La vita di Arthur Fleck, un uomo disprezzato dalla società, non è solo il racconto di un personaggio, ma un monito per tutti.
Da sempre solo in mezzo alla folla, Arthur Fleck cerca un contatto. Mentre cammina per le strade fuligginose di Gotham City e attraversa le rotaie dei trasporti pubblici pieni di graffiti di una città ostile, brulicante di divisione e insoddisfazione, Arthur indossa due maschere. Una se la dipinge per svolgere il suo lavoro come pagliaccio durante il giorno. L’altra non se la può mai togliere: è la maschera che mostra nell’inutile tentativo di sentirsi parte del mondo che lo circonda, che nasconde l’uomo incompreso che la vita sta ripetutamente abbattendo. Senza un padre, Arthur ha una madre fragile, probabilmente la sua migliore amica, che lo ha soprannominato ‘Felice’, un appellativo che ha scaturito in Arthur un sorriso che nasconde un’angoscia interiore. Ma, da quando è stato vittima di bullismo da parte di adolescenti per le strade, o deriso per i suoi abiti in metropolitana, o semplicemente preso in giro dai suoi compagni pagliacci al lavoro, quest’uomo solitario si è distaccato ancor di più dalla gente che lo circonda.
Joker racconta l’originale visione del regista sul famigerato villain DC, una storia sulle origini pervasa, ma allo stesso tempo al di fuori, dalle mitologie più tradizionali del personaggio. L’esplorazione di Phillips su Arthur Fleck, interpretato in maniera indimenticabile da Joaquin Phoenix, è quella di un uomo che lotta per trovare un posto nella società fratturata di Gotham. Desiderando che la luce brilli su di lui, si cimenta come comico di cabaret, ma scopre che lo zimbello sembra essere proprio lui. Intrappolato in un’esistenza ciclica sempre in bilico tra apatia, crudeltà e – in definitiva – tradimento, Arthur prenderà una decisione sbagliata dopo l’altra, provocando una reazione a catena di eventi, utili alla cruda analisi di questo personaggio allegorico.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 3 Ottobre 2019Uscita in Italia: 03/10/2019
Data di Uscita USA: venerdì 4 Ottobre 2019
Prima Uscita: 04/10/2019 (USA)
Genere: Crimine, Drammatico, Thriller
Nazione: USA - 2019
Durata: 122 minuti
Formato: Colore
Produzione: Warner Bros. Pictures, Bron Creative, Joint Effort, Village Roadshow Pictures (in associazione con)
Distribuzione: Warner Bros.
Budget: 55.000.000 dollari (stimato)
Box Office: USA: 333.035.374 dollari | Italia: 29.285.495 euro
Note:
Presentato in concorso e in anteprima mondiale alla 76a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 23 Gennaio 2020 e in DVD da giovedì 6 Febbraio 2020 [scopri DVD e Blu-ray]
Cast e personaggi
Regia: Todd PhillipsSceneggiatura: Todd Phillips, Scott Silver
Musiche: Hildur Guðnadóttir
Fotografia: Lawrence Sher
Scenografia: Mark Friedberg
Montaggio: Jeff Groth
Costumi: Mark Bridges
Cast Artistico e Ruoli:
Joaquin Phoenix
Arthur Fleck
Robert De Niro
Murray Franklin
Zazie Beetz
Sophie Dumond
Frances Conroy
Penny Fleck
Brett Cullen
Thomas Wayne
Shea Whigham
Detective Burke
Bill Camp
Detective Garrity
Glenn Fleshler
Randall
Leigh Gill
Gary
Josh Pais
Hoyl Vaughn
Rocco Luna
Gigi Dumond
Marc Maron
Gene Ufland
Sondra James
Dr. Sally
Murphy Guyer
Barry O'Donnell
Douglas Hodge
Alfred Pennyworth
Dante Pereira-Olson
Bruce Wayne
Carrie Louise Putrello
Martha Wayne
Sharon Washington
Operatore sociale
Hannah Gross
Giovane Penny
Frank Wood
Dr. Stoner
Brian Tyree Henry
Carl (Arkham Clerk)
April Grace
Psichiatra di Arkham
Mick Szal
Donna in Metro
Carl Lundstedt
Trio di Wall Street
Michael Benz
Trio di Wall Street
Ben Warheit
Trio di Wall Street
Gary Gulman
Comico
Sam Morril
Comico d'apertura
Chris Redd
Comedy Club Emcee
Mandela Bellamy
Madre sul bus
Demetrius Dotson II
Ragazzo sul bus
Greer Barnes
Clown di Haha
Ray Iannicelli
Clown di Haha
Bryan Callen
Stripper di Haha
Peter Benson
Presentatore Good Morning
Vito Gerbino
Ragazzo di strada
Adam Quezada
Ragazzo di strada
Xavyer Urena
Ragazzo di strada
Evan Rosado
Ragazzo di strada
Damian Emmanuel
Ragazzo di strada
Mike Troll
Clown protestante
Jane Fergus
Telegiornalista IBN
David Gibson
Telegiornalista WBC
Tony D. Head
Telegiornalista WGC
Jeff McCarthy
Giornalista NCB
Kim Brockington
Co-Giornalista NCB
Troy Roberts
News Reporter NCB
Lou Young
News Reporter ANC
Michael-Scott Druckenmiller
Paramedico
Craig Austin
Paramedico
John Cenatiempo
Ufficiale
Danny Schoch
Ufficiale
Keith Buterbaugh
Leader Band
Produttori:
Michael E. Uslan (Produttore esecutivo), Walter Hamada (Produttore esecutivo), Aaron Gilbert (Produttore esecutivo), Joseph Garner (Produttore esecutivo), Richard Baratta (Produttore esecutivo), Bruce Berman (Produttore esecutivo), Todd Phillips (Produttore), Bradley Cooper (Produttore), Emma Tillinger Koskoff (Produttore)
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COMMENTO DEL REGISTA
Mi ha sempre attratto la complessità di Joker e ho pensato che sarebbe stato interessante esplorarne le origini visto che nessuno lo aveva ancora fatto. Parte del suo mistero stava proprio nel non avere un’origine definita, quindi Silver Scott e io ci siamo seduti a scrivere una versione di come poteva essere prima che tutti lo conoscessimo. Abbiamo conservato certi elementi canonici e abbiamo ambientato la storia in una fatiscente Gotham City a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, epoca a cui risalgono alcuni grandi studi di personalità del cinema che amo. L’abbiamo scritta pensando a Joaquin Phoenix perché quando recita è capace di trasformarsi e va sempre fino in fondo. Speriamo di aver creato un personaggio per il quale emozionarsi, per cui parteggiare, fino al punto in cui non sarà più possibile.
LA PRODUZIONE
“Mia madre mi diceva sempre di sorridere e di fare un bel sorriso…”
— Arthur Fleck
Sono i primi anni ’80 e Gotham City è in subbuglio. Non c’è nessun retroscena criminale in atto, né un mafioso che mette tutti a rischio per raggiungere i propri interessi. C’è piuttosto una preoccupazione molto più palpabile per chiunque viva entro i confini distopici di questa comunità con crescenti disparità sociali, e le tensioni sono aggravate da uno sciopero dei netturbini che continua da più di una settimana. Gotham è in piena crisi. Sono rimaste solo la città e coloro che la sovrintendono e, come in qualsiasi comune a corto di risorse finanziarie, vengono tagliati i servizi destinati ad alleviare le difficoltà degli emarginati.
No, questi non sono né la Gotham, né il Joker conosciuti in 80 anni di narrativa rappresentata su pagina o schermo. Piuttosto, qui si tratta di uno standalone sulle origini di questo famigerato personaggio, la cronaca di un’atmosfera di agitazione che porta un uomo a rischio come la sua città – e probabilmente, a causa di essa – ad avvicinarsi al precipizio: Arthur Fleck.
Il regista Todd Phillips ammette: “Adoro la complessità del Joker, e ho pensato che sarebbe valsa la pena esplorare le sue origini nel cinema, dal momento che nessuno lo ha fatto e canonicamente non ha un inizio formale. Quindi, Scott Silver ed io abbiamo scritto una versione di un personaggio complesso e complicato, e di come potrebbe evolversi … e poi devolvere. Questo è ciò che mi ha interessato: non una storia del Joker, ma la storia del diventare Joker”.
Il film presenta vari punti di riferimento a Gotham, abilmente inseriti in cupo paesaggio, per dare una collocazione al pubblico e consentire alla performance ipnotica e cruda di Joaquin Phoenix di evocare le emozioni necessarie per intraprendere questo viaggio con Arthur, attraverso il lato oscuro della città – e alla fine il suo. “Uno dei temi che volevamo approfondire nel film è l’empatia e, soprattutto, la mancanza di empatia che è presente in gran parte del mondo di Arthur”, afferma Phillips.
“Ad esempio”, continua, “nel film si nota la differenza del modo in cui i bambini e gli adulti reagiscono ad Arthur, perché i bambini vedono il mondo senza filtri; non vedono i ricchi contro i poveri oppure non considerano un individuo emarginato come fanno gli adulti. Vedono Arthur semplicemente come qualcuno che cerca di farli sorridere. Non è una cosa innata, impariamo col tempo a non accettare gli altri e, sfortunatamente, di solito lo facciamo”.
Silver afferma: “Inizialmente vuole far ridere le persone, cercando di metter loro un sorriso sulla faccia. Ecco perché è un pagliaccio, e perché sogna di diventare un comico. Vuole solo portare un po’ di allegria nel mondo. Ma poi l’ambiente malsano di Gotham lo butta giù: la mancanza di compassione ed empatia, la perdita di civiltà … Questo è ciò che ha creato il nostro Joker”.
L’Arthur creato da Phillips e Silver è intrappolato in un’esistenza ciclica di segnali mal interpretati. Persino l’incontrollabile ed inappropriata risata di Arthur, che acquista slancio mentre cerca di contenerla, non trasmette simpatia a coloro che incontra quotidianamente, esponendolo a ulteriori situazioni di ridicolo e alienazione dalla società di Gotham. “Al giorno d’oggi la sua è una sindrome riconosciuta, ma al tempo in cui è ambientata la nostra storia non era stata realmente diagnosticata, sebbene fosse una condizione reale”, spiega il regista.
Phoenix ammette che anche durante le riprese: “Ci sono stati momenti in cui ho provato compassione per lui, avendo compreso le sue motivazioni, ma nel momento successivo ho rigettato le decisioni che prendeva. Interpretare questo personaggio è stato una sfida per me come attore, e sapevo che avrebbe sfidato anche il pubblico e le idee precostituite che si hanno sul Joker, perché nel suo mondo immaginario, così come nel nostro mondo reale, non ci sono risposte facili”.
“Parliamo spesso della punta dell’iceberg, ma raramente ci soffermiamo su ciò che c’è sotto, ciò che ci porta ad essere in un certo modo”, afferma Phillips. “Arthur è l’uomo che se incontri per strada ci passi oltre … o sopra. Con questo film speriamo di andare a vedere ciò che si cela sotto la superficie”.
Sono stati questi temi, insieme alla passione del cineasta per il suo lavoro, a evocare l’idea non solo di un qualsiasi film di Joker, ma di questo film su Joker. “Sono stato ispirato dagli studi sul personaggio che ho visto quando ero più giovane. L’aspetto, l’atmosfera, il tono di quei film avevano senso per questa storia”.
Per Phillips, ciò significava gli anni ’70 e ’80, l’era di grandi film come “Serpico”, “Taxi Driver” e “Quinto potere”. Dice: “Abbiamo incluso alcuni elementi canonici e li abbiamo inseriti in una Gotham City fatiscente del 1981 perché si rifà a quell’epoca, e l’avrebbe rimossa dal mondo dei fumetti che conosciamo bene nei film di oggi”.
Phillips non solo ha scelto Phoenix, ma ha scritto la parte pensando proprio a lui. “Il lavoro passato di Joaquin mi ha sempre colpito, ma quel che più apprezzo di lui è il suo stile e la sua imprevedibilità, cose che ritenevamo si adattassero molto a questo personaggio”, afferma Phillips. “Mentre gli altri fanno calcoli, Joaquin suona jazz. È solo uno dei più grandi, un impavido; il suo
lavoro è coraggioso e vulnerabile e ho pensato che se avessimo potuto coinvolgerlo, avremmo dato vita a qualcosa di veramente speciale”.
Anche se in passato ha resistito a qualsiasi tipo di progetto del genere, l’attore è rimasto affascinato da questa sceneggiatura. “L’ho ritenuta audace e complessa, qualcosa che non avevo mai letto prima. Todd ha un modo unico di vedere le cose, davvero perfetto, credo, per questo film”, osserva Phoenix. “Nel lavorare con un regista, prediligo chi ha una visione singolare del materiale, e nessuno avrebbe potuto fare questo film a parte Todd”.
La storia di Arthur è ampia ma al tempo stesso limitata nei dettagli, alternativamente concentrata e distorta. Realizzata con Silver, come ricorda Phillips “in un anno, in un piccolo ufficio di New York”, i due hanno iniziato a stilare il percorso di un uomo comune che potrebbe diventare un personaggio così malvagio e famigerato. “Nell’ottica della storia che stavamo raccontando, un uomo che cadeva in una vasca piena di acido non poteva funzionare, anche se la cosa la reputo interessante, quindi abbiamo provato a far passare tutto attraverso la lente del ‘mondo reale’ “, afferma. “Per dare un senso al mondo del nostro film, abbiamo pensato: ‘Beh, perché dovrebbe truccarsi quando diventa Joker? Dove ha preso questo trucco e perché ce l’ha? E se fosse un pagliaccio?”.
“Quindi, naturalmente, abbiamo dovuto chiederci perché avrebbe lavorato come pagliaccio”, continua, “e siamo arrivati alla conclusione che sua madre gli ha sempre detto di portare sorrisi e gioia nel mondo. Tutto è iniziato da qui”.
Oltre alle caratteristiche visive proprie del personaggio, c’è un tratto distintivo della personalità comune in quasi 80 anni di fumetti, presente in ogni iterazione di film, che Phillips e Silver hanno voluto inserire nella loro storia: quello del classico narratore inaffidabile che non viene mai creduto fino in fondo. “Si ha una profonda libertà con un narratore inaffidabile, e ancora di più quando si tratta di Joker (la realtà da lui narrata potrebbe essere distorta, ndt)”, dice il regista riguardo al famoso reprobo ingannevole, la cui propensione a fondere realtà e finzione dilaga in ogni fotogramma del film. “Nel fumetto Batman: The Killing Joke, lo stesso Joker afferma: ‘Se avrò un passato, preferisco che sia una scelta multipla!’. Quindi, cosa è realmente successo e chi pensi che sia alla fine, dipendono solo dall’ottica in cui si guarda il film. Non si andrà via con tutte le risposte, ed è quel che penso sia intrigante di un personaggio come questo”.
Per realizzare tutto ciò che intendeva con “Joker”, Phillips e il partner di produzione Bradley Cooper hanno scelto di girare le riprese principali in location pratiche, all’interno e nei dintorni della città che ha ispirato Gotham stessa: la nativa New York di Phillips e il vicino New Jersey. A tal fine, hanno reclutato la produttrice Emma Tillinger Koskoff, esperta di riprese nella regione con collegamenti con i più grandi talenti sottopagati della città. “Emma è una delle grandi produttrici di New York e siamo stati fortunati ad averla”, afferma Phillips.
Oltre a mettere insieme e gestire tutti gli aspetti della produzione fisica, la Tillinger Koskoff afferma: “Todd aveva una visione unica e stimolante riguardo all’aspetto e all’atmosfera del film. Il mio ruolo era di facilitare quella visione e creare l’atmosfera più adatta, in modo che potesse concentrarsi sugli attori e sulla scena che stavano girando. Todd ed io abbiamo avuto la fortuna di lavorare con una squadra fantastica: la migliore di New York. C’era un livello di fiducia e rispetto sul nostro set che gli ha permesso di lavorare in modo rapido e creativo. È stato un privilegio vedere Todd e Joaquin collaborare a questo film mozzafiato”.
Il team creativo di Phillips includeva anche il direttore della fotografia Lawrence Sher, alla loro sesta collaborazione; l’esperto scenografo Mark Friedberg; il costumista Mark Bridges, che ha lavorato diverse volte con Phoenix; il montatore Jeff Groth, un frequente collaboratore del regista; e la compositrice Hildur Guðnadóttir, che ha iniziato a inviare dei brani musicali a Phillips basandosi solo sulle pagine della sceneggiatura, prima ancora che venisse girato un fotogramma del film.
“… Mi diceva che ho uno scopo: portare risate e gioia nel mondo.”
—Arthur Fleck
Cast e personaggi
In una scena iniziale di “Joker”, Arthur incontra un’assistente sociale che gli chiede se parlare con qualcuno potrebbe aiutarlo. Indipendentemente da quale possa essere la sua risposta, dall’espressione sul viso di Arthur emerge chiaramente che lei non sia la persona adatta. Ma non è altrettanto chiaro chi, o se qualcuno, lo possa essere. “Arthur è sempre alle prese con ciò che vuole dire e come vuole dirlo”, afferma Phoenix. “Il suo istinto non si adatta agli standard ammessi di conversazione o interazione … o di qualsiasi altra cosa, in verità”.
Il motivo per cui è così non rimarrà sempre un mistero per Arthur, Phillips lo acconsente, ma quando lo incontriamo per la prima volta, dice: “Arthur è un uomo che più o meno pensa ‘Sarò la persona che vuoi che io sia. Mi comporterò correttamente, prenderò l’autobus e mi siederò in silenzio senza interagire’ e così via”. Ma, come un cane che è stato picchiato ripetutamente dal suo
padrone, prima o poi ‘questa volta’ sarà l’ultima. “C’è sempre una parte interiore di lui che cerca di essere fedele a sé stesso, a chi sta diventando, e nel corso della storia emergerà a poco a poco”.
La verità di Arthur è complessa. Il suo sogno è diventare un comico, e si prepara guardando altri comici cercando di coglierne il tono e il tempismo e adottarli ai suoi, con la speranza che lui, come loro, riesca a catturare il pubblico con battute spiritose e trovi una forma ancora più ampia di accettazione nel loro applauso. “Sfortunatamente, come vede il mondo e, francamente, ciò che ritiene divertente non funziona”, aggiunge Phoenix. “Non capisce il loro tipo di umorismo e non è nemmeno in grado di imitarlo”.
Al servizio della profezia dell’appellativo “Felice” che gli ha dato sua madre, e molto prima che Arthur raccolga il coraggio di cimentarsi sul palcoscenico della commedia, di giorno lavora come pagliaccio tramite un servizio chiamato Ha-Ha’s. Questo impegno lo porta in varie parti della città, ma ovunque si rechi, la strada verso casa comporta inevitabilmente la salita su una lunga rampa di scale.
I passi, sia fisici che metaforici, sono fattori presenti regolarmente nel mondo di Arthur: da quelli che compie per salire le scale a quelli che gli servono per applicare il suo trucco da “Felice”. Entrambi sono solo indicatori dei molti altri passi che prenderà nella metamorfosi del suo vero io, nel corso del film.
Gran parte di quella costruzione del personaggio è avvenuta attraverso i preparativi di Phoenix per il ruolo, partendo da una preparazione razionale e trasformandola in corporale. Nel film, su consiglio della sua assistente sociale, Arthur tiene un diario che contiene scritti, disegni, e fantasie. Durante la pre-produzione, lo stesso Phoenix ha scritto diverse pagine. L’attore afferma: “Stavo scrivendo sul diario di Arthur quando Todd mi ha inviato una nota sulla serie di passaggi della storia. Questo mi ha ispirato a scrivere ‘passo dopo passo dopo passo’, riga per riga sulle pagine, e poi è diventato qualcosa che ci scrivevamo l’un l’altro”.
All’inizio del film, vediamo il modo affaticato di Arthur mentre sale le scale, basandosi su un’altra idea che Phillips ha impiantato a Phoenix, cioè che Arthur cammina con “scarpe pesanti”, portando con sé il peso del mondo. Quando in seguito le scende, tuttavia, vediamo non solo un Arthur molto diverso, ma un portamento completamente differente.
Indipendentemente dalla preparazione, osserva Phillips: “Tutta la preparazione scompare nell’interpretazione. Joaquin è così metodico al riguardo che non c’è un momento in cui lo vedi passare da Arthur a Joker, è tutto fatto con un ritmo molto misurato”.
Un’altra parte dell’impegno dell’attore per la presentazione di Arthur è stata quella di perdere quasi 25 chili, mangiando poco più di una mela al giorno. Phillips confessa che è stata una sua idea, affermando: “Volevo che il personaggio sembrasse affamato e malsano, come un lupo malnutrito”.
Phoenix e Phillips hanno sviluppato una stretta collaborazione durante le riprese mentre lavoravano per scoprire e definire i punti più sottili della duplice natura di Arthur. Con un’attenta considerazione nel corso della storia, e un narratore tradizionalmente incerto come Joker, che prepara la scena per emergere dalla crisalide di quest’ uomo socialmente imbarazzante e sempre più disperato, hanno lasciato aperta all’interpretazione la verità sulla storia di Arthur Fleck, così come la stessa esperienza di Arthur.
“Ci sono stati momenti in cui pensavo che Arthur si sarebbe divertito a cambiare la sua storia per vedere l’effetto che avrebbe avuto sugli altri, mentre altre volte pensavo che l’avrebbe cambiata perché lo voleva davvero”, aggiunge l’attore. “Di solito con i personaggi è frustrante, non capendo le loro motivazioni; ma con questo personaggio è stato liberatorio, perché poteva prendere qualsiasi direzione. Lavorando con Todd su una scena, se non avevamo trovato un modo sorprendente di approfondirla al momento, avevamo la sensazione che non la stessimo facendo bene”.
Tali confronti sono proseguiti per tutta la produzione e molto tempo dopo la fine delle riprese giornaliere. “Dopo aver terminato le riprese, ci chiamavamo o ci scrivevamo per ore, e parlavamo delle scene del giorno successivo, e nei fine settimana ci incontravamo e analizzavamo le scene che dovevamo girare nella settimana”, ricorda Phoenix. “Mi sono sentito molto vicino a lui durante tutto il processo; quando uno di noi non aveva la giusta ispirazione ci siamo incoraggiati, e questo è stato davvero soddisfacente”.
Arthur vive con la sua fragile madre Penny Fleck, e si prende cura di lei. Penny risiede nel loro piccolo appartamento, ma in realtà vive nel suo mondo, nonostante la compagnia del figlio. La sua attenzione si divide tra la TV e tutto ciò che non va a Gotham, scrivendo lettere a Thomas Wayne. Avendo lavorato per lui 30 anni prima, è certa che il ricco uomo d’affari in lizza per la sedia di sindaco l’avrebbe aiutata, se solo avesse saputo delle sue attuali condizioni.
La veterana attrice Frances Conroy, che interpreta questa donna tanto delicata, ha ammirato il devoto Phoenix, osservando: “È un tranquillo, è tutt’uno con il suo ruolo e con l’altro attore nella scena”. È quasi come se, aggiunge: “Avessi conosciuto solo Arthur, non Joaquin. È soltanto il suo personaggio, si lascia tutto alle spalle e vive unicamente nella realtà della scena”.
Cresciuto quasi esclusivamente dalla madre narcisista, Arthur fatica a mettersi in mostra ed è dolorosamente consapevole di essere invisibile alla maggior parte della gente, compresa sua madre che lo chiama ancora “Felice”, anche se probabilmente non lo è mai stato. Arthur desidera ardentemente relazionarsi con qualcuno, chiunque, ed avere un riconoscimento che porta alla accettazione. Insieme a Penny guardano ogni notte “Live with Murray Franklin”, e sogna di ottenere un posto nel programma. Un consenso di quell’uomo è la massima aspirazione e una garanzia per un comico di Gotham. Ma un professionista esperto come Murray è sempre solo alla ricerca di una risata… a spese di chiunque.
Robert De Niro interpreta il ruolo di Franklin, una via di mezzo tra i presentatori reali del passato Joe Franklin e Johnny Carson. Phoenix ricorda il loro primo giorno sul set, che prevedeva una lunga scena insieme. “Ti viene voglia di fargli mille domande perché, ovviamente, è Robert De Niro. Sei elettrizzato di fronte a questa opportunità, ma poi ti rendi conto di avere una scena di nove pagine e non c’è tempo e nessuna possibilità che tu possa chiedergli tutto quel che vorresti”.
Phillips ha adottato un approccio molto diverso quando ha incontrato per la prima volta quest’icona del cinema. “Sono andato nel suo ufficio prima delle riprese e gli ho detto chiaramente:
‘Ascolta. Ho bisogno di dieci minuti per porti una serie di domande, e poi giuro che diventerò professionale’. Ed è finita che siamo andati avanti per almeno 20 minuti, ed è stato fantastico”.
Nella sua ricerca di una connessione emotiva, Arthur sogna anche la sua vicina Sophie Dumond. Ha una cotta per lei, ma è una sorta di amore adolescenziale, alla ricerca anche solo di un suo sguardo fugace.
Zazie Beetz, che interpreta la madre single di una bambina di cinque anni, dice: “Sophie e sua figlia vivono sullo stesso pianerottolo dei Fleck, e le capita di incontrare Arthur nell’ascensore, o in posti simili. Sta crescendo suo figlia da sola e probabilmente vive dei momenti difficili. Capisce che l’uomo ha difficoltà ad interagire con le persone e sembra insicuro, quindi lo tollera ed è simpatica, e sorride ad Arthur come si fa con qualsiasi altro vicino”.
Alla Beetz è piaciuto molto lavorare con Phoenix, affermando: “Sono da tempo una grande fan di Joaquin, e penso che sia uno dei migliori attori di questa generazione”. Con egual lode per Phillips, aggiunge: “Non ho mai avuto un’esperienza come questa prima d’ora. È stato incredibilmente collaborativo”.
Brett Cullen interpreta il candidato sindaco Thomas Wayne, una figura paterna solitaria con cui Arthur tenta di connettersi con il risultato di essere respinto ogni qualvolta gli si avvicini.
Douglas Hodge è Alfred Pennyworth, il maggiordomo di Wayne che protegge la dimora da artisti come Arthur.
A completare l’imponente cast sono Shea Whigam e Bill Camp nei panni degli investigatori del GCPD, Burke e Garrity; Glenn Fleshler nei panni di Randall e Leigh Gill in quelli di Gary, due colleghi pagliacci di Arthur della Ha-Ha’s di cui Josh Pais interpreta il capo, Hoyt Vaughn; Brian Tyree Henry nel ruolo di Arkham Clerk Carl; e Marc Maron nel ruolo del produttore di The Murray Franklin Show, Gene Ufland. I reali comici Gary Gulman e Sam Morril appaiono come cabarettisti in una scena in un club.
“Ma riguarda solo me, o stanno tutti impazzendo?”
—Arthur Fleck
Scenografie / Location / Fotografia
Al fine di valorizzare le lotte interne di Arthur con un senso di realismo, Phillips ha cercato di fondare il film stesso su un’estetica il più autentica possibile. “Le location e la scenografia sono importanti in questo film. Il suo ambiente mostra parecchio della vita di Arthur, quindi volevamo sfruttarlo al massimo”.
Ha lavorato a stretto contatto con lo scenografo Mark Friedberg che, come Phillips, è cresciuto a New York e conosceva molto bene la tavolozza dei colori ricercata dal regista. “Mark ha visionato delle vecchie foto di New York per trovare la giusta quantità di graffiti, di spazzatura e le auto desiderate. La sua attenzione ai dettagli è stata smisurata”, osserva.
“Quel che ho trovato toccante della Gotham immaginata da Todd e Scott, è che è un mondo che capisco, un mondo difficile, un mondo duro con persone per le quali la vita non è facile”, afferma Friedberg. “La disfunzionalità, il distaccamento dei poteri forti … questa è la New York della mia giovinezza. Era sporca, molte agenzie di servizi cittadini erano in sciopero a un certo punto, e quelle che non lo erano, erano corrotte. Questo è ciò che a mio avviso ha reso questo pezzo così sorprendente quando l’ho letto per la prima volta, ed è qui che è iniziata la nostra conversazione su questo mondo di “Joker”, una Gotham che non è New York ma è il suo tessuto urbano oscuro, grintoso e duro, con radici nel nostro passato collettivo”.
Phillips e il suo team creativo hanno ampiamente parlato di ciò che Gotham City ha significato per loro, sia dalla tradizione dei fumetti che da altre interpretazioni visive. Per aiutare nelle loro discussioni ed in seguito nella produzione pratica, riguardo a dove i viaggi giornalieri di Arthur lo portavano e come ci arrivava, Friedberg in realtà ha disegnato una mappa di Gotham City molto simile a quella pubblicata nei terminal della metropolitana di New York e, in effetti, la mappa del designer è apparsa così durante le riprese.
Sebbene si stesse evitando di incorporare troppi elementi canonici, quelli inclusi furono leggermente modificati per riflettere la città che stavano progettando. “E’ tutto un’improvvisazione”, dice sorridendo Friedberg.
Phillips spiega: “L’Arkham Asylum nel nostro film si chiama Arkham State Hospital, perché ci sembrava che lo avrebbero chiamato così”.
Il Metropolitan Hospital di Harlem ha rappresentato gli interni dell’ Arkham e quelli del reparto di un ospedale pediatrico, mentre gli esterni sono stati girati a Sunset Park, Brooklyn, e al Brooklyn Army Terminal, un esempio di architettura industriale di 100 anni.
Individuare tutte le location necessarie per un film con una Gotham City degli anni ’70 / ’80 è stata una sfida, afferma Friedberg, perché “il mondo che stavamo cercando di rappresentare non è quello di oggi, poiché abbiamo lentamente trasformato le nostre città in grattacieli di vetro e centri commerciali. Per trovare la versione della città di cui avevamo bisogno, alla fine siamo andati a Newark, dove abbiamo costruito Gotham Square, e a Jersey City, nel New Jersey e nei quartieri circostanti”.
Per aiutare a rivestire Gotham Square a Newark, è stato assunto un giovane artista locale, Malcolm A. Rolling, per dipingere murales sui lati degli edifici lungo le strade in cui i cineasti stavano girando in esterni. I murales riflettevano i temi rappresentati nel film, e alcuni erano lunghi quasi un isolato.
La produzione ha anche girato sequenze a Brooklyn presso il leggendario Kings Theatre. Il palazzo del cinema originariamente aperto nel 1929, è stato recentemente rinnovato e nel film rappresenta la Wayne Hall. I distretti popolari del Bronx di Highbridge e Kingsbridge hanno rappresentato il quartiere in cui Arthur vive in un appartamento con sua madre Penny e la vicina di cui è innamorato, Sophie.
Un’ambientazione nelle vicinanze del Bronx che appare più volte nel film, è una lunga scalinata che Arthur percorre più e più volte per andare a casa, che simboleggia la fatica al suo rientro. “L’idea di Todd era quella di collocare Arthur nel collinoso South Bronx, costringendolo ad arrampicarsi su scale pubbliche e vicoli, non in strade a griglia, confondendo il suo mondo in un modo che funziona davvero per questa storia”, afferma Friedberg. “Le persone non abbinano le colline a New York, la pensano in modo piatto, quindi qui abbiamo una topografia inaspettata e uno stile visivo specifico”. Questo stile visivo è stato delineato assieme al direttore della fotografia Lawrence Sher. “Larry è probabilmente il mio partner creativo più fidato, abbiamo girato il mondo insieme realizzando film”, afferma il regista.
Sher riferisce: “Todd ha delle competenze eccezionali che spaziano in vari campi: dalla sceneggiatura e le performance, all’aspetto visivo e al montaggio, ed è in grado di fondere tutti e quattro questi elementi senza soluzione di continuità e senza dare enfasi all’uno sull’altro. Capita spesso di fare coverage e grandangoli, e in ogni film che abbiamo realizzato insieme, ha fatto in modo che la performance brillasse su ogni cosa, nell’ambito di una coverage che conferisce portata al film, rendendolo realmente cinematografico. Todd ed io ci sfidiamo ogni giorno; lavorare con lui è un’esperienza davvero soddisfacente. È il classico tira e molla, quella ‘pressione che crea diamanti’. Non volevamo mai lasciare niente di insoluto dopo una giornata di riprese”.
Questo stretto rapporto di lavoro ha naturalmente creato delle scorciatoie utili ad una vera partnership. “Poiché questo è il nostro sesto film insieme, le discussioni che abbiamo sono molto più legate alle idee all’interno delle singole scene, che poi costruiscono e creano il quadro più ampio”, afferma Sher. “In questo film, a un certo punto ricordo che Todd mi ha parlato dell’idea dell’ombra di sé stessi, quella che rappresenta l’altro lato di noi, e di conseguenza la trasformazione di Arthur in Joker. Quei due termini – trasformazione e ombra – mi hanno fatto riflettere, dandomi una prima idea di quali temi avrebbe esplorato nel corso del film, in modo da poter determinare come esprimerli al meglio attraverso le immagini.
“Gran parte del nostro approccio”, continua, “è stato quello di raccontare visivamente un personaggio senza dipendere necessariamente dal dialogo; si potrebbe persino guardare il film in silenzio e avere lo stesso impatto emotivo, perché la performance di Joaquin è misurata e dice tanto senza dire una parola”.
Sher afferma che la scelta di utilizzare la 65 Alexa è stata la chiave in tal senso. “Una macchina da presa di grande formato come questa, offre dei vantaggi in caso di ridotta profondità di campo. Questo ci ha permesso di isolare Arthur nel suo mondo, rendendolo l’unico personaggio al suo interno e rafforzando l’idea di essere un emarginato, dato che talvolta si considera inesistente.
La telecamera ci ha aiutato a raccontare quel lato della sua storia, sia nell’intimità del suo appartamento che in scene più grandi, perché potevamo scorporarlo dal suo background”.
Molte delle scene più grandi si svolgono all’esterno. Sher afferma: “Todd, Mark ed io siamo cresciuti a Manhattan e nei dintorni, ed eravamo lì presenti al tempo in cui si svolge questo film, quindi lo ricordiamo vividamente ed abbiamo attinto quotidianamente alle nostre memorie. Dal fotogramma uno, volevamo che le persone venissero trasportate all’istante nella nostra versione di Gotham del 1981, senza mai pensare: “Oh, è a Newark.” Mark ha trovato location quasi intatte appartenenti ad un’epoca passata. Naturalmente ha aggiunto della spazzatura, ha cambiato la segnaletica e così via, per dare un senso del luogo e del tempo oltre a definire il tono della città di Gotham molto più sporca e infestata dai rifiuti, sull’orlo del collasso”.
“Dagli ampi scatti di Gotham Square, a un uomo seduto al suo posto su un autobus, o che cammina lungo Jerome Avenue sotto i binari sopraelevati, fino alla minuzia del suo appartamento, Larry era davvero interessato a mettere in contrasto questo uomo piccolo in un mondo grande, e poi questo piccolo mondo dentro quella persona”, osserva Friedberg. “Per me, ciò ha significato passare dalle configurazioni generali a specifiche texture, da una piccola pulce anonima che si muoveva per le grandi strade della nostra città, al minuscolo dettaglio di una sigaretta accesa. Ad esempio, se si cammina nelle vecchie case popolari del Bronx, ci sarà una texture estrema, si sentirà l’odore di una texture estrema e fotograficamente questo è bello. Todd mi ha dato la libertà di spingere quell’estremo contrasto con la texture, per rendere tutto molto reale”.
Uno di questi esempi è un bagno pubblico in cui Arthur si rifugia in una circostanza cruciale della storia, che si è rivelata essere un momento fondamentale per Sher e per il suo operatore della
‘A’ camera / Steadicam Geoff Haley. Sher spiega: “Secondo la filosofia di un Direttore della fotografia, e fondamentale per Todd, è stato illuminare l’ambiente e mettere in evidenza agli attori, per dar loro piena libertà di movimento. In questo film più che mai, la mia squadra interveniva in una scena senza sapere nulla di ciò che Joaquin avrebbe fatto. Todd e Joaquin ne avevano discusso, mentre il mio operatore ed io no, ed abbiamo dovuto impostare il tutto in modo di permettergli di fare ciò che voleva.
Tutto è iniziato con la scena del bagno – Todd ed io adoriamo i bagni sporchi: ci sono scene di bagni e ascensori in tutti e sei i film che abbiamo girato insieme. Abbiamo impostato delle luci miste, delle lampade al neon non corrette, e senza alcuna prova con la telecamera nel momento delle riprese ci siamo affidati a Joaquin.
“Joaquin era estremamente presente e concentrato in quel momento”, continua, “quindi, come DP o operatore, abbiamo dovuto connetterci a quel livello e vedere dove si andava. Il mio operatore ed io eravamo tutti con la telecamera, danzando attorno a Joaquin che interpretava la scena in tempo reale. Questo è stato un approccio che abbiamo adottato in molte scene, come quella nel suo appartamento quando Arthur si arrampica sul frigorifero: non era assolutamente pianificata. È stata un’esperienza elettrizzante girare un film in quel modo: precisione, in termini di riprese che sapevamo di voler ottenere, e completa improvvisazione in termini di performance”.
Aderendo alla loro regola di autenticità, Friedberg e Sher hanno lavorato insieme per costruire e illuminare un altro set chiave del film, lo spettacolo “Live with Murray Franklin”. “I progetti di Mark e tutto ciò che abbiamo usato per illuminare il set rispecchiavano quel periodo, non sono state utilizzate tecniche moderne di illuminazione”, afferma Sher.
“Sono un appassionato di cinema e nella vita ho cercato di evitare di fare televisione, eppure mi sono ritrovato diverse volte a progettare programmi televisivi che appaiono nei film in cui stavo lavorando”, dice Friedberg ridendo. “Uno dei set più significativi di questo film è quello per lo spettacolo di Murray Franklin. Non abbiamo copiato Carson di per sé, ma abbiamo seguito alcune sue linee: una scrivania, una sedia, un’altra sedia e un divano, un uomo che annuncia e si siede, posti per un pubblico dal vivo, una band … tutte quelle cose oltre ad una sala di controllo, e anche dei camerini. Ciò che è stato interessante per noi è stato costruire questo set “vecchio stile” che si è rivelato essere il primo set in assoluto su un palcoscenico nuovo di zecca presso gli Steiner Studios”.
La squadra di Friedberg per quelle scene ha reperito delle telecamere televisive autentiche d’epoca dal Museum of Broadcast Technology di Rhode Island. Dei monitor funzionali di vecchia generazione sono stati installati sulle telecamere in modo che vi fossero immagini sugli obiettivi mentre simulavano le riprese.
Durante la produzione sono stati utilizzati anche dei vagoni della metropolitana degli anni ’70- ’80, ottenuti dal New York City Transit Museum e gestiti da personale certificato della Metropolitan Transit Authority (MTA). Le riprese si sono svolte su tratte a Brooklyn e nel Bronx, in profondità nei tunnel, su binari sopraelevati e su piattaforme, molte delle quali erano aperte al pubblico, quindi gli attori si sono esibiti mentre i veri passeggeri scendevano e salivano a bordo dei vagoni.
Le scene in cui troviamo Arthur prima tra il pubblico, e poi impegnato nella sua esibizione comica, sono state girate nel famoso comedy club Dangerfield nell’Upper East Side di Manhattan. Così chiamato in onore del famoso comico Rodney Dangerfield, il club è stato inaugurato nel 1969 ed è il più antico locale funzionante del suo genere in città.
Diventare Joker – I Costumi
Per creare l’aspetto di Arthur – e, man mano, di Joker – Phillips ha reclutato il costumista Mark Bridges, che aveva già lavorato per Phoenix in “The Master” e in “Vizio di forma”. Nota Bridges: “Anche questi film sono ambientati in periodi di transizione: uno negli anni ’50 e l’altro negli anni ’70”.
Come nel primo caso, Phoenix è molto dimagrito quando sono iniziate le riprese. “Sinceramente non so come fa”, afferma Bridges riguardo alla disciplina di Phoenix, “ma abbiamo iniziato le prove costumi sei mesi prima delle riprese, quindi mi sono dovuto dedicare a lui non solo per cucirgli gli abiti ma anche adattarli man mano al suo fisico”.
Phillips non aveva mai lavorato con Bridges prima, ma ammirava molto i suoi progetti. “Mark è incredibile”, commenta il regista. “Solo affiancarlo durante le prove costume di Robert De Niro è stata un’esperienza; e poiché aveva già lavorato con Joaquin altre volte, i due avevano un ottimo rapporto”.
Bridges è stato lusingato della chiamata di Phillips. “Todd mi ha inviato un bel messaggio in cui diceva di avere questo progetto in porto, chiedendomi di prendere in considerazione l’idea di lavorarci. Certo, ricevere un messaggio del genere da una persona del calibro di Todd … e ovviamente lavorare con un vecchio amico come Joaquin è stata davvero una gioia per me. Abbiamo un meraviglioso dialogo, mi fido di lui; è aperto ai miei suggerimenti su come mostrare l’aspetto di un personaggio a cui sta lavorando all’interno. Quindi, abbiamo svolto un ottimo lavoro basandoci sulle richieste personali di Todd”.
Riguardo all’epoca in cui si svolge “Joker”, Bridges osserva: “Per essere fedeli, diciamo al 1981, bisognava utilizzare una certa gamma di tonalità e combinazioni di colori disponibili nei negozi di allora. Abbiamo usato molto blu, marrone, malva, grigio, navy, kaki … Ci siamo allontanati dall’arancione bruciato e dai verdi degli anni ’70, anche se ne ho aggiunti alcuni per il bene della storia. Ma solo attingendo a questa tavolozza colori ci si sente automaticamente in un’altra epoca, perché sono tonalità non visibili nei negozi in questo momento”.
Per quanto valga il senso della moda per Arthur, dice Bridges: “È molto un John Q. Public, per così dire; punta più alla praticità che allo stile. Veste capi comodi, e si vede che li ha da molto tempo, inoltre ha un vago aspetto infantile, alternato a quello di una persona anziana. Con Joaquin, non voglio mai rivelare troppo con le scelte che faccio, perché la sua performance è già molto potente”.
Nei frame di apertura del film, tuttavia, vediamo Arthur al lavoro che indossa un costume probabilmente da lui stesso ideato: da pagliaccio. “Ho lavorato sulla sua silhouette tenendo a mente che alcuni movimenti del personaggio nel film sono ispirati alle mosse di Charlie Chaplin, e che sarebbe un costume che Arthur ha realizzato in modo molto improvvisato”. Bridges tuttavia riconosce “Una mia vanità personale è la piccola bombetta che indossa, perché l’ho sempre amata sui pagliacci”.
E, naturalmente, Arthur indossa anche le tradizionali scarpe da clown, con le quali Phoenix più volte ha dovuto correre: impresa non facile.
Riguardo all’attuale costume di Joker per il film, Bridges riferisce felicemente che il suo design è stato in parte descritto nella sceneggiatura come “un completo ruggine che Arthur possedeva da molti anni”. Malgrado ciò confessa: “Hai milioni di pensieri che ti attraversano la testa e senti un po’ di pressione esterna per soddisfare i fan e il progetto. Ma alla fine il mio lavoro si riduce a raccontare questa particolare storia, in cui l’outfit deve essere qualcosa di molto organico per il personaggio: capi che abbiamo visto indossare prima da Arthur, ora riassemblati per diventare il vestito di Joker”.
Lavorando a ritroso, Bridges è stato in grado di determinare quando e quanti elementi fondamentali utili al look del Joker appaiono nel corso della storia. “Sono partito dall’inizio — dal comedy club, come vengono combinati diversi elementi e capi differenti — per arrivare al risultato finale. Quando con Joaquin abbiamo fatto gli ultimi ritocchi per il completo, con la camicia giusta, il gilet giusto … rispecchiava appieno gli anni ’70 con una linea leggermente più lunga della giacca, mentre lui ha assunto una strana e sinuosa sicurezza che non apparteneva ad Arthur, bensì al Joker. Per me è stato davvero soddisfacente”.
Phoenix aggiunge: “Come Joker, cammina a testa alta. E’ sicuro di sé. Prima è come se fosse un guscio di sé stesso”.
Durante tutto il film, Arthur indossa una faccia da clown per varie esibizioni. Il suo ultimo look da Joker è stato progettato da Phillips e Phoenix come una versione esagerata del normale maquillage di Arthur, ed eseguito alla perfezione dalla capo reparto trucco Nicki Lederman e dalla sua squadra, utilizzando il rosso e il verde di base del personaggio da clown di Arthur. La stessa Lederman ha creato una tonalità unica per le lacrime di Arthur tratta dai vari pigmenti che aveva in mano, soprannominandola blu antico.
“Ho sempre pensato alla mia vita come una tragedia, adesso vedo che è una commedia”
—Joker
Per interpretare i molti temi esplorati nel film, Phillips si è da subito rivolto alla compositrice Hildur Guðnadóttir. “Hildur ha scritto le musiche fin dalla pre-produzione”, ricorda Phillips. “Le inviavo delle pagine della sceneggiatura e lei scriveva musica prima ancora che girassimo, e quello che ha fatto per il film è unico”.
Guðnadóttir dice: “Todd mi ha chiesto di scrivere un po’ di musica basandomi sulle sensazioni derivate dalla lettura della sceneggiatura, che mi ha davvero ispirato dato che ho trovato molta risonanza”. Dopo avergli inviato una prova, ricorda: “Pensava che avessi davvero catturato l’atmosfera del film”.
Ciò che ha più colpito la musicista, dice: “è stato Arthur, questo personaggio con una specie di semplicità multidimensionale, così generoso e infantile, che sta solo cercando di adattarsi. Ma le sue circostanze e il modo in cui le persone reagiscono di fronte a lui, non gli permettono di farlo. Musicalmente, ciò si traduce in melodie molto semplici e monotoniche, perché è un po’ così che vede le cose. Quindi ho cercato di espandere con quella semplicità l’orchestrazione, non con accordi o musica complicata, ma con una trama che fosse in sintonia con la malinconia del protagonista”.
La sua composizione presenta il violoncello come il fulcro della musica, che porta a melodie basate sugli archi. La Guðnadóttir rivela: “C’è spesso un’intera orchestra sinfonica di 90 musicisti che suonano la stessa cosa, ma è nascosta dietro il violoncello. Ho sentito che si adattava bene al personaggio, viene visto in questo modo, e ci sono molte situazioni complicate dietro di lui, ma non se ne accorge. Ho pensato di orchestrarlo così, in modo che gli strumenti non fossero sempre udibili, pensando di ascoltare solo un violoncello mentre invece, come Arthur, c’è molto altro dietro”.
La Guðnadóttir ha iniziato a lavorare così presto che Phillips ha potuto introdurre le musiche già durante la produzione, e ha portato un pezzo a Phoenix dopo poche settimane in fase di riprese, come fonte di ispirazione del suo lavoro in una scena fondamentale in cui il pubblico vedrà il primo accenno di ciò che accadrà. “Joaquin ed io eravamo sul set ad un punto fermo”, racconta il regista. “Non avevamo capito appieno la scena, ma poi mi sono ricordato di aver ricevuto questo fantastico brano musicale di Hildur che avevo ascoltato la sera prima. Gliel’ho fatto sentire, gli è piaciuto moltissimo e da lì ha iniziato un ballo lento, e dal nulla da Arthur è scaturita questa grazia, l’emergere della sua ombra. Abbiamo iniziato a girare la scena, e da lì è cominciata la sua trasformazione”.
Phoenix attesta: “Todd ha messo questa musica per violoncello, ed è stata davvero efficace. Gli ho chiesto ‘qui dovrei fare un movimento’, e mi ha risposto: ‘Beh, inizierei dal tuo piede, fai la tua mossa’. Questo è tutto ciò che ha detto e tutto ciò che avevamo. La preparazione è stata nello studio del movimento e della danza durante le prove, ma quello che è venuto fuori da quel pezzo musicale è stato un punto di svolta per il personaggio, e per me e Todd lavorando insieme … e comprendendo Arthur”.
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info: 03/10/2019.
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