Locandina Arrival

Arrival (2016)

Arrival
Locandina Arrival
Arrival è un film del 2016 prodotto in USA, di genere Drammatico e Mistero diretto da Denis Villeneuve. Il film dura circa 116 minuti. Il cast include Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Nathaly Thibault, Mark O'Brien. In Italia, esce al cinema giovedì 19 Gennaio 2017 distribuito da Warner Bros. Disponibile in homevideo in DVD da mercoledì 10 Maggio 2017. Al Box Office italiano ha incassato circa 2812620 euro.

Quando sulla Terra arrivano alcune misteriose astronavi aliene, un'esperta linguista viene contattata dall'esercito per determinare se gli extraterrestri hanno intenzioni pacifiche o se rappresentano una minaccia per l'umanità.

L'atterraggio di navicelle aliene sulla terra pone un quesito all'umanità intera: guerra o pace? L'esercito chiama in causa un'esperta di linguistica (Amy Adams) per capire se le intenzioni degli invasori siano pacifiche o se, invece, rappresentino una minaccia. Con Forest Whitaker nei panni del colonnello Weber e Michael Stuhlbarg dell'agente Halpern. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 19 Gennaio 2017
Uscita in Italia: 19/01/2017
Data di Uscita USA: venerdì 11 Novembre 2016
Prima Uscita: 11/11/2016 (USA)
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller, Sci-Fi
Nazione: USA - 2016
Durata: 116 minuti
Formato: Colore
Produzione: 21 Laps Entertainment, FilmNation Entertainment, Lava Bear Films
Distribuzione: Warner Bros
Budget: 47.000.000 dollari (stimato)
Box Office: USA: 97.325.199 dollari | Italia: 2.812.620 euro
In HomeVideo: in DVD da mercoledì 10 Maggio 2017 [scopri DVD e Blu-ray]

Recensioni redazione

Arrival, la recensione
Arrival, la recensione
redazione, voto 9/10
Grazie ad un perfetto equilibrio tra tensione, drammaticità e fantascienza, Arrival risulta un film ben riuscito ed estremamente emozionante.

Immagini

[Schermo Intero]

Arrival è un thriller di fantascienza provocatorio del celebre regista Denis Villeneuve (SICARIO, PRISONERS). Quando un misterioso oggetto proveniente dallo spazio atterra  sul nostro pianeta, per le susseguenti investigazioni viene formata una squadra di élite, capitanata dall'esperta linguista Louise Banks (Amy Adams). Mentre l'umanità vacilla sull'orlo di una Guerra globale, Banks e il suo gruppo affronta una corsa contro il tempo in cerca di risposte – e per trovarle, farà una scelta che metterà a repentaglio la sua vita e, forse, anche quella del resto della razza umana.

"Sognavo di fare un film di fantascienza già dall'età di dieci anni – spiega il regista Denis Villeneuve, che si è letteralmente innamorato del breve racconto sui cui si basa Arrival, 'Story of Your Life' di Ted Chiang – credo che questo genere possieda il potenziale ed i mezzi per esplorare la nostra realtà in modo molto dinamico".

"Dopo essere stato contattato per la prima volta da Dan Levine e Dan Cohen per la realizzazione del film – dice Chiang – mi fecero arrivare un DVD del film di Denis, Incendies (2010), così che potessi farmi un'idea di quello che avevano in mente. Questo ha giocato un ruolo importante nella mia decisione di farmi coinvolgere nel progetto. Se mi avessero mandato una copia di un film di fantascienza convenzionale di Hollywood, probabilmente li avrei ignorati. Solo qualche anno dopo, Denis venne scritturato per dirigere il film ma era lui il regista che avevano in mente già dall'inizio".

Villeneuve si è avvicinato ad Arrival in modo diverso per una certa serie di motivi. Sebbene pensasse che 'Story of Your Life' era un  "materiale fantastico", semplicemente non aveva tempo per scrivere la sceneggiatura perché si trovava impegnato con le riprese di Prisoners (2013). "Non avevo tempo per scrivere una sceneggiatura – dice Villeneuve – e, ad essere onesti, non sapevo neanche affrontare quel racconto breve perché è molto intellettuale, in modo forte e bellissimo, ma da un punto di vista del dramma era un po' difficile da articolare perché parla di processi particolari".

Villeneuve ha lasciato la palla ai produttori, compresi I produttori esecutivi ed allo sceneggiatore Eric Heisserer, che aveva già lavorato ad un adattamento del racconto breve sin dall'inizio del processo di produzione. "Si sono presentati di nuovo qualche mese dopo con una sceneggiatura scritta da Eric Heisserer che era sorprendentemente buona – dice Villeneuve – dico sorprendentemente perché Eric era riuscito a romanzarlo e a creare un senso di tensione e dramma all'interno di quel processo di traduzione". Villeneuve aveva accettato.

Sebben Villeneuve fosse stato da sempre la prima scelta dei produttori per la regia del film, l'avventura di Arrival iniziò quando Heisserer, il suo amico produttore Dan Levine e il produttore esecutivo Dan Cohen, entrambi della 21 Laps (colleghi del produttore Shawn Levy nella compagnia di produzione dietro al sensazionale successo per la TV di Stranger Things), erano alla ricerca di un progetto a cui collaborare. Levine e Cohen erano grandi ammiratori della scrittura di Heisserer, perciò i tre si sono incontrati per discutere di alcuni progetti potenziali. Dopo due ore di discussione non erano ancora giunti a capo di nulla. Quando Levine chiese ad Heisserer che cosa lo avesse emozionato di recente, Heisserer suggerì la collezione di racconti brevi di Chiang, 'Stories of Your Life and Others' (2002, Tor Books).

"Ho preso il libro e leggendo mi sono imbattuto in 'Story of Your Life', rimanendo a bocca aperta man mano che ne seguivo la trama – spiega Levine – non riuscivo a credere quanto fosse bella la storia. Un pensiero si ripeteva nella mia testa 'questa è la cosa più strabiliante che abbia mai letto…spero che i suoi diritti siano ancora disponibili'. L'ho letto avidamente e poi ho dato la caccia a Ted Chiang".

Anche Heisserer è rimasto colpito dalla storia di Chiang. "La storia di Ted mi ha preso come poche altre prima – racconta Heisserer – non ho reputato le qualità della storia adattabili al racconto cinematografico, però ho provato qualcosa che non sentivo da parecchio tempo. Ha nutrito sia il cervello che il cuore. Mi ha dato da pensare e mi ha emozionato trattandomi con molto rispetto in qualità di lettore intelligente. Tutto sommato credo che lanci un messaggio ottimista all'umanità, e di conseguenza anche a me stesso".

"Io ed Eric non parlavamo della sceneggiatura mentre veniva scritta – spiega Chiang – mi ha gettato in anticipo l'esca con la sua idea della sceneggiatura, così che io potessi concedere il permesso di realizzarla. Devo confessare che quando ho scritto la storia, non l'ho fatto con la previsione di poterla trasformare in un soggetto cinematografico e ho avuto difficoltà ad immaginare come sarebbe stato un suo adattamento per il cinema. Quando ho ascoltato l'idea di Eric, sono riuscito a visualizzare il film che aveva in mente e mi è piaciuto, quindi gli ho dato il permesso di andare Avanti con la sceneggiatura del film. Una volta terminata, l'ho letta e ho aggiunto alcuni commenti. Nel corso degli anni la sceneggiatura ha subito alcune variazioni, ma perlopiù è rimasta come Eric l'aveva ideata in origine".

"La sceneggiatura è arrivata a me ed alla nostra compagnia, la FilmNation Entertainment, dagli amici della 21 Laps – dice il produttore Aaron Ryder, il quale aggiunge che la FilmNation è specializzata nella produzione di film per le persone adulte, come ad esempio Under The Skin, The Imitation Game, The King's Speech e Nebraska. "Questo è un film insolito perché Eric Heisserer lo ha scritto di proposito e i nostri amici della 21 Laps, Shawn Levy, Dan Levine e Dan Cohen, lo hanno sviluppato assieme a Eric. C'è qualcosa nella sceneggiatura che aggiunge un certo senso di realismo, che applicato alla fantascienza rende tutto piuttosto affascinante".

"Ciò che amo del racconto è il fatto che contiene diverse sfaccettature –  spiega Villeneuve – quella che mi ha toccato di più è il contatto con la morte di qualcuno. Cosa succederebbe se sapeste in che modo state per morire e quando morirete? Quale sarebbe il vostro rapporto con la vita, l'amore, la famiglia gli amici e la vostra società? Essere maggiormente in relazione con la morte, in modo intimo con la natura della vita e le sue   sfumature, ci farebbe diventare più umili. L'umanità adesso ha bisogno di questa umiltà. Ci troviamo in una era in cui regna il narcisismo. Siamo ad un punto in cui siamo pericolosamente scollegati alla natura. Questo è ciò che il racconto breve ha significato per me – un modo per tornare ad avere un rapporto con la morte, la natura e il mistero della vita".

I PERSONAGGI

D.ssa LOUISE BANKS (Amy Adams)

"La storia di Arrival è incentrata su Louise Banks, linguista di una università del nordest degli Stati Uniti – dice Villeneuve -viene reclutata dal governo U.SA. per addentrarsi in una di quelle navicelle spaziali, entrare in contatto con gli alieni e cercare di tradurre e capire lo scopo della loro visita. Si tratta della relazione con una civiltà diversa".
"Conosciamo il personaggio di Louise grazie alla sua storia con la figlia, che una delle parti del film che preferisco – dice Villeneuve – la Adams dona al suo personaggio molta umanità, profondità ed una bellissima vulnerabilità, la malinconia che stavo cercando. Vediamo una donna in lutto per la perdita della figlia. Si capisce che è una persona che non ha più nulla da perdere. Molto bella da vedere, triste ma allo stesso tempo bellissima. Non avendo più nulla da perdere, si tuffa con coraggio in questa avventura".
La perdita di Hannah, sua figlia, è fondamentale per capire chi è Louise ed è una parte nevralgica della storia, infatti la storia viene raccontata come se Louise stia raccontando ad Hannah la storia della sua vita. "Hannah è la figlia di Louise e per lei è molto speciale – spiega la Adams – quando il pubblico incontra per la prima volta Louise, la vede che tenta di elaborare il lutto per la morte della figlia, confrontandosi con l'amore e la perdita di quella persona tanto amata da lei".
"Lei è un'intellettuale, vive in una università, non possiede nulla tantomeno le attrezzature per entrare in contatto con persone che vengono da altri mondi – spiega Villeneuve – non ha idea di cosa stia succedendo, ma va comunque dove viene mandata con coraggio. Il suo personaggio è molto coraggioso, pronto a mettere la sua stessa vita a rischio perché sente che c'è qualcosa di più bello, di più profondo con cui instaurare una relazione".
"La storia contiene diversi elementi, uno di questi è quello conosciuto come l'ipotesi di Sapir-Whorf, che afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla – spiega Chiang – la protagonista della storia è una linguista che gradualmente impara il linguaggio alieno, che le cambia il modo di comprendere la sua vita".
"Lo sviluppo del racconto breve, della sceneggiatura e del film era affascinante – spiega Levine – spero che si comprenderà il senso del suo assorbimento del linguaggio. La teoria di Sapir-Whorf afferma che se si inizia ad imparare una lingua, si inizierà a sognare e anche a pensare in quella lingua. A circa metà del film, apprendiamo che loro riescono a scrivere una frase simultaneamente con entrambe le mani. Conoscono la fine della frase mentre stanno scrivendo il suo inizio. Mentre Louise cerca di scrivere nella loro lingua alla sua maniera, le sinapsi del suo cervello iniziano a collegarsi con il linguaggio e con il suo modo di pensare. Più impara il loro linguaggio, più i suoi pensieri diventano confusi. Inizia ad avere non proprio interruzioni psicotiche, quanto vividi flashback del suo passato. Perché questo linguaggio le porta alla mente ricordi della figlia che ha perso?"
Per prepararsi al ruolo, e capire cosa fa veramente un linguista, la Adams ne ha incontrato uno. "Ho incontrato un linguista e ho capito che è impossibile imparare tutto quello che un linguista conosce – dice la Adams, aggiungendo che c'è un motivo se bisogna studiare tanto. Ha imparato che essere un linguista è molto diverso dall'essere un traduttore – la cosa che mi ha aiutato a sbloccarmi è che ci sono diversi tipi di linguistica. Il linguista che ho conosciuto io parla solo due lingue e quindi mi sono sentita sollevata".
"Sebbene anche il mio personaggio parli un paio di lingue – continua la Adams – studia il significato antropologico delle lingue e delle culture, come la gente parla tra di loro e come le lingue hanno origine. Ho letto molto sull'argomento e mi sono resa conto che non potrei mai essere una buona linguista, ma sono rimasta affascinata e divertita da quell'aspetto. Non capivo proprio, da un punto di vista sociologico, cosa facessero i linguisti e cosa fosse la linguistica, perciò mi sono divertita parecchio ad apprendere le basi. Adesso capisco molto meglio come sia riuscita a decifrare il loro linguaggio".
Ma per decifrare un linguaggio alieno serve molto di più che conoscere i linguaggi umani. Non importa come diverse tribù pensano e comunicano, non c'è paragone rispetto alla differenza di linguaggio di specie diverse di pianeti diversi. Oppure quale relazione abbia la lingua scritta e parlata dagli alieni tra di loro.
"Louise capisce che non c'è relazione tra il modo in cui gli alieni parlano e quello che scrivono sulla tavoletta – spiega Villeneuve – la sua esperienza dopo alcune sessioni, la porta a pensare che tra di loro non c'è relazione. Quindi, lei si concentra sulla loro scrittura, perché per lei è impossibile decifrare il loro modo di parlare".
Villeneuve pensa che tra Louise e gli alieni ci sia anche un altro tipo di comunicazione. "Lei viene aiutata a capire dagli alieni per mezzo della telepatia – spiega il regista – perché lei è quella che è stata scelta. I linguisti che entrano nella navicella hanno una relazione con gli alieni, che li influenzano e li aiutano a dare una prima occhiata, il primo passo per decodificare il loro linguaggio. La scrittura contiene alcuni schemi e, come per ogni altra lingua, cercano di scoprirli commettendo numerosi errori. In verità, un certo dramma del film viene scatenato da uno di quegli errori".
La Adams ha trovato che l'esperienza le ha dato una maggiore conoscenza del mondo che la circonda ed il suo modo di concepire la comunicazione. Dice anche di aver appreso molto osservando sua figlia. "Penso molto al linguaggio e di come informi la società – dice la Adams – guardando mia figlia e gli altri bambini, viene spesso in giro per il mondo assieme a me quando lavoro, che non parlano la stessa lingua ma che riescono comunque a comunicare, trovando naturalmente le parole che hanno in comune, si inizia ad apprendere che la comunicazione ed il linguaggio si basano su molto di più che sulle sole parole che conosciamo. Ho iniziato a vederla in quell'ottica ed è bellissimo".

IAN DONNELLY (Jeremy Renner)

"Si tratta di una storia di conoscenza raccontata attraverso gli occhi del personaggio di Amy Adams, una linguista che viene arruolata per cercare di comunicare con gli alieni – dice Renner – io vengo reclutato come l'altra faccia del team, un fisico che si occupa della comunicazione attraverso la matematica. La parte del personaggio che mi interessava, era il fatto che fosse lontano da tutto quanto avesse mai fatto in precedenza. Era un prodotto della parte sinistra del cervello, tutto matematica e scienza".
Renner dice di essersi avvalso dell'aiuto di alcuni esperti che lo hanno aiutato ad apparire convincente nel ruolo dello scienziato, e che la comprensione della programmazione, dei linguaggi di computer e dei codici binari, gli sono stati d'aiuto per imparare i rudimenti della fisica. Dice che Villeneuve puntava a rendere i termini scientifici che compaiono nel film, accessibili per il pubblico e non tediosi o pedanti.
Lui e Villeneuve hanno discusso del ruolo. "Mi ha detto quello che non voleva – dice Renner – non voleva che fossi il tipo insignificante che siede alla sua scrivania a scrivere e lavorare al computer. Voleva che il mio personaggio avesse una vita effervescente e di personalità. Che era esattamente come lo vedevo io. Istantaneamente ho avuto l'immagine di Richard Dreyfuss ne Lo squalo".
"Ha dato ironia al personaggio, nel senso buono, e una bella energia. Il film ne aveva bisogno – dice Villeneuve – perché Amy era più malinconica, un personaggio che attraversa un momento buio e disturbato. Lei inizia a comportarsi in modo strano, entrare in contatto con gli alieni sta cambiando il suo modo di vedere il mondo, ed è confuse e smarrita. Avevo bisogno di qualcuno aggrappato alla realtà e che portasse dinamismo e humor al film. E lui ha fatto un ottimo lavoro".
La relazione tra Louise e Ian si evolve nel corso del film. "Provengono da diverse scuole di pensiero – dice Renner – ma con il passare del tempo imparano ad accettare ognuno il pensiero dell'altro, specialmente parlando con Abbot & Costello (gli alieni). Entrambi imparano qualcosa di veramente bello".
"Tra di noi c'è una bella alchimia perché siamo molto amici. Ci fidiamo ed amiamo l'un l'altro – dice Renner a proposito del recitare accanto alla Adams – a volte capita che discutiamo per venire a capo di qualche situazione. Di solito lo facciamo in modo costruttivo e spesso siamo sullo stesso piano nello stabilire come fare una cosa in modo autentico. Lavorare con persone molto brave in quello che fanno, rende il lavoro molto più facile".
Alcune delle scene preferite da Renner, sono quelle più tranquille in compagnia della Adams. "Le scene come quella nel retro del camion assieme a Amy, sono state intime e bellissime – dice Renner – si tratta più di loro due che non del caos che li circonda. È la calma prima della tempesta".
I due si avvicinano per mezzo dell'esperienza insolita che condividono, nel tentativo di parlare agli alieni e la loro reazione personale è unica riguardo qualcosa di così strano. "Tutto è una meraviglia e degno di rispetto, oltre che stimolante al massimo – dice Renner – infatti finisce che lui vomita. Non riesce a metabolizzare quello che sta vedendo. È difficile spiegarlo con le parole". Levine aggiunge, "Durante lo svolgersi della storia, li vediamo iniziare ad avvicinarsi mentre iniziano ad apprezzare l'approccio di uno verso l'altro. Si rendono anche conto che sono entrambi coinvolti in una cosa impossibile – dice il produttore – mentre nel mondo sale la tensione, iniziano veramente a fare affidamento l'un l'altro per risolvere il problema che hanno in comune".
"Adoro lavorare con Jeremy – dichiara Whitaker – è una persona corretta e fiduciosa. Il suo personaggio è interessante perché è cerebrale e emozionato da quanto sta succedendo. Jeremy è capace di esprimere tutto questo in modo solido. Non so se ne sarebbe capace chiunque. Riesce a fare cose veramente complicate, come entusiasmarsi come un bambino pur rimanendo fedele al fatto di essere un professionista adulto. E comunque si nota il suo divertimento".

COLONNELLO WEBER (Forest Whitaker)

"Il Colonnello Weber fa parte dell'Intelligence Militare e quando lo vediamo per la prima volta, è occupato a cercare un sostituto linguista, poiché il precedente non aveva retto alla pressione – spiega Whitaker – quindi intervista Louise per capire se sia capace di svolgere quel lavoro. Quella è la prima scena in cui lo vediamo. Sta formando un team di specialisti, un linguista per scavalcare le barriere della comunicazione ed un fisico per provare a comunicare con i numeri, quindi ritiene di avere gli strumenti necessari per comprendere gli alieni".
Renner conosce Whitaker perché hanno già lavorato insieme. "Lo conosco da tempo perché abbiamo lavorato insieme nel 2005 – dice Renner – è una persona molto tranquilla e gentile. Un attore molto dotato. Ha dato umanità e intelligenza al suo personaggio, che poteva diventare molto difficile. Ma lui è un tipo molto intelligente".
"Tutti sanno che è uno dei migliori attori viventi – dice un entusiasmato Villeneuve – Forest Whitaker è un maestro, e io l'ho visto, perché aveva la parte più difficile del film. Il Colonnello Weber è un personaggio che è stato descritto con difficoltà, perché a volta si comporta come un ostacolo sulla scena, un personaggio abrasivo. Sulle pagine del racconto non aveva molta profondità ma Forest è riuscito ad aggiungere al personaggio solennità, saggezza e dimensione, in un modo che mi ha molto impressionato. Non era facile per Forest, c'era molto lavoro da fare sul set e io gli sono grato. È stato molto generoso".
Villeneuve e Whitaker hanno discusso il ruolo. "Quando Denis mi ha parlato del Colonnello Weber, spesso era sul fatto che in qualche modo impersonava una figura paterna nel film – dice Whitaker – lui li protegge, supervisionando il loro lavoro, incoraggiandoli e li aiuta a superare le loro paure e a comprendere il proprio potenziale".
Whitaker ha trovato impegnativo impersonare quello che descrive come una "autorità tranquilla e rassicurante – continua – è stato difficile interpretare la figura paterna, riuscire a rimproverare ma con una forza calma".
"È una figura dubbiosa, uno che rappresenta il senso comune anche sotto pressione – aggiunge Villeneuve – lui è quello che si confronta con la pressione da parte del governo e della popolazione. Cerca di proteggere tutti e di essere un buon leader. Ha dato la dignità che volevo desse al personaggio".
Per il suo ruolo, Whitaker ha compiuto alcune ricerche. " Ho cercato di imparare cosa fanno i linguisti, per capire di cosa stavamo parlando in modo tecnico – spiega Whitaker – vevo già interpretato ruoli militari, così stavolta non ho dovuto impiegare molto tempo recandomi sul posto per esercitarmi, però ho conversato con diversi militari e gli ho posto domande specifiche, spesso riguardo a una data scena. Uno dei personaggi, un agente della CIA, estrae la sua arma e io volevo capire come dovevamo reagire. Ho pensato che fosse utile per me e per tutti ottenere una certa risposta, così lui ci ha spiegato alcune cose che probabilmente avrei dovuto dire, ad esempio, quando l'agente Halpern punta la pistola sul personaggio di Amy. Le intima di chiudere la conversazione al telefono con qualcuno in Cina. Tutti gli altri puntano le loro armi su di lui e se lui non obbedisce ai miei ordini saremo costretti a fare fuoco. Questa semplice e piccola cosa è stata interessante".
Ad ogni modo, il ruolo del Colonnello Weber non è completamente benevolo e mette pressione su Banks Donnelly per andare nella direzione che da soli non avrebbero scelto. "Continua a spingerli – dice Whitaker – e alla fine quando insiste per comunicare la parola 'arma' agli alieni, si innesca una serie di eventi disastrosi".

AGENTE HALPERN (Michael Stuhlbarg)

"Michael è un attore che ho amato nel film dei Fratelli Coen, A Serious Man – spiega Villeneuve – ero così entusiasta che avesse accettato la parte. Il modo in cui era descritto l'agente della CIA Halpern era un po' monocorde, aveva solo un colore. Michael invece ha dato personalità ed intelligenza al personaggio, brio e densità che non erano nelle pagine del racconto".
"Quello che mi ha stimolato era l'opportunità di capire chi fosse questo tipo criptico – dice Stuhlbarg – ho seguito le indicazioni di Denis. Poi ho suggerito alcune idee, come ad esempio che tipo di aspetto avesse, a chi si ispirasse, ma alla fine lo abbiamo scoperto scena dopo scena. Sono curioso di conoscere il risultato, perché a volte in questo lavoro si hanno convinzioni su cosa si pensa di voler fare. Questa era l'occasione in cui volevo collaborare con il regista, pur cercando di soddisfare la sua visione all'interno di una visione maggiore di come sarebbe venuta la scena. È stato assolutamente divertente".
Anche lui ha svolto delle ricerche. "Ho conosciuto un ex membro della CIA e gli ho posto diverse domande riguardo le mie responsabilità – spiega Stuhlbarg. – mi ha suggerito di leggere il libro di James Olson, 'Fair Play' che parla dell'implicazione morale nello spionaggio, che è risultato interessante per comprendere la vita del personaggio. Mi sono crollati alcuni miti sul tipo di persone che lavorano per la CIA. Ce ne sono di tutti i colori, non c'è un comportamento tipico della CIA. Questo per me era interessante, tentare di dissipare i miti e trovare umanità dietro persone chef anno un sacco di domande e il loro interesse primario è quello di reagire a quanto sta succedendo".
"Lui rappresenta il governo, quindi è gli occhi e le orecchie del Presidente e del Dipartimento di Stato – spiega Stuhlbarg – per cercare di capire gli altri personaggi, diventa una sorta di ostacolo per loro. Ho pensato che poteva diventare divertente. È sconcertato come gli altri su quanto sta succedendo, ma allo stesso tempo il suo lavoro richiede di accumulare informazioni con regolarità e provare a valutarle. In questo caso si tratta di visitatori dallo spazio. È abituato a lavorare sotto stress. Non importa cosa succede, riesce a valutare il da farsi e prende decisioni logiche anche sotto pressione. Questo è ciò che fa sempre".
Il suo rapporto con il Colonnello Weber è professionale. "Per il Colonnello Weber, è lui il capo qui, sono un ospite a casa sua – spiega Stuhlbarg – ma allo stesso tempo sono le orecchie del governo. È uno di quei rapporti di amore odio che spesso succede fra militari e CIA. Chi ha il potere in quel dato momento? Chi comanda? Cosa dobbiamo sapere, di quali informazioni abbiamo bisogno, per andare dove vogliamo andare tutti quanti?"
"Una delle parti interessanti della storia, è il fatto che queste navicelle sono in sosta a mezz'aria in dodici diversi punti del globo – dice Stuhlbarg – una delle cose più difficili della vita in generale, è la comunicazione tra di noi nella nostra stessa lingua. Dover comunicare con altri paesi, con altri costumi, culture, credenze e superstizioni, e provare a estrarre conoscenza da paesi che potrebbero essere nostri nemici, rappresenta una sfida impegnativa ed interessante".
"Ieri abbiamo girato una scena, che sulle pagine sembra essere di appena sette righe scarabocchiate dallo sceneggiatore, ma che si sono rivelate scene di azione fisica. Qualcosa che magari neanche ha attirato la tua attenzione mentre la leggevi, ad un tratto è diventata una cosa gigantesca – racconta Stuhlbarg, impressionato dalla portata del film mentre veniva realizzato – c'erano 150 uomini e donne vestiti da capo a piedi con abiti da lavoro, che trasportavano enormi scatole qui e là, è fondamentalmente l'evacuazione dello spazio che avevamo requisito nel mezzo di una prateria, perché pensavamo di dover essere attaccati da un momento all'altro. Perciò, quello che sembrava ininfluente sulle pagine, è poi venuto alla vita in modo eccezionale".

CAPITANO MARKS (Mark O'Brien)

"Io interpreto il Capitano Marks – dice Mark O'Brien – la prima volta che appare nel film è quando incontra i personaggi di Jeremy e Amy. Lui sarà la loro guida nell'avventura, conducendoli all'incontro con gli alieni. Li accompagna in un mondo a loro ancora sconosciuto. Non sanno dove stanno andando, non hanno mai visto niente di simile in vita loro e non fanno neanche parte dell'esercito. Neanche si conoscono tra di loro e vengono catapultati in una situazione del genere. In loro c'è molta confusione e tutto è nuovo".
"Ho sempre interpretato personaggi grandi e presuntuosi – dice O'Brien – questa volta sono una persona regolare, riservata ma forte e per me è tutto diverso, una bella sfida. Nel film ci sono molti momenti statici, dove si sta semplicemente fermi in scena e il più delle volte supporto gli altri attori con la mia sola presenza. A volte non devo neanche parlare, devo solo stare lì e vivere l'esperienza assieme a loro".
O'Brien dice che Villeneuve compara Captain Marks a uno squalo in una vasca. "Il suo modo di reagire è riservato e calmo, ma dentro è pronto a tutto – dice O'Brien – non sappiamo cosa sta per succedere. Provare a contenere la furia è molto più interessante che lasciarla sfogare".
Sotto certi aspetti, il Capitano Marks rappresenta la paura, sebbene il suo personaggio rimanga tranquillo in superficie. "La reazione naturale di molta gente da tutto il mondo, inclusi i civili e gli operatori dell'informazione, è che si è in pericolo. Tutti abbiamo paura delle cose che non conosciamo – spiega O'Brien riguardo la reazione generale in seguito all'arrivo delle navi spaziali sulla Terra – immaginiamo qualcosa che arriva da un altro pianeta e a quello che scatena, cioè l'animosità che vive in ognuno di noi. Si vede come in diverse parti del mondo si prova a gestire la situazione e come si può creare una spaccatura nel caso una parte del mondo lo gestisse in modo diverso da altri. Si vedono tutti questi diversi conflitti, che sono anche abbastanza stupidi a guardare bene".
"Può darsi che questa sia solo una mia teoria – dice Ryder – ma credo che in ognuno di noi, nascosto in un angolo della nostra mente, ci sia il desiderio che questo accada prima o poi, accendere il televisore e sapere che ci sono specie aliene in visita sul nostro pianeta. Io credo che ci sia qualcun'altro oltre a noi. È possibile. Se succedesse si scatenerebbe il panico e la paura, ma anche molta curiosità. Quando abbiamo iniziato a fare questo film, volevamo catturare proprio quella paura, quella curiosità e di sicuro anche il panico che provocherebbe un arrivo del genere".

L'ESTETICA/CINEMATOGRAFIA & DESIGN

"All'inizio di questo progetto mi trovavo senza un direttore della fotografia, perché Roger Deakins stava lavorando ad un altro film – dice Villeneuve, che doveva trovare qualcun altro per dare luce al film che aveva in mente – mi serviva un occhio esperto, qualcuno che portasse sensualità, capace di catturare la vita. Il film è diviso in due parti: c'è la relazione di Louise con sua figlia, questo è il cuore del film, e poi c'è la fantascienza. Mi serviva un direttore della fotografia capace di rappresentare con sensibilità e delicatezza la relazione tra madre e figlia, ed il modo a cui volevo approcciarmi, ma che allo stesso tempo fosse stato capace di dare freschezza agli elementi di fantascienza. Per me Bradford Young è stato una grande scoperta. Da regista, lavorare con lui, è stato come assistere alla nascita di un genio".

"Sono un grande fan dei lavori di Denis già dai tempi di Polytechnique (2009) – spiega Young – alcuni mesi fa, con chi avessi voluto lavorare prossimamente – Denis era in cima alla mia lista. Abbiamo degli amici in comune i quali erano convinti che insieme avremmo fatto bene. Quando ho ricevuto la sua telefonata, sono rimasto veramente sorpreso dalla coincidenza fortuita. Ho letto la sceneggiatura, mi è piaciuto il contenuto ed ho iniziato la preparazione al mio lavoro".

"Questo ragazzo è veramente ipersensibile – dice Villeneuve di Young – abbiamo dato vita ad un approccio che abbiamo chiamato 'fantascienza sporca' – nel senso che abbiamo provato a dare la sensazione che tutto fosse successo in una brutta mattina di Martedì. Volevamo creare un film di fantascienza che facesse sentire la gente come se fosse un bambino su uno scuolabus in un giorno di pioggia, sognante mentre guarda le nuvole dal finestrino – quel tipo di atmosfera, allontanandoci dallo scopo dei film kolossal. Allontanarci dallo spettacolo. Abbiamo cercato di fare qualcosa di delicato e leggero. Bradford ha portato molta umanità e bellezza al film". 

"I film di Denis appaiono hanno sempre i piedi piantati a terra – dice Young – sembrano sempre nel presente ma anche cinematografici. Nonostante siano inseriti in un dramma umano, una realtà umana, sembra sempre che in loro ci sia uno scopo più grande. Questo è ciò che mi ha sempre attratto del suo lavoro. Ho cercato delle opportunità in cui potessimo concentrarci sui dilemma umani, ma allo stesso tempo sento che i film dovrebbero avere una loro dimensione. Devono avere dimensione e prospettiva. Crescendo come direttore della fotografia, cerco sempre di lavorare in quei film che contengono queste caratteristiche".

"Quando io e  Denis abbiamo iniziato a parlare del film – racconta il direttore della fotografia – una delle cose che ci preoccupava, come cineasti, era il fatto che spesso contaminiamo il processo con i nostri preconcetti su quale genere di film stiamo per realizzare. Qui si tratta di fantascienza ma quello che volevamo era rimanere sorpresi dell'arrivo dell'alieno proprio come lo sarebbe stato il pubblico o i personaggi del film. Volevamo essere ingenui come i personaggi su cosa significhi interagire con un'intelligenza aliena. Questo ha dato modo a me e Denis di fare un passo indietro nello sviluppo decidendo che questo doveva essere intenso. Doveva essere vero. Quando arriva la navicella degli alieni, siamo tutti sorpresi, spaventati e eccitati dall'entrare in contatto con loro così come lo sono i personaggi del film".

Era fondamentale mantenere il senso di mistero e il fatto di appartenere ad un altro mondo degli alieni. "Nei film di fantascienza, spesso gli esseri umani influenzano la nostra interpretazione su cosa sia un intelligenza aliena – spiega Young sul loro tentativo di muoversi oltre i preconcetti – noi abbiamo cercato di evitare questo. E se gli esseri umani non fossero mai entrati in contatto con gli alieni? Avrebbero delle leghe? Metalli? Arriverebbero con tutte quelle cose che pensiamo solo perché noi, in quanto umani, abbiamo accesso a tutte quelle cose? Si trattava di dare un tocco di freschezza a come la vita possa essere semplice e genuina per gli esseri umani sulla Terra, oltre che di come l'intelligenza aliena possa essere semplice e genuina. Volevamo dare una ridimensionata e renderlo molto personale – quello era il nostro scopo sin dall'inizio, fare un film innocente e personale ma con una sua dimensione".

Per progettare e realizzare l'aspetto estetico del film, Villeneuve ha lavorato a stretto contatto con il suo direttore della fotografia sia in fase di pre produzione che durante le riprese; con il suo montatore, Joe Walker, in post-produzione; oltre che con il suo scenografo, Patrice Vermette, che ha realizzato la navicella spaziale; il supervisore agli effetti visivi Louis Morin, che ha realizzato i progetti per la navicella e gli alieni; gli artisti Carlos Huante, autore dei disegni degli alieni e Martine Bertrand, disegnatore della lingua scritta degli alieni; l'ingegnere del suono Dave Whitehead, che ha aiutato a creare i click e i ronzii della lingua "parlata" dagli alieni; il supervisore al montaggio suono Sylvain Bellemare, che ha creato il rumore della navicella in movimento e del compositore Johann Johannsson che ha realizzato la colonna sonora.

"Tutto è iniziato con Patrice Vermette, mio caro amico e scenografo – dice Villeneuve – abbiamo fatto molti film insieme e Patrice è assolutamente la mia prima scelta, perché è una persona brillante. Ha cultura, ha passione e non ha mai lavorato ad un film di fantascienza. Aveva tutte le qualità che stavo ricercando e ho pensato che avrebbe dato freschezza al film. Inizialmente, la nave spaziale doveva essere rotonda, come una sfera, poi ho pensato che questo era stato già fatto. Non era abbastanza minacciosa o strana. Quindi ho avuto l'idea che la navicella avrebbe dovuto avere la forma di un ciottolo, una piccola pietra ovoidale. Mi sono ispirato ad un asteroide o un piccolo pianeta chiamato Eunomia [conosciuto come asteroide 15], in orbita nel sistema solare. La sua forma è pazzesca, come uno strano uovo". Villeneuve aveva, fino ad aver conosciuto Eunomia, sempre supposto che ogni cosa proveniente dallo spazio, sia esso un asteroide, un pianeta o la luna, fosse sferica. "Questa strana e perfetta forma, a me sembrava minacciosa, misteriosa e spaventosa". 

Morin, che aveva lavorato con Villeneuve nel suo film precedente, Sicario (2015), dice di aver aggiunto qualcosa allo sviluppo del processo. "Il mio lavoro, tutto sommato, consiste principalmente nel magnificare e rendere belle le riprese – dice Morin – l'approccio di Denis è quello di essere misterioso. Gli alieni non si mostreranno alla luce del sole tanto facilmente. Servirà parecchio tempo – il pubblico potrà vedere solo parti degli alieni e potrà farsi una propria idea di come siano in realtà, e alla fine ci sarà una grande sorpresa".

"Spielberg e il suo Incontri Ravvicinati, probabilmente sono stati di grande ispirazione per quello che abbiamo fatto noi – spiega Ryder sul loro punto di partenza – innanzitutto nel film abbiamo un alieno in ARRIVO, non siamo noi ad andare alla loro ricerca, sono loro che vengono da noi. Secondo, abbiamo avuto l'opportunità di progettare qualcosa che vediamo attraverso gli occhi dei nostri protagonisti per la prima volta, così che  entrare in una nave aliena è stato di forte impatto anche per noi. Patrice e Denis hanno ideato qualcosa di veramente singolare".

La navicella spaziale, chiamata "il guscio" nella sceneggiatura, ha su di sé simboli spaziali. "C'era una relazione con la vita e la nascita perfetta per l'idea che volevamo dare della navicella spaziale – spiega Villeneuve – io e Patrice pensavamo che la navicella dovesse essere fatta di un materiale non Terrestre. Non è piccola. Non è bianca o fatta di metallo o plastica, è stata realizzata con una strana pietra. Non siamo certi di cosa si tratti esattamente. Non possiamo neanche tirare ad indovinare". 

"Abbiamo tentato di approcciarci a questa prospettiva ingenua propria del genere anche attraverso la fotografia – spiega Young – il modo con cui abbiamo girato il film è molto simile a questo piuttosto che ai soliti film di fantascienza. Abbiamo discusso sul fatto che il film doveva essere asciutto, ma anche realistico in maniera massiccia cercando di essere più naturale possibile, pur esplorando l'idea di oscurità idea. Non l'oscurità che spaventa, ma l'oscurità in quanto ignoto. Quando entriamo nella navicella, che è un vero e proprio tempio, scopriamo un luogo in cui viene rivelata all'umanità un certo livello di verità. Non proviamo paura al suo interno. Ci sentiamo illuminati. Per quasi tutta la durata del film lavoriamo nell'oscurità presente in tutti i luoghi occupati da esseri umani, ma quando entriamo nell'ambiente in cui vivono gli alieni, ritorniamo a lavorare nella luminosità".
"Ogni volta che si entra nella navicella – spiega Young – da spettatori vogliamo ritornarci, perché è l'unico spazio del film dove si vedono le cose, dove si capisce cosa significhi guardare l'evolversi dell'essere umano. L'altro luogo è un po' più scuro – un po' più sporco, come diremmo io e Denis. Iniziare in un luogo buio ha una sua traiettoria visiva, che è l'ignoto, per poi terminare in un luogo più elevato, che corrisponde all'illuminazione di noi stessi e la scoperta di chi siamo noi come esseri umani".

IL CASTING

"Questo è stato il casting più facile della mia carriera – dice Villeneuve – perché tutti si innamoravano a prima vista della sceneggiatura. Amy Adams era l'attrice che sognavo per questa parte perché sapevo che il pubblico avrebbe creduto in questo film se anche l'attrice ci avesse creduto – tutto si svolge attraverso i suoi occhi".

"Conosciamo questa civilizzazione, questi esseri venuti dallo spazio infinito, attraverso i suoi occhi – continua Villeneuve, spiegando l'importanza del personaggio principale – mi serviva un'attrice che fosse abbastanza forte da farci credere in quanto accade nel film – qualcuno con la vulnerabilità, la sensibilità, la forte intelligenza e l'abilità di portare tutto sullo schermo. Alla fine, il suo personaggio subisce un processo di  lutto molto strano compost da diversi e sottili aspetti che volevo fossero sottolineati nel mio film. Mi serviva un'attrice forte. Amy si è innamorata della sceneggiatura e, con mia sorpresa, ha accettato immediatamente. Ero entusiasta".

La Adams non aveva in programma alcun nuovo progetto, ma non poteva rifiutare la parte perché si è innamorata della storia a prima vista. "Era il nocciolo della storia – dice l'attrice – non sapevo che cosa avrei voluto fare, ed era tempo che mi prendessi una pausa e fare la mamma per un po'. Poi ho letto il copione. Parlava dritto al mio cuore ed ho sentito che avrei dovuto veramente accettare la parte. Ne sono stata letteralmente rapita".

"Denis è un'altra grande ragione per cui ne sono rimasta affascinata – dice la Adams – una volta letto la sceneggiatura ho amato il mio personaggio e mi sono seduta con lui. Il modo con cui lo vedeva lui era il modo in cui lo avevo letto io, e non è sempre così, quindi lui voleva raccontare la storia intima di questa donna, al centro di  questo straordinario universo di fantascienza. Sapevo che il racconto sarebbe stato fondamentale, che per me era importante, ma che sarebbe stato interessante anche visivamente. Aveva una maniera meravigliosa nel descrivermi come sarebbero apparsi gli alieni e di come si sarebbero espressi nella loro lingua, è regista ed un uomo veramente speciale".

Villeneuve dice che il ruolo di Ian Donnelly era abbastanza diverso dai ruoli interpretati da Renner. "Scritturare Jeremy Renner è insolito, visto che è più un attore alla James Bond o Jason Bourne, nel ruolo di un intellettuale – dice il regista – credo che gli sia piaciuta la sfida proposta. Era divertente perché, di quando in quando, sul set saltava come una lepre visto che il ruolo lo conteneva troppo. Ma, seriamente, Jeremy ha accettato il ruolo perché non vedeva l'ora di poter ritornare a recitare al fianco di Amy Adams. Si adorano".

"Io e Jeremy volevamo lavorare insieme da tempo e qui se ne è presentata l'occasione – dice Villeneuve – è arrivato pieno di generosità per poter essere d'aiuto a Amy, e sono rimasto stupito dal suo talento e dal suo forte istinto. È riuscito ad interpretare la dimensione dello scienziato in modo dinamico e divertente. Il film gli deve molto". 

"Non era il personaggio ad allettarmi – dice Renner la cui motivazione principale era lavorare con Adams – era una parte fenomenale per lei e una parte fenomenale per una donna. Anche il mio ruolo era buono ma mi interessava di più esserle di supporto. Il film viene raccontato attraverso i suoi occhi, è stato sempre il suo film. E poi, adoro la sceneggiatura. La ritengo fantastica. È una storia bellissima".

Anche Forest Whitaker ne è rimasto affascinato, tanto da fargli accettare il ruolo. "Ciò che mi ha colpito, e ho visto centinaia di film sugli extra terrestri e cose del genere, era il fatto che il film affrontava un paio di concetti molto interessanti, come ad esempio se il tempo esista e se esso sia ciclico – spiega Whitaker – e poi, parla di comunicazioni e della loro importanza nell'evitare conflitti".

"La sceneggiatura era scritta e raccontata meravigliosamente – dice Whitaker – è una storia molto potente ed importante. È una corsa alla comunicazione. Loro sono alieni, ma da tutto il mondo si cerca di comunicare con loro, e senza comunicazione si può scatenare il caos. In questo c'era qualcosa di veramente interessante e anche nel fatto di essere l'uomo che forma il gruppo per cercare di comunicare con loro. Il mio personagio prende decisioni e prova a fare le scelte giuste per il suo paese ma anche per il resto del mondo. Era un'opportunità esaltante". 

Anche Michael Stuhlbarg, che interpreta l'agente della CIA Halpern, era entusiasta. "Quando ho letto la sceneggiatura sono rimasto intrigato dalla combinazione dei generi, che questo film sembra riuscire a bilanciare e combinare in modo veramente meraviglioso – dice Stuhlbarg – c'è romanticismo, fantascienza, dramma e anche un'avvincente avventura. Sapevo che farne parte in qualche modo sarebbe stato divertente. Sono un grande ammiratore di Denis e il cast è fantastico".

"L'altra cosa che mi ha spinto ad accettare, è stato il fatto di poter lavorare con tutte quelle persone, Forest, Jeremy e Amy – dice Stuhlbarg – sono artisti straordinari e condividere la scena con loro è stato un'esperienza istruttiva per me, anche solo guardarli lavorare con tanta disinvoltura. Ma in particolare ammiro come mettono in discussione ogni cosa che ha a che fare con un particolare momento della sceneggiatura. Succedeva ogni giorno, cambiava di continuo perché sono ragazzi intelligenti. Pensavano ad ogni cosa in ogni istante. Niente di barboso o senza anima o preparato. Inventavano al momento e questo era emozionante".

IL GUARDAROBA

"Renée è un'artista molto sensibile che tiene molto alla creazione dei personaggi – spiega Villeneuve della costumista Renée April – da ai personaggi molta umanità e dimensione. Abbiamo deciso spontaneamente che Louise Banks arrivasse al campo base pensando di doverci rimanere per due o tre giorni, ignara del fatto che vi sarebbe rimasta per mesi, quindi dopo un po' avrebbe indossato abiti militari al posto dei suoi".
La stessa logica è valsa per il guardaroba di Ian Donnelly. "Abbiamo fatto lo stesso con il personaggio di Jeremy Renner – continua Villeneuve – adoro Renée perché le uniformi sono il suo forte, anche se è un po' stanca di fare film in cui ci sono le uniformi, ma purtroppo Arrival è pieno di gente in divisa, quindi ho scelto la migliore nel campo. Poi ci sono le tute per i materiali pericolosi e le difficoltà legate alla realizzazione delle tute usate all'interno dell'astronave, che dovevano risultare reali e contemporanee ma che mi consentissero di vedere i volti degli attori. Queste tute sono talmente accurate da sembrare vere. L'unica differenza è che di solito hanno qualcosa sul viso, quindi abbiamo dovuto inventare una forma tale da poter vedere le facce degli attori. Questa è l'unica concessione che ci siamo permessi per le tute".
"Quando si fa della fantascienza, bisogna discostarsi dalla realtà e in questo caso realizzare qualcosa di sgraziato, proprio come le nostre tute, che sono veramente poco aggraziate – spiega April – hanno un aspetto terribile, proprio come le volevamo. Farle brutte è stata una nostra scelta. Con queste addosso è difficile lavorare, ma noi le abbiamo fatte funzionali. A un certo punto avevamo realizzato delle tute che sembravano troppo belle. Io e Denis abbiamo detto, 'Non funzionerà, è troppo'. Così le abbiamo scartate".
Alla fine, queste tute sono i costumi preferiti di April. "Sono talmente brutte che c'è anche qualcosa di bello in loro – dice April – il modo in cui sono illuminate le rende molto interessanti. Qui c'è tutto quello che non dovrebbe esserci in un film. Ci sono miliardi di riflessi su tutto il corpo della tuta ed è bellissimo. Sono veramente curiosa di vedere come funziona al cinema".
Per certi aspetti, questo significa che c'è stato meno guardaroba da disegnare rispetto a quanto si faccia di solito. "Non mi sono dovuta scervellare con i colori o cose simili – dice April – io lavoro con gli attori, non sono una pittrice. Il mio lavoro è aiutare Denis a raccontare la storia per quanto mi è possibile. Sono gli attori che raccontano la storia, perciò abbiamo lavorato a stretto contatto per trovare cosa fosse meglio per il personaggio. Per esempio, Amy non indossa cose molto colorate durante il giorno, è piuttosto incolore, ma quando vive i suoi flashback diventa molto colorata. Questa è l'unica cosa che ci siamo concessi dal punto di vista del colore per cambiare. Tutto qui".
"Provenendo dal mondo dei documentari, sono convinta che non c'è niente che faccia più effetto della realtà – spiega Villeneuve – e molto spesso la realtà precede la nostra immaginazione. Ho cercato di rimanere il più fedele possibile alla realtà, per provare a creare una fantascienza sporca: una fantascienza basata sulla realtà e che fosse in un certo senso poco impressionante. Renée è stata parte attiva di questo processo".

GLI ALIENI – ABBOTT E COSTELLO/GLI EFFETTI VISIVI

Villeneuve ha riflettuto a lungo sul disegno di Abbott e Costello, i due alieni che conosciamo in Arrival. "Abbott e Costello sono due dei personaggi principali – spiega il regista – sono i due alieni che Louise Banks e Ian Donnelly incontrano nella camera all'interno dell'astronave. Ho provato frustrazione cercando di disegnare un alieno. Creare qualcosa mai fatto prima è veramente difficile. Volevo che fosse grosso, di grande presenza, come una balena".
"Volevo avere la sensazione di trovarmi sottacqua vicino ad una bestia enorme – continua Villeneuve – dove senti una grande intelligenza o una presenza. Forse si ha questa sensazione anche con gli elefanti. Se si incontra un elefante nella savana, c'è la sensazione di una presenza forte, una presenza istintiva e una profonda intelligenza. Questo era quello che cercavo per disegnare un alieno. Ecco perché per me era importante che gli alieni avessero necessariamente gli occhi, ma volevo anche sentire la loro presenza, sebbene all'inizio non si ha un contatto forte con loro".
Nonostante nessuno, a parte Banks, Donnelly e i militari, riesca a vedere gli alieni, la loro mera presenza sulla Terra scatena una crisi esistenziale per molta gente. "L'idea era che se le astronavi fossero atterrate, le società avrebbero dato di matto in tutto il mondo", spiega Villeneuve.
"Perché, innanzi tutto, è un'enorme crisi esistenziale per le persone religiose che pensano di essere al centro dell'universo. Io credo fortemente nella natura, perciò rimarrei veramente sorpreso se atterrassero gli alieni. C'è un contrasto forte che adoro, la loro è una presenza pacifica, non fanno niente eppure la loro presenza da sola provoca il caos. L'unico luogo in cui c'è silenzio e concentrazione è all'interno del guscio. Per entrare in contatto con gli alieni, i nostri eroi devono entrare nell'astronave, in una camera specifica dove possono scambiare informazioni con gli alieni attraverso uno schermo. Non possono toccarli. Non possono sentirne l'odore. Riescono a malapena a vederli attraverso una strana nebbia, la strana atmosfera dall'altra parte. Sono come elefanti nella nebbia".
Il mistero centrale della storia, il puzzle che Banks e Donnelly stanno tentando di risolvere, è il perché gli alieni siano qui sulla Terra. "Il loro atterraggio non ha scopi politici". Villeneuve spiega dove atterrano gli alieni. "Semplicemente atterrano in spazi confortevoli per le loro astronavi. Per me era importante dare un tocco di freschezza a questi alieni, non una invasione ma un atterraggio sulla Terra. Proprio alla fine del film, ci sarà un momento di collaborazione, perché si rendono conto che gli alieni hanno offerto la loro cultura e il loro linguaggio a piccoli pezzi. Una volta messi insieme quei pezzi di linguaggio, si riesce ad ottenere una sorta di enciclopedia della loro cultura e del loro linguaggio".
Villeneuve ha voluto l'artista Carlos Huante per aiutare a creare l'aspetto degli alieni. "Per creare gli alieni ho lavorato con un artista che adoro – spiega Villeneuve – ho consultato diversi profili e poi mi sono imbattuto in quello di Carlos Huante, che aveva lavorato con Ridley Scott in Prometheus e in altri film. Ho sentito che, grazie alle sue creature, quello era proprio ciò che stavo cercando: un'anima, una presenza, un mistero e anche molta originalità. Forme che non avevo mai visto prima. Alieni che credo non si siano mai visti al cinema. Ho iniziato a sviluppare l'idea assieme a lui, vagliando tonnellate di proposte. La cosa più difficile mai fatta in vita mia, è stato di provare a creare nuove forme di vita".
L'esperienza della Adams unita a quella del reparto effetti visivi, è stata di grande aiuto, così come il fatto di avere esseri umani che recitavano nella maggior parte delle scene. "Aver lavorato nel campo degli effetti speciali per il cinema è stato di grande aiuto – dice la Adams – sono stata da sola soltanto una volta, quindi avevo sempre una componente umana intorno a me, eravamo tutti coinvolti e questo aiuta sempre perché crea energia. Gli attori possono essere d'aiuto nel creare energia tutti insieme, ma il mio lavoro di attrice è quello di creare cose che non ci sono, quando crei un rapporto deve sembrare reale, quindi è la stessa cosa".
Villeneuve dice che per gli alieni si è ispirato a balene, polpi, ragni ed elefanti. "Volevo che l'alieno fosse una creatura surrealistica, che proviene dal mondo dei sogni, degli incubi. Sotto questo aspetto è stato un successo. C'è ambivalenza negli alieni, sono pacifici o ostili? Anche il loro corpo e i loro movimenti lasciano di proposito spazio all'interpretazione e si riveleranno solo con lo svolgersi della storia".
"È uno studio del comportamento – dice Villeneuve – l'alieno è una rappresentazione della morte, e ci sono alcune scene in cui volevo che l'alieno sembrasse proprio la classica rappresentazione della Morte o della Mietitrice. Ispira, sotto certi punti di vista, quella sensazione alla fine del film. Per realizzare la loro strana forma, ci siamo sottoposti ad una lunga fase di disegno. Volevo anche che il pubblico potesse scoprire gli alieni passo dopo passo nel corso del film, non subito, perciò abbiamo svelato lentamente sempre più le caratteristiche della loro struttura e dei loro corpi".
Whitaker dice di aver trovato difficoltà a girare con gli "alieni", in assenza della loro presenza fisica e senza i loro suoni. "Quando entriamo nella navicella e iniziamo a comunicare con loro, avrei reagito diversamente sentendo quei click di cui si parlava? – ragiona l'attore – la mia immaginazione mi portava lontano all'interno della scena, ma dietro uno schermo c'erano i marionettisti e ci aiutava a rivolgere lo sguardo nella giusta direzione, facendo sembrare tutto reale"
Avere delle controfigure fisiche al posto degli alieni aiutava gli attori, anche se si trattava solo di rappresentazioni simboliche degli alieni. "Dovevo instaurare un rapporto con quei bastoni con un pallone in cima, ma i marionettisti erano fantastici – spiega la Adams di come sono state girate alcune scene – quei ragazzi erano proprio forti e giravano intorno con quelle marionette per noi. Ho sempre apprezzato queste persone, spesso vengono sottovalutate ma sono lì ogni giorno assieme a noi, lavorano tutto il giorno e sorreggono un bastone per ore, così che noi possiamo recitare in modo appropriato. Li apprezzo davvero molto".
"Non amo molto il green screen – dice Villeneuve riguardo alcuni dei grattacapi che ha procurato al reparto scenografico, e di come ha cercato di ridurre al minimo l'uso degli effetti visivi, così da impiegare il più possibile azioni fisiche da parte degli attori – non mi piace che gli attori siano in contatto con qualcosa che non esiste, mi piace che siano circondati da qualcosa di reale".

L'ESTETICA / SET & RIPRESE

Villeneuve, Patrice Vermette e Young hanno lavorato insieme per definire l'estetica del film. Per Young, una delle fonti di ispirazione è stato il lavoro della fotografa scandinava, Martina Ivanov, nello specifico una serie intitolata 'Speedway' contenuta nel libro che portava con sé ovunque. "Quando ho ricevuto la sceneggiatura, ho sentito che quello era il miglior riferimento per il film – dice Young – per certi versi, le fotografie sono stilizzate, molto tenui e naturali ma anche scure e misteriose. Non l'oscurità che impedisce la visione, ma l'oscurità come patologia. L'oscurità è profondamente psicologica. Le sue fotografie sono state veramente di ispirazione per il nostro approccio visivo".
"Lei è un grande punto di riferimento – dice Young – ho sottoposto le fotografie in veste di catalogo a Denis e Patrice. Le hanno guardate e insieme abbiamo deciso che il film dovesse essere aperto a quelle soluzioni. Doveva essere lattiginoso. Doveva essere scuro in modo da renderci non a nostro agio. E questo è quello che dovrebbe suscitare nello spettatore". Il colore usato nel film era in contrasto con questo senso di oscurità. "Non c'era una gamma di colori che colpisce, come se fossero i colori con cui si sta lavorando – spiega Young – ma uno dei colori principali che spiccano nel film è l'arancione delle tute. Abbiamo circondato le tute di colori che avessero messo in risalto il loro. Invece di usare colori che polarizzassero l'arancione, o creare una dicotomia da ciò che non era arancione, abbiamo usato l'idea di oscurità per focalizzare l'attenzione sull'arancione. Visto che le tute sono riflettenti, più le si circonda di oscurità più il nostro occhio coglie la spettacolarità del loro colore".
"Quando le tute vengono tolte, veniamo riportati verso un'immagine naturale e inserita organicamente – spiega Young di come l'atto di spogliarsi delle tute da parte di Louise e Ian, funziona dal punto di vista estetico ma anche simbolico nel film – non era solo una questione di gamma di colori in sé, a parte quegli oggetti arancione, ma il film appare monocromatico perché era nostra intenzione non porre molta attenzione ai colori. Al contrario, abbiamo provato a portare l'attenzione del pubblico verso il tono visivo del film".
Girando le riprese su set reali, ha permesso a Young di controllare il tono servendosi dell'illuminazione e della scelta degli obiettivi. "Ho richiesto a Patrice di costruire gli interni dell'astronave – spiega Villeneuve – era un grande impegno per la produzione ma ci ha permesso di realizzare il grande tunnel e la camera. Non abbiamo usato effetti visivi, tutto è reale, e gli attori sono riusciti a sentire la singolarità di quella stanza. Il direttore della fotografia, Bradford Young, è riuscito a girare servendosi delle luci, creando un effetto con l'illuminazione che appare reale nel film".
"I registi preferiscono lavorare su set reali così che gli attori possano interagire – dice Morin -aiuta gli attori a creare gli stati d'animo e lo spirito giusto. Si è deciso di costruire questo tunnel lungo 50 metri e la stanza usata come laboratorio, che sono elementi fisici reali in cui gli schermi dove appaiono gli alieni nella loro atmosfera, fanno da background". Renner concorda che il set fisico ha aiutato lui e gli altri attori ad interagire con gli alieni ed il loro ambiente. "Il set reale era fantastico – dice Renner. – dovevamo salire per 15-20 metri in quell'ascensore a pantografo circondati da cose bizzarre. Avere a disposizione quelle cose reali ha aiutato tutti gli attori".
Lavorare in un set reale piuttosto che davanti ad un green screen, ha anche permesso a Young di modificare il look del film man mano che venivano effettuate le riprese. Il direttore della fotografia ha usato obiettivi più ampi rispetto al solito. "Ho dovuto essere più disciplinato e preciso su dove piazzare la cinepresa, perché a volte in spazi ristretti il grandangolo può essere controproducente – spiega Young – quindi si trattava di usare l'intelligenza e di ascoltare i consigli degli altri, perché come direttore della fotografia non ho sempre bene in mente dove piazzare la macchina da presa. A volte è la tecnica contro la sensazione, per noi il punti di partenza dovrebbe sempre essere la sensazione. Poi, se ci sembra che vada bene, possiamo lavorare con lenti ampie o meno, anche quando gli spazi sono ristretti. Questo aggiunge un certo livello di dimensioni e portata, permettendoci di essere profondamente personali e minuziosi, ma allo stesso tempo in grado di mostrare tutto e tornare indietro quando necessario".
Il film è stato girato in digitale, cha ha facilitato la possibilità di spingersi verso I toni scuri e modificare l'immagine durante le riprese. "Abbiamo scelto di girare in digitale – dice Young – perché è molto versatile e ci consente di vedere il risultato delle riprese in tempo reale. Quando ci spingiamo verso toni scuri, non dobbiamo morderci le unghie in attesa del responso del negativo e scoprire che abbiamo fatto bene. Abbiamo anche scelto di usare obiettivi diversi in tuta la lunghezza del film, anche all'interno di una stessa scena. Ogni produttore di obiettivi ha la sua peculiarità personale. Abbiamo usato un obiettivo di una certa marca per un primo piano, e un altro obiettivo per girare le panoramiche. Così abbiamo dato al film una grande sensazione di naturalezza, visto che non è un tipo di film che richiede precisione in termini di prospettiva. Da al film un aspetto ingenuo che non saremmo riusciti ad ottenere se fossimo rimasti fedeli ad un particolare tipo di prospettiva, in termini di obiettivo".
"L'uso molteplice di obiettivi, da una diversa struttura reale al film che spesso è difficile da raggiungere con le macchine digitali – dice Young – ci da la possibilità di iniziare con un'immagine più cinematografica, rispetto all'uso delle stesse lenti. Volevamo che l'immagine fosse un po' più imperfetta e l'uso di obiettivi diversi ci ha aiutato molto".
"All'interno dell'astronave tutto era emozionante – dice Young – il novanta per cento del film è stato girato all'esterno dell'astronave, quindi la maggior parte del tempo. In quegli spazi all'esterno mi sentivo come se vi fossi già stato in precedenza, ma all'interno dell'astronave era come se facessi cose mai fatte prima. Anche il modo in cui ci siamo approcciati dava la sensazione di territori inesplorati".
"L'astronave era veramente entusiasmante perché è anche il luogo in cui dovevamo essere il più accurati possibile – dice Young – le linee ci hanno aiutato ad essere un po' più precisi rispetto al solito, meglio che se ci fossimo trovati in una tenda o una casa o ognuno di quei posti che conosciamo in quanto esseri umani, che occupiamo ogni giorno e di cui conosciamo ogni dettaglio. Questo era un territorio sconosciuto, quando ero nell'astronave mi sembrava di girare un film per la prima volta, perché la sua architettura per me era del tutto nuova. Era un gran bel set, un pezzo di realtà nella quale non avevo mai lavorato prima. Ho dovuto rivedere le mie nozioni di cosa era reale e cosa no, per poter essere in grado di convogliare le mie emozioni. È stato veramente eccitante".
Ma, a causa delle restrizioni imposte dalla realtà, l'uso della computer grafica (CGI) si è reso comunque necessario. "Alcune cose le abbiamo realizzate in secondo momento in CGI, perché dato che non potevo fare un casting su Giove, abbiamo dovuto realizzare degli alieni. Abbiamo usato dei marionettisti che muovevano delle figure davanti ad un grande schermo. Era molto poetico e commovente, per certi versi sembrava di essere tornati a fare cinema alla vecchia maniera. Vedere Amy Adams e Jeremy Renner parlare a quelle gigantesche sfere sospese e quelle presenze, è stato un momento bellissimo".
Il lavoro di Morin con gli effetti visivi (VFX), non era solo quello di creare la nave aliena e gli esseri disegnati ed ideate da Villeneuve e il suo team, ma anche di magnificare la realtà umana e gli effetti dell'atmosfera aliena. "Gli alieni hanno il controllo della gravità – spiega Morin – l'esercito creato dalla CGI, indossa le tute per i materiali pericolosi, sale sull'elevatore a pantografo e in definitiva cammina e salta sui muri, questo è un altro grande risultato degli effetti visivi nel film. La forza di gravità è stato un grande ostacolo, soprattutto nelle scene in cui sono coinvolte le controfigure. Ma il punto cruciale nella storia è l'incontro con gli alieni. Louise incontra gli alieni in quella che chiamiamo la stanza centrale, ambiente interamente creato in CG con alieni in CG".
Morin ha anche dovuto creare l'immagine delle navicelle in sospensione, in 12 diversi punti del mondo. "Abbiamo realizzato la pittura dei mascherini e ricreato l'ambiente sotto varie angolazioni – spiega Morin. – abbiamo usato satelliti spia e molto materiale militare, come elicotteri e droni, perciò c'era molto lavoro da fare in CG"
Per il direttore della fotografia Young, è stata la prima volta che ha fatto ricorso alla CGI. "Era il mio primo film che conteneva effetti visivi – dice Young – lavorare con così tanti effetti visivi, ha rappresentato una vera e propria sfida. Non avevo capito l'enorme difficoltà rappresentata dal dover girare un film così naturalistico e aggiungere effetti visivi in un secondo momento. Sto imparando molto da quest'esperienza, una conversazione continua per realizzare film in cui siamo inseriti nel naturalismo estremo, inserendo in questo contesto cose esistenziali astratte. Quando si inseriscono queste cose esistenziali astratte, l'uso degli effetti visivi rappresenta un grande aiuto. Per me è stato difficile arrendermi all'idea che gli effetti visivi sarebbero stati di supporto per ultimare il processo, in questa esperienza cinematografica. Questo è un film in cui, ad un certo punto, non abbiamo tutte le risposte. Sarà interessante vedere quello che verrà fatto in seguito per completare la visione".
Morin sostiene che è il lavoro fatto in post produzione da lui, dal direttore della fotografia e dal regista che definisce veramente il successo dei VFX. "Il regista lavora a stretto contatto con il disegnatore dello storyboard – spiega Morin – basandoci su questo lavoro, iniziamo a fare la pre visualizzazione, poi guardiamo il risultato con il regista e il direttore della fotografia, infine coinvolgiamo tutti. Ognuno esprime il proprio commento per poi affinare il risultato. Dopi di questo, abbiamo quello che chiamiamo la visione tecnica (techviz), la techviz stabilisce la posizione della cinepresa, il movimento degli attori o degli elementi della CG. Quegli elementi sono essenziali per ottenere delle riprese efficaci, perché il compito degli effetti visivi in una ripresa, è quello di realizzare i migliori elementi possibili. Quando iniziamo a fare ciò, non siamo tenuti a risolvere i problemi, possiamo ingrandire la ripresa e renderla ottima".
Villeneuve voleva che l'astronave sembrasse realizzata con materiali introvabili sulla Terra e sconosciuti alla scienza, inoltre voleva che l'astronave ribaltasse la nostra conoscenza della fisica. "La composizione dell'astronave doveva essere sconosciuta agli abitanti della Terra", dice Villeneuve. "Anche il suo funzionamento e il modo con cui si muove attraverso lo spazio, doveva essere completamente diverso da quanto l'uomo avesse mai visto prima. Di questo devo dare merito al mio reparto montaggio, Joe Walker e il personale della Frames Store, che hanno fatto un lavoro fantastico nella realizzazione della partenza degli alieni alla fine del film".
Se da una parte Villeneuve voleva che gli alieni e la loro astronave sembrassero provenire da altre galassie e avvolti dal mistero, dall'altra parte voleva che tutto quanto rapportato agli umani e alla nostra tecnologia, fosse il più realistico possibile. "Lo scenografo ha dovuto lavorare molto – spiega Villeneuve – volevamo che il film apparisse il più reale possibile, quindi Patrice ha dovuto compiere lunghe ricerche, per assicurarsi che le attrezzature usate dai militari fosse la più accurata possibile, oltre che semplice a non spettacolare. Non volevo che gli umani usassero una tecnologia che ancora non esiste. Volevo che usassero attrezzature disponibili al giorno d'oggi le attrezzature che usiamo per contattare e parlare con gli alieni".
Villeneuve è rimasto meravigliato dal fatto che le ricerche hanno svelato che le attrezzature dovevano essere assolutamente low tech. "Sono rimasto scioccato – dice il regista – perché se vogliamo parlare con gli alieni, dovremo usare una lavagna bianca e un pennarello per dire 'ciao'. Non ci sono molti modi per imparare una lingua, per esprimere un linguaggio. Tutto sommato è come insegnare ad un bambino, e per me quella è un'immagine che mi colpisce per la banalità del sistema con cui contattare qualcuno di così poco ordinario, come ad esempio una diversa civiltà. Patrice si è assicurato che ogni minimo dettaglio del film risultasse autentico, dalle tute indossate dagli attori fino alle attrezzature che usano. Oggetti usati quotidianamente entreranno in contatto con quella nuova civiltà, mentre noi proveremo ad avvicinarli nel modo più umano e umile possibile".

LINGUAGGIO E PROGETTAZIONE DEL SUONO

La comunicazione e il linguaggio alieno sono il nocciolo della storia e della struttura del film, fornendo e rivelando entrambi la struttura narrativa. "La bellezza del racconto breve è che parla di linguaggio – spiega Villeneuve – mi sono innamorato del racconto breve perché esplora il linguaggio, in modo bellissimo, poetico e potente. Il problema è che l'esplorazione intellettuale del linguaggio può risultare ipnotizzante nel racconto, in un romanzo o comunque su carta, ma in un film avevo bisogno di qualcosa per creare tensione. La presenza e l'impatto degli alieni occupa gran parte del film rispetto a quanto non faccia nel racconto. Avrei voluto avere più spazio per esplorare più a fondo il linguaggio nel film, ma il film stesso non lo consentiva. Questo è il mio unico rimpianto, avrei desiderato restare più fedele al racconto sotto questo aspetto".
Sia in forma scritta che "parlata", il linguaggio alieno ha comportato alcune difficoltà, come ad esempio quella di creare il suono caratteristico dell'astronave. "Lo scenografo ha giocato un ruolo importante in questo progetto, perché non ha solo creato gli interni della navicella ma, cosa più importante, ha dovuto sviluppare il loro linguaggio – spiega Villeneuve – Patrice ha avuto l'idea di avvalersi dell'aiuto dell'artista Martine Bertrand, che entrambi amiamo. Lei ha pensato subito ad un approccio astratto. Io volevo che il linguaggio fosse spaventoso e impressionante, non volevo che ricordasse in alcun modo il linguaggio umano, un linguaggio che provenisse da un modo diverso di pensare. Martine ha avuto l'idea di creare cerchi astratti, quasi come macchie di caffè. E forse l'idea le è venuta proprio così … Il modo in cui lei ha sviluppato il linguaggio, è una delle cose che preferisco del film".
Una grossa parte del lavoro svolto, ha implicato la creazione di un linguaggio credibile. "Patrice ha creato un dizionario – spiega Villeneuve – ha inventato una struttura, come sviluppare le parole, come sono costruite le parole. C'erano cataste di documenti a spiegarmi come funzionava il linguaggio. Il livello dei dettagli e la passione con cui Patrice si è dedicato al progetto, è stata la cosa più bella da vedere, una cosa pazzesca".
La creazione del linguaggio parlato dagli alieni, è stata una difficoltà con cui Villeneuve ha dovuto confrontarsi soltanto in fase di post produzione. "In fase di post produzione, ho dovuto risolvere una questione che mi si poneva ed era il modo in cui parlano gli alieni – dice Villeneuve – avevamo sviluppato la scrittura, ma c'era il problema del sonoro. Joe Walker, il mio montatore, mi ha parlato di una persona, Dave Whitehead, che vive in Nuova Zelanda, famoso per aver lavorato in un film di Neil de Camp e ne il Signore degli anelli. È un maestro del suono, uno di quelli che conoscono le onde sonore e che si interessa e sviluppa strane lingue. Pensava che l'idea fosse una bella sfida ed ha iniziato a lavorare sul linguaggio assieme a Joe Walker. Il processo ha richiesto parecchio tempo e lui è stato molto generoso. Sono molto soddisfatto del modo in cui parlano gli alieni. In realtà, non è un vero e proprio parlare, si tratta più di esprimere le emozioni attraverso il suono. Di David adoro la sua logica profonda, basata sul modo con cui gli alieni sono stati disegnati e sul loro corpo".
"Il fatto è che, il suono più potente è il silenzio – spiega Villeneuve riguardo la progettazione del suono – ho provato a far respirare il film con un approccio minimalista. Sylvain Bellemare, supervisore del montaggio suono del progetto, ha voluto includere alcuni suoni impressionanti. Gli alieni sono muti, ma quando si muovono o fanno qualcosa, i rumori sono notevoli".
"Mi serviva qualcuno che inventasse un suono pazzo ed ho trovato un ingegnere del suono altrettanto pazzo – spiega Villeneuve – un mio amico, Sylvain Bellemare, era l'uomo perfetto per progettare il suono del film. Sylvain ha avuto la pazzesca idea di simulare il rumore delle rocce durante un terremoto, quando l'astronave si muove, uno dei rumori più potenti mai sentiti al cinema".

MONTAGGIO / POST PRODUZIONE

"Ogni film ha le sue difficoltà, e in questo la più grande era rappresentata dal suo montaggio – spiega Villeneuve – Arrival deve molto a Joe Walker. Quando siamo giunti in sala montaggio, la sceneggiatura era ancora da aggiustare e Eric, lo sceneggiatore, è riuscito a darle una nuova struttura, ma ci siamo accorti che non era ancora abbastanza dinamica e che la sensazione di ripetizione che temevo era ancora presente, oltre ad esserci ancora incongruità nel comportamento di alcuni personaggi".
"Alla fine ci siamo comportati come se il film fosse in un certo senso un documentario – spiega Villeneuve – ristrutturandolo e lavorando con quanto a disposizione. Abbiamo ristrutturato il film in modo che risultasse meno lineare, che aderisse maggiormente ai temi e all'idea di partenza del film. Joe ha fatto un lavoro fantastico. Gli devo molto e sono molto soddisfatto".
Villeneuve confessa che lui e Walker hanno passato diverso tempo insieme lavorando al montaggio del film. "Il montaggio di un film è il momento che preferisco – confessa Villeneuve – abbiamo lavorato veramente sodo in sala montaggio per questo film, e quando ha visto la luce ne siamo stati orgogliosi".
"Il punto è che, a volte, quando si legge una sceneggiatura ci sono cose scritte che ti spiegano quello che succede, e lo si capisce in un secondo momento – dice Villeneuve, a proposito di come la struttura viene scoperta veramente in fase di montaggio, proprio a causa di raccontare una storia non lineare – nel film, ci siamo resi conto che è molto difficile andare contro un secolo linguaggio cinematografico. Ci sono cose dette all'inizio del film, che erano così potenti che era difficile far capire al pubblico in che direzione ci stavamo muovendo e cosa stava succedendo esattamente".
La struttura narrativa del racconto è fondamentale per la comprensione del suo senso, e quel senso viene svelato da un inatteso colpo di scena nella trama. Ci è servito parecchio lavoro per tradurre quella struttura dalle parole su carta a un mezzo visivo come un film. "È stato difficile perché su carta era veramente efficace – spiega Villeneuve – ma una volta sullo schermo dovevamo riuscire a far cambiare la percezione del pubblico in modo efficace. È stata una strada lunga, un continuo viavai in sala montaggio".

CONCLUSIONE

"Le vibrazioni sul set sono sempre state positive – dice Levine – quando hai un grande regista che ascolta e richiede suggerimenti, il cast e la troupe sono sempre a loro agio. Qui è stato così. Quello che mi è sempre piaciuto di Denis è il fatto che ha delle illuminazioni, oppure si sveglia con nuove idee in testa, quasi come se le cose fossero già predisposte. In lui c'è fermezza ma anche gentilezza, che ti fiducia quando lo scegli per fare il regista. È maestro della suspense e della tensione, ma la cosa fondamentale è che riesce sempre a tirare fuori la natura umana dalla sceneggiatura, le emozioni profonde e la drammaticità di ogni personaggio. Ha un grande cuore ed è un vero artista. Ogni volta che vedo un suo film, vivo un'esperienza enorme".
"Nella mia carriera professionale, ho sempre cercato di lavorare a storie che mi avvicinassero all'esperienza umana – dice Young su cosa lo abbia interessato in Arrival – questo film, con tutte le sue sfumature, potrebbe essere la somma perfetta di tutti I lavori a cui ho partecipato prima, lavori altamente sperimentali ma allo stesso tempo anche molto grezzi. Tutti i film in cui ho provato a sperimentare quelle cose, unitamente o separatamente, sembrano essersi riunite in questo film"
"Essere originali e allo stesso tempo rimanere con i piedi per terra, è un fardello pesante da portare ma noi abbiamo provato ad essere originali con tutte le nostre forze – afferma Ryder – Denis è stato un compagno di lavoro fantastico per tutti quanti e per tutta la durata delle lavorazioni, dallo sviluppo della sceneggiatura fino alla progettazione ha sempre portato idee a cui non avremmo mai pensato. Io non avrei mai pensato, anche in un milione di anni, di poter immaginare l'astronave aliena come appare nel film, o addiritttura l'aspetto generale del film stesso, ma lui aveva già tutto in testa. Abbiamo lavorato con una persona veramente straordinaria".
Renner racconta a proposito del risultato finale, "È meglio di quanto mi aspettassi, non dal punto di vista della grandezza quanto da quello emotivo, oltre che dalla realizzazione delle astronavi, dalla morale del film e dalla fotografia. Si vede veramente la mano del regista e del direttore della fotografia in questo film. E poi ci sono gli effetti visivi, in cui sono stati coinvolti molti professionisti del settore. Ma il film è tutto frutto di Denis, lo ha realizzato così com'è grazie al suo ingegno e la duro lavoro. È molto paziente e riflessivo, e ha voluto che la storia venisse raccontata da un'accoppiata di attori ignari degli avvenimenti".
Nonostante i VFX siano il suo mestiere, Morin spera che verranno notati a malapena in Arrival. "Non voglio che il pubblico parli degli effetti visivi, mi piacerebbe che rimanessero soddisfatti della storia – dice Morin – questa è una storia umana e, se saremo stati bravi, la gente trascurerà i VFX, si farà trasportare dal racconto e si godrà semplicemente il film".
"Il film parla della crescente comprensione di quale sia il nostro posto nel ciclo dell'universo – dice Whitaker – esplora, al suo interno, la comunicazione ed il tempo. Cosa significhi il tempo, se esso esiste e se tutto quello che abbiamo è il momento presente. Questo è un concetto veramente interessante e tutti dovremmo imparare a conoscerlo a fondo". Whitaker ha anche apprezzato le qualità e l'entusiasmo di Villeneuve per il suo progetto. "Lui è un entusiasta ed ha una visione chiara di quello che intende realizzare. Non spreca energie. Quando ha raggiunto il suo scopo, continua per la sua strada. Nel suo modo di fare le cose c'è molta sicurezza e un entusiasmo che ha contagiato tutta la troupe".
Whitaker si è anche divertito a lavorare con gli altri, in particolare con la Adams. "Lei è un'artista estremamente dedita al suo lavoro, è veramente concentrata ed entra immediatamente nelle emozioni e i sentimenti del personaggio che interpreta – dice di lei Whitaker – è veramente speciale ed unica. La vediamo talmente impegnata a comprendere un linguaggio nuovo, che inizia anche a sognare e pensare in quella lingua "
"Amy Adams non è soltanto una delle migliori attrici viventi, ma anche una persona gentile e, a volte, un soldato – commenta entusiasta Villeneuve – voleva soltanto dare il meglio di sé. Non fa mai le bizze, è lì per dare ed è molto generosa. Lavorare con lei è molto semplice, è molto facile dirigerla. Con Amy c'era sempre il sole sul set, anche se giravamo con la pioggia".
Whitaker è convinto che il pubblico sarà affascinato e combattuto sul modo con cui la storia si svolge. "Il pubblico verrà trasportato in un'avventura psicologica ed emotiva molto interessante – dice Whitaker – si emozioneranno anche, perché si avrà il senso della vittoria quando il mondo si unirà e anche quando lei avrà il bambino".
"Il film è ricco di suspense e secondo me c'è anche qualcosa di Hitchcock – dice O'Brien – perché non sappiamo cosa sta per accadere di preciso. Si svolge alla maniera di Hitchcock. Perché è misterioso e dell'altro mondo e il pubblico rimarrà incollato allo schermo per tutta la sua durata"
"Non vedo l'ora di vedere il film assieme al pubblico – dice un'entusiasta Levine – sono sicuro che verrà giù il soffitto. La gente rimarrà senza fiato , perché la storia è proprio avvincente. Quando si pensa di aver capito, subito dopo ci si rende conto che tutto cambia improvvisamente, ma funziona alla perfezione. Il finale è profondamente emotivo e potente che non vedo l'ora di provare quest'esperienza attraverso gli occhi della gente".

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Arrival disponibile in DVD da mercoledì 10 Maggio 2017
info: 19/01/2017.

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