La vita è una danza
La vita è una danza

La vita è una danza, la recensione


'La vita è una danza' è un film che sembra voler scardinare tutti gli stereotipi e i cliché cinematografici legati al mondo della danza classica e del balletto. Con i toni di una commedia, Cédric Klapisch dirige un film delizioso in cui il corpo è l'assoluto protagonista.
Voto: 7/10

Il 6 ottobre arriverà al cinema La vita è una danza, ultima fatica cinematografica del regista Cédric Klapisch e interpretato da Marion Barbeau, prima ballerina e dunque étoile dell'Opéra di Parigi. La trama del film ruota intorno alla figura di Elise (la Barbeau, appunto) che dopo aver scoperto un tradimento nel bel mezzo di una rappresentazione, finisce con il subire un pesante e terribile infortunio che potrebbe costarle la carriera da ballerina. Il medico le predice un periodo di due anni di stop dalla disciplina ed Elise, che ha 26 anni, sa che fermarsi per un lasso di tempo così lungo potrebbe mettere la parola fine alla sua carriera. Aiutata dal suo fisioterapista (François Civil) e seguendo una strada inaspettata per cercare di guarire, Elise si ritrova in Bretagna dove, insieme al supporto degli amici e di un coreografo che crede molto in lei, cercherà di lasciar andare la paura e ricominciare a ballare: e se la danza classica è un regno fatto di regole e limitazioni, per Elise si spalancano le porte della danza contemporanea, portando con sé anche l'amore.

La vita è una danza è un film che, a prima vista, sembra voler scardinare tutti gli stereotipi e i cliché cinematografici legati al mondo della danza classica e del balletto. Se nell'immaginario collettivo siamo abituati a pensare a questa realtà come a una sorta di setta, fatta solo di sofferenza e sacrifici, di rivalità e invidia dove è lecito sempre aspettarsi uno sgambetto da un altro membro della compagnia, Cédric Klapisch concentra invece la sua attenzione su una ragazza che vede nella danza l'estensione del suo stesso corpo, un'entità benefica e amica che le permette di sentirsi se stessa. Soprattutto, in questo film, il mondo della danza è un mondo di scoperte e innovazioni, di legami che si rendono indissolubili e che nemmeno la distanza riesce a scalfire. L'aspetto più interessante del film, dunque, è da ricercarsi proprio in questo respiro leggero con cui si affronta la creazione di un personaggio legato alla danza classica: pur coi suoi momenti riflessivi e nostalgici, infatti, La vita è una danza utilizza i toni della commedia per rivolgersi allo spettatore, raccontando una storia di crescita e riscoperta, dove è il corpo stesso a lasciarsi andare per scoprire nuove capacità.

E dal momento che è il corpo stesso ad avere un ruolo privilegiato da protagosta, la regia di Cédric Klapisch sembra voler insistere proprio sulla concretezza e la fisicità dei protagonisti, sul modo in cui l'intreccio di nervi e sangue riesce a creare qualcosa che ci permette non solo di vivere, ma anche di esistere, di percepire il mondo intorno a noi e di tramutarlo in arte. Ecco allora che allo spettatore sembra di sentire il contatto con il legno e con il linoleum dei pavimenti, ma anche il vento che colpisce il volto di Elise, che la risveglia come se fosse lo schiaffo di un'entità superiore. Il corpo si muove, si rigenera e con esso lo fa anche l'anima di Elise: dalle sue caviglie fragili al collo del piede che si allunga come se fosse una magia, passando le le labbra che si sfiorano, le mani che si intrecciano, le gambe che vengono tirate indietro per scoprire l'effettiva esistenza di limiti fisici. Lo sguardo del regista è senz'altro molto interessante e l'interpretazione di Elise è pacata e poetica, timida ma determinata, rendendola un personaggio a cui è facile voler bene, seguendone così le spire evolutive fino a una risoluzione che non serve tanto a dare speranza o a "consolare" con un lieto fine. A emergere è soprattutto il bisogno del corpo di esserci, di sentire, di creare.

Valutazione di Erika Pomella: 7 su 10
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