Locandina La ligne - la linea invisibile
La ligne - la linea invisibile (La ligne) è un film del 2022 prodotto in Francia e Belgio, di genere Drammatico diretto da Ursula Meier. Il film dura circa 101 minuti. Il cast include Stéphanie Blanchoud, Valeria Bruni Tedeschi, Elli Spagnolo, India Hair, Dali Benssalah, Benjamin Biolay, Eric Ruf. In Italia, esce al cinema giovedì 19 Gennaio 2023 distribuito da Satine Film.

Al centro della vicenda il rapporto conflittuale tra una pianista che ha abbandonato la carriera di solista per dedicarsi alle tre figlie, e la primogenita giovane talentuosa ma emotivamente instabile costretta dal giudice a restare a cento metri di distanza dalla casa di famiglia per il suo comportamento aggressivo.

Margaret, 35 anni, ha una una lunga storia di violenze inflitte e subite e una fragilità emotiva che spesso non riesce a definire e contenere nelle sole parole. In seguito a una brutale discussione con la madre e alla denuncia di quest'ultima, il giudice, in considerazione del suo comportamento aggressivo, le impone un severo ordine restrittivo: in attesa del processo e per almeno tre mesi, non le è permesso entrare in contatto con la madre né avvicinarsi a meno di cento metri dalla casa familiare. Una separazione che Margaret non intende accettare e che non fa che esacerbare in lei il desiderio di essere più che mai vicina alla famiglia, tanto da farla recare ogni giorno sulla soglia di quel confine, tanto invisibile quanto al momento invalicabile.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 19 Gennaio 2023
Uscita in Italia: 19 Gennaio 2023 al Cinema
Genere: Drammatico
Nazione: Francia, Belgio, Svizzera - 2022
Durata: 101 minuti
Formato: Colore
Produzione: Arte France (co-produzione), Cinéma (co-produzione), RTS Radio Télévision Suisse (co-produzione), RTB (Belgian Television) (co-produzione), VOO and Be tv (co-produzione), Bande à part Films (co-produzione), Rita Productions (co-produzione)
Distribuzione: Satine Film

Cast e personaggi

Regia: Ursula Meier
Musiche: Jean François Assy, Stéphanie Blanchoud, Benjamin Biolay
Fotografia: Agnès Godard
Scenografia: Ivan Niclass
Montaggio: Nelly Quettier
Costumi: Anna Van Brée

Cast Artistico e Ruoli:



Produttori:
Pauline Gygax (Produttore), Max Karli (Produttore), Marie-Ange Luciani (Coproduttore), Jean-Pierre (Coproduttore), Luc Dardenne (Coproduttore), Delphine Tomson (Coproduttore), Lionel Baier (Produttore associato), Jean-Stéphane Bron (Produttore associato), Ursula Meier (Produttore associato), Frédéric Marmoud (Produttore associato)


Sceneggiatura: Ursula Meier, Antoine, Jaccoud con la collaborazione di Robin Campillo e Nathalie Najem | Production Manager: Nicolas Zen-Ruffiner | Assistente alla regia: Sonia Rossier | Casting Director: Aurélie Guichard | Suono: Patrick Becker, Etienne Curchod, Valène Leroy, Franco Piscopo | Location Manager: Kevin Chatelain | Hair & Make up: Katie Van Damme.

Immagini

[Schermo Intero]

Note di Regia – Ursula Meier

"Nella parte iniziale del film vediamo Margaret che viene cacciata di casa dai suoi familiari. L'allontanamento di quest'ultima dalla sua cerchia di affetti, e il forte diverbio che l'ha generato, sono una sorta di "Big Bang", le cui ondate di violenza continueranno a diffondersi per tutto il film, stimolando il racconto e conferendogli tutta la sua tensione. Nella maggior parte delle storie, è spesso l'incontro dei personaggi che fa avanzare la storia, ma ne "La Ligne – La linea invisibile", è invece questa distanza tra il personaggio principale e il resto della sua famiglia che crea la dinamica del racconto. Isolata e bandita, Margaret si ritrova letteralmente "chiusa fuori". Questa "linea", il luogo preciso che delimita lo spazio proibito a Margaret, diventa l' ostacolo del personaggio sia in senso letterale, sia figurativo e, di conseguenza, il luogo di tutte le tensioni.
La stessa "linea", dapprima quasi irreale poichè immateriale, diventa poi una linea visibile, tangibile, quando dipinta con la vernice da Marion, la sorellina di Margaret. Ed è a questa "linea" di confine, che Margaret ritorna ogni giorno e contro la quale si strofina, inciampa, si fa male. Ed è Marion, a sua volta, una sorta di "guardiana della linea", deve assicurarsi che la sorella non la oltrepassi, al punto di chiederle di giurare davanti a Dio. L'impotenza di Margaret di fronte a questo muro invisibile non fa che alimentare la sua stessa violenza.
Fin dall' inizio ho sentito la necessità di disegnare una mappa immaginaria dei luoghi, per delimitare il territorio del film, il suo "luogo di gioco". Questi tracciati hanno costituito le linee di forza, la tensione del racconto, il suo spazio mentale. Ho sentito la stessa esigenza per "Home" dove i pochi metri che separavano l'autostrada dai muri di casa erano decisivi e rappresentavano il punto nevralgico del film. Per "Sister" c'era invece una verticalità con la funivia e il suo cavo teso tra "l'alto e il basso". Per me è fondamentale, fin dalla genesi di un progetto, conoscerne il territorio, non la geografia ma la topografia.
Così ho iniziato a disegnare linee e cerchi intorno a una casa immaginaria per rappresentare gli spazi proibiti a Margaret. E poi, come se le linee che disegnavo sulla carta e nelle quali a volte mi perdevo cominciassero a contaminare lo spazio reale intorno a me, le vedevo apparire nelle strade, dipinte sull'asfalto, nei luoghi pubblici… Lo spazio cominciava a inquadrarsi giorno dopo giorno… In quel momento entravano nelle nostre vite le misure di distanziamento sociale e di protezione. I confini tra i Paesi si stavano chiudendo, uno dopo l'altro. Mi sono resa conto di quanto inquietante il progetto risuonasse con ciò che stavamo vivendo proprio nel mezzo della pandemia".

Il Set

"Avevo in mente un western ambientato nella Svizzera di oggi e con Agnès Godard, la direttrice della fotografia, abbiamo preso la decisione di girarlo in scope. Il divieto a Margaret di avvicinarsi a meno di cento metri di distanza dalla casa di famiglia, poneva affascinanti questioni cinematografiche: quali focali utilizzare per rendere quella distanza il più accuratamente possibile in ogni scena? Lavoro on-screen e off-screen: cosa vedi della casa dalla "linea" e viceversa? Il primo approccio è stato il ricercare una strada molto ampia in una zona residenziale – prendendo spunto da alcune fotografie di Jeff Wall – per poi riorientarci, in una seconda fase, sulla ricerca di una casa collocata in uno spazio più aperto e meno strutturato. Questo nuovo criterio ha reso "la linea", quel confine, ancora più strano e assurdo, che finiva per tagliare senza logica apparente diversi spazi eterogenei: una strada, un parcheggio, dei campi, un canale…
Una volta scelte le location, abbiamo dovuto adattare la sceneggiatura, al fine di renderla confacente alla nuova composizione drammatica. La presenza del canale ha permesso, ad esempio, di rafforzare l'idea di un confine invalicabile, poiché la linea tracciata sulla strada e poi sull'erba da Marion dopo pochi metri sprofondava nell'acqua…
La forza e la singolarità del luogo scelto derivano anche dai suoi contrasti. Non sappiamo dove siamo, uno strano miscuglio di acqua e montagne, case popolari e una pescheria, vicina a un cantiere navale… il tutto attraversato dal via vai dei treni. Ed è proprio al crocevia di tutti questi spazi che il personaggio di Margaret viene ancorato, lei che proprio non riesce ad allontanarsi, a "lasciare" sia in senso proprio, sia figurato (la sua famiglia, il suo ex compagno.). È la Svizzera, certo – siamo all'estremità del lago di Ginevra che volontariamente non vediamo mai – ma non necessariamente quella che ci potremmo aspettare.
Mi piace girare in questa regione: "Sister" e il mio primo film "Des Épaules solides" sono stati entrambi girati poco lontano da lì. Lo spazio e la topografia dei luoghi a volte possono sorprendere nella loro eterogeneità e diversità, anche da un punto di vista sociologico".

La violenza

"Margaret combatte. Fisicamente. Combatte come un uomo e come un animale ferito. Combatte perché non può fare altrimenti, perché non ha le parole, perché il suo corpo è al di là di lei. Ipersensibile, non ci sono filtri tra lei e il mondo esterno. Ogni volta che si trova in una situazione che la tocca o la ferisce profondamente, così profondamente da non riuscire a trovare le parole, c'è questa cosa che cresce in lei, questa specie di palla di nervi che si scatena.
Ogni colpo dato o ricevuto traduce in lei unicamente questo bisogno sfrenato di amore e riconoscimento che non è in grado di esprimere verbalmente perché troppo sepolto nel profondo del suo cuore. Margaret è cresciuta con una madre troppo giovane e fallimentare, una madre che non si è mai "decentrata", che ha sempre scelto i suoi amori a scapito dei suoi figli, incolpandoli oltretutto del fallimento della sua carriera di pianista. Margaret rimane come congelata in un'infanzia chimerica a causa di questa madre infantile, sfuggente e colpevolizzante. Soffre per un legame inconsolabile.
Margaret combatte, ma soprattutto contro se stessa. Soffre di questa violenza che non riesce a canalizzare e che può esplodere in qualsiasi momento. Anche se questo termine non viene mai pronunciato durante il film, perché ridurrebbe il personaggio a una patologia, il suo comportamento potrebbe essere più vicino al Disturbo Borderline (che letteralmente si traduce in "Linea di confine" un'altra linea narrativa…). Questa circonferenza che ha un raggio di 100 metri intorno alla casa è una specie di cordone sanitario e Margaret è come in quarantena.
Il corpo di Margaret, un vero e proprio scudo tra lei e gli altri, gradualmente inizia a scheggiarsi lasciando intravedere le sue debolezze e le sue ferite. Quando Margaret apprende durante il film di aver reso sua madre mezza sorda, è un vero shock per lei. Le "tracce" della sua violenza non verranno mai cancellate…
È allora che Margaret scompare dalla storia e il film cambia. Questa scomparsa, che è come un'opportunità per Margaret di emanciparsi, di liberarsi dal legame nevrotico con la madre, diventa paradossalmente una vera preoccupazione per la famiglia.
La maggior parte dei film o di storie famose che hanno sviluppato personaggi fisicamente violenti lo hanno fatto attraverso personaggi maschili. E quando questa violenza è espressa da personaggi femminili, sono per lo più adolescenti ribelli. La particolarità de "La Ligne" è che si tratta di una giovane donna di trentacinque anni che perde il controllo. Improvvisamente questo "modello" del cowboy solitario si incarna attraverso una "lei" piuttosto che un "lui".

La Musica

"Un posto importante nel film è il rapporto con la musica, collegamento e il filo conduttore tra i personaggi. La musica è l'unica eredità positiva che la madre ha trasmesso a Margaret e che a sua volta trasmette a Marion. La musica riempie Margaret di una mancanza affettiva e sostituisce la sua incapacità di parlare o analizzare. Rivela anche una sfaccettatura a priori insospettabile del personaggio, una ricchezza e un talento pieni di fragilità e dolcezza che contrastano con la violenza di cui è capace e che solo il suo compagno ha imparato a disinnescare. È lui, per lo spettatore, la finestra di accesso a Margaret. Riesce a comprenderla nei suoi lati oscuri e capisce come, quando è ferita, attacca e colpisce invece di parlare. Non sopporta di vederla distruggersi e teme sempre che le accada il peggio. Anche se potrebbe ancora nutrire dei sentimenti amorosi, ha interrotto la sua relazione con lei. Viverle accanto stava diventando troppo difficile, se non impossibile. E tornando a vivere da lui, Margaret si confronta con tutto ciò che ha sprecato: il suo talento musicale inespresso ma anche la sua storia d'amore con lui.

Benjamin Biolay ha composto una canzone per il film, un duetto che racconta la storia d'amore tra il personaggio che interpreta e Margaret. Un duetto che hanno cantato insieme in passato. Alla vigilia di Natale, come in un momento rubato, ne canteranno insieme un estratto, ognuno carico di malinconia e impotenza".

Le Attrici

Il film è nato con Stéphanie Blanchoud, attrice ma anche cantante e drammaturga. Avevamo già collaborato insieme in occasione di un videoclip che avevo realizzato per una delle sue canzoni, "Decor", in duetto con la cantante fiamminga Daan e in cui recita. La clip raffigura una coppia che si batte in un ring. Stéphanie Blanchoud pratica infatti la boxe e recentemente ha scritto e interpretato da sola a teatro una pièce dal titolo "Sono un peso piuma", la storia di una giovane donna che, a seguito di una rottura amorosa, scopre questo sport di combattimento. Il rapporto con il corpo, con la violenza, con i colpi che diamo ma anche che prendiamo,è quindi un territorio che ha esplorato in più occasioni.
Margaret può dare a prima vista l'immagine di un essere fragile e delicato in contrasto alle violente tempeste che si formano a volte nel suo corpo. Stéphanie Blanchoud esprime proprio questa dolcezza. Una discrepanza interessante poiché permetteva di andare contro gli stereotipi che ci si poteva aspettare dal suo personaggio.
Insieme abbiamo cercato di rendere l'incarnazione più vera di Margaret per trovarne la sua particolarità. C'è qualcosa nel suo corpo che non dovrebbe mai essere tranquillo, come una pressione nervosa permanente al suo interno.
Una delle scommesse del film era proprio che amiamo questo personaggio nonostante l'estrema violenza che può scaturire da lei.
Durante la scrittura del film abbiamo subito pensato a Valeria Bruni Tedeschi per il ruolo della madre, attrice rara e del tutto singolare nel panorama del cinema francofono. Aveva l'età ideale per il personaggio: una madre molto giovane per Margaret e una madre invece "più matura". per Marion. Questo grande divario di età tra la figlia maggiore e la minore dice già molto di questa madre infantile.
L'immenso talento e la finezza del modo di recitare di Valeria Bruni Tedeschi rivelano tutta la complessità del suo personaggio senza la necessità di ricorrere a dialoghi eccessivamente esplicativi o psicologici.
Il suo rapporto con Marion, a volte come madre amorevole, e altre volte come madre latitante – lascia Marion per tre giorni da sola per poter raggiungere un nuovo amante incontrato da poco – è come uno specchio della sua relazione passata con Margaret da bambina e fa luce sulle zone d' ombra della Margaret di oggi.
In quest'ottica, come in "Home" con Isabelle Huppert o in "L'enfant d'en haut" con Léa Seydoux, la scelta del casting per il ruolo della madre era essenziale. Non sappiamo quasi nulla di queste madri, ognuna fallimentare a modo proprio, ed è sempre una scommessa fidarsi del cinema per far emergere la loro psicologia profonda e complessa. È stato emozionante lavorare con Valeria Bruni Tedeschi, con il suo rapporto con il pianoforte e con le conseguenze della sua semisordità: la perdita di parte dell'udito, l'incapacità di spazializzare i suoni, gli acufeni, le vertigini. 
Marion, che assume il ruolo di "passante" o "mediatrice" tra i personaggi, è essenziale nella storia. Ricordo ancora la prima volta che ho inquadrato con la macchina fotografica Elli Spagnolo. Una presenza rara e una grazia infinita trasparivano dall' obiettivo. Elli non aveva mai recitato e tuttavia possedeva un' impressionante intelligenza recitativa. Era capace di immensa sincerità e profondità, riuscendo al tempo stesso ad essere dura e un po' brutale. Abbiamo passato molto tempo prima di iniziare le riprese, lavorando a tre con Stéphanie Blanchoud, facendo così a poco a poco diventare il rapporto tra Marion e Margaret la colonna portante del film.


dal pressbook del film

Eventi

• Presentato in concorso alla 72a edizione del Festival di Berlino e alla 23a edizione del Napoli Film Festival.
• Proiettato come evento speciale domenica 4 dicembre 2022 presso la Cineteca Milano Arlecchino in occasione del Longtake Interactive Film Festival 2022.

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