The Get Down

(2016)

The Get Down
Locandina The Get Down
The Get Down e' una serie di genere del 2016 girata in USA. Si compone di una stagione e 1 episodi. Ogni episodio dura in media 50 minuti. Prima visione assoluta venerdì 12 Agosto 2016 su Netflix. In Italia debutta su Netflix venerdì 12 Agosto 2016. .

Nella New York del 1977, alcuni giovani pieni di talento e di passione inseguono i propri sogni nel South Bronx, con ritmi sfrenati che faranno la storia della musica.

INFO TECNICHE

Titolo Italiano: The Get Down
Titolo Originale: The Get Down
Stagioni: 1 - Episodi: 1 (durata media 50 minuti)
Nazionalità: USA | 2016

Stagioni e Episodi

Stagioni - EpisodiPrima Visione AssolutaPrima Visione Italia
Stagione 1
Episodi 12
venerdì 12 Agosto 2016
su Netflix
venerdì 12 Agosto 2016
su Netflix

Cast e personaggi

Immagini

Non sono disponibili immagini correlate alla serie The Get Down

THE GET DOWN
UNA SERIE ORIGINALE NETFLIX

Il regista Baz Luhrmann ha lavorato per oltre un decennio al fine di mettere insieme un team in grado di proporre il racconto mitico di come una città degradata e sull'orlo della bancarotta sia stata la culla di una nuova forma d'arte. In collaborazione con la moglie, la produttrice esecutiva Catherine Martin vincitrice di quattro premi Oscar®, il leggendario MC e produttore esecutivo Nas, il produttore associato Grandmaster Flash, il drammaturgo vincitore del Pulitzer, coideatore e produttore esecutivo Stephen Adly Guirgis e altri esperti, tra cui lo storico dell'hip-hop e produttore supervisore Nelson George, i coproduttori esecutivi e sceneggiatori Aaron Rahsaan Thomas e Seth Zvi Rosenfeld, i consulenti Kurtis Blow (anche produttore associato), DJ Kool Herc, Afrika Bambaataa e Rahiem dei Furious Five, le leggende della danza quali Jose Xtravaganza e Willie "Marine Boy" Estrada, i graffitisti CRASH e DAZE, la scenografa Karen Murphy, i coreografi/produttori associati Rich e Tone, il compositore Elliott Wheeler, la costumista Jeriana San Juan e un gruppo di attori al loro debutto sullo schermo, Luhrmann propone The Get Down, una serie drammatica musicale ambientata nella New York degli anni '70 che ritrae l'ascesa dell'hip-hop e gli ultimi giorni della musica disco, raccontati attraverso le vite e la musica di alcuni ragazzi del South Bronx che avrebbero cambiato il mondo per sempre.

La serie comincia nel 1977, quando il genere disco regna supremo. "Don't Leave Me This Way" di Thelma Houston è in cima alle classifiche e la disco music e il latin hustle impazzano nei club, ma nel South Bronx sta nascendo un nuovo stile che combina danza, arte, musica e linguaggio. Non ha un nome, ma i ragazzi del quartiere ne avvertono la presenza.

"La nostra storia nasce dal contrasto tra la sfavillante sofisticazione della musica disco e l'emergente forma artistica musicale dell'hip hop", afferma Martin, che ha lavorato come costumista e scenografo dei film di Luhrmann per quasi 30 anni. "È un movimento che nasce come necessità delle persone di esprimere un'identità personale e di appartenenza. È il suono e la poesia della strada."

"Nelle sfarzose discoteche di Midtown Manhattan nessuno avrebbe mai immaginato che stesse nascendo qualcosa del genere", ricorda George, uno dei primi giornalisti a parlare di hip-hop. "Ma nei quartieri più distanti e ad Harlem, qualcosa stava crescendo grazie ai passaparola, alle audiocassette e alle feste in strada. È il contrasto tra queste due idee musicali che sta alla base della nostra linea narrativa."

Fanno parte del cast di The Get Down Shameik Moore, Justice Smith, Herizen Guardiola, Yahya Abdul-Mateen II, Skylan Brooks, Tremaine Brown Jr., Mamoudou Athie, Jimmy Smits, Giancarlo Esposito e Jaden Smith. Oltre ai personaggi fittizi, questo racconto sull'ambizione, l'amore e le difficoltà da superare include anche protagonisti veri, importanti icone del periodo, molti dei quali hanno prestato consulenza al team creativo.

"La serie ritrae fedelmente gli albori dell'hip hop con tutti i protagonisti del periodo, oltre a nuovi personaggi", rivela il produttore esecutivo Nas. "È la prima volta che viene realizzata una serie incentrata sugli inizi dell'hip hop." Il programma intreccia fatti veri con filmati di repertorio e fittizi della New York degli anni '70 e affianca brani musicali originali alle riproposizioni dei classici del periodo.

"Sono un fautore del 'portare alla luce'", confida Luhrmann. "Non sono il classico che fa le sue ricerche tutto solo in una stanza, scrive una sceneggiatura e la dirige senza alzare gli occhi dal copione. Il mio modo di operare è un atto sociale che richiede di parlare con le persone, far affiorare i loro ricordi e collaborare con altri narratori. È la ricostruzione di una memoria collettiva che ricrea anche il feeling di uno spazio e un tempo specifici, quindi le esperienze reali vissute e le relazioni che instauri sono la modalità di lavoro. L'obiettivo è raccontare una storia che s'incroci con quelle dei personaggi reali, creare un mito radicato nell'esperienza."

"Crescendo in una cittadina isolata dell'Australia vedevo New York da lontano come un'incredibile capitale creativa e culla di sofisticate forme d'arte. Ma nel 1977 era anche una città pericolosa e in un certo senso spezzata. La mia prima domanda è stata: com'è possibile che un movimento così nuovo, profondo e creativo sia nato da un luogo simile, con una gioventù e una geografia così specifiche? Incredibile creatività sì, ma pochissimi mezzi. Abbiamo visto tutti le immagini del Bronx bruciato. Ma chi erano i "ragazzi del Bronx"? Chi era questa generazione di artisti? Quali grandi avventure, senso di curiosità e speranza sono passati inosservati agli adulti e ai media? In ultima analisi, questa serie non riguarda semplicemente le origini dell'hip-hop o la decadenza della disco music. Il tema definitivo è quell'autentico impulso all'azione della prima giovinezza, con i suoi momenti felici più puri e le scoperte casuali che hanno creato il mondo dell'hip-hop", continua Luhrmann.

"Per fare tutto ciò abbiamo creato dei personaggi di fantasia che ci mostrano il mondo con i loro occhi. L'universo degli adulti è più realista, con la difficile storia della città e del quartiere sempre in agguato, quindi abbiamo deciso di puntare l'attenzione sulle storie che Flash, Rahiem e tanti altri del periodo hanno condiviso con noi, relativamente agli anni della loro crescita: quella musica segreta nascosta nelle registrazioni, quella sensazione che il futuro non fosse prestabilito, la privazione dell'espressione artistica con le leggi anti graffiti. Ho voluto riproporre il punto di vista dei ragazzi che hanno vissuto quell'era. Il South Bronx non era solo quello che si vedeva nei giornali o in televisione, era un luogo reale di passaggio dall'infanzia allo stato adulto di ragazzi veri. Quindi abbiamo deciso di sovrapporre alla 'storia nuda e cruda' la 'storia percepita con gli occhi della giovinezza'".

La scena di uno dei primi documentari sull'hip-hop, Style Wars, ha aiutato Luhrmann a delineare la mentalità ambiziosa dei personaggi di The Get Down. "Nel documentario c'è una conversazione tra una madre e il figlio graffitista di carrozze della metropolitana. La madre alza le mani al cielo in segno di disperazione, 'Non si rende conto della sua stupidità. Vuole essere visibile in tutta la città. Ma a che scopo?' 'Lo faccio per me', risponde il figlio. 'Non è per gli altri, ogni volta che salgo su un treno quasi sempre vedo il mio nome e allora mi dico che esisto davvero…'" In una New York per certi versi disperata, i giovani di The Get Down lottano per far sentire le loro voci, per affermare la propria esistenza e ricreare il mondo che gli hanno lasciato gli adulti: mettendo dischi, creando rime, cantando, disegnando graffiti sui treni, ballando o dandosi un nome d'arte.

"Una ricostruzione perfetta non potrà mai esistere, ma devo dire che Baz e la sua squadra si sono avvicinati tantissimo", ammette il leggendario Grandmaster Flash, pioniere dell'hip-hop. Spesso presente sul set, Flash ha fornito consulenza sulla cultura del periodo ed elargito preziosi consigli a Mamoudou Athie, l'attore che lo interpreta nella serie. "Gli abiti, le scarpe da tennis, i passi di danza, quello che bevevamo, che fumavano, il look dei luoghi… è incredibile come siano stati capaci di far riaffiorare il passato."

Noto per film inimitabili di grandissimo successo quali Romeo + Giulietta, Moulin Rouge! e Il grande Gatsby, Luhrmann funge da produttore esecutivo di The Get Down e anche da regista del primo episodio. Altri produttori esecutivi della serie sono Catherine Martin, Nas, Stephen Adly Guirgis, Thomas Kelly e Paul Watters.

Lo sceneggiatore e coproduttore esecutivo Aaron Rahsaan Thomas descrive la sua esperienza in The Get Down come "un'opera epica e urbana. 'Opera' per i toni accesi che spaziano da un universo visivo a tinte forti all'emozione drammatica interpretativa fino, letteralmente, al trionfo della musica in quanto tale, 'epica' per l'ambizione di raggiungere qualcosa di unico nell'ambito della narrazione e infine 'urbana' perché riferita a un luogo e a un tempo specifici, vale a dire la New York alla fine degli anni '70 vista con gli occhi di quelli che spesso vengono ignorati: sognatori e artisti neri e portoricani, giovani e poveri. Opera epica e urbana."

"È una storia newyorchese che riunisce successo, cultura, amore, moda e musica", afferma Abdul-Mateen II e aggiunge: "È davvero incredibile".

I sei episodi della prima parte di The Get Down saranno disponibili in in streaming per gli abbonati di Netflix di tutto il mondo venerdì 12 agosto 2016 alle 00:01, ora USA del Pacifico. Lo stesso giorno RCA Records farà uscire la colonna sonora ufficiale della serie. I sei episodi della seconda parte arriveranno nel 2017.

LA RICOSTRUZIONE DELLA STORIA DEL RAP E DELL'HIP-HOP

Mentre altri progetti sulla storia del rap e dell'hip-hop si sono concentrati sugli anni '80 e '90, The Get Down è la prima opera che analizza a fondo le vere origini di questa forma d'arte e il suo intersecarsi con la musica disco alla fine degli anni '70. Non più tardi del 1980, "Rapper's Delight" della Sugar Hill Gang avrebbe impazzato in radio, ma nel 1977 l'hip-hop era solo un movimento emergente in piccoli club, seminterrati e case del South Bronx.
Reduce dal successo a Broadway del suo lavoro teatrale Motherfucker with the Hat, Stephen Adly Guirgis racconta com'è entrato a far parte del progetto The Get Down: "(un giorno) accendo il computer e trovo un'email di Baz Lurhmann", dice Guirgis. "Mi chiedeva se potessi incontrarlo per parlare di una possibile serie TV da fare insieme. Non avevo mai incontrato Baz. Non avevo idea di come si fosse procurato il mio indirizzo email. E non avevo nessuna voglia di fare qualcosa per la TV, in realtà ero felicissimo di NON dover lavorare per la TV. Però si trattava di Baz Luhrmann, per cui ho pensato sarebbe stato scortese non concedergli almeno un incontro, così ho accettato l'invito. Dopo appena cinque minuti di conversazione mi sono detto, 'questo tipo mi piace'. Dopo altri cinque minuti ho pensato, 'questo tipo la pensa come me, e in più è arguto, divertente, molto intelligente e ovviamente un vero artista, quindi una persona da cui posso imparare molto. A dire il vero mi piacerebbe lavorare con lui, ma questa conversazione riguarda un lavoro per la TV e io non faccio TV'. Poi Baz ha detto le parole magiche: 'New York City negli anni '70, la nascita dell'hip hop, un gruppo di ragazzi di strada che realizzano i propri sogni, uno di loro diventa una leggenda…' Ho sospirato perché sapevo di essere nei guai. Sono cresciuto a NYC negli anni '70. Ero un ragazzino a suo agio in diversi quartieri e culture e amavo la musica. Baz mi ha chiesto: 'Allora che ne dici?' Ho risposto: 'Beh, ogni cosa che scrivo è una storia di formazione sul diventare adulti, va bene anche per questo lavoro?' E Baz ha detto, 'È esattamente il tema di questa storia'. Ecco come abbiamo cominciato a lavorare insieme. Ho accettato l'offerta perché DOVEVO lavorare con Baz e DOVEVO fare parte di questo progetto. Non si trattava più una scelta, ma di una missione."

Realizzare The Get Down come racconto di formazione ambientato nel Bronx significava coinvolgere le persone che avevano vissuto gli anni '70, e chi meglio di Grandmaster Flash? "Penso che Flash sia stato fondamentale", ammette George. "Da qualche parte sul telefono ho un'intervista dove Flash parla con Baz di cultura e musica e quei discorsi sono finiti dritti dritti nella serie."

"Ricordo che Baz mi ha detto: 'Ascolta, non mi interessano i dischi, i premi, tutto quello che ti è capitato quando sei diventato un artista internazionale… voglio le radici, voglio conoscere quella storia'", rivela Flash.

Il coproduttore esecutivo e sceneggiatore Seth Zvi Rosenfeld ha inserito la sua storia personale nei copioni di The Get Down. "Ero felice di poter raccontare questa storia in gran parte per quello che avevo vissuto", afferma lo scrittore. "Sono cresciuto a due isolati da Rock Steady Park e conoscevo 'Charlie Rock' e gli altri primi breaker degli anni '70 che avevano preceduto il gruppo Rock Steady Crew. Provavamo le mosse di popping e quelle a terra, oltre ad allenarci con i tiri in sospensione e con le mazze da baseball come tutti i ragazzini della mia zona. I più dotati sono finiti nel più importante gruppo di breaker di New York: la Rock Steady Crew."
"Alle medie ho perfino iniziato a disegnare graffiti con i miei amici. Prima in strada e negli album per gli schizzi, poi ai depositi dei treni. Ci piazzavamo di fronte a un negozio di Columbus Avenue chiamato NOGA: "Nation of Graffiti Artists". Lì incontravamo disegnatori provenienti da ogni parte della città. Per noi studenti delle scuole medie conoscere CLIFF 159, IN o BLADE era come conoscere una rockstar o un campione sportivo. Quelli con più talento hanno avuto brillanti carriere nelle gallerie d'arte e continuano a disegnare ancora oggi. Tra quelli con cui sono andato alle superiori e ho fatto amicizia c'era Jean Michel Basquiat", ricorda Rosenfeld.

"Alle superiori ho ascoltato il primo rap dai ragazzi del quartiere e, in seguito, alla Superstar Cafeteria o al Diplomat Hotel. I ragazzi della mia zona andavano anche alle sale Audubon Ballroom, The Fever e The Renaissance per vedere gli MC e i rapper. Sono posti dove io non sono mai stato, ma ho sentito i racconti di quelli più grandi di me. Tutto questo avveniva prima di "Rapper's Delight". Ripensandoci oggi, ero esposto a una cultura allo stadio evolutivo. Ho avuto il privilegio di assistere a qualcosa di cui al tempo non potevo immaginare l'importanza futura. La possibilità di raccontare alcune di quelle storie mi rende felicissimo ed è la ragione principale per cui ho accettato il lavoro", continua Rosenfeld.

"Una delle prime cose che ho sentito Baz chiedere agli sceneggiatori è stato: 'Cosa ti interessa di più di questo mondo?'", ricorda Thomas. "Per me, più che la musica, i costumi o il prestigio era l'opportunità di fare qualcosa che la televisione americana non aveva fatto in oltre 70 anni di vita, vale a dire raccontare una storia emozionante dal punto di vista dei giovani protagonisti, tutti poveri e appartenenti a una minoranza (a prescindere dalla quarta stagione The Wire). L'idea mi allettava molto, ma avevo anche dei dubbi perché per anni una storia come questa, se mai esistita, sarebbe stata raccontata secondo l'ottica di maschi bianchi di mezza età. Quello che mi colpisce di Baz è la sua propensione a onorare il mondo, le culture e i personaggi trattati. Baz e noi del team siamo mossi da una profonda sincerità che ci porta a perfezionare i dettagli ed essere fedeli alle fonti d'ispirazione, le nostre muse."

In puro stile Luhrmann, The Get Down ha richiesto un alto livello di collaborazione. I costumisti e gli esperti musicali hanno lavorato in tandem con sceneggiatori, coreografi, scenografi e attori per creare un legame fluido tra immagini, musica e dialoghi.

COS'È IL "GET DOWN"?

"Il termine hip-hop non esisteva come concetto a se stante, era chiamato 'the get down' (pausa) , 'B-beats' (battiti del Bronx), 'breakdown' (stile spezzato) o un'altra invenzione linguistica decisa da un gruppo di amici", ricorda George. "La stagione finisce più o meno al momento dell'uscita del disco della Sugarhill Gang ("Rapper's Delight"), che per molti rappresenta l'inizio ufficiale dell'hip-hop. Siamo in grado quindi di mostrare un ritratto precedente di quel mondo che nessuno, credo, abbia mai proposto."

"L'estetica dell'hip-hop ha influenzato l'intera colonna sonora", afferma il compositore Wheeler. "L'idea di prendere a prestito, rifare, ricreare da materiale originale pregiato è stata accolta con entusiasmo. Ci hanno aiutato in questo i fondatori del genere e i loro successori. Grandmaster Flash, Rahiem, Kurtis Blow, DJ Kool Herc e Nelson George hanno prestato consulenza e fornito incredibili dettagli su ogni aspetto creativo di quell'era: l'attrezzatura, la musica, la tecnologia, il linguaggio, il modo di camminare, quello di vestire, la cadenza. Ogni prova di abilità del DJ e di scratching inserita nella serie è stata creata da Grandmaster Flash, che ha ripescato tantissime perle della sua raccolta originale. La sua generosità e il suo spirito aleggiano sull'intera produzione, non solo per il lavoro come DJ ma anche per aver collaborato con me alla colonna sonora vera e propria."

Cos'è quindi il "get down"? Sentiamo cosa dice il maestro Grandmaster Flash in persona. "È un termine che ho inventato io. È la sezione dove il disco riduce le parti sonore, quella che preferisco. Ora la chiamano la pausa (break), ma in sostanza è il punto in cui suonano pochi membri del gruppo. A volte è solo la batteria oppure batteria e basso, batteria e violoncello o batteria e chitarra. Questa sezione era sempre troppo breve su un disco ma io sono arrivato a creare una pausa di 10 secondi di batteria e poi, grazie a più copie dello stesso disco e all'uso delle dita, a inventare una tecnica che mi permettesse di farla durare 10 minuti, il che in pratica ha creato le premesse per il rap. Tutto questo prima degli MC (Masters of Ceremony). Prima che arrivassero loro, il DJ doveva conoscere i pezzi più in voga. Spesso dovevamo spulciare i negozietti a conduzione familiare per trovare i dischi con il ritmo ideale. Per un DJ quest'attività era una vera e propria arte. Poi con l'introduzione dell'MC (rapper), ad esempio con Shaolin e Books, si è formata una simbiosi tra questi e il DJ e quello per me è stato il momento in cui è nato il rap."

INFORMAZIONI SUL CAST

Il cast di The Get Down affianca attori emergenti ad attori affermati, ognuno dei quali ha dovuto immedesimarsi completamente nel ruolo ed entrare nello spirito del tempo, facilitato anche dagli abiti peculiari dell'epoca.

Nei panni del poeta adolescente Ezekiel "Books" Figuero, l'attore Justice Smith (Città di carta) è per molti versi il cuore della serie. Malgrado una vita difficile passata nel South Bronx, è un sognatore e un amico devoto che non si fa abbattere dalle circostanze.

"Ezekiel è un ragazzo intelligente", afferma Smith. "Ha un animo sensibile in un ambiente dove tale caratteristica non è apprezzata, così nasconde agli amici buona parte dei suoi pensieri per adattarsi al gruppo."

Dopo aver incontrato l'aspirante DJ Shaolin Fantastic (Shameik Moore), la vita di Ezekiel cambia all'istante. I due sono diversissimi, ma instaurano tra loro un forte legame basato sull'amore per la musica e il sogno di realizzare qualcosa d'importante.

"Lui rappresenta tutto quello che è hip­-hop", dice Moore, noto per essere stato uno dei protagonisti del film Dope del 2015. "Penso sia un visionario, di sicuro è anche un ragazzaccio ma ha un grande cuore. È l'esatto contrario dei personaggi che ho interpretato fino ad oggi."

"Shaolin è la prima persona che permette a Books di essere se stesso, infatti gli dice: 'I tuoi talenti sono fenomenali e devi coltivarli, lo stesso vale per la tua intelligenza'", rivela Smith. "Una volta conosciuto Shaolin, Zeke diventa più consapevole di se stesso, cominciando a capire quello che vuole e come ottenerlo."

Anche Mylene Cruz (Herizen Guardiola) sogna in grande, ma a differenza di Books e Shaolin, i suoi idoli provengono dal mondo sfarzoso e scintillante della musica disco. La giovane cantante attira anche le attenzioni amorose di Ezekiel, ma i loro percorsi divergenti minacciano di dividerli.

"Direi che Mylene, per il modo in cui è stata allevata, è una ragazza molto tradizionale e rigorosa", spiega Guardiola. "Ma in lei c'è anche una parte libera e ribelle che sogna grandi traguardi."

Allevata da una famiglia molto severa, con un padre che è anche un reverendo, l'attore affermato Giancarlo Esposito (Breaking Bad), gli spettatori vedranno Mylene trasformarsi con l'avanzare degli episodi.
"Assistiamo a una sua crescita, sottolineata dai costumi e dalla musica", continua l'attrice. "Le sue gonne si accorciano, la scollatura si abbassa. Esce dal bozzolo come una farfalla ed è meraviglioso."

Il personaggio di Dizzee, l'amico di Ezekiel interpretato da Jaden Smith (The Karate Kid – La leggenda continua, La ricerca della felicità), rappresenta un'altra sfaccettatura dell'emergente cultura hip-hop: il graffitismo. Figlio dell'attore e rapper Will Smith, Jaden è arrivato sul set con una buona conoscenza di base della materia trattata.

"Mio padre mi ha sempre raccontato un sacco di cose, come quando era in tour con Grandmaster Flash, e mi ha fatto capire quanto rivoluzionario sia stato il movimento del South Bronx", confida il giovane attore.
A completare gli amici di Ezekiel troviamo Skylan Brooks nel ruolo di Ronald "Ra-Ra" Kipling e il quattordicenne Tremaine Brown Jr. nei panni di Miles "Boo Boo" Kipling, fratelli di una delle migliori amiche di Mylene, Yolanda Kipling (Stefanée Martin). Shyrley Rodriguez è Regina Diaz, un'altra amica intima di Mylene.

Per Tremaine, il giovane rapper scoperto dal responsabile del casting Rori Bergman (coadiuvato da Ronna Kress) mentre si esibiva come artista di strada nella metropolitana di New York, ottenere una parte in The Get Down è stata la realizzazione di un sogno. "Mio padre era al lavoro quando ha ricevuto la chiamata di Baz. Poi ha chiamato la mamma che ha detto, 'TJ, sei nei guai'. E ha continuato: 'Vieni qui e parla con tuo padre'. Così infine me l'ha detto: 'Hai avuto la parte!' Ho urlato a pieni polmoni e pianto. Il mio fratellino mi chiedeva: 'Perché piangi?' Non avrei mai avuto questa possibilità se mio padre e io non ci fossimo esibiti su quel treno. È stata una manna dal cielo e ogni giorno ringrazio Rori per l'opportunità."

Molti riconosceranno il veterano Jimmy Smits, (The West Wing – Tutti gli uomini del Presidente, Sons of Anarchy, NYPD Blue – New York Police Department, Avvocati a Los Angeles) nel ruolo di Francisco "Papa Fuerte" Cruz: un consigliere comunale che farà di tutto per far sì che la nipote, Mylene, ottenga il riconoscimento che si merita. Per la parte, Smits si è ispirato alla propria infanzia trascorsa nel Bronx e ai colleghi del cast.

"Quando li vedo mi viene una nuova energia perché sono ancora immuni da un certo cinismo, molti di loro non sono stati inghiottiti dalla macchina dello spettacolo", confida l'attore. "Come attore adulto di una certa esperienza, devo continuamente ricordare a me stesso che quando pensi di non aver più nulla da dare, devi invece ritrovare nuovi stimoli. E loro sono bravissimi a farmelo ricordare."

Yahya Abdul-Mateen II è l'intraprendente Cadillac, il figlio vestito di tutto punto della gangster locale Fat Annie (Lillias White), nonché re della disco music, che cela i suoi modi astuti dietro a sinuosi passi di danza.

"In cuor suo è un artista, ma ha anche il lato tirannico degli artisti, quindi rivela un carattere molto complesso", dice Abdul-Mateen II, laureato della Yale School of Drama che come amante di Shakespeare si è trovato benissimo con Luhrmann.

Infine, l'emergente Mamoudou Athie, un altro laureato della Yale School of Drama, veste i panni di Grandmaster Flash, l'eroe della vita reale che fa da mentore a Shaolin. Flash ha lavorato pazientemente con Athie per essere certo che il suo ritratto fosse il più accurato possibile, visto che per sua ammissione l'attore ha dichiarato di non aver mai toccato un giradischi in vita sua.

"La maggioranza dei nostri attori ha un'età compresa tra i 15 e i 22 anni e per loro, figli del XI secolo, non è stato affatto facile imparare l'hustle, la breakdance o lo slang di un'era completamente diversa", spiega George. "Posso affermare però che sono stati tutti all'altezza e si sono immedesimati nello spirito dell'epoca."

"Gli spettatori potranno trovare delle affinità con un personaggio o con un altro, ma ognuno di loro ha dentro di sé la stessa purezza di cuore e la stessa energia", riflette Guardiola.

Armonizzare tutti gli aspetti storici con i talenti del gruppo di artisti a disposizione è stata "una continua fonte d'ispirazione, innanzitutto perché l'argomento di base non smette mai di affascinarmi", ammette Guirgis, "e in secondo luogo perché ogni membro del team di sceneggiatori, attori, musicisti e ballerini ha una sua storia da raccontare e Baz ha il dono di saper riunire le persone giuste. Per me è stato un onore scrivere per attori quali Jimmy Smits, Eric Bogosian, Ron Cephas Jones, Kevin Corrigan, Zabryna Guevera, Yolanda Ross e Branden Dirden perché avevo già ampiamente lavorato con tutti loro al NYC Theater. In più, i cinque protagonisti, tutti giovani attori, sono stati incredibili e hanno accettato ogni sfida. Traevo ispirazione dal cast eccezionale e dalla natura personale e coinvolgente della materia trattata per poter scrivere qualcosa di degno e il più fedele possibile allo spirito dell'epoca che cercavamo di ricostruire con tanta passione". 

L'AMBIENTAZIONE: NON SOLO BRONX

Gli esterni di The Get Down sono stati girati in parte nel Bronx ma anche a Manhattan e a Brooklyn, mentre nei teatri di posa di Glendale, nel Queens, la troupe ha utilizzato uno spazio di circa 14 mila metri quadrati per la ricostruzione degli elementi storici del periodo.

"Abbiamo costruito di tutto, da una stanza del Chelsea Hotel al muro esterno di un palazzo con tanto di scala antincendio, fino a una discoteca all'interno di un edificio fatiscente", spiega Martin. "Eravamo sempre impegnati a costruire una parte della scenografia."

I membri del cast sono stati particolarmente felici delle riprese nel Bronx, dove hanno girato all'interno della storica Andrew Freedman Home e dove hanno scoperto degli scorci di quartiere ancora quasi immutati nel tempo.

"Gli abitanti del Bronx sono così entusiasti del progetto e personalmente adoro la loro energia", ammette Abdul-Mateen II. "Noi lo consideriamo un posto sacro e vogliamo fare del nostro meglio per rispettare le persone di quell'epoca, le loro case e i loro luoghi."

I giovani attori raccontano che in ogni ripresa la troupe aveva la sorprendente capacità di ricreare alla perfezione un'era in cui non erano nati.

"Quando vedi tutte le comparse, la gente che balla, la musica, le luci… improvvisamente ti trovi e ti senti negli anni '70", rivela Guardiola.

"L'energia che si crea è autentica. A casa la sera posso dire con certezza di aver partecipato a qualcosa di storico", aggiunge Moore.

LA MUSICA: MR. BOOKS, I BEAT, LE RIME E LA DISCO

Come in tutte le produzioni di Luhrmann, anche in The Get Down la musica è un elemento vitale. A proposito della produzione musicale di The Get Down, il supervisore musicale Stephanie Diaz-Matos rivela: "La direttiva principale di Baz è che la musica e il racconto sono correlati, quindi devono essere sviluppati insieme. Spesso 'la canzone giusta' facilitava l'intera sceneggiatura e dava il via alla produzione".
"Baz è profondamente coinvolto in ogni aspetto della realizzazione musicale, dalla scelta degli artisti alle note che decidiamo di cantare insieme, fino al missaggio o alla determinazione degli intervalli tra i brani della colonna sonora", confida Wheeler. "Ci affidiamo alla più totale collaborazione ed è spesso impossibile identificare chi crea cosa. La sua capacità di immaginare il racconto attraverso la musica è un grande aiuto per un compositore, vista la miriade di sfaccettature musicali proposte, tutte al servizio della narrazione. Non importa che si tratti di musica originale, canzoni, hip-hop, danza, effetti speciali, dialogo o montaggio. Per lui il processo è unico e ogni elemento si fonde nel successivo. Questa visione permette di creare un prodotto musicale a cui non si potrebbe mai arrivare con un metodo puramente basato sulla composizione."

Dal punto di vista narrativo, The Get Down ha luogo negli anni dal 1977 al 1979, ma ogni episodio è introdotto dal narratore della serie, Mr. Books, cioè Books nel futuro immaginato come icona hip-hop moderna della metà degli anni '90. L'MC crea rime sul suo passato e si pone domande sul presente di fronte a un pubblico da tutto esaurito. "Come mantieni un legame con le tue radici mentre spieghi le ali?", si domanda Luhrmann. "È questa la domanda fondamentale che ricorre in questo progetto quando appare in scena il leggendario rapper degli anni '90: si riferisce a qualcuno che l'ha aiutato anni prima nella sua carriera o sta parlando di se stesso?"

Il produttore esecutivo Nas ha creato le rime rappate di Mr. Books e ne esegue il rap, mentre il vincitore di Tony Daveed Diggs (Hamilton) interpreta il personaggio in carne ed ossa. "Siamo stati molto fortunati ad avere Nas tra i nostri produttori esecutivi", ammette Wheeler. "È estremamente gratificante far parte di una progetto dove avverti che l'esperienza culturale passa da una generazione di grandi della musica all'altra e vedere che ciò che creano influisce su quello che altri scrivono in una sorta di autorinnovamento continuo e con il sostegno di tutti per la creazione di qualcosa di unico. È come assistere a un concentrato di avvenimenti storici incorporato in un'unica opera. Tutti questi grandissimi talenti sono entrati subito a fare parte della narrazione in modo naturale, intrecciandosi immediatamente con il processo filmico."
Relativamente allo scrivere allo scrivere per un personaggio, Nas spiega: "Ho scritto musica per altri personaggi solo in canzoni quali 'Sekou's Story', ma qui siamo in TV e si usa un approccio diverso, per me completamente nuovo. Non mi tiro mai indietro davanti a una bella sfida e questa è una delle maggiori che ho dovuto affrontare."

"Lo spirito del campionamento, del collage, è quello voluto da Baz per evocare l'essenza dell'hip-hop ed è finito nella colonna sonora. Ci sono diversi livelli: canzoni che sfumano in musica di sottofondo, poi si allungano creando nuovi pezzi per l'album e canzoni create per sembrare originali del periodo, mischiate nelle scene con veri pezzi dell'epoca. Penso che Elliott e Baz trattino la musica come Flash ha sempre trattato i suoi dischi: gran lavoro di mani, graffiate, scomposizioni e creazione di qualcosa di nuovo", continua Diaz.

Una delle tecniche essenziali impiegata in The Get Down è quella che il team musicale chiama "l'intreccio". Wheeler, che ha lavorato con Baz all'adattamento teatrale di 'Strictly Ballroom – Gara di ballo', spiega: "L'intreccio è un espediente che ci permette di utilizzare la musica per combinare diversi livelli di narrazione in apparenza separati ma con una linea tematica simile. Bah s'intende di opera, un campo dove quest'espediente viene ampiamente usato, e lo applica senza soluzione di continuità anche alle produzioni cinematografiche. Ciò significa che a volte possono sussistere contemporaneamente anche quattro linee narrative che, se viste come movimento corale con la presenza di contro-melodie inserite in un arco esteso e non come pezzi singoli, consentono di raggiungere un effetto drammatico impossibile da ottenere usando la linearità. Si tratta di un processo che richiede molto tempo ed energia perché dobbiamo ideare il concetto musicale o coreografico prima o contemporaneamente alla sceneggiatura, quindi dobbiamo creare il copione che riassuma il tutto (attività in cui il nostro team di sceneggiatori eccelle), creare un modello da poter riprodurre in successione e quindi filmare sul sottofondo dei ritmi individuati. I responsabili del montaggio operano in base a tale struttura o riadattano la musica, ma tutto dev'essere in sintonia con il continuum concettuale. Sicuramente dal punto di vista musicale è una sfida ma si lavora su materiale estremamente gratificante ed è entusiasmante vedere il risultato finale."

NESSUN PROBLEMA, C'È NAS

In qualità produttore esecutivo, Nas ha composto la musica originale per ogni episodio, oltre al brano simbolo della colonna sonora, "Rule the World". L'intera produzione è stata influenzata da Nas. "Quando abbiamo iniziato, abbiamo pensato fosse basilare ricollegarci alle storie dei 'padri fondatori'", dice Luhrmann. "Ma ugualmente importante era tracciare una linea di demarcazione tra quel periodo e il presente. Abbiamo capito che negli anni '90 la cultura hip-hop ha preso una direzione specifica più orientata al successo materiale, ma in origine l'hip-hop era un gesto creativo puro: l'arte per l'arte."

"Avevo bisogno di qualcuno in grado di scrivere partendo dal presente ma che riconoscesse al tempo stesso come ci si fosse arrivati. Nas è rimasto molto colpito dai filmati che gli ho mostrato e ha deciso subito che per lui la serie era una priorità assoluta. Ogniqualvolta dovevamo riscrivere una rima o avevamo bisogno di lui alle prove per sostenere gli attori, non si è mai risparmiato dal punto di vista pratico, personale e spirituale", commenta Luhrmann.

"Sono nato e cresciuto nella Grande Mela. La New York degli anni '70 era molto diversa da quella di oggi, quasi un altro pianeta", spiega Nas in relazione alla sua adesione al progetto. "In quel momento stava nascendo una forma musicale che avrebbe cambiato il mondo. Le bombolette a spruzzo, le zone malfamate, la breakdance, il rapping e lo scratching sono tutti elementi di quel mondo e questo progetto ne è un perfetto omaggio."

LA DIVERSITÀ DEGLI STILI MUSICALI

"Il modo in cui Baz usa la musica si distacca da quello di chiunque altro", afferma George. "I copioni finali includono i testi delle canzoni e quando vengono eseguite non è una semplice performance: c'è emozione e movimento. Tutto ciò coreografato dalla mente di Baz: assolutamente inimitabile."
Nelle prime fasi di realizzazione della serie, George ha creato per Luhrmann una playlist di 300 pezzi degli anni '70 di ogni genere: punk, rock, R&B, hip-hop, jazz, disco, new wave. Alcuni sono stati scelti per gli episodi. Ad esempio, un pezzo disco del 1977 di C.J. & Co., "Devil's Gun", è diventato una sorta di tema musicale per Cadillac.

"È importante che la serie tratti della musica disco. A New York era dappertutto: nei club, nelle strade, tra i DJ", ribadisce George. "È proprio il contrasto tra le rime dell'hip-hop e l'ubiquità della disco che sta alla base di The Get Down."

Per quel che riguarda le rime rappate del periodo, Wheeler ha lavorato a fianco di Grandmaster Flash, Kurtis Blow, Rahiem, DJ Kool Herc e altri per assicurarne la precisione storica. Anche le composizioni, le colonne sonore e i successi da top parade sono tutti rientrati nell'universo sonoro di The Get Down. I consulenti, incluso Rahiem, hanno collaborato direttamente con i giovani del cast, componendo rime e insegnando loro come far rivivere lo stile degli artisti rap della fine degli anni '70.
"Per realizzare una colonna sonora dai canoni tradizionali, Baz ed io abbiamo deciso di partire da quelle dell'epoca per poi arrivare alle nostre sonorità", chiarisce Wheeler. "Le musiche realizzate per i film del periodo sono splendide e volevamo omaggiare i compositori che abbiamo sempre amato, tra gli altri: Jerry Goldsmith, Isaac Hayes, Herbie Hancock, Lalo Schifrin, Bobby Womack e J.J.Johnson, Morricone, Edwin Starr e Marvin Gaye. Dal punto di vista musicale volevamo esprimere qualcosa che affiorava sempre nelle nostre conversazioni con chi viveva nel South Bronx in quel periodo: il fatto che mentre il resto del paese e del mondo vedeva un paesaggio di degrado e privazione, agli occhi dei locali era un luogo di possibilità e avventura. Le forze che dall'esterno davano impulso alla sopravvivenza, alimentavano anche un'incredibile creatività e un senso di comunità, tanto pacifica quanto violenta, che si rifletteva nella nascita di questa nuova musica, nella cultura delle gang, nella proliferazione e condivisione di nuove idee che hanno finito per dar vita a quello che si è rivelato il fenomeno culturale dominante degli ultimi 40 anni."

La cultura pulp degli anni '70, dai fumetti ai film di arti marziali, ha influenzato la partitura musicale. "Volevamo che i nostri personaggi si sentissero i supereroi di quel luogo e di quel tempo, che un semplice viaggio in treno potesse trasformarsi in un'epica avventura in terre sconosciute. I loro eroi, da Grandmaster Flash a DJ Kool Herc e Afrika Bambaataa, per loro non erano semplici innovatori musicali, ma dei guru, dei titani della comunità locale.  Volevamo dare allo spettatore la possibilità di vedere il mondo con gli occhi dei personaggi e ci siamo serviti della stilizzazione musicale dei film d'azione e di kung fu, vero punto di riferimento di quei ragazzi in crescita, come chiave di lettura di quel mondo. Shaolin Fantastic, lady killing romantic, non è solo un truffatore di strada, è una magica figura avvolta nel mito che può fare a meno delle apparizioni pubbliche in quanto già immortalato dai suoi epici graffiti, una figura intermedia tra Bruce Lee, Superfly e un discepolo di Grandmaster Flash. Per le sue sonorità, lo volevamo intriso di quelle correnti musicali. Abbiamo utilizzato molti dei migliori musicisti di NY, i componenti dei Dap Kings e i loro amici, oltre che grandi orchestre sinfoniche, per creare un nostro sound ispirato profondamente alle colonne sonore degli anni '70 realizzate in qualche iconico studio di registrazione newyorchese del tempo. Il livello e la complessità delle sessioni di produzione musicale ha superato di gran lunga ogni progetto precedente: tutta la musica che sentite in questo primo atto viene eseguita per la maggior parte dal vivo", sottolinea Wheeler.

IL GUARDAROBA: DAL DENIM ALLE PUMA

L'immane compito di realizzare gli abiti di The Get Down è stato assegnato alla costumista Jeriana San Juan (The Americans, Saturday Night Live, Smash), una professionista in grado di sopravvivere ai ritmi serrati della televisione, ma anche esperta di musical e drammi in costume.

"In un certo senso ero abituata a un diverso modo di lavorare", ammette Martin, che è stata la costumista di Moulin Rouge!, Australia e Il grande Gatsby di Luhrmann. "In TV si lavora sodo perché non hai il lusso dei tempi di preparazione concessi nel cinema."

Per The Get Down, San Juan dice che Luhrmann voleva esprimere un senso di autenticità, ma anche di realismo accentuato, come se la storia fosse vista con gli occhi dei giovani personaggi.

"Volevamo promuovere l'idea che nonostante sia una zona povera, le persone conservano ricordi positivi di quel periodo, e ci tenevamo a dare alle cose un aspetto veritiero, vivace e fresco", spiega la costumista.

Ciò premesso, la maggior parte degli abiti è stata confezionata su misura. In collaborazione con Martin e Luhrmann, San Juan ha contribuito alla creazione di un look particolare per ogni personaggio e così Ezekiel indossa per lo più capi di colore blu, mentre Shaolin preferisce il rosso.

"È il più elegante tra tutti i ragazzi ed è diventato la principale icona degli albori dell'hip-hop", racconta San Juan di Shaolin. "Per Books, abbiamo usato delle giacche che erano soliti indossare gli autori del periodo. Lui li considerava come dei supereroi."

"La sua evoluzione si vede anche attraverso gli abiti", spiega Moore parlando Shaolin. "Non appena li indosso, divento Shaolin. Se a casa m'infilo dei calzettoni rossi, lo sento riaffiorare."

San Juan confessa che tra i suoi abiti preferiti ci sono quelli di Dizzee, interpretato da Jaden Smith, principalmente perché è l'artista visivo del gruppo. Nel suo abbigliamento c'è molto denim e tanti abiti militari usati, spesso adattati o risistemati in modo che, come dice San Juan, "possa usare se stesso come la tela di un quadro".

"È successo che abbia dato a Jaden una tuta da volo su cui disegnare a piacimento oppure che la dipingessi io con qualcosa di interessante e lui ci aggiungesse una poesia sulla schiena", rivela la costumista. Per uno degli abiti simbolo di Dizzee, un giubbotto in denim senza maniche, ha ingaggiato la famosa graffitista Lady Pink che ha creato un disegno personalizzato sulla schiena.

Il guardaroba ispirato allo stile disco di Cadillac, interpretato da Abdul-Mateen, non potrebbe essere più distante dagli abiti di Dizzee, ma è altrettanto memorabile. Fan delle stampe animalier e degli abiti su misura, Cadillac non passa mai inosservato.

"Lui è molto intelligente e vuole distinguersi, quindi i suoi vestiti devono fare colpo", afferma Abdul-Mateen II. "A ogni sua apparizione, tutti si voltano chiedendosi: "Chi è quello?'"

Dagli occhiali da sole personalizzati di Papa Fuerte (con tanto di bandiera portoricana) alle Puma in camoscio rosso di Shaolin, fino ai sandali con tacchi in legno stile disco di Mylene, la serie non tralascia alcun dettaglio, accuratamente ripreso da Luhrmann per la gioia dello spettatore.

"A Baz piace riprendere un personaggio da capo a piedi e lo fa col suo talento innato dietro la cinepresa", afferma San Juan. "Per ogni personaggio ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo creato un look a 360º gradi."

Gli abiti stilizzati degli anni '70 hanno finito per influenzare la vita degli attori. "Vi giuro che ho cominciato a vestire in modo diverso", ammette Moore. "Ora vedo i pantaloni a zampa d'elefante sotto un'ottica completamente diversa."

"Terminate le riprese voglio acquistare tutti i miei costumi di scena e magari indossarli quando vado in giro", aggiunge Athie.

LA COREOGRAFIA: DAI B-BOYS AI PATITI DELLA DISCO (E OGNI FORMA INTERMEDIA)

Di per sé, la presenza dei famosi fratelli coreografi Rich e Tone Talauega ha contribuito a elevare il livello di The Get Down. Abituati a lavorare con Michael Jackson, Madonna, Jennifer Lopez, Usher, Gwen Stefani e in pratica qualsiasi altra superstar, il duo ha regalato al progetto la propria esperienza e versatilità.

"Sono fondamentali per il programma. La loro capacità di gestire una grande varietà di stili diversi è stata basilare", dichiara George.

Luhrmann ha ingaggiato i due dopo aver ammirato il loro lavoro in diversi progetti, incluso il documentario sulla danza Rize del 2005. I fratelli hanno subito legato col regista, rimanendo colpiti dall'ambito delle sue ricerche e dalla sua conoscenza dell'arte coreutica. 

Parlando dell'esperienza vissuta, Rich Talauega ha affermato: "Collaborare con Baz è stato un piacere. Sa quello che vuole ma lascia anche spazio alla spontaneità. Le sue lunghe ricerche preliminari hanno facilitato l'instaurazione di un ambiente di lavoro sereno permeato da una grande integrità artistica. Sulle modalità di narrazione della storia ci siamo quasi sempre trovati sulla stessa lunghezza d'onda. Se ne intende di danza e sa come intrecciarla con il racconto. È stata un'esperienza che mi ha insegnato molto. Certo che riuscire a mettere insieme un team del genere, guidato da un australiano, e catturare l'essenza del Bronx e di New York negli anni '70 è qualcosa di incredibile."

Rich e Tone si sono avvalsi di vari collaboratori per la consulenza su balli specifici. "Abbiamo chiamato Jeff Selby (new style hustle) e Willie Marine Boy Estrada (il padre putativo del latin hustle) per la consulenza sull'hustle. Ci hanno aiutato i B-boys Phantom & SAMO per il B-boying (breakdance) e Willie ha aggiunto anche un po' di stile latino del Bronx. Jose Xtravaganza è venuto per il vogueing, che ha un'importanza chiave in un episodio. In generale, un'ottima rappresentazione di NYC che ha reso tutto più autentico", spiega Rich.

Wheeler ha apprezzato la collaborazione tra esperti di musica e ballo: "Fin dall'inizio è apparso molto chiaro in che misura Baz volesse che musica e coreografia fossero integrate nella sceneggiatura. I nostri due incredibili coreografi, Rich e Tone Talauega, oramai diventati parte della famiglia, hanno partecipato a ogni fase del processo creativo, dalla scrittura alla produzione musicale a fianco di Baz e dei musicisti, per assicurare che gli arrangiamenti della musica avessero senso in relazione alla coreografia, fino alla vera e propria direzione sul set dei ballerini. La cooperazione tra i reparti è stata molto gratificante e mi sembra abbia permesso di creare momenti di grande naturalezza, pur mantenendo la massima precisione dal punto di vista della narrazione musicale, testuale e coreografica".

Rich e Tone sono rimasti ugualmente colpiti dal cast, composto da attori con o senza esperienza precedente nel campo della danza. "Insegnare ai millennial i balli degli anni '70 non è stata una passeggiata. La soglia di attenzione limitata e la dipendenza dai telefonini sono state un ostacolo da superare", denuncia Rich. "Ma in qualche modo ce l'abbiamo fatta, anche in virtù del materiale trattato, l'hip-hop, amato da tutti i ragazzi di oggi e di ieri. Si vedeva che imparare il 'vecchio stile' li stimolava. Durante le prove, musica e ballo sono riusciti a unire le diverse generazioni, consentendoci di portare a termine il nostro compito."

Molti attori hanno cominciato a sentirsi parte di una vera famiglia solo dopo aver cominciato a ballare insieme. "Nonostante la fatica, tra i momenti più belli ci sono state le prove fatte tutti insieme, con le interminabili ripetizioni di passi", afferma Guardiola. "Ci siamo detti: 'Non ci fermiamo finché non abbiamo imparato!'"

"Quando i ragazzi trovavano la giusta concentrazione per fare quanto richiesto, si creava una specie di magia", rivela Tone. "Finivamo sempre le riprese felici e contenti."
Anche per un ballerino esperto come Moore imparare la breakdance di The Get Down è stata una sfida, a volte dolorosa. Rich e Tone facevano e rifacevano le coreografie delle scene, pretendendo che gli attori provassero i passi finché non li imparavano alla perfezione.

"Il loro lavoro per me è sempre stato fonte d'ispirazione", dice Moore, aggiungendo: "Certo, i primi due mesi che facevo breakdance, il mio corpo era tutto dolorante: tutti quei movimenti di polsi e gambe e tutto quello stretching sono davvero pesanti".

Per qualcuno, lavorare con Rich e Tone ha rappresentato una trasformazione integrale. Prima di The Get Down, Abdul-Mateen II non aveva mai ballato. "Ora invece è il John Travolta nero", dice George ridendo. "Sotto la loro direzione è diventato un asso."

"Ci siamo trovati subito", confida Abdul-Mateen II. "Abbiamo buttato giù delle idee, pensato cosa avrebbe potuto funzionare e aumentato al massimo il volume della musica per ricreare l'energia del tempo. Sono riusciti a farmi scendere in pista e a farmi sentire a mio agio."

"Mi sono venute le lacrime agli occhi quando ho pensato al lungo cammino e alle sfide che quei ragazzi avevano affrontato sul set e quando il regista ha gridato: 'Azione!', sono stati eccezionali", aggiunge Rich.

BAZ E NETFLIX: UNA GRADITA COLLABORAZIONE

Quando un regista cinematografico molto attento come Baz Luhrmann accetta di lavorare a una serie di 12 episodi per Netflix, la qualità è assicurata a 360 gradi. Come nota San Juan, il risultato fa pensare più a "12 film di un'ora" che ai classici episodi di una serie. Lavorare con Luhrmann richiede una collaborazione tra tutti i livelli della produzione e grande fiducia da parte degli attori.

"Ha idee molto precise", dice Abdul-Mateen II. "Un regista come lui ti fa sentire a tuo agio perché sai sempre qual è l'obiettivo finale."
"È un regista stupefacente, così pieno di vita. S'impegna sempre al massimo e questa è la sua creatura, motivo in più perché anch'io dia il meglio di me", aggiunge Guardiola.

Con il sostegno di Sony Television, Baz ha incontrato diversi compratori interessati a The Get Down, ma ha pensato che Netflix fosse il canale di distribuzione giusto al momento giusto. Secondo Luhrmann: "Ci troviamo in un periodo di cambiamenti epocali nel modo in cui il pubblico vive la televisione. Non devi più attendere che ti venga servita la tua fetta di torta, ora puoi mangiare tutto il dolce in una volta, se preferisci. E ciò può essere molto stimolante. Lo ammetto, mi piacciono i dolci, almeno come metafora".

"Netflix mi ha chiesto se mi sarei lasciato coinvolgere totalmente utilizzando il mio consueto linguaggio e io ho risposto di sì". "Riconosco che per chi racconta storie come me è facile incontrare limitazioni nell'industria cinematografica relativamente ai dialoghi, ambito e percorsi narrativi dovuti al budget e ai tempi di ripresa. Il bello di Netflix, però, è il fatto che promuove attivamente il rischio creativo. Netflix ha a cuore la rilevanza culturale, cioè consentire all'opera di entrare a fare parte di un discorso culturale ed è esattamente ciò che m'interessa."

"Penso che il modello Netflix fornisca alle menti creative ampi margini d'azione", afferma Martin. "In una stagione di una serie puoi delineare mille personaggi, situazioni e luoghi diversi. La tua storia può permettersi di essere vera, divertente e incisiva ed essere espressa in un modo leggermente diverso da quello a cui siamo abituati con le reti televisive tradizionali."

"Non esistono molte altre reti così coraggiose da ideare e realizzare una serie sugli anni '70 nel Bronx", conclude Jaden Smith. "Per di più con un cast diversificato e giovani attori senza esperienza? Per fortuna esistono ancora i temerari."

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:
Impostazioni privacy