Locandina Un momento di follia

Un momento di follia (2015)

Un moment d'égarement
Locandina Un momento di follia
Un momento di follia (Un moment d'égarement) è un film del 2015 prodotto in Francia, di genere Commedia diretto da Jean-François Richet. Il film dura circa 105 minuti. remake di Un moment d'égarement di Claude Berri del 1977 Il cast include Vincent Cassel, François Cluzet, Lola Le Lann, Alice Isaaz, Noémie Merlant, Philippe Nahon. In Italia, esce al cinema giovedì 24 Marzo 2016 distribuito da Camimovie. Al Box Office italiano ha incassato circa 220678 euro.

Entrambi separati ed alle prese con una precaria e confusa vita sentimentale, Antoine (François Cluzet) e Laurent (Vincent Cassel) sono amici da sempre. Un legame forte e duraturo che porta le loro rispettive figlie a diventare inseparabili. Louna (Lola Le Lann) e Marie (Alice Isaaz), infatti, sono molto unite e non vedono l'ora di passare l'estate insieme. Ma sulle splendide coste della Corsica, Louna, che non ha ancora compiuto diciott'anni, inizia ad attaccarsi sempre di più al padre della sua amica – complice il temperamento giovanile e scherzoso di Laurent che smorza il rigore di Antoine, sempre piuttosto rigido con le due ragazze. Durante un'escursione pomeridiana, Louna comincia a lanciare sguardi e segnali ambigui a Laurent che, imbarazzato, finge di non capire. Ma gli atteggiamenti provocanti della ragazza si fanno sempre più espliciti fino a che una sera, mentre il padre tenta di flirtare con una giovane amante e la sua amica si sta scatenando sulla pista da ballo, Louna non perde tempo per tentare di sedurre Laurent. Sabotato il goffo approccio dell'uomo con un'altra donna, Louna riesce a convincerlo ad allontanarsi da soli con una serie di scuse. I due si ritrovano, così, da soli in spiaggia ed il tenero e folle entusiasmo della ragazza riesce a convincere Laurent a farsi un bagno di mezzanotte. È l'occasione perfetta per Louna per buttarsi fra le braccia dell'uomo di cui crede di essere innamorata. Laurent mantiene i nervi saldi e restio alle avance della ragazza che potrebbe essere sua figlia, alla fine cede alla tentazione. Ma se per lui è stato solo un attimo di follia, da quel momento in poi i continui flirt di Louna si fanno sempre più insistenti, tanto che Marie capisce immediatamente cosa è accaduto fra i due. Spaesato e scosso, Laurent non sa come recuperare il rapporto con la figlia che non prende affatto bene l'assurda avventura dei due. Nonostante la delusione e la rabbia, Marie non fa parola dell'accaduto con Antoine che, irritato, non capisce il perché della continua ostilità della ragazza – tanto che invita l'amico ad essere più severo con la figlia. Laurent, all'ennesimo approccio, quando Louna arriva ad infilarsi di nascosto nel suo letto, la rifiuta in malo modo confessandole che per lui non è stato altro che un attimo di confusione e che fra di loro non potrà mai esserci nulla. La ragazza, allora, corre in lacrime dal padre raccontandole tutto senza però fare il nome dell'uomo per cui sta soffrendo. Antoine, impazzito all'idea che un uomo della sua età possa aver avuto un flirt con la figlia minorenne, si rivolge a Laurent pregandolo di aiutarlo a scoprire l'identità di quest'uomo misterioso. Inizia così la ricerca dei due, fino a che…

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 24 Marzo 2016
Uscita in Italia: 24/03/2016
Prima Uscita: 24/06/2015 (Francia)
Genere: Commedia
Nazione: Francia - 2015
Durata: 105 minuti
Formato: Colore
Distribuzione: Camimovie
Box Office: Italia: 220.678 euro
Soggetto:
remake di Un moment d'égarement di Claude Berri del 1977

Immagini

[Schermo Intero]

IL BOX OFFICE IN FRANCIA

Un momento di follia uscito in Francia il 24 giugno 2015 ha immediatamente conquistato il box office francese e, alla fine del mese di luglio, era il primo film francese al box office internazionale. Alla fine della stagione estiva francese, il lungometraggio di Jean-François Richet aveva raggiunto le 870.000 presenze, equivalenti a circa 5.5 milioni di euro di incasso. La CAMiMOVIE che, in partnership con Medusa ha distribuito come primo film French Connection (uscito il 26 marzo 2015), è una nuova società del Gruppo Abate (Industrie Abate Holding). Dopo l'ingresso nel mondo televisivo, avvenuto nel gennaio 2014 con la nascita dell'emittente a carattere regionale (Campania) Piuenne, entra anche nel mondo del cinema con una nuova società che va ad ampliare ed arricchire le numerose e solide realtà del Gruppo. La CAMiMOVIE, infatti, si occupa di produzione e di distribuzione cinematografica. Il secondo film distribuito è stato un sequel attesissimo, uno degli horror più apprezzati ed elogiati dalla critica, Wolf Creek 2 – La preda sei tu, che è arrivato nelle sale italiane il 10 giugno 2015. Nel 2005 l'australiano Greg Mclean ha diretto Wolf Creek, presentato al Sundance Film Festival, che è diventato subito un film cult, passando in diverse manifestazioni cinematografiche e vincendo innumerevoli premi. Il seguito, sempre diretto da Mclean, per alcuni critici è perfino migliore dell'originale. Il terzo film è stato Fuck You, Prof! (Fack ju Göhte) di Bora Dagtekin, una divertentissima e scorretta commedia ambientata in un liceo made in Germany arrivato nelle sale italiane il quindici ottobre 2015. E se qualcuno pensava che i tedeschi non avessero il senso dell'umorismo si è dovuto ricredere con questa commedia che ha ottenuto un enorme successo di pubblico in Germania: sei milioni di biglietti dalla sua uscita, guadagnando più di 60 milioni di euro al box office tedesco. Ed è andato molto bene, soprattutto fra i giovanissimi, anche in Italia. Primo film distribuito da CAMiMOVIE nel 2016: Un momento di follia (Un moment d'égarement) diretto da Jean-François Richet con Vincent Cassel e François Cluzet, remake del film di Claude Berri del 1977. Una commedia uscita in Francia a giugno del 2015 che ha conquistato immediatamente il podio al box office nel primo weekend, suscitando un grande dibattito sulla stampa. In uscita nei cinema italiani dal 24 marzo. Prossimamente arriverà nelle sale italiane Fuck You, Prof! 2 sempre diretto da Bora Dagtekin e con la super-collaudata coppia formata da Elyas M'Barek e Karoline Herfurth.

INTERVISTA CON JEAN-FRANÇOIS RICHET

Guardando la sua filmografia, potremmo dire che Un momento di follia rappresenti una sorta di discontinuità rispetto allo stile dei suoi film precedenti, pensiamo a Nemico pubblico o a Ma 6-T va crack-er. Qual era la sua idea iniziale?
Tutti noi abbiamo svariate sfaccettature e io non riuscivo ad immaginarmi a rifare cose che ho già fatto. Sono stato io a chiedere di rifare questa nuova versione del film. Thomas mi aveva chiamato per il remake del film La Spiata, ma la cosa non mi interessava. Un momento di follia sì. Mi piace confrontarmi con i generi; mi sono cimentato con i film noir per Nemico pubblico e, con Un momento di follia, volevo mettermi alla prova con la commedia drammatica. Di solito questo genere è un po' un grande contenitore, non del tutto commedia, non del tutto dramma. Ho cercato di fare una vera commedia drammatica. Per rispondere alla domanda, Nemico pubblico è una parte di me, ma non la sola, e anche Un momento di follia lo è. Ho un sacco di idee per il cinema: film per bambini e cose più forti. Non mi voglio rinchiudere in un genere specifico.

Cosa voleva conservare e cosa cambiare del film di Claude Berri?
Solo l'idea iniziale. Un uomo di 45 anni va a letto con la figlia del suo migliore amico. Ma, a parte questo e qualche citazione nella sceneggiatura, il resto è completamente rivisto. Il film di Berri parlava perfettamente del suo tempo: gli anni Settanta. Con Lisa Azuelos, la co- sceneggiatrice, sapevamo di dover parlare dei nostri tempi. I personaggi non sono gli stessi, quindi neanche le reazioni. Nel film di Berri, Marielle ed Agnès Soral vanno a letto insieme più volte. Nel nostro film solo una volta: è "un momento di follia".

Thomas Langmann ha prodotto il film. Il fatto che sia il figlio di Claude Berri ha avuto un'influenza concreta sulla lavorazione?
Anzi, se non fosse stato il figlio di Claude Berri sarebbe stato più difficile. È come avere Janou o la figlia di Jacques Mesrine quando dirigo un film su di lui. La pressione c'è soprattutto perché non voglio deluderli, ma nello stesso tempo, se hanno fiducia in me, mi danno moltissima forza. Tra l'altro io posso lavorare solo se c'è fiducia. Thomas è così con me. E' venuto sul set una sola volta. E forse è anche per questo che è un grande produttore. Secondo me un bravo produttore è uno che ti lascia in pace quando le cose vanno bene ed è invece molto presente quando vanno male! È Thomas che trova i soldi, che si dà da fare per trovare i finanziamenti; è una fase molto impegnativa e delicata in cui si deve cercare un equilibrio economico senza compromettere l'aspetto artistico. Discutiamo sulle grandi linee, ma poi mi dà fiducia. È una persona molto rispettosa. È capitato che non capisse le mie scelte, ma poi le ha accettate proprio perché questa fiducia è nata sul set di Nemico pubblico, non nasce dal nulla, ma è fondata sull'esperienza che abbiamo fatto insieme. Non so come lavora con gli altri registi, ma per me è il metodo ideale. Nemico pubblico era un suo sogno fin da bambino. Un momento di follia è il film di suo padre… cosa chiedere di più?

Quindi lei sente la responsabilità di meritare quella fiducia?
C'è sempre una responsabilità. La più grande è la fiducia che ti dà lo spettatore acquistando un biglietto o il DVD. Penso sempre allo spettatore che va a vedere un mio film al cinema con la compagna, i figli… Ed io ho la responsabilità di dare il meglio di me ed ottenere la stessa cosa da parte di tutti: ottenere la migliore sceneggiatura, ottenere i migliori attori, luci, montaggio, ecc. È l'unico modo per rendere omaggio a Claude Berri. Poi il film è soprattutto fedele al mio modo di vedere e per mia fortuna a Thomas il film piace. Alla prima era emozionato… non dimenticherò mai quell'attimo sospeso.

Due parole sulla sua collaborazione con Lisa Azuelos per la sceneggiatura e i dialoghi.
Lisa era venuta da me quando era uscito Nemico pubblico dicendomi che il film l'aveva incantata. Anche a me era piaciuto molto LOL – Il tempo dell'amore! Quando mi è stato chiesto con chi volessi scrivere la sceneggiatura, la risposta è stata istintiva, folgorante… Lisa è veramente connessa con il mondo, molto più di me! Ha dei figli, tra cui una ragazza dell'età di Louna nel film, quindi capisce tante cose e ha accettato subito di lavorare con me. Direi che è uno degli incontri più importanti che abbia mai fatto, non solo nel lavoro, ma anche nella vita. Sul piano umano ed intellettuale è una persona che sprizza energia, una persona con cui penso di collaborare ancora, anche su argomenti apparentemente lontani dal suo universo…

Parliamo appunto dei temi di Un momento di follia, a cominciare da quello dell'amicizia.
Con Lisa, durante tutta la fase di scrittura, avevamo una frase "mantra": "nella vita si fa quel che si può!". Io non giudico i personaggi. Hanno le loro problematiche, indipendentemente dai loro difetti, fallimenti o abbagli. È come negli scacchi: ogni pedone si muove secondo la sua logica e a volte ci sono degli scontri. La vita, e quindi l'amicizia, seguono la stessa drammaturgia.

Un aspetto interessante del film è che Louna ha tanta voglia di innamorarsi, mentre Laurent, pur rifiutando quella storia, è lusingato dall'interesse dimostrato dalla ragazza, come se così si sentisse ancora vivo, attraente.
Assolutamente, conosce un nuovo eros! È l'incontro tra una forza (Louna) ed una debolezza (Laurent). È lei che domina la situazione e regge i fili, forse perché in fondo il suo desiderio d'amore è abbastanza puro. Forse tutto sarebbe finito con il ritorno a scuola, ma in quel momento preciso, durante quell'estate, quell'incontro è tutto ciò che conta per Louna e lei affronterà qualsiasi cosa pur di viverlo…

Nel 1977 quel tema veniva raramente trattato ed oltre tutto era piuttosto scandaloso. Nel 2015, come pensa che verrà accolto, anche se il film non parla solo di questo?
Onestamente non lo so. Ogni film è esposto alle critiche. È da un pezzo ormai che le leggo con un occhio solo. Credo che un argomento del genere riveli soprattutto la nostra natura. La ragazza ha quasi diciotto anni. Poi, a titolo personale, penso che il personaggio di Vincent non avrebbe dovuto… ma, ancora una volta, non lo giudico. Fa quel che può e poi non approfitta assolutamente della situazione. Ciò che ci interessava era di mostrare il processo di quel "momento di follia": la festa, la notte, l'estate, l'alcool. Nulla giustifica il suo passaggio all'atto e peraltro, alla fine del film, quando le due ragazze hanno una spiegazione, Louna dice "non è colpa sua" e Marie (la figlia di Laurent) risponde: "sì, è lui l'adulto". È vero, si possono perdonare tante cose a Louna, soprattutto la sua incoscienza, ma è sempre una ragazzina. È lui che ha sbagliato, ma in fondo è una persona per bene, un buon padre e cerca di respingere con tutti i mezzi gli assalti di Louna. Non è mai più tentato da lei. D'accordo, è vigliacco, ma chi non lo sarebbe in quella situazione? Non deve essere facile affrontare il proprio migliore amico e dirgli che sei andato a letto con la figlia! Tutto è complesso, anche i più piccoli particolari… La morale è sempre la morale degli altri e non sta a me imporre la mia, altrimenti non faccio film drammatici rappresentando personaggi che hanno le loro logiche. Bisogna lasciare che i personaggi se la sbrighino da soli, altrimenti Otello non uccide Desdemona!

Per quanto riguarda la regia, invece, le riprese della Corsica e della casa a mano a mano che va avanti la storia, diventano sempre più soffocanti, quasi claustrofobiche.
Proprio così e questo faceva parte integrante del mio lavoro drammaturgico: come essere il più efficiente possibile. La prima volta in cui mostro la casa, infatti, faccio una ripresa molto larga, utilizzando una lunghezza focale di 14mm, con una carrellata da destra a sinistra. Poi stringo le inquadrature e le focali fino alla fine per concludere sull'ultima inquadratura con una focale lunghissima. Ma non faccio mai riprese della scenografia: fa parte della storia punto e basta. Aiuta la drammaturgia, si costruisce una cucina al posto di una camera, si aggiunge una porta e un corridoio, si trasformano i sottotetti in camere, uno sgabuzzino in stanza da bagno, così la scenografia diventa funzionale alla sceneggiatura. È stato molto difficile trovare quella casa perché lì andava girato tutto, non ci sono scene in studio, quindi ci siamo dovuti adattare. Emile Ghigo, il mio scenografo abituale, si è occupato di trasformare il luogo che era in pessimo stato prima delle riprese. Per esempio, i muri erano bianchi, quindi abbiamo dovuto ridipingerli, cambiare di posto alla cucina, ecc…

E quella scena di caccia, quando tutto si svela: sicuramente al momento di girare, la realtà era ben diversa da come l'immaginava…
Sì ed è stato Vincent a capire subito che c'era qualcosa che non funzionava nel modo in cui l'avevamo scritta. È un animale molto istintivo! Me ne parlava a cenni durante tutte le riprese, senza parere. E intanto questa cosa mi entrava nel cervello: io che dovevo lavorare sodo ogni giorno e lui che mi parlava già della fine. Qualche giorno prima di girare quella scena ci siamo incontrati con François per ricostruirla completamente. Io sapevo attraverso quali strade i personaggi dovevano arrivare al finale, ma loro si sono appropriati delle parole, loro hanno fatto tutto il lavoro di crescendo drammaturgico di quella scena. Io prendevo appunti e con Lisa abbiamo riscritto la scena in tutta fretta. Poi François e Vincent hanno espresso il desiderio di essere ripresi insieme in quella scena. Peraltro è l'unica richiesta che mi hanno fatto durante le riprese. Ne ho quindi capito immediatamente l'importanza. Essere ripresi insieme, in campo e controcampo! Questa è una cosa che detesto perché mi costringe a compromessi di lunghezza focale e inquadrature, mentre invece adoro entrare nello sguardo degli attori. Ho rivisto la mia copia, rilavorato la scena in funzione del luogo che avevo scelto, un piano rialzato rispetto all'altro, uno che non si muove e l'altro che gira a 90° ed ho visto che potevo girare con due cineprese come volevano loro filmando dentro i loro sguardi ed ero al settimo cielo! Adoro questa collaborazione con gli attori anche se ti costringe alla resa, è questa l'essenza del mio mestiere, questi momenti privilegiati con grandi attori. Credo che abbiamo fatto solo tre riprese. In futuro utilizzerò ancora questo sistema e sono stati i miei attori a suggerirmelo.

Appunto, i suoi attori, a cominciare da Vincent Cassel…
Sono molti gli attori che stimo, ma mi basta immaginare un personaggio tra i quaranta e i cinquant'anni per pensare subito a Vincent! Non so cosa dire di lui, talmente mi sembra perfetto in tutte le interpretazioni. A proposito di Nemico pubblico, mi diceva che quando non sapeva come affrontare una scena mi guardava… Forse io mi rispecchio in lui quando giro, chi lo sa… Ha una gamma interpretativa incredibile. In Nemico pubblico, al capezzale del padre in punto di morte è commovente. È difficile parlare di lui, penso che i nostri film parlino per noi…

Su cosa si basano i vostri rapporti?
Il rispetto, la fiducia, l'affetto. Sul set mi propone spesso tante cose ed io lo ascolto, ma quando non sono d'accordo e non ho tempo di spiegargli perché, tanto sono preso dalla follia delle riprese, lui non insiste mai. Capisce benissimo le sfide del set, forse anche perché è stato regista. Con lui la fiducia è concreta, non è immaginaria. Cerco sempre di dare agli attori la possibilità di provare varie cose durante le riprese. Se sono soddisfatto e, nonostante il ritardo, mi chiedono un'altra ripresa, ne avranno un'altra! Credo nel loro istinto. Peraltro ritengo che il lavoro di dirigere un attore si svolga al 50% lontano dal set! La fiducia di cui parlavo non si costruisce tra un "azione" e uno "stop".

E con François Cluzet?
È stata una grandissima sorpresa. Non per la recitazione, perché sappiamo tutti quello che può trasmettere, ma umanamente. Il suo metodo di lavoro è completamente diverso da quello di Vincent. François è molto più concentrato e il suo modo di lavorare è forse più simile al mio. François è uno Stradivari, non solo perché propone cose molto precise, ma perché quando gli chiedi qualcosa di molto specifico e tenti di fargli capire cosa vuoi – quando tu stesso non lo sai con precisione e non sai neanche se ti ha capito – la ripresa successiva è esattamente quella che volevi. Non capisco come fa! Un'intelligenza della recitazione, il senso del ritmo, della situazione, una padronanza del personaggio e dei rapporti che ha con gli altri… È appassionante guardare questi due attori lavorare insieme! In effetti se gli attori si considerano delle star e il regista pure, le cose sul set non possono funzionare. Ma quei due si considerano prima di tutto due artigiani. Cerchiamo insieme e a volte troviamo…

Quindi, tra di loro è stato facile creare l'osmosi proprio perché sono due attori dal temperamento così diverso?
La loro intesa era evidente non appena abbiamo letto la sceneggiatura. Durante la lettura – c'era anche Lisa – loro già interpretavano i personaggi davanti a noi. Quello che più mi è piaciuto è che ognuno di loro proponeva varie possibilità per migliorare il personaggio che l'altro doveva interpretare. François ha addirittura proposto di leggere la sceneggiatura interpretando il ruolo di Vincent. A quel punto ero sicuro che le cose avrebbero funzionato bene tra loro, perché né l'uno né l'altro tirava la coperta dal suo lato.

Passiamo alle sue attrici e innanzi tutto alla vera rivelazione del film: Lola Le Lann nel ruolo di Louna.
Con Gigi Akoka, la mia direttrice del casting, abbiamo dovuto vedere circa settecento ragazze prima di trovare Lola. Lola non aveva mai fatto cinema prima di Un momento di follia, neanche come comparsa! Si era semplicemente iscritta per fare la pubblicità e guadagnare un po' di soldi per l'estate. Appena l'abbiamo scelta, l'ho fatta lavorare con dei coach perché ignorava cosa fosse un segno a terra, uno sguardo in camera, fare più riprese in una situazione di emozione, ascoltare i partner… Volevo che fosse credibile ma anche fiduciosa di fronte a professionisti come Vincent Cassel e François Cluzet. Non solo doveva girare delle scene difficili, ma doveva anche dare la battuta a uno che ha fatto Gli intoccabili e all'altro che ha fatto Nemico pubblico! Io alla sua età non sarei stato in grado di farlo. Ricordo che un giorno, eravamo da Gigi per lavorare con Lola che ancora non era stata ufficialmente scelta per il ruolo, è passato Vincent. Mi ha chiesto di vederla e le ha proposto di improvvisare. Doveva rimorchiarlo, ed è stata molto convincente! Comunque ero preoccupato perché per me un attore è innanzi tutto un vettore di emozioni, cosa che molti dimenticano, ma un attore non è altro che questo, un vettore di emozioni. Un'altra cosa che ha giocato in suo favore è che ha studiato pianoforte per dieci anni, quindi ha orecchio e rigore. Il primo giorno di lavorazione ho subito iniziato con un primo piano su di lei nella scena sulla spiaggia: sapevo che aveva paura e non volevo che stesse lì a pensare troppo. Credo che Lola voglia continuare a fare questo lavoro e ha ragione perché ha una gamma recitativa molto interessante, basata sull'emozione e questa è una specificità del nostro cinema.

Alice Isaaz interpreta il ruolo importante di Marie, la figlia di Laurent…
Alice, Alice, Alice… Nel nostro ambiente tutti parlano di Alice ed è giusto così perché è un vero piacere lavorare con lei. Non avevo visto nessuno dei suoi film ma sapevo che aveva girato La crème de la crème con Kim Chapiron, un regista che amo e che trovo molto interessante. L'ho scelta prima di vedere il film di Kim, ma dopo averla scoperta lì ho capito di aver visto giusto. Oltre alle qualità artistiche, Alice è stata molto importante durante la lavorazione del film. Le ho chiesto di aiutare Lola ad integrarsi rapidamente nella troupe e di fare tandem con lei. Se il tandem non avesse funzionato, neanche il film avrebbe funzionato. Tra gli attori ci voleva collaborazione, non competizione. Alice ha fatto questo ed anche di più: faceva provare Lola offrendole la sua esperienza ed il suo rigore. Prima delle riprese, sapevo che Vincent e François mi avrebbero assorbito molta energia, Lola moltissima, e quindi pensavo che sarebbe stata dura per Alice. Allora l'ho avvertita e le ho detto di venire da me se per caso si sentiva abbandonata. Ma lei non l'ha mai fatto.

Oggi con quali occhi guarda il suo film?
Amo questo film. E' stato talmente difficile girarlo… Da un certo punto di vista più difficile di Nemico pubblico. Innanzi tutto trovo che i miei attori siano formidabili, poi si è avverato il mio sogno di rivelare una giovane attrice, sono riuscito a mettere insieme Vincent e François, scoprire il lavoro di Alice, per non parlare degli altri giovani attori. Il film mi ha anche permesso di entrare in contatto con una nuova generazione che non conoscevo. Ho quarantotto anni e quei tempi sono lontani. In fondo, Un momento di follia mi ha dato talmente tanto che ho già dimenticato l'inferno della lavorazione. Cosa resta? Un film e degli attori e solo questo conta.

Ha già in mente un altro progetto?
Sto lavorando al dittico su Lafayette che voglio fare con Vincent. Ci vuole tempo, ma spero di chiudere la scrittura alla fine dell'anno. Probabilmente prima farò un altro film, forse negli Stati Uniti. E poi entro la fine dell'anno uscirà Blood father, il film che ho girato con Mel Gibson.

INTERVISTA CON VINCENT CASSEL & FRANÇOIS CLUZET

Partiamo dal film di Claude Berri del 1977. Che ricordo ne avete come spettatori?
V. C.: Innanzi tutto il cartellone con quella ragazza che costruiva un castello di sabbia sul sesso di Marielle!
F. C.: Per me la performance di Victor Lanoux… Era l'epoca in cui lo scoprivamo veramente come attore e la sua recitazione modernissima mi aveva intrigato. L'ho rivisto di recente e non è invecchiato per niente.
V. C.: Anche la performance di Marielle mi aveva impressionato, il che vuol dire che non abbiamo sbagliato i ruoli!

Un momento di follia non è un vero e proprio remake ma una nuova proposta che parte dallo stesso spunto del film di Berri…
F.C.: Infatti è così. Con Jean-François Richet e Thomas Langmann, io e Vincent abbiamo partecipato attivamente alla costruzione del copione e dei dialoghi, facendo lunghe sedute di lettura. C'è stato tutto un lavoro preparatorio sui personaggi al quale ha contribuito Lisa Azuelos. Avevamo la sensazione di costruire qualcosa che ci apparteneva di più rispetto ad un semplice remake.
V. C.: L'epoca attuale in cui si svolge la storia è anche molto importante.
Oggi sarebbe stato impossibile trattare quell'argomento come nel 1977, un tempo in cui la libertà sessuale era vissuta come una cosa molto più tranquilla. Nel 2015 far vedere un tizio tra i quaranta e cinquant'anni che va a letto con una ragazza appena maggiorenne è, paradossalmente, meno semplice e politicamente più scorretto. Fin dall'inizio il mio grande timore era di fare un film "di uomini", ma il fatto che Lisa fosse coinvolta nel progetto mi ha rassicurato. In nessun momento della storia e del film si doveva essere offensivi nei confronti delle donne e di Lola Le Lann che interpreta il ruolo di Louna. Il mio personaggio, Laurent, non doveva mai apparire come un predatore che domina la situazione.

È anche per questo che qui il tono della commedia è più accentuato rispetto alla versione del 1977?
F. C.: Sì, e anche in questo caso l'apporto di Lisa Azuelos è stato importante. Fin dall'inizio volevo che lo stato di nervi di Antoine, il mio personaggio, diventasse estremo e anche un po' ridicolo, anche se la sua reazione è legittima perché tutta quella storia lo tormenta. Ma siamo stati subito d'accordo con l'idea di cominciare con qualcosa di leggero e divertente. E poi il tandem, direi quasi la coppia Antoine – Laurent è abbastanza toccante e la cosa mi piaceva molto.
V. C.: Eravamo anche d'accordo sul fatto che non si trattava di una storia d'amore tra Laurent e Louna, che avrebbe ricordato il film di Berri. Per me non poteva funzionare, non era credibile. Il nostro film parla soprattutto di un'amicizia tradita e quel "momento di follia" di Laurent non potrà mai trovare giustificazione agli occhi di Antoine…

E sullo sfondo quel duplice interrogativo che ci riguarda tutti: l'amicizia è dirsi tutto? E si deve dire tutto quando si è amici?
F. C.: Antoine e Laurent non solo sono amici, ma hanno anche figlie della stessa età ed è per questo che vanno in vacanza insieme. Formano una sorta di quartetto, ricreando una specie di famiglia, perché si capisce che quell'estate le rispettive mogli o madri dei loro figli non li raggiungeranno… Allora sì, sono amici da tanto tempo, condividono tante cose, ma la confessione di Laurent è un po' tardiva!
V. C.: In fondo io credo che tra amici ci si dicano più cose che in una coppia! Ma arriva un momento in cui bisogna chiedersi se raccontare tutto scompiglierà veramente le carte in tavola: ne vale la pena? Essere amico di qualcuno è anche proteggerlo, no? E poi a volte la confessione è una forma di vigliaccheria, un modo di scaricare sulle spalle dell'altro un po' del peso del proprio senso di colpa.

Durante la scena della confessione di Laurent ad Antoine durante la battuta di caccia, si ha l'impressione che lui rimanga scioccato ma si riprende subito, come se non avesse voluto vedere.
F. C.: Ma io credo veramente che Antoine non vede niente e questo esalta ancora di più l'aspetto comico del personaggio! Non vede Laurent e Louna fare il bagno insieme, fare dei sottintesi sulla loro situazione: quel tizio vive in un suo mondo, occupato a braccare i cinghiali, a leggere il manuale di giardinaggio, a lasciarsi tentare da una venditrice di crêpes, mentre la moglie se n'è andata in vacanza per conto suo con le amiche! Quando capisce ciò che ha fatto Laurent, è veramente dura. Avrebbe potuto avere dei sospetti prima, forse sì, ma io credo che veramente non si sia accorto di nulla…
V. C.: Sì, semplicemente perché ha fiducia nell'altro e non ha dubbi sul comportamento dell'amico…
F. C.: Nel film c'è un'altra scena abbastanza buffa, quando mi congratulo con Vincent per la sua onestà, perché è un uomo franco e tutto d'un pezzo!
V. C.: E poi c'è un'altra cosa: io ho due figlie (e anche François) e so per esperienza che non ci appartengono e che a un certo punto faranno esattamente ciò che vorranno! Quindi se, come nel film, questo significa che andranno a letto con il nostro migliore amico, nessuno glielo potrà impedire… Anni fa il concetto patriarca del pater familias era più evidente e radicato, ma ora è andato perso e credo che il nostro film sia al passo con i tempi. Quando Jean-François fa vedere le due ragazze immerse nei telefonini, con le cuffiette, è fedele a ciò che tantissimi padri vivono quotidianamente.
F. C.: È anche divertente perché abbiamo parlato con Lola ed Alice Isaaz della possibilità o della tentazione di voler sedurre un uomo più maturo. È una fantasia, certo, perché le ragazze di diciott'anni sono più mature dei loro coetanei maschi. Ma è vero anche il contrario, ammettiamolo: anche noi a diciott'anni sognavamo spesso di incontrare una donna più esperta!

Parliamo appunto delle vostre due giovani partner, Lola Le Lann e Alice Isaaz. La loro performance è strabiliante, oltretutto in ruoli piuttosto difficili.
V. C.: Sì e poi sono registri abbastanza diversi. Lola, che interpreta Louna, non aveva mai fatto cinema. Si è quindi ritrovata con un ruolo piuttosto complesso, senza poter contare sull'esperienza, su un vissuto d'attrice. Trovo che se l'è cavata più che bene riuscendo ad incarnare quell'oggetto desiderabile e tentatore… Alice è quasi un'attrice esperta, per scherzare le dicevo spesso "ma tu sei Jacqueline Maillan, ci sarai ancora tra cinquant'anni!"
F. C.: Si dà il caso che conoscessi molto bene il padre di Lola, un famoso trombettista jazz, che tra l'altro abbiamo visto in Round Midnight di Tavernier. Ero felicissimo che l'avessero scelta perché ha portato una ventata di freschezza, senza nessun "mestiere", nessun know-how, nessuna padronanza. Recitare davanti a quel candore, a quella verità, è stato un vero piacere. Invece Alice ha evidentemente più esperienza e quindi si mette su un altro piano: quello di un collega che sa quello che si deve dare alla cinepresa in quel determinato momento e come deve mettersi in valore quando serve.

Torniamo al posto delle donne in Un momento di follia, sia delle due ragazze che delle compagne assenti dei personaggi: sono loro che vedono, capiscono e dirigono le cose.
F. C.: Marie e Louna prendono il posto delle nostre donne e formano una specie di doppia coppia con Antoine e Laurent. Evidentemente hanno voglia di andare alle feste, di uscire e non necessariamente di passare troppo tempo con i padri. Il mio personaggio è in conflitto permanente con la figlia, sente che la perderà, ha la sensazione che gli sfugga di mano. Si comporta un po' come un macho con la sua donna che nel film conosciamo solo al telefono: è scortese con lei, ma nello stesso tempo confida a Laurent di aver paura di perderla.
V. C.: Quanto a me, ho cercato di fare il padre moderno: non vuole problemi, vuole essere vicino alle ragazze con il rischio di essere un po' troppo vicino alla figlia del suo migliore amico.

Ad un certo punto del film, Marie dice a Laurent, suo padre: «sei patetico». Vincent, come vede il suo personaggio e lei, François, come vede il suo? Li giudicate?
V. C.: Quando ho accettato il ruolo, l'unico modo per cercare di salvarlo era accettarne la vigliaccheria. Laurent è un debole, depresso, non sa come uscire dalla situazione in cui si è cacciato e non si assume la responsabilità di quello che ha fatto. Tutta la storia del personaggio è qui: ha in mano una patata bollente e diventa vittima del disastro che lui stesso ha creato. Aveva la possibilità di scegliere e avrebbe dovuto fare il bravo e non cedere a quel "momento di follia".
F. C.: Non riesco a trovare Antoine simpatico, anche se, come tutti gli attori, ho voglia di difendere il personaggio. Se dovessi giudicarlo, insisterei sul suo lato ridicolo ed è per questo che volevo farlo andare verso la commedia. Come tutte le persone egoiste, il suo stato di costante sovreccitazione lo nutre e rende tutto fenomenale. Ciò che lo salva è che partecipa a quel clima d'amore familiare che regna tra i quattro all'inizio del film. La prima inquadratura del film, in macchina, fa vedere perfettamente quell'apparente armonia.

Due parole anche sui luoghi in cui si svolge l'azione, all'inizio in quella ariosa campagna della Corsica che piano piano si stringe in quella residenza di famiglia…
V. C.: Mi piace la scelta per l'inizio del film: non sono le vacanze dei ricchi che hanno tutto e si ritrovano in un luogo di sogno, ma le vacanze di due amici e delle rispettive figlie in una casa di famiglia…
F. C.: Sì, la catapecchia del padre di Antoine, ammuffita, sporca, dove da anni non si fanno lavori. Si vede bene che quella gente non nuota nell'oro. E questo non piace affatto alle due ragazze perché non c'è internet e c'è poco campo per i telefonini! Quello che diceva è vero: anche se siamo in Corsica e le spiagge sono a due passi, la storia li porterà a rinchiudersi in quella casa, un po' come in una roccaforte sperduta nella campagna.
V. C.: E poi c'è la storia dell'identità. Antoine è Corso, suo padre (con il quale non andava d'accordo) è sepolto lì e ogni volta che torna sull'isola riprende l'accento locale. È come una pressione che gli piomba addosso, non siamo in Un tranquillo weekend di paura, ma aleggia una sensazione di pericolo.

Come definirebbe la collaborazione con Jean-François Richet, lei, François, che non lo conosceva come regista?
F. C.: Il fatto che Vincent avesse già lavorato con Jean-François mi ha aperto una porta sulla loro complicità ed è stato facile entrare in quella piccola squadra formata dai due. È un regista che ci ha subito dato fiducia, forse perché in precedenza avevamo lavorato molto sul copione.

Vincent, dopo Nemico pubblico, per lei è stato solo un ritrovarsi.
V. C.: Sì, un film in due parti che comunque ci è costato un anno di vita e in quel periodo non ho mai litigato con lui! Questa per me è una vera dimostrazione di complementarietà. Su alcune cose Jean-François ha delle idee molto antiquate perché è soprattutto un grande tecnico, con molti riferimenti cinematografici. Ma, a parte questo, è abbastanza aperto alle proposte, soprattutto sui dialoghi. Per lui la fiducia è un elemento essenziale e se si fa parte della sua troupe è perché lui ti ha scelto, allora è tutto semplice.

Il registro della commedia che percorre il film è molto confacente ad entrambi. Lei, Vincent, non aveva mai fatto cose del genere.
V. C.: Beh, le dirò una cosa terribile, io invece ho l'impressione di avere regolarmente affrontato quel genere, anche ad esempio in film come L'odio. Sono un grande fan del cinema italiano degli anni Sessanta dove c'è tutto: il dramma, il sociale, la verità. La commedia non è solo fare di tutto per essere divertenti, è anche portare i personaggi in situazioni che si prestano al sorriso. Per tornare a L'odio, è una commedia italiana fino al momento in cui mi becco una pallottola in testa! Sono andato a vedere il film al cinema e la gente rideva. Uguale per Nemico pubblico: ci sono momenti di tensione, ma anche momenti buffi. Quando ho girato Sheitan con Kim Chapiron nel 2005 per me era pura commedia, mentre la maggior parte del pubblico e dei critici l'hanno preso per un film horror! Ciò dimostra semplicemente che ognuno è ricettivo ad un tipo di umorismo particolare.
F. C.: Io dico sempre che la commedia è un dramma che non ha funzionato. Si ride per il modo in cui la gravità di una situazione rende ridicoli. Per un attore si tratta solo di mettere da parte il proprio ego e accettare questo principio. È la grande lezione di Louis de Funès che si innervosisce e diventa ridicolo. Mi piace molto quest'idea, è molto liberatrice. Quando si recita con quel registro, non c'è spazio per atteggiamenti narcisistici. E devo dire che con Vincent ci siamo trovati bene in Un momento di follia perché i nostri personaggi in certi momenti sono ridicoli. Lui con i suoi sensi di colpa e io con il mio stato di nervi.

Per concludere, torniamo a Claude Berri, al quale proprio all'inizio del film viene dedicato un omaggio. Thomas Langmann ha prodotto questa nuova versione. L'ombra del padre vi ha in qualche modo accompagnato durante la lavorazione?
V. C.: Thomas è venuto poche volte sul set, ma era molto presente. Si può pensare di lui ciò che si vuole, ma una cosa è certa: quando ha un'idea è impossibile togliergliela dalla testa, che venga o non venga sul set! Pensava a questo film da tanto tempo. È un progetto nel quale anche io credevo, un progetto che ha cambiato forma, ma non l'ho mai abbandonato. Sono stato felicissimo quando Jean-François e François si sono uniti all'avventura. Per me, Thomas è un produttore all'antica, un uomo che quando decide di lanciarsi non molla, anche se strada facendo scoppia una tempesta! Lo amo molto e non dimentico che mi ha fatto fare questo film dopo avermi fatto fare Nemico pubblico.
F. C.: Thomas mi aveva parlato di questo progetto tempo fa. Quando mi è stato proposto il film, sapevo quanto gli stesse a cuore. Evidentemente potrebbe lanciarsi in tante nuove versioni dei film del padre, ma credo che questa fosse particolarmente importante per lui. Come dice Vincent, è un ragazzo tenace che si attrezza per fare le cose il meglio possibile. Anche se lo conosco bene, lo ritengo un uomo sicuramente complesso ma anche molto tenero, capace di grandi simpatie e di affetto. Thomas Langmann è una persona importante e sono stato felice di lavorare con lui.

INTERVISTA CON LISA AZUELOS

A priori, il suo universo d'autore e quello di Jean-François Richet non hanno molto in comune e tuttavia la vostra collaborazione per la sceneggiatura di Un momento di follia è assolutamente perfetta.
È stato Jean-François ad avere l'idea di incontrarci. Gli argomenti del film mi interessano molto, soprattutto l'adolescenza che è un po' il mio tema prediletto. Poi c'era anche quello sguardo su due uomini in vacanza che creava una specie di miscela tra L.O.L. e 15 agosto. Mi piace parlare di queste cose, di questi padri moderni che si occupano così bene dei figli. E poi adoro il lavoro di Jean-François e noi due siamo andati subito d'accordo. So che qualcuno si sorprenderà, ma per noi quell'intesa era assolutamente naturale.

La cosa interessante è che rispetto all'atmosfera più sobria del film di Claude Berri del 1977, lei ha dato quel tocco di leggerezza che fa di Un momento di follia un'autentica commedia drammatica.
È ciò che volevamo tutti, anche Thomas Langmann, fin dall'inizio. Io non ho la sensazione di fare commedie comiche, drammatiche o romantiche: mi piace la commedia umana. Lo sa che ai funerali si può ridere moltissimo e ai matrimoni si piange in modo irrefrenabile? È impossibile definire in anticipo l'emozione di una situazione, dipende da ciò che accade ad un certo punto.

Qual era la sua preoccupazione principale nello scrivere una nuova versione di quella storia?
Io applico sempre le stesse regole: non giudico mai i personaggi, ma cerco di capirli. In questo caso mi interessava il fatto che Laurent (Vincent Cassel) commettesse un'azione incomprensibile che andava comunque giustificata. Era appassionante cercare quella spiegazione.

Una volta stabilito il casting, il fatto di sapere che quei ruoli sarebbero stati interpretati da Vincent Cassel, François Cluzet, Lola Le Lann, Alice Isaaz e gli altri ha influenzato la sua scrittura?
Assolutamente sì, è come la differenza tra un prêt-à-porter e un abito su misura! Avevo appena girato Un incontro con François, e Vincent aveva lavorato nel mio film Ainsi soient-elles nel 1995. Sono due energie che conosco bene ed è per questo che mi sono completamente adeguata a loro. Sapevo fin dove potevano arrivare. In questo genere di film si può fare la più bella sceneggiatura del mondo, ma se il casting non è perfetto non serve a nulla. In questo caso abbiamo avuto la grandissima fortuna di avere attori, uomini e donne, che hanno interpretato magnificamente la nostra storia. E così abbiamo potuto trasporre lo spirito degli anni Settanta nel 2015.

E questo lavoro d'autore continua durante la lavorazione?
Ogni tanto andavo sul set. Jean-François è un grande regista e quindi lo facevo per puro piacere. Ma se mi veniva un'idea al volo la comunicavo a Jean-François e lui era spesso d'accordo. Mi piace l'idea che gli attori si appropriassero di una sceneggiatura e alla fine è giusto che sia così: sono quelli che dicono le cose che sanno come dirle meglio.

Qual è stata la sua reazione di spettatrice e di co-sceneggiatrice la prima volta che ha visto il film?
Sono molto orgogliosa perché ho la sensazione che abbiamo fatto un buon lavoro. Si tratta non solo di una nuova versione del film di Claude Berri, ma anche di un'opera originale e di un film contemporaneo. Secondo me la storia riflette i nostri tempi e questo per me è sempre molto importante. Non credo proprio che abbiamo sbagliato a parlare di adolescenti o dei loro padri in quella situazione precisa. Il film porta bene il proprio titolo: è "un momento di follia" e bisogna conviverci.

Jean-François Richet definisce il vostro incontro uno dei più importanti della sua vita personale e professionale. Anche lei ha voglia di continuare questa collaborazione?
Assolutamente. Jean-François è una persona con cui le cose si concretizzano e procedono rapidamente. Non è solo un'impressione: siamo sulla stessa lunghezza d'onda.

INTERVISTA CON THOMAS LANGMANN

Tra tutti i film diretti da suo padre Claude Berri, perché ha scelto di produrre una nuova versione di Un momento di follia?
Un momento di follia è uscito quasi quarant'anni fa. Per me era l'unico film con un soggetto veramente universale e che si prestava ad una versione più contemporanea. Tra tutti i film di mio padre, era anche quello su cui avevo il coraggio di mettere le mani. Nel 1984 aveva accettato che Stanley Donen ne facesse un remake, peraltro piuttosto deludente, con Quel giorno a Rio. Aggiungo anche che, avendo una figlia, l'argomento mi piaceva e mi colpiva.

È interessante constatare che, nella filmografia di Claude Berri, Un momento di follia non solo è il suo maggiore successo, ma forse è anche una delle opere di cui ci si ricorda di più.
Credo che l'interpretazione di Victor Lanoux e Jean-Pierre Marielle sia stata magistrale, ma poi in questa nuova versione vedevo anche un'occasione per mettere a confronto due grandi attori. In genere questo è il principio dei cosiddetti film d'autore, ma lo si può applicare anche alle commedie popolari. Il nostro film non è né I visitatori, né La capra, ma, spero, una commedia drammatica che può colpire il pubblico.

Dopo aver deciso di produrre il film, in che modo Jean-François è stato coinvolto nel progetto?
Le cose non sono andate così. Prima ho scelto Vincent Cassel e poi ho pensato ad un regista, o meglio ad una regista perché all'inizio avevo pensato a Maïwenn, ma poi non se n'è fatto nulla. È stato Jean-François a venire da me. Gli piaceva molto il film originario e mi pare che Vincent gli avesse parlato di questa nuova versione. All'inizio non lo immaginavo in questo genere filmico perché avevo avuto modo di seguirlo con Nemico pubblico, ma la sua motivazione e le sue idee mi hanno convinto.

Perché Vincent Cassel le sembrava adatto al ruolo di Laurent?
Perché sapevo che sarebbe stato perfetto nel ruolo che era stato di Marielle. Era molto più di un'intuizione, era una certezza. Finora – e lo vedremo anche quest'autunno con il film di Maïwenn – nessuno è stato in grado di utilizzare il suo lato comico sullo schermo. Lui è bravissimo. Volevo anche mostrarlo meno eroico, più vigliacco di quanto non sia stato in alcuni film. In Un momento di follia non può nascondersi dietro la maschera della Bestia come con Christophe Gans.

Anche François Cluzet è stupefacente nel ruolo di Antoine, nevrotico, accecato…
Accanto a Vincent Cassel ci voleva assolutamente un attore del suo stampo. Anche mio padre aveva scelto un tandem forte con Marielle e Lanoux. Penso ad altri duetti come Lanvin-Giraudeau o Depardieu- Dewaere. François e Vincent, oltre ad essere due delle nostre più grandi star, non avevano mai lavorato insieme.

Due parole sulle due giovani attrici del film, Lola Le Lann e Alice Isaaz
È stato Jean-François a scoprire la magnifica Lola. Per Alice, siamo stati subito d'accordo. Confesso di essere molto soddisfatto del risultato finale con loro due, anche se all'inizio avevo un po' paura perché Lola non aveva mai fatto cinema prima di allora e bisognava che il duetto con Alice funzionasse al meglio. Ma ho dato fiducia al regista e ne sono felice.

Peraltro Jean-François Richet loda il fatto che lei lo abbia lasciato lavorare senza intervenire e sottolinea il grande rispetto reciproco che caratterizza i vostri rapporti.
Ho totale fiducia nel suo metodo di lavoro. Non sta a me dirgli come fare le cose, altrimenti il film me lo faccio da solo. Cosa oltretutto impossibile perché non avrei mai osato di fronte a mio padre. Se chiamo un regista come Jean-François è perché è bravo e a quel punto i rapporti sono chiari: il film diventa suo. Nemico pubblico è un progetto che avevo da anni e quando ho deciso di passare il testimone a Jean-François l'ho fatto con piena fiducia.

Nel 2015 è stato facile realizzare un film come Un momento di follia? Non siamo più nel 1977 e si può pensare che forse l'argomento faccia meno paura.
No, è stato un film difficile da realizzare, ma una volta trovati i finanziamenti e fissato il casting, le cose sono andate avanti speditamente. Il desiderio originario, il coinvolgimento costante di Vincent Cassel e mio, poi quello di Jean-François, sono stati i veri motori.

Come pensa che verrà accolto il film?
Evidentemente c'è un certo timore perché sappiamo che oggi la mannaia cala subito sui film senza lasciar loro il tempo di esistere. Dicono che ora "sono le date a fare i film e non il contrario". Ho deciso di dare fiducia alle sue qualità: trovo che sia un film riuscito che ha interesse a camminare.

LE MUSICHE DEL FILM
Da Charles Trenet a Rihanna

Jean-François Richet ha dato una notevole importanza alla colonna sonora di Un momento di follia. Innanzitutto scegliendo come compositore il giovane Philippe Rombi, collaboratore regolare del regista François Ozon di cui ha curato le colonne sonore di tutti i film – senza dimenticare Une Hirondelle a fait le Printemps di Christian Carion, che ritrova nel 2005 per Joyeux Noël per arrivare ad essere associato al suo maggior successo (visto il fenomeno che è stata questa pellicola) ovvero Bienvenue chez les ch'tis. Il film, diretto da Dany Boon, è uscito in Italia con il titolo Giù al Nord. "Amo molto lavorare con registi che hanno uno stile molto personale, riconoscibile. – ha affermato Rombi – François Ozon, ad esempio, cambia registro ad ogni film, ma ha l'intelligenza di capire che un bravo compositore di musiche si può adattare ad ogni situazione, quindi con lui ormai vi è un rapporto simbiotico, ci comprendiamo al volo. Quando Jean-François Richet mi ha chiamato per Un momento di follia ero felicissimo, soprattutto, perché conoscevo l'originale di Claude Berri ed è un film che ho amato moltissimo. Come faccio solitamente mi sono avvicinato anche a questo film cercando di pensare ad un'opera piuttosto che ad un film che si realizzi scena per scena. Penso all'insieme e non alle singole situazioni. So perfettamente quanto la musica possa influenzare lo spettatore e di conseguenza cerco sempre di essere il più coerente e meno enfatico possibile, è facile strappare emozioni con musiche esageratamente coinvolgenti ma non è la via più semplice per impressionare il pubblico che è tutt'altro che stupido e capisce perfettamente se una scelta è gratuita o se, al contrario, c'è sostanza e giudizio nel racconto drammatico e musicale". Oltre all'eccellente lavoro con Philippe Rombi, il regista ha scelto artisti famosi e veri e propri tormentoni estivi, a cominciare dalla splendida e coinvolgente Uptown Funk del musicista britannico Mark Ronson, realizzato con la collaborazione di Bruno Mars. Uptown Funk, il cui video è un esplicito omaggio a Michael Jackson, ha venduto nei primi sei mesi dall'uscita più di 6 milioni di copie solo negli Stati Uniti e circa 12 milioni in tutto il mondo, diventando uno dei singoli più venduti in assoluto. Altra superstar presente nella colonna sonora è Rihanna con Diamonds, una ballata pop che contiene anche elementi di musica elettronica e soul e che è diventata per la dodicesima volta la numero uno della giovane star nella Billboard Hot 100, pareggiando con Madonna e The Supremes. Non da meno è la svedese Lykke Li (nuova testimonial della campagna Gucci) con la sublime I Follow Rivers, brano utilizzato anche nella colonna sonora di La Vie d'Adèle – Chapitres 1 & 2 (La vita di Adele, Abdellatif Kechiche, 2013) film vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes. Ricercatissimo il video del brano diretto da Tarik Saleh, come di consuetudine per Lykke Li. Da segnalare anche altri brani tecno come Pursuit di Mike Lévy, in arte Gesaffelstein, che per il film ha lavorato anche insieme ad Arnoud Rebotini per il pezzo All you need is techno. Altro giovane artista, sempre francese e molto "cool", è Brodinski che ha partecipato attivamente alle musiche con Let The Beat Control Your Body. Insomma, una scelta musicale molto attuale che ben si adatta alla storia raccontata, in particolare alla due giovani protagoniste che nel film frequentano abitualmente discoteche e party sulla spiaggia. Non potevano mancare, però, la parte più tradizionale, emozionante ed intramontabile come Charles Trenet con il suo capolavoro La Mer che ci accompagna nella memorabile inquadratura d'apertura del film, ad un altro classico della musica francese ovvero Le mots bleus di Christophe.  

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