una sala cinematografica e vedrò il film con i miei stessi occhi, ci crederò, ma solo allora'. Ecco quanto era radicato lo scetticismo nella comunità wellesiana".

Molto semplicemente, They'll Love Me When I'm Dead mostra un aspetto di Orson Welles che non si è mai visto. Ma è anche narrato in modo autenticamente wellesiano, con un elegante

e malizioso narratore in campo, interpretato dall'inimitabile Alan Cumming, vincitore di un Tony Award come Migliore attore del musical Cabaret a Broadway e co-protagonista in grado di rubare la scena nella serie televisiva della CBS The GoodWife. Negli onirici filmati in bianco e nero di Neville, Cummingcarica rulli di pellicola sulla moviola, pone domande curiose e funge da guida nella scoperta degli ultimi anni di Welles.

"Se hai mai visto una qualsiasi cosa fatta da Orson, sai che lui amava la figura del narratore", afferma Neville. "Lo metteva nei suoi lungometraggi. Lo metteva nei suoi trailer. Lo metteva in ogni tipo di documentario che abbia mai realizzato. Amava quel personaggio e lo è a pieno titolo, non è soltanto una voce immateriale, né svolge un ruolo di pura esposizione dei fatti, è un personaggio a tutti gli effetti. Un cantastorie. Io volevo abbracciare pienamente la sua idea. E dunque sì, avremo un narratore e quel narratore non sarà completamente imparziale."

"Appena ho sentito la sua voce, è scattatoqualcosa", ricorda Karp. "Alan era perfetto".

"Questo è in parte il motivo per cui adoro lavorare con Morgan", aggiunge il co-montatore Jason Zeldes, le cui collaborazioni con Neville durano da un decennio. "Cerca sempre di essere innovativo nella forma. E il narratore è un elemento che non aveva mai usato nei nostri progetti precedenti. Quando venne da me all'inizio dicendomi 'Questo film avrà un narratore', io rimasi scioccato. Ma poi precisò 'No, non sarà un narratore normale. Sarà un narratore che commenta il dispositivo della narrazione'. Le cose non sono mai su un unico livello con Morgan. E questo è sempre stato molto importante per lui, fin dai primi lavori".

Con la sapienza di uno scrupoloso ammiratore, Neville riconosce delle tensioni represse sul set di The Other Side Of The Wind -il rapporto fatto di alti e bassi tra Welles e il giovane regista in carriera Peter Bogdanovich-e trasforma la loro co-dipendenza nel fulcro emotivo di They'll Love Me When I'm Dead.

"Orson era convinto che nel cuore di ciascuno albergasse il tradimento", spiega Neville, "e voleva esasperare tutti al punto di portarli al tradimento in modo da dare sostanza alla sua visione del mondo. L'ironia sta nel fatto che Peter non provava altro che affetto per Orson, nutriva per lui incredibili dosi di pazienza e amore, che Orson faceva di tutto per demolire."

They'll Love Me When I'm Dead descrive il loro rapporto a un livello che non era mai stato colto in un film,tratteggiando ogni aspetto: dalla difesa critica di Welles da parte di Bogdanovich alla meschinità passivo-aggressiva di un regista in declino in affannosa ricerca di un aiuto.

"Alla base di tutto c'era un sentimento di gelosia che Orson provava per chiunque", aggiunge Neville. "Era sempre Orson a punzecchiare Peter, ma Peter rifiutava di arrendersi con lui – un'amicizia straordinariamente complessa."

FINGI FINCHÉ NON CI RIESCI: MONTAGGIO E MUSICHE

Portare sullo schermo gli ultimi 15 anni di vita di Orson Welles concede molti piaceri imprevisti, fra i quali comporre un ritratto della nebulosa Los Angeles dei primi anni '70 (quando le regole di Hollywood cambiavano quotidianamente), così pure delle telluriche influenze culturali della musica rock, punk e post-punk. Concepito e immaginato intensamente da Neville, losangelino da una vita, They'll Love Me When I'm Dead è una capsula del tempo di quell'epoca, una calamita per gli amanti di seminascoste storie hollywoodiane sul crepuscolo dello studio system.

Uno degli elementi fondamentali da considerare era anche come montare il materiale in una struttura narrativa propulsiva. Fortunatamente, Welles stesso aveva lasciato dietro di sé un indizio chiave.

"Nella cerchia dei montatori, F come falso è considerato il diamante nero dei montaggi più riusciti", afferma il co-montatore Wickenden riferendosi al brillante documentario del 1974 di Welles sulla contraffazione artistica, su Howard Hughes e sull'eterno fascino della magia (e della menzogna). Prodotto nello stesso periodo di THE OTHER SIDE OF THE WIND, F come falso è notevole per il suo ritmo sfuggente e duttile, simile al Free Jazz: fermo immagine, micro-tagli, acute rivisitazioni delle inquadrature, e un uso scaltro del suono e delle immagini.

"È  estremamente  radicale",  conviene  Zeldes,  co-montatore  di  Wickenden.  "Credo  che  i montatori lo considerino il migliore film di Orson, perché è una illustrazione del montaggio. Vengono usati davvero tutti i trucchi da manuale e in modo vincente. È un documentario eccezionalmente  all'avanguardia,  avanti  di  decenni  rispetto  al  suo  tempo.  Credo  di  aver guardato F come falso sei o otto volte ormai, e ogni volta ci ritorno sopra, non mi capacito che Welles abbia lavorato su pellicola quando lo ha girato.Abbiamo cercato di emularlo con l'Avid e i sistemi di montaggio digitale ed è stato davvero difficile. Pensare che lui sia riuscito a montarlo su pellicola è davvero sbalorditivo".

"In sostanza, questo film è il mio omaggio a F come falso", ammette Neville, "che è uno dei miei documentari preferiti in assoluto. È un film che, appena finisci di guardarlo, hai più o meno bisogno di rivederlo immediatamente. Se lo riguardi, ti rendi conto di quanto proceda velocemente. L'idea è di condensare due film nella durata di uno solo. Ha un'economia grandiosa, anche solo la giocosità e il trucco di prestigio alla fine. E noi volevamo davvero capire qual era la nostra magia".

Per Neville e la sua squadra di montaggio, F come falso ha rappresentato una guida spirituale e l'autorizzazione ad essere creativi –tanto che le loro prime versioni del documentario erano troppo vivaci e astratte.

"I nostri primi montaggi del film erano troppo veloci!", ricorda Zeldes. "È stato divertente lavorare in quello stile, ma ti spinge un po' a fare pazzie con qualsiasi cosa. Alla fine abbiamo inserito alcuni "moderatori di velocità" lungo il percorso, in modo da dare agli spettatori qualcosa in più a cui aggrapparsi durante il viaggio."

"Siamo stati incoraggiati da Morgan a giocare ed esplorare il più possibile", rammenta Wickenden. Ha persino un aneddoto che getta una nuova luce su Quarto potere o quanto meno sul titolo:

"Una delle storie che mi sono rimaste impresse è che Orson lavorava con molti giovani montatori. Una volta un montatore alle prime armi stava tagliando e Orson era seduto dietro di lui. Orson suggerì una modifica e il montatore disse 'Oh, non funzionerà mai'. E Orson lo colpì col suo bastone! E disse 'Devi provare! Non escluderlo a priori!"

Neville vi ha mai colpiti con un bastone? Wickenden ride. "Morgan non brandisce bastoni, ma ti guarda in un certo modo quando non esplori tutte le possibilità di una scena. Se non sei convinto, ti volti verso di lui e capisci che devi spremerti un altro po'."

Neville aveva anche un'idea precisa per le musiche di They'll Love Me When I'm Dead: non gli standard pop che uno potrebbe inizialmente identificare con un classicista come Orson Welles, ma ciascun brano con un'energia perfettamente intonata, dalla rampante "Heart of the Sunrise" degli Yes e la spettrale "Cheree" dei Suicide all'immortale lamento dei Buzzcocks del
1978 "Why Can't I Touch It?"

"In realtà è molto in tema," dice Neville riguardo al malinconico testo di Pete Shelley per la canzone dei Buzzcock, che esprime l'intenso desiderio di sentire, gustare e ascoltare, puntualmente frustrato. "Volevo cogliere tutto questo, la voglia di lasciarsi andare e di divertirsi. Il romanticismo di Welles deriva dalla sensazione che fosse qualcuno che aveva semplicemente voglia di fare cose grandiose e commoventi, a volte anche solo per la gioia della creazione. C'è qualcosa di molto bello in questo."

In aggiunta agli elementi post-punk e progressive-rock, il documentario contiene una colonna sonora originale di Daniel Wohl, declinata in una gamma acustica di strumenti d'orchestra e di elettronica primitiva. È un'altra tonalità di colore in un ritratto sonoro complesso tanto quanto lo stesso Welles.

PERCHÉ "The Other Side Of The Wind" È IMPORTANTE: STORIE DAL SET E OLTRE

Per quanto divertente sia They'll Love Me When I'm Dead, carico degli ammiccamenti eversivi di Cumming e di una massiccia dose di ingegno tecnico, il suo valore più profondo è il ridimensionamento del mito dello stesso Welles, qui umanizzato e reso accessibile a un insolito livello, con tanto di difetti e tutto il resto. Non sapremo mai se The Other Side Of The Wind avrebbe potuto essere il film del suo ritorno, ma le interviste di Neville rivelano qualcosa di più personale: un cineasta che, al posto del denaro, offriva compagnia, attenzione e amore, a volte con parsimonia.

"Provare a comporre il puzzle che era Orson è stata la cosa più divertente", dichiara la produttrice Matteson. "Esistono tante sfaccettature di lui."

"Lui è il sole e tutto il resto è il suo sistema", commenta l'autore Karp, proponendo una metafora (e scusandosi in anticipo). "Tutto ruota intorno a lui. Ogni cosa è illuminata da lui. Tutte queste vite esistono solo in relazione con Orson. Il suo lavoro era un'immagine speculare della sua vita e la sua vita lo era del suo lavoro. E in questa storia ogni cosa converge su se stessa."

Il co-produttore Filip Jan Rymsza, uno dei principali promotori della ricostruzione di The Other Side of the Wind, ritiene che They'll Love Me When I'm Dead sia essenziale per comprendere l'importanza degli ultimi anni di Welles, in cui lui, seppur faticando con guai finanziari, provò ad andare avanti.

"Era in piena attività, stava facendo un lavoro incredibile," dice Rymsza. "Il racconto di Morgan è essenziale per situare quel capitolo. In mancanza del contesto, non penso si possa apprezzare sino in fondo The Other Side Of The Wind."

Fra le scelte vincenti di Neville, ci sono le interviste alle numerose persone che avevano lavorato al film di Welles, incluso Frank Marshall, futuro produttore de I Predatori dell'Arca Perduta, all'epoca solo un ragazzo magro che sperava di acquisire un po' di esperienza sul set al cospetto del maestro.

"Orson era un tale perfezionista, mi insegnò a non arrendermi mai", ricorda Marshall. "Aveva una mente molto creativa, specialmente per quanto riguarda la strutturazione del film, non avevo mai visto nulla del genere prima. È stata un'esperienza di apprendimento continuo."

Ha importanza che Welles non sia mai riuscito a completare The Other Side Of The Wind? Marshall ha dei dubbi.

"Paradossalmente, ripensandoci a posteriori, faceva tutto parte del gioco che amava fare", sostiene Marshall. "Almeno questo è quello che penso ora. So che ci sono persone che non saranno d'accordo con me, ma io sono convinto che lui fosse al culmine della felicità durante la lavorazione del film, e non necessariamente nel momento della sua uscita."

Peter Bogdanovich, amico intimo di Welles per molti anni, co-protagonista di The Other Side Of The Wind, nonché uno dei soggetti di Neville, ha convinzioni diverse. Ricorda un regista tormentato a causa di fattori esterni al di là del suo controllo.

"Era sempre a corto di soldi",ricorda sospirando Bogdanovich. "dunque capitava di dover interrompere le riprese e ricominciare a girare più avanti. Ma ovviamente lui voleva finire. Orson era un regista straordinario perché sul set creava un'atmosfera difficile da descrivere. Ti faceva sentire così libero da non aver paura di commettere errori, perché non esistevano gli errori. Magari ti chiedeva di fare un ciak in modo diverso, ma non diceva 'No, così non mi piace'. Era molto aperto eppure otteneva sempre quello che voleva. Forse era un po' brusco con la troupe, ma sempre molto gentile con gli attori!"

È importante conoscere la vera risposta? Guardare They'll Love Me When I'm Dead significa capire che la storia di Orson Welles ha fascino da vendere, anche se rimane irrisolta.

"Credo che il nostro obiettivo sia quello di far riflettere gli spettatori su queste questioni in modo autonomo e, ci auguriamo, di risvegliare l'interesse nei confronti delle sue opere", afferma Matteson. "Speriamo che il nostro film vi faccia venire voglia di formularvi una vostra idea, di partire per il vostro personale viaggio con Orson".

"È uno di quei misteri che è difficile da risolvere", concorda Neville. "Sembra che ci fossero molte opportunità quando lui disponeva di denaro e risorse e che avrebbe potuto terminare le cose."

Ciò nonostante, il regista vede qualcosa di più profondo in They'll Love Me When I'm Dead , di più complesso rispetto alla mera risoluzione di un mistero.

"La gente usa con facilità parole come anticonformista, ma Welles era estremamente fedele alla propria visione", suggerisce. "Ci ricorda che anche noi possiamo esserlo. Non dobbiamo per forza accettare le regole del gioco dello studio system o svenderci. Anche a costo di prendere i nostri cellulari e di girare un film a casa nostra: ne vale la pena se è per tutelare le nostre idee. Descrivendo Orson qualcuno ha detto che è stato un professionista che poi è diventato un dilettante,  e  lo  intendeva  come  complimento.  Per  certi  versi,  Welles  è  il  cineasta  più indipendente che sia mai esistito."

Aggiunge, con un tocco wellesiano, "Forse il nostro film è The Other Side Of The Wind, forse lo abbiamo fatto noi. Guardatelo. Forse se Orson fosse qui quel film sarebbe stato un documentario. Chi può dirlo?"

Musiche
"Heart of the Sunrise" Eseguito dagli Yes
Per gentile concessione di Atlantic Recording Corp.
In accordo con Warner Music Group Film & TV Licensing

"Cheree"
Scritto da Alan Vega & Martin Reverby
Eseguito da Suicide
Pubblicato da Revega Publishing Co. (ASCAP) & WB Music Corp. (ASCAP)
Per gentile concessione di Mute Records Ltd.
In accordo con BMG Rights Management (US) LLC

"Le nozze di Figaro, K. 492: Overture" Scritto da Wolfgang Amadeus Mozart
Eseguito da Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio e Televisione di Mosca, Klaus-Peter
Hahn
Per gentile concessione di Naxos of America

"Nona Sinfonia di Beethoven (Scherzo)" Scritta da Ludwig Von Beethoven Eseguito da Jeremy Siepmann
Per gentile concessione di Naxos of America"

"Awards Night"
Scritto da Danny Baker & Danny Pelfrey
Eseguito da Studio Musicians
Per gentile concessione di Killer Tracks

"Why Can't I Touch It"
Scritto da Steve Diggle, John Maher, Stephen Garvey e Peter Shelley
Pubblicato da Notting Hill Music (UK) Limited [ASCAP] Admin by Kobalt Songs Music Publishing
Pubblicato da BMG Platinum Songs (BMI)
Tutti i diritti amministrati da BMG Rights Management (US) LLC
© Universal Music – MGB Songs per conto di Complete Music Ltd. Per gentile concessione di Domino Recording Company

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:
They’ll Love Me When I’m Dead disponibile in Digitale da venerdì 2 Novembre 2018
info: 02/11/2018 (Netflix).


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