Locandina Tutti i Ricordi di Claire

Tutti i Ricordi di Claire (2018)

Claire Darling
Locandina Tutti i Ricordi di Claire
Tutti i Ricordi di Claire (Claire Darling) è un film del 2018 prodotto in Francia, di genere Drammatico diretto da Julie Bertuccelli. Il film dura circa 95 minuti. basato sul romanzo 'Il cassetto dei ricordi segreti' di Lynda Rutledge Il cast include Catherine Deneuve, Alice Taglioni, Chiara Mastroianni, Colomba Giovanni, Mona Goinard, Samir Guesmi, Amine Mejri, Laure Calamy, Lewine Webber, Olivier Rabourdin, Johan Leysen, Julien Chavrial. In Italia, esce al cinema giovedì 21 Novembre 2019 distribuito da Movies Inspired.

A Verderonne, piccolo paese dell’Oise, è il primo giorno d’estate e Claire Darling si sveglia convinta di vivere il suo ultimo giorno… Decide così di svuotare la propria casa e svendere tutto senza distinzione, dalle lampade Tiffany al pendolo da collezione. Gli oggetti tanto amati diventano l’eco della sua vita tragica e appariscente. Quest’ultima follia fa tornare Marie, la figlia, che Claire non vedeva da vent’anni.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 21 Novembre 2019
Uscita in Italia: 21/11/2019
Genere: Drammatico
Nazione: Francia - 2018
Durata: 95 minuti
Formato: Colore
Produzione: Les Films du Poisson, France 2 Cinéma (co-produzione), Pictanovo (co-produzione), Région Hauts-de-France (con il sostegno di), Uccelli production (con il sostegno di), Centre National du Cinéma et de l’Image Animée (con la partecipazione di), i Région Ile-de-France, Pyramide (con il sostegno di), Memento Films International (con il sostegno di), Canal+ (partecipazione), Ciné+ (partecipazione), France Télévisions (partecipazione), Cofinova 14 (in associazione con), Sofitvcine 5 (in associazione con), Cinecap (in associazione con), Cinemage 12 (in associazione con)
Distribuzione: Movies Inspired
Soggetto:
basato sul romanzo 'Il cassetto dei ricordi segreti' di Lynda Rutledge

Cast e personaggi

Regia: Julie Bertuccelli
Sceneggiatura: Julie Bertuccelli, Sophie Fillières
Musiche: Olivier Daviaud
Fotografia: Irina Lubtchansky
Scenografia: Emmanuel de Chauvigny
Montaggio: François Gédigier
Costumi: Nathalie Raoul, Jürgen Doering

Cast Artistico e Ruoli:
foto Catherine Deneuve

Catherine Deneuve

Claire Darling
foto Alice Taglioni

Alice Taglioni

Claire Darling
foto Chiara Mastroianni

Chiara Mastroianni

Marie Darling
foto Colomba Giovanni

Colomba Giovanni

Marie Darling
foto Mona Goinard

Mona Goinard

Marie Darling
foto Olivier Rabourdin

Olivier Rabourdin

Claude Darling
foto Johan Leysen

Johan Leysen

Padre Georges
foto Julien Chavrial

Julien Chavrial

Padre Georges
foto Simon Thomas

Simon Thomas

Martin Darling
foto Joseph Flammer

Joseph Flammer

Martin Darling
foto Valentin Dériaud

Valentin Dériaud

Giovane traslocatore
foto Yasin Houicha

Yasin Houicha

Giovane traslocatore
foto Morgan Niquet

Morgan Niquet

Giovane traslocatore
foto Jérémy Beuvin

Jérémy Beuvin

Giovane traslocatore



Produttori:
Yael Fogiel (Produttore), Laetitia Gonzalez (Produttore)


Adattamento e dialoghi: Julie Bertuccelli, Sophie Fillières, Mariette Désert, Marion Doussot Suono: Julien Sicart, Nikolas Javelle, Olivier Goinard Trucco: Cédric Gérard Acconciature: Jean-Jacques Puchu-Lapeyrade Acconciature: Jean-Jacques Puchu-Lapeyrade Segretaria di edizione: Clémentine Schaeffer Direttore di produzione: Olivier Hélie

Recensioni redazione

Tutti i Ricordi di Claire, la recensione
Tutti i Ricordi di Claire, la recensione
Erika Pomella, voto 7/10
Tutti i ricordi di Claire è un film delicato, incentrato sull'importanza della memoria e delle persone che accompagnano il nostro cammino. Straordinaria Catherine Deneuve

Immagini

[Schermo Intero]

INTERVISTA CON JULIE BERTUCCELLI

Tutti i ricordi di Claire è l’adattamento del romanzo di Lynda Rutledge Il cassetto dei ricordi segreti. Che cosa le piace di quel libro?
Sono una grande collezionista di oggetti, non sono a mio agio negli appartamenti troppo spogli, amo i mercatini dell’usato e le fiere dell’antiquariato. Le persone che vendono tutti quegli oggetti si espongono a loro insaputa, quegli oggetti sono una porta aperta sulle loro storie di famiglia. Sono pregni di un vissuto, posseggono un’anima, una carne. Un’amica intima mi ha fatto leggere quel romanzo che la faceva pensare a me. Aveva visto bene. Mi sono immersa in quella narrazione che offriva una trasposizione di storie e temi a me cari: i rapporti complessi tra madre e figlia; i morti che ci perseguitano; gli oggetti e i mobili che ci invadono e ci servono da memoria di sostituzione; le menzogne, i segreti e i non detti familiari che ci aggrediscono; la fine della vita che ci attende; la memoria che, di volta in volta, ci forma, imprigiona, soffoca; e l’oblio che ci rattrista eppure ci libera e alleggerisce… Il mio attaccamento agli oggetti proviene, a mia discolpa, da numerose generazioni di appassionati. Le case della mia infanzia erano piene di cimeli incongrui di viaggi, eredità di famiglia, scoperte e collezioni: così tante metafore, sensazioni, tanti legami emotivi, ricordi, simboli di un tempo o di un luogo rimpianto, e riflessi delle nostre vite dai quali è difficile staccarsi. Nonostante tutte le obiezioni che facevo da bambina a questa follia patologica, a questo gusto smisurato per le cianfrusaglie, anch’io ne sono stata contagiata. Per me era giunto il momento di rovistare tra quei demoni e affrontare tutto quel disordine che mi apparteneva. E la mia produttrice Yaël Fogiel mi ha incoraggiata!

L’ultima follia della sua eroina consiste nell’organizzare un mercato delle pulci per vendere tutto l’arredamento di casa.
So quanto l’accumulazione e l’acuto bisogno di collezionare abbiano un senso molto forte: in psicanalisi si dice che collezionare significhi scongiurare la morte, allontanarla, perché si troverà sempre un altro pezzo di un puzzle senza fine. E questo edificio infinito, attraverso l’accumulazione e la sua composizione, diventa un’opera in se stessa, uno sguardo e un sorriso sul mondo incongruo delle nostre realizzazioni umane. Quindi, vendere i propri oggetti è un atto ancora più folle per Claire Darling perché, come dice al prete, le hanno permesso di resistere alle prove della vita. Accettare che tutti gli oggetti da lei acquistati e amati sopravvivano alla sua morte e possano avere un’altra vita, è nient’altro che accettare di morire.

Il suo gesto è anche permeato di disinvoltura e di libertà…
Nel libro l’idea di lasciarsi andare mi piaceva molto. Vendendo i suoi oggetti quasi per nulla, Claire Darling si libera, non vuole lasciare eredità a nessuno. Anche se si prende cura di raccontare ai compratori la storia   legata a ogni oggetto. Per lei non si tratta di svendere, ma di trasmettere. Per me, quell’ultimo atto di libertà fa eco alle frustrazioni della sua vita. Uno sfogo. Claire Darling aveva una vita un po’ fuori dal tempo, fuori dal mondo, non era sempre sensibile e premurosa con le persone che la circondavano, in particolare con sua figlia. Ma era un modo per proteggersi, una corazza. Senza di essa, sarebbe andata in pezzi. Nella sua ultima follia, accetta i suoi difetti, i suoi eccessi, i suoi errori e si riconcilia con la figlia.

Gli oggetti sono al centro della narrazione, ma non sono cristallizzati in un immaginario d’epoca.
Volevo che si sentisse la loro bellezza, la loro appartenenza a una storia, come nel caso degli automi, tanto più emotivamente carichi per me perché alcuni oggetti che si vedono nel film appartenevano a mia nonna. Ma fin dalla sceneggiatura sono stata attenta a non cadere nell’estetismo e a fare in modo che gli oggetti si intrecciassero con la storia, sempre visti attraverso lo sguardo di un personaggio. Ognuno di loro offriva l’occasione di narrare un pezzo del puzzle della vita di quella famiglia, le sue sfide, le sue menzogne, i suoi drammi…

Proprio come gli oggetti, il passato non è mai congelato nella rievocazione, ma integrato nel presente.
Io e Sophie Fillières, la mia co-sceneggiatrice, abbiamo giocato con i diversi livelli temporali, quello confuso e disordinato della memoria e quello del tempo unico di una giornata di ventiquattro ore. Volevamo rendere vive le irruzioni dei fantasmi della memoria, quell’impressione di strana simultaneità, di presenza-assenza che scaturisce di fronte a una situazione nuova, dalla visione di una silhouette, di un oggetto intriso di ricordi… L’importante non era il passato in quanto tale, ma i ricordi del passato che riemergono per frammenti in Claire, in sua figlia o in Martine, l’amica d’infanzia che fa la rigattiera. Forse le cose non si sono svolte esattamente così, ma poco importa. È in questo modo che loro se ne ricordano: come degli istanti concentrati di passato. Questa narrazione parallela ci sembrava illuminasse, rendesse più complesso e arricchisse il racconto lineare di una giornata, l’ultimo giorno di questa donna che vede passare davanti agli occhi la sua vita, come si dice accada, in un istante fugace, alle persone vittime di un incidente. La ricerca di uniformare i diversi livelli temporali era un principio di base che ho esteso alla messa in scena evitando ogni artificio. Volevo esprimere una soggettività totale, ma senza ricorrere a immagini sfocate, cambi di lenti o di colori, ed è così che io e la mia direttrice della fotografia Irina Lubtchansky abbiamo lavorato. Volevo che i salti temporali si manifestassero con sobrietà e che potessero sorgere dei dubbi: ciò è davvero accaduto? Quando Claire Darling esce nel giardino e il mercatino non c’è più, ci si può domandare cosa sia vero e cosa non lo sia Ho inoltre aggiunto delle visioni oniriche non presenti nel libro: la farandola dei bambini, le biciclette nell’albero, l’autoscontro… Volevo che lo spettatore potesse proiettarsi in vari livelli di realtà, oscillare tra il meraviglioso, la favola e il realismo. Quando Claire ha la visione delle spose e improvvisamente la si vede in mezzo a loro, si pensa che si tratti di un sogno. Ma chi sono quelle altre donne? Forse tutte quelle generazioni di donne che hanno fantasticato sull’amore, non abbandonando la speranza di trovarlo. E alcune di loro hanno magari vissuto vite come Claire Darling, piene di delusioni, tragedie e disillusioni. Ho continuato a fare questo lavoro di intreccio fino alla fine insieme al montatore François Gédigier e al musicista Olivier Daviaud.

Nel film c’è anche una ragazzina che appare dal nulla e osserva la confusione che si crea attorno alla casa.
La ragazzina che ogni tanto compare nel libro era spiegata maggiormente. Era una sorta di piccola selvaggia che abitava nel paese. Nel film, le sue apparizioni sono più magiche e misteriose. È una ragazzina del paese che viene a curiosare nei pressi del mercatino? È Claire Darling o sua figlia Marie da giovani? Oppure l’immagine dell’infanzia? Lo stesso vale per la farandola nel giardino. È composta da bambini che ora vivono lì o da bambini che sono passati in quella casa nel corso dei secoli? I loro abiti sono dei semplici costumi o dei vestiti d’epoca? Nella sua casetta, che si può immaginare essere quella di Marie o di Claire quando erano bambine, la ragazzina si inventa un mondo meraviglioso con tutti quegli oggetti carichi certamente di dramma e tensione, ma che incarnano il piacere di giocare e di raccontare delle storie.

Il suo desiderio di infondere dell’onirismo nella storia deriva anche dal fatto che lei realizza molti documentari?
La realtà è incredibilmente cinematografica, mi piace filmarla, so quanto è magnifica, che non c’è bisogno di inventare nulla tanto essa è ricca. Per cui, quando faccio dei film di finzione, che interesse avrei a creare dei falsi documentari? Tengo al realismo nei film, sono molto legata a ciò in cui crediamo, alla necessità che gli attori non esagerino, che non vi siano troppi effetti. Detto questo, troverei privo d’interesse fare un film di finzione che sia la pura riproduzione di una realtà. Anche se ci si ispira a una storia vera, è per superarla, per introdurvi altre cose. Il filtro della finzione deve trascendere la realtà. Altrimenti, tanto varrebbe filmare la storia vera, con i veri protagonisti. In questo film mi è piaciuto mescolare il lato di finzione e drammatico della trama con il reale: far interpretare Claire e Marie, la madre e la figlia, da Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni, ma anche giocare con i miei ricordi d’infanzia nel ricostruire qualcosa di vero…

La storia tra madre e figlia avviene anche nel presente, durante quell’unica giornata.
Organizzando il mercatino dell’usato, Claire Darling, inconsciamente o no, fa tornare la figlia che non vedeva da vent’anni. Quegli oggetti, che cristallizzano le tensioni da loro vissute, sono l’occasione per parlare di nuovo del passato, far rivivere i ricordi, interrogarli, farli muovere, riappropriarseli… Prima che la morte arrivi, finché c’è tempo per parlarsi, tutto è possibile. Parlarsi, ma non solo: guardarsi, toccarsi fisicamente e con la mediazione degli oggetti, come i bambini che si divertono o litigano a proposito dei giocattoli.

Ha pensato fin da subito a Catherine Deneuve per il ruolo di Claire Darling?
Non ho scritto la sceneggiatura pensando a un’attrice, ho voluto creare un personaggio ispirato al libro e incrociato con la mia immaginazione. Una volta terminata la sceneggiatura, quando ho cominciato a riflettere sugli interpreti, Catherine Deneuve mi si è imposta. Ha una statura, una fantasia e un’immensa libertà. E sapevo che adora gli oggetti, che è una grande collezionista. Mi è sembrato ovvio offrirle la parte. Catherine è un’attrice eccezionale, ho adorato lavorare con lei. Era molto coinvolta, dava delle  idee senza essere invadente, si interessava al film nel suo insieme, non solo riguardo al suo ruolo. Un’attrice di tale intelligenza, con quell’esperienza cinematografica, è un vero regalo. Amo la sua silhouette: è allo stesso tempo totalmente lei e l’incarnazione ideale di Claire Darling. Sapere che vive il suo ultimo giorno ridà a quella donna un risveglio di energia e una gioiosa malizia. Non si sa se perda davvero la testa o se giochi a perderla. Catherine è perfetta per esprimere questa complessità, questo limbo.

È la prima volta che si vede Catherine Deneuve con i capelli grigi…
Tenevo a cambiare la sua immagine abituale. Ha un portamento così giovane, colmo di vita: bisognava invecchiarla. Claire Darling vive un po’ reclusa, ha abbandonato una parte del suo desiderio di seduzione. Continua a tenersi in equilibrio e indossa un vestito elegante per il suo ultimo giorno, ma è sul bordo della caduta, per cui la bella capigliatura bionda di Deneuve sarebbe risultata stonata. Avevo una certa paura che rifiutasse, ma ha capito gli obiettivi e, molto semplicemente, ha accettato. Rimane sublime, luminosa, ma per me era importante che ci fosse l’accettazione dell’età del suo personaggio.

Ci parli della scelta di Chiara Mastroianni.
Anche in questo caso si è trattato di una scelta naturale. Ma lei ha una personalità così forte che all’inizio ho esitato. Avevo timore che la realtà della vita fosse troppo presente e cancellasse quella del mio film, che si vedessero innanzitutto Deneuve e sua figlia. Alla fine le ho proposto il ruolo, ed è stato un asso nella manica. Ho adorato i momenti in cui abbiamo lavorato insieme, con delicatezza e complicità. Chiara si rivela e esprime con una recitazione interiore e profonda. Ciò la rende molto toccante, fra malinconia e collera. Chiara e Catherine avevano già interpretato insieme una madre e una figlia, ma non in una maniera così intensa. Credo che entrambe ne avessero voglia ed è stato appassionante per tutte noi lavorare su questo doppio livello attorno a una relazione complessa e diversa dalla loro. Mi interessava andare alla ricerca di una tristezza o di una rabbia che non hanno nella vita, di rilavorare la realtà.

E a proposito di Alice Taglioni, che incarna il personaggio di Catherine Deneuve da giovane?
Trovare Deneuve da giovane era un’impresa quasi impossibile! Catherine Deneuve è un’icona con la quale siamo cresciuti… Sappiamo com’era a 20, 30 o 40 anni, l’abbiamo vista e la vediamo ancora nei film di quel periodo. All’inizio, con Stéphane Batut, il direttore del casting, ci si era chiesti se non bisognasse cercare qualcuno che le assomigliasse non tanto fisicamente quanto nella presenza, nell’evocazione, nella classe. Cercavo però qualcosa di più concreto che, mi sembra, appartenga ad Alice, la cui bellezza luminosa si avvicina a quella di Deneuve. Penso che per lei sia stata una sfida enorme interpretare Catherine Deneuve da giovane; era entusiasta all’idea di farlo. Ho cercato di dare al personaggio una convincente rassomiglianza fisica con l’aiuto di Nathalie Raoul, la costumista, così come del truccatore e del parrucchiere, che lavorano regolarmente con Catherine. Bisognava trovare il giusto taglio  dei capelli, i vestiti adatti, il portamento corretto. Inoltre, in termini di recitazione, abbiamo accentuato la somiglianza attraverso la gestualità e la dizione, evitando al tempo stesso l’imitazione. Alice Taglioni è un’attrice piena di raffinatezza, del tutto immersa nel suo ruolo, ma con dolcezza, senza mai esagerare.

Come ha scelto il resto del cast?
Samir Guesmi lo conosco da lungo tempo. Da giovane lavorava con mio padre e non ci siamo mai persi di vista. È sensibile e commovente. Sono stata molto felice di poter finalmente proporgli un ruolo. Il personaggio del gendarme, con la sua uniforme, mi piaceva ma mi faceva anche un po’ paura. Non volevo cadere nella caricatura. Per quanto riguarda Laure Calamy, amo il suo potenziale comico e, contemporaneamente, molto terra a terra. È un elettrone libero, porta un’energia vitale, una gioia di vivere che abbiamo un po’ smussato affinché si accordasse al tono del film. Laure incarna alla perfezione il personaggio della rigattiera, che esprime un differente attaccamento agli oggetti, un altro punto di vista sulla situazione. Anche Olivier Rabourdin è un attore fantastico. In alcune scene riesce a riassumere un’intera epoca, una classe sociale nella quale il personaggio non si sente al suo posto. Si nota chiaramente che il marito di Claire non è a suo agio nella sua vita. Ha ereditato un’azienda, i soldi vengono dalla moglie. Vuole fare l’uomo forte, di successo, ma emana il disagio di colui che non ci riesce. Johan Leysen, invece, con il suo fascino particolare, la sua dolcezza e la sua calma pragmatica, era perfetto per evocare, senza dire troppo, l’idea che probabilmente ci sia stata una storia d’amore tra Claire e il prete. Ed è stato un gran piacere trovare, e talvolta scoprire, gli attori più giovani, così formidabili, tra somiglianza con i loro colleghi maggiori e personalità interessanti: Colomba Giovanni, Simon Thomas, Morgan Niquet…

Ha partecipato al “casting” degli oggetti?
È vero, si è trattato quasi di un casting! Sono stata felice di lavorare con lo scenografo Emmanuel de Chauvigny, mio collaboratore e amico di lunga data. Ha catturato l’atmosfera perfettamente, i dettagli tanto quanto le grandi linee che si creavano per dare vita e corpo alla storia. È  stato incredibile rovistare con lui e il suo gruppo per trovare gli oggetti. L’orologio elefante o le lampade Tiffany erano nel romanzo, ma nel film ho messo anche oggetti delle mie collezioni, come gli animali impagliati o gli automi. Mi sono altresì basata su fotografie e ricordi di oggetti familiari. Inoltre, abbiamo girato nella casa di mia nonna… Il romanzo si svolge in un paese degli Stati Uniti, ma io ho subito deciso di fare il film in Francia e in francese. E mi è parso naturale usare quella casa di famiglia, non potevo immaginare di realizzarlo altrove. Come se quella vicinanza mi fosse indispensabile per radicarmi meglio nella storia.

E la presenza del circo in paese?
Il circo, gli animali e i clown non esistevano nel romanzo. Ho approfittato della festa paesana per aggiungere quell’universo di cui sono una grande appassionata. Mi piaceva che in paese ci fosse un altro circo oltre a quello che ha luogo nella casa! Sono le mie strizzate d’occhio a Otar Iosseliani, Pierre Étaix e Federico Fellini.

L’episodio dell’esorcismo era incluso nel romanzo? Sì. A proposito, era uno degli elementi che mi aveva incuriosita di più. Non sono credente, ho una vaga cultura cattolica, ma amo quelle parole incredibili proferite dal prete durante l’esorcismo per allontanare gli spiriti maligni dalla casa. Quelle parole fanno eco alle diverse ricerche intraprese da tutti i personaggi del film, che culminano e si ricongiungono nel presente della fiera: la rigattiera esita a riportare a casa gli oggetti, il gendarme è nel suo aereo, i fuochi d’artificio iniziano, la casa si infiamma… Volevo che la fine fosse corale, con un conto alla rovescia che concentra il tempo, mentre il resto del film è sparpagliato su varie epoche.

Interista di Claire Vassé 

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