Mio papà con Giorgio Pasotti
Mio papà con Giorgio Pasotti

Recensione Mio papà con Giorgio Pasotti


Giulio Base, con 'Mio papà", dirige un film sciatto, dalla sceneggiatura scarna che non si cura minimamente di seguire i propri personaggi e di dar loro quella profondità psicologica utile a farne dei caratteri e non solo delle macchiette.
Voto: 5/10

Presentato nella cornice di Alice nella Città, sezione autonoma del nono Festival Internazionale del film di Roma, Mio papà è il nuovo film che Giulio Base ha confezionato per il cinema, con l'intento di trattare il difficile e al contempo delicato rapporto che si viene ad instaurare tra un uomo e un figlio "acquisito". Tematica quanto meno attuale, visto lo stato dell'istituzione della famiglia, che viene allargata anno dopo anno e che continua a costruirsi come entità in continuo divenire, con persone che crescono figli nati da precedenti unioni. Nel caso di Mio papà il ruolo dell' "intruso" è affidato a Giorgio Pasotti.

Lorenzo (Pasotti) lavora come subacqueo in una piattaforma poco distante dalla costa adriatica: un lavoro, questo, che gli permette di vivere senza pensieri, in completa libertà. Una sera, mentre è sulla terraferma insieme ad un collega e amico (Fabio Troiano), Lorenzo viene baciato – a seguito di una penitenza – da Claudia (Donatella Finocchiaro) e tra loro scoppia una scintilla che presto li spinge a letto insieme. Nel bel mezzo della notte, però, Lorenzo fa una scoperta non proprio semplice da digerire: Claudia ha un figlio, Matteo (Niccolò Calvagna), che sembra tutt'altro che contento di avere un uomo in casa. Il bambino, però, dovrà – proprio come Lorenzo – scendere a patti con questa presenza scomoda, perchè il rapporto tra Lorenzo e Claudia si fa giorno dopo giorno più forte.

Se si dovesse cercare l'elemento più riuscito di Mio papà senza dubbio il nostro sguardo correrebbe immediatamente da Niccolò Calvagna, il piccolo interprete capace di portare su di sé tutto il peso emotivo di un prodotto filmico piuttosto scadente. Matteo, costretto quasi ad accettare una presenza maschile estranea per sopperire alla mancanza di un padre che non viene mai inquadrato proprio per sottolinearne l'inconsistenza, è il vero fulcro di questo racconto. Dolce, intelligente e decisamente maturo per la sua età (forse troppo in più di un'occasione), Matteo è l'unico che riesce vagamente a salvare Mio Papà dall'essere un prodotto completamente fallimentare. Il problema di base del film di Giulio Base è il fatto di aver voluto raccontare una storia piuttosto interessante su carta, senza però essere in grado di darle quell'alito di vita fondamentale ad ogni forma d'arte più o meno importante. I personaggi – escluso, forse, il già citato Matteo – sono accennati con il tocco grezzo di un dilettante, che non si cura di andare a fondo nelle spire psicologiche che un rapporto come quello messo in scena potrebbe (e dovrebbe) far nascere. Tutto si snoda su una diegesi superficiale, messa su alla meno peggio, con tanto di colpo di scena finale che, invece di arricchire il racconto, lo fa sprofondare ancora di più nel gratuito, per non dire nell'inutile.

Mio papà è un prodotto che forse potrebbe andar meglio su una piattaforma televisiva, sebbene anche lì sarebbero piuttosto evidenti i difetti di una sceneggiatura scarna e vuota, troppo disattenta ai vari nuclei narrativi, e che si contenta di mettere su una storiella che mira a commuovere e che invece finisce con l'indispettire lo spettatore.

Valutazione di Erika Pomella: 5 su 10
Mio Papa’
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