Poster Una Storia d’Amore e di Desiderio

Una Storia d'Amore e di Desiderio (2021)

Une histoire d'amour et de désir
Locandina Una Storia d'Amore e di Desiderio
Una Storia d'Amore e di Desiderio (Une histoire d'amour et de désir) è un film del 2021 prodotto in Francia, di genere Drammatico diretto da Leyla Bouzid. Il film dura circa 102 minuti. Il cast include Sami Outbali, Zbeida Belhajmor, Diong-Kéba Tacu, Aurélia Petit, Mahia Zrouki, Bellamine Abdelmalek, Mathilde La Musse, Samir Elkhaim, Khemissa Zarouel, Sofia Lesaffre. In Italia, esce al cinema venerdì 25 Marzo 2022 distribuito da Cineclub Internazionale Distribuzione.

Il racconto dell'amore e del desiderio tra due studenti di letteratura erotica araba alla Sorbona di Parigi.

Ahmed, 18 anni, francese di origine algerina, è cresciuto in una banlieue di Parigi. Nelle aule dell'università incontra Farah, giovane tunisina vitale e appassionata, che si è appena trasferita in Francia. Mentre scopre insieme a lei un corpus di letteratura araba erotica di cui non immaginava l'esistenza, Ahmed si innamora di Farah e, benché sconvolto da questo desiderio, cerca in tutti i modi di resistere.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: venerdì 25 Marzo 2022
Uscita in Italia: 25 Marzo 2022 al Cinema
Prima Uscita: 01/09/2021 (Francia)
Genere: Drammatico
Nazione: Francia - 2021
Durata: 102 minuti
Formato: Colore
Produzione: Blue Monday Productions, Arte France Cinéma (co-produzione), Centre National du Cinéma et de l'Image Animée (con il supporto di), Cinémage 14 (in associazione con), Fonds Images de la Diversité - Agence Nationale de la Cohésion des Territoires - CNC (partecipazione), Regione Normandia in partenariato con LE CNC in associazione con NORMANDIE IMAGES (con il supporto alla scrittura di), Cofinova Développement Procirep-Angoa (sviluppato con il supporto di), Groupe Ouest con il supporto di Breizh Film Fund (sceneggiatura sviluppata al)
Distribuzione: Cineclub Internazionale Distribuzione
Note:
Vendite Internazionali: Pyramide International. 

Cast e personaggi

Regia: Leyla Bouzid
Sceneggiatura: Leyla Bouzid
Musiche: Lucas Gaudin
Fotografia: Sébastien Goepfert
Scenografia: Léa Philippon
Montaggio: Lilian Corbeille
Costumi: Céline Brelaud

Cast Artistico e Ruoli:



Produttori:
Sandra De Fonseca (Produttore), Bertrand Gore (Produttore associato), Nathalie Mesuret (Produttore associato)


Suono: Nassim El Mounabbih | Montaggio suono: Antoine Baudoin | Mix: Niels Barletta | Direttore di produzione: Pierre Delaunay | Direttrice di Post Produzione: Delphine Passant | Trucco: Flore Chandès | Assistente di regia: Camille Servignat | Script: Leïla Geissler | Casting: Stéphanie Doncker | Location Manager: Maxime Mund.

Immagini

[Schermo Intero]

Intervista con la regista Leyla Bouzid

Il suo primo film, Appena apro gli occhi – Canto per la libertà, aveva come personaggio principale una giovane donna, mentre in questo film il protagonista è un ragazzo…
Volevo raccontare la storia di un giovane uomo che fatica a vivere con pienezza un sentimento d'amore. Ahmed è letteralmente sovrastato dal desiderio, ma cerca in tutti i modi di resistergli. È un ragazzo di cultura araba, perché è la cultura che conosco meglio, ed è pieno di dubbi, fragilità, difficoltà ad accettare i suoi slanci vitali. Questo in breve il ritratto di Ahmed, giovane francese di origini algerine, cresciuto in una banlieue parigina. Riservato, coltiva il suo mondo interiore. Appassionato di letteratura, sceglie di studiare lettere alla Sorbona, anche se fin dall'inizio mette in dubbio la sua legittimità in quell'università. Le domande legate alla sua identità aumentano con l'incontro con Farah che però, nonostante venga da più lontano, non si pone le sue stesse questioni. Avevo questa necessità di esplorare la vita intima di Ahmed, filmare la sua parte di mistero, e cercare di comprenderla. La sua resistenza mi sembrava risuonare particolarmente in questo territorio periferico, in cui il sentimento amoroso è spesso attraversato da non-detti. Là dove domina l'immagine di una virilità esacerbata, ho voluto dare un autentico spazio alla fragilità maschile e accordare una parte significativa alla sua sessualità.

La prima esperienza sessuale di un giovane è raramente, per non dire mai, mostrata sul grande schermo.
Vero, è poco trattata, come se non fosse un tema; è stupefacente soprattutto se rapportata alla quantità di film dedicati a questa tappa per la controparte femminile. Eppure, che si sia ragazze o ragazzi, la prima volta è un evento importante: quello di un corpo che va all'incontro di un altro corpo. Questo accadimento è ancora più importante per Ahmed, per il quale si tratta di accettare quello che prova, un misto di amore e desiderio. Sarebbe stato senza dubbio più facile per lui amare Farah in una maniera platonica, o al contrario andare a letto con lei senza provare sentimenti. Il fatto che Farah cristallizzi nello stesso tempo un sentimento amoroso e un desiderio sessuale lo confonde, e c'è bisogno di tanto tempo perché arrivi ad accettarlo.

Il film racconta anche le origini algerine di Ahmed e la differenza rispetto allaTunisia, dove è nata e cresciuta Farah
I genitori di Ahmed sono sfuggiti agli Annés Noires (guerra civile durata dal 1991 al 2002 che oppose in Algeria il governo ufficiale e vari gruppi islamisti, ndr) e non sono più rientrati in Algeria. Ahmed non conosce niente del suo paese di origine, né la lingua né la cultura. Gli immigrati algerini spesso hanno tagliato i ponti con il paese di origine…questa rottura è meno frequente per gli immigrati tunisini o marocchini, molti dei quali hanno potuto far scoprire più facilmente il loro paese di origine ai loro figli. Questa rottura può portare ad acuire le domande identitarie: Che parte dell'Algeria porta in sé? Da cosa è nutrita? Per quanto riguarda Farah, lei intrattiene un rapporto diretto alla sua cultura tunisina e più largamente con quella araba. E se va in Francia, è perché ha fatto una scelta legata al suo obiettivo di continuare gli studi universitari. Volevo dar luce alla pluralità e diversità di sfumature all'interno di coloro che compongono la "comunità maghrebina" in Francia. Farah è diversa da Ahmed, e lui anche è diverso dal suo amico Karim o da suo padre…

Capiamo verso la fine il rapporto del padre di Ahmed con l'Algeria…
Appena i genitori di Ahmed si sono rifugiati in Francia, suo padre Hakim si è chiuso in una forma di depressione e sua madre Faouzia si è presa in carico tutto, in una maniera un po' sacrificale. Ciascuno, per delle ragioni differenti, è dunque un genitore assente. Ma i corsi di letteratura araba di Ahmed e l'incontro con Farah agiscono anche come un rivelatore su chi è veramente il padre. E quando lui si apre e parla, noi spettatori scopriamo la sua vita interiore, nello stesso momento in cui è il figlio Ahmed a scoprirla. Il film accompagna questa riconquista del dialogo tra padre e figlio. La discussione finale è fondamentale nella traiettoria di Ahmed, che si autorizza infine a porre delle questioni e interrogare la sua identità. Si tratta di una tappa cruciale nel percorso di riconciliazione con la sua identità, e per poter andare fino in fondo al suo desiderio.

L'eroina del suo primo film doveva battersi contro degli ostacoli esterni: la famiglia, la società, il contesto politico tunisino. Al contrario Ahmed deve combattere le sue resistenze interiori…
Era una sfida nella fase di scrittura arrivare a raccontare questa resistenza intima, mostrare un problema non palpabile, rendere visibile un ostacolo interiore. Era importante che non ci fosse un'unica ragione alla resistenza di Ahmed, ma un insieme di parametri, di dati che lo costituiscono e che talvolta rimontano a cose antiche: il dilemma della cultura araba tra amore puro e godimento (cosa che è onnipresente in banlieue ma in modo deformato), la sublimazione dell'amore, la paura dell'ignoto, l'impossibilità di fare riferimento a qualcuno di vicino a lui con cui confrontarsi…. Si trattava dunque di tessere questo insieme di sentimenti contraddittori che attraversano e agitano Ahmed, di conoscere la complessità della sua personalità, il conflitto e il dilemma, senza semplificarli o giustificarli alla luce di una sola e unica ragione. Come nel mio primo film, si tratta di una storia di iniziazione e di emancipazione. Ma Appena apro gli occhi si basava su una costruzione narrativa in tre atti con delle rotture drammatiche, mentre qui l'emancipazione avviene per piccoli momenti progressivi, attraverso l'evoluzione del sentimento amoroso, ma anche grazie all'incontro folgorante con la letteratura erotica araba, la scrittura, la potenza delle parole.

I corsi di letteratura araba del XII secolo che segue Ahmed sono al cuore del film.
Volevo che i testi che leggono Ahmed e i suoi compagni di corso fossero parte integrante del film e volevo mettere questo giovane proveniente da una banlieue francese di fronte alla cultura araba medievale, questa eredità particolare che il padre conosce ma che non gli ha trasmesso. Questo film è certamente "una storia d'amore e di desiderio" ma anche una ricerca identitaria che Ahmed percorre per arrivare fino in fondo a sé stesso. All'inizio lui cerca di sfuggire a questo corso, ma a mano a mano accetta di lasciarsi andare e arriva, nel corso della presentazione orale al corso, a esprimere anche delle cose personali, intime. Questi testi gli danno una chiave per aprirsi, a lui stesso, al mondo e a Farah.

Abbordando la letteratura erotica araba, il film mette discussione tutti gli stereotipi sulla cultura araba, spesso stigmatizzata come moralizzatrice e retrograda…
Esistono tantissimi trattati di erotologia araba che abbordano la sessualità, in maniera estremamente diretta e cruda, con una grande libertà di tono. Un tempo questi testi circolavano molto, ed erano gli stessi imam che li prestavano perché si imparasse come approcciare l'amore e il sesso. Oggi si ha una visione molto più ridotta e semplificata della cultura araba. Tutto il mondo conosce Le Mille e una notte ma nella visione generale, resta una sorta di libero isolato su un mondo arabo immaginario, fantasticato. In realtà, fa parte di un corpus letterario rigoglioso, di una ricchezza e modernità impressionante.

Lei stessa ha seguito dei corsi di lettere alla Sorbona.
Ci tenevo molto a girare le scene dell'università a Malesherbes, una sede distaccata della Sorbona, frequentata dagli studenti di lettere moderne di Paris IV. Ho svolto lì una parte dei miei studi quindici anni fa. Alla Sorbona ho conosciuto dei professori eccezionali, ma sfortunatamente, non c'erano corsi dedicati alla letteratura araba, cortigiana o erotica. Quando si faceva storia della letteratura, si passava spesso dall'Antichità al Rinascimento, evocando velocemente la letteratura medievale francese ma mai quella araba. Il corso di Madame Morel è un corso che avrei amato tantissimo fare.

Aurélia Petit interpreta una professoressa vitale e carismatica…
Per scrivere questo personaggio, mi sono ispirata ad un mitico professore stilistica che ho avuto alla Sorbona, Monsieur Molinié, che ha formato e colpito generazioni di studenti. Volevo che Madame Morel fosse sia affascinante per la sua cultura, che provocante per l'ambiguità che mette in ogni singola parola che pronuncia. Aurelia Petit ha reso tutta la complessità del personaggio, dandogli sia l'autorità dolce che la sensualità consapevole, ciò che rende vivo un personaggio.

Come avete trovato Sami Outbali, che interpreta Ahmed?
Trovare il buon attore per questo ruolo era uno degli aspetti più importanti del film: un attore che potesse incarnare quel tipo di resistenza, quella complessità interiore, che avesse contemporaneamente una forma di virilità e una certa fragilità, che potesse essere cresciuto nei quartieri popolari e studiare lettere, essere pieno di sentimenti amorosi e anche introverso. Avevo notato Sami in Fiertés di Philippe Faucon in un piccolo ruolo che però mi aveva colpito e dato il desiderio di incontrarlo. Aveva l'età e il fisico giusti. Abbiamo bevuto un caffè e subito lui si è appassionato del progetto; trovava importante raccontare quel tipo di intimità oggi e "erotizzare il corpo maschile". Ero ancora in fase di scrittura ma questo incontro mi ha tranquillizzata molto. La scelta di Sami era ovvia per me. E la cosa buffa è che Sami recitava nello stesso periodo un ruolo agli antipodi in Sex Education 2, quello di un ragazzo molto disinvolto e a suo agio sul tema della sessualità.

E Zbeida Belhajamor per incarnare Farah ?
Era fondamentale che Farah fosse interpretata da una vera tunisina, cresciuta in Tunisia. E molti aspetti di questa "tunisinità" emergono dal suo modo di muoversi, parlare, guardare le cose. La questione della complessità identitaria era al cuore del film e
bisognava che fosse raccontata nel modo più giusto possibile. Zbeida ha fatto teatro amatoriale in Tunisia, è la sua prima volta al cinema. L'avevo già incontrata per il mio primo film, ma all'epoca era troppo giovane per il ruolo. Per la Farah di Una storia d'amore e di desiderio era invece perfetta. Prima però di prendere la mia scelta definitiva, era importante che Zbeida e Sami si incontrassero, per capire se qualcosa scattava tra di loro e che ci fosse una certa alchimia fisica fra loro.

E Samir El Hakim e Khemissa Zarouel, che recitano i genitori di Ahmed?
Così come Farah contiene in sé vari elementi della Tunisia, volevo che i genitori di Ahmed incarnassero una certa Algeria. Samir abita in Algeria, dove è un attore abbastanza conosciuto. Ci ha dunque inviato un video, dove ha proposto la sua versione di Hakim. Ha reso subito palpabile il trauma di questo personaggio in esilio. Per quanto riguarda Khemissa, ha recitato un po' da giovane in Algeria. Come la madre di Ahmed, è venuta in Francia dove ha dovuto lavorare in un altro campo…il suo percorso ha molte similitudini con quello del suo personaggio.

Come avete gestito la messa in scena di questo secondo film?
Appena apro gli occhi era stato girato principalmente con la camera a mano e tutte le scelte artistiche erano indirizzate a captare e mettere in risalto l'energia travolgente della giovinezza. Per questo film avevo voglia di una messa in scena più calma e posata, che esprimesse esprimesse una forma di erotismo discreto ma permanente. Sensualità è stata la parola chiave che ha guidato tutte le scelte artistiche. Con Sébastien Goepfert, che ho conosciuto alla Fémis (importante scuola di cinema di Parigi) e che era il direttore della fotografia anche del mio primo film, abbiamo lavorato sull'universo visivo del film fin dalle prime versioni della sceneggiatura. Stilisticamente parlando, c'era una vera sfida: come essere fedeli alla ricerca intima di Ahmed? Ci siamo ispirati a una certa iconografia erotica. I dipinti di Schiele erano una referenza per la loro gamma cromatica e per le posture dei corpi. Abbiamo cercato il modo di mettere in evidenza i gesti e gli sguardi dei personaggi. Abbiamo lavorato anche sulla qualità materica del film, scegliendo delle lenti un po' vecchie, per dare rotondità all'immagine. Volevamo una fotografia che fosse colorata e contrastata, mantenendo una luce dolce e morbida sui corpi, perché rendere la texture della pelle era una delle cose più difficili e importanti, volevamo che vibrasse, che fosse palpabile.

La sensualità nasce anche dal fatto che viviamo tutto il tempo le sensazioni di Ahmed…
Volevo proprio che lo spettatore "stesse" nello sguardo e nelle sensazioni di Ahmed. La maniera di filmare nasce proprio dalla traiettoria di Ahmed; come osserva lui Farah e cosa prova a ciascuna tappa della loro relazione? Più il film avanza e più siamo insieme a lui. E questo si nota a diversi piani. Per esempio, dall'inizio del film, la messa insieme mette in luce dei momenti appartati con Ahmed; quando guarda Farah, abbiamo modificato la maniera di filmare per essere nel suo punto di vista e abbiamo usato dei leggeri movimenti di zoom per accentuare la cosa. Grazie a questo si può percepire che qualcosa sta nascendo in lui quando è accanto a lei. Farah provoca in Ahmed un sentimento che lui fatica a controllare. Gradualmente, abbiamo cercato di "infiltrarci" nell'interiorità di Ahmed, fino a vedere i suoi sogni e i suoi desideri. Inoltre, abbiamo lavorato per creare dei giochi di specchi tra Ahmed e Sarah. All'inizio, lui la vede spesso in riflessi. Alla mensa universitaria ci sono tre riflessi di Farah, come se lei fosse una specie di mostro a tre teste che accerchia Ahmed. Questo gioco di specchi diminuisce mano a mano che la distanza tra lui e il mondo si riduce. Alla fine, Ahmed stesso, la camera lascia la presa e ci troviamo attaccati a lui, nei momenti travolgenti e liberatori della masturbazione e della trance d'amore finale.

E il lavoro sulla musica?
Fin dalla scrittura della sceneggiatura, era importante per me che il film avrebbe accordato uno spazio importante alla musica. Sposando il punto di vista di Ahmed, la musica doveva trasmettere le sue emozioni nel modo più organico possibile, per farci accedere alla sua interiorità. Il mio primo film era molto musicale ma non c'era musica originale extradiegetica. Per me si trattava dunque di una nuova esperienza. Avevo delle intuizioni fin dall'inizio e volevo che ci fosse una musica contemporanea, strumentale, con dei passaggi sperimentali. Ma non sapevo quali strumenti e temevo che potesse apparire troppo intellettuale, poco "viva". Era importante che la musica fosse come un'erranza che accompagna i personaggi e che non fosse stonata rispetto al film, come una forma di jazz moderno. Lavorando sui passaggi in cui i personaggi assistono in diretta a dei momenti musicali (il sassofonista che suona a bordo della Senna, il concerto di Ghalia Benali, il momento in cui Ahmed danza con i musicisti di darbouka), ho capito che la musica particolare e semi-sperimentale di Lucas Gaudin era quella giusta. Melodica e ripetitiva nello stesso momento, crea un ciclo ipnotico dentro al quale i suoni risuonano con le emozioni di Ahmed e contrastano con le nostre aspettative, offrendoci un accesso diretto e sensoriale al percorso emotivo di Ahmed.

Rimaniamo con Ahmed fino alla scena d'amore finale…
Avevo un gran desiderio di erotizzare il corpo di Ahmed e che questo fosse al cuore del film: bello, sensuale, desiderabile e guardato con ardore da una donna. D'abitudine, il corpo maschile serve come strumento per osservare in realtà quello femminile e il piacere che lui gli dona. Ma io sapevo che era importante concentrarsi sul piacere di Ahmed, visto che è l'apice del suo percorso. Si percepisce la tensione della prima volta, gli imbarazzi inziali e poi l'abbandono dei corpi. Lo sguardo maschile sul corpo femminile è il centro della storia dell'arte, ma manca qualcosa che per me era importante raccontare: lo sguardo femminile sul corpo maschile. Il mio film è un inno al desiderio fisico, un elogio e un invito a lasciarsi andare all'amore.


intervista dal pressbook del film

Eventi

Presentato fuori concorso in chiusura della 60a Semaine de la Critique del 74esimo Festival di Cannes. 

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