La Traversata, il ricordo e l'orrore di Philippe Lancon
La Traversata, il ricordo e l'orrore di Philippe Lancon

La Traversata, il ricordo e l’orrore di Philippe Lancon


'La Traversata' è un romanzo che racconta, in prima persona, l'attentato alla redazione di Charlie Hebdo e la rinascita di uno dei sopravvissuti, il giornalista Philippe Lançson

È la mattina del 7 Gennaio 2015.
Una mattina che, a Parigi, non sembra promettere nulla di diverso rispetto alla quotidianità a cui i francesi sono abituati e nella quale sanno sempre riconoscersi. È una giornata di inverno, fredda, e si è appena conclusa la festività de la fete des rois (festività laica che noi italiani riconosciamo, naturalmente, come l'Epifania) che un giornalista, Philippe Lançon ha passato guardando una rappresentazione de La Dodicesima Notte di William Shakespeare, in compagnia dell'amica Nina. Una rappresentazione di cui non doveva scrivere, lui che era giornalista per una testata grande e importante come Liberation (e non solo), ma sulla quale aveva scelto di soffermarsi comunque. La mattina del 7 Gennaio 2015 Philippe Lançon guida la sua bicicletta verso itinerari che conosce a memoria e, all'ultimo momento, decide di fermarsi in un'altra redazione prima di arrivare da Liberation dove dovrà parlare del libo che è sulla bocca di tutti, Sottomissione di Michel Houellebecq.
La redazione di Charlie Hebdo.

La Traversata di Philippe Lançon
La Traversata di Philippe Lançon

Ecco, basta l'eco di un nome a rendere chiaro il perché quel 7 Gennaio 2015 alla fine dei conti non fosse una giornata come le altre per la bella Ville Lumiere. Una giornata destinata a cambiare il volto della Francia e del giornalista che, ne La Traversata, racconta la sua storia, l'attentato che lo ha stravolto e la ricostruzione di un viso che va di pari passo con l'assestamento di un'identità costretta a dividersi tra un prima e un dopo, tra quello che si era prima e quello che si diventa dopo, quando la morte ci sfiora. Quando, dopotutto, si sopravvive.

Il 7 Gennaio 2015, al grido di Allah Akbar, dei terroristi fecero irruzione nella redazione di Charlie Hebdo, scaricando colpi sui giornalisti presenti, uccidendone la maggior parte: quel giorno persero la vita dodici persone che lavoravano per il giornale satirico che aveva la fama (e l'ha ancora) di pubblicare vignette di satira brutale, a tratti di cattivo gusto, come fu nel caso della tragedia di Rigopiano.

Quel giorno di Gennaio la redazione di Charlie Hebdo si riempì di sangue e vite distrutte, di giornalisti che hanno perso la vita proprio mentre erano nell'atto di disegnare, di parlare, di discutere di una rivista che sembrava pronta ad esalare il suo ultimo respiro e che invece, proprio grazie a quell'attentanto vigliacco come lo sono tutti, ha trovato una nuova fama, una nuova voce. Ma tutto questo non era materiale per Philippe Lançon. Mentre il mondo – nelle piazze, sui social, nelle testate giornalistiche – si riuniva sotto il grido del #JeSuisCharlie per dimostrare il proprio sostegno alle vittime e a coloro che dovevano avere il coraggio di continuare ad esprimersi, Philippe Lançon era in ospedale, con parte del labbro e il mento distrutto, un buco lasciato nella carne come memento di quello che aveva passato e di quello a cui era, incredibilmente, sopravvissuto. Ecco, per amor di sintesi, dunque, si potrebbe dire che La Traversata è un romanzo che narra di un viaggio: un viaggio che non ha niente a che fare con confini terresti e nuove terre su cui poggiare i piedi. È al contrario un viaggio che si fa rimanendo steso su un letto d'ospedale, parlando per settimane solo attraverso una lavagnetta, con frasi veloci e subito cancellabili, come i ricordi di quella mattina di Gennaio, che per Philippe sono ancora un reticolo che non riesce del tutto a sbrogliare.

La Traversata, che in Italia è uscito grazie al lavoro instancabile di Edizioni E/O, è un libro non facile da leggere. L'inizio del racconto sembra così intriso di normalità che il lettore, sapendo quello a cui andrà incontro, sente una costante ansia anche mentre Philippe Lançon parla di uno spettacolo teatrale, di personaggi che sono sopravvissuti a un naufragio e si devono inventare nuovi travestimenti e nuovi volti per sopravvivere in una terra straniera. E per il protagonista e voce narrante il travestimento è un nuovo volto che lo guarda dallo specchio, un volto che gli impedisce di tornare a suonare gli strumenti preferiti e che, per lungo tempo, ha portato le persone a guardarlo in modo diverso, fissandosi sulla fasciatura, su quel simbolo che urlava a tutti quello attraverso cui era passato. Quando, pagina dopo pagina, si arriva al racconto dell'attentato la lettura è quasi insopportabile: la scrittura precisa del nostro narratore, così come la sua capacità di renderci partecipi del suo viaggio fanno sì che anche il lettore si soffermi a pensare a quella redazione, ai corpi riversi a terra, alle "gambe nere" che si muovono fuori dal campo visivo, come una minaccia di oscurità. E la sensazione che nasce da questo senso di empatia è destabilizzante, spaventoso. Perché l'attentato di Charlie Hebdo diventa, di colpo, un teatro dell'orrore dove poteva esserci chiunque e, proprio come ogni attentato, porta chi non ha vissuto sulla propria carne quella tragedia dell'inatteso a interrogarsi su quello che avrebbe fatto, su come si sarebbe comportato, se sarebbe stato abbastanza fortunato da sopravvivere. Perché Philippe Lançon sopravvive per mera fortuna. Non è un eroe: è un uomo che, pur trovandosi nel posto sbagliato nel momento più sbagliato, è riuscito in qualche modo a riemergere dal sangue che gli è caduto addosso. E il lettore si trova trapiantato insieme a lui, condividendo il desiderio di parlare con la propria madre, di razionalizzare l'accaduto, di aggrapparsi ai lati più pratici dell'immediato: tenere stretto lo zaino con i documenti per la previdenza sociale, cercare di recuperare il telefono con tutti i numeri cellulare, cercare di sentire il suono della propria voce e persino cercare di non mostrarsi stizzito davanti la segretaria che, in lacrime, ammette di aver dovuto aprire la porta agli aggressori, di aver ceduto alla paura e aver – secondo lei – permesso l'eccidio. Senza ombra di dubbio la parte in cui l'autore de La Traversata racconta il momento dell'attentato e quello immediatamente successivo è quello più angosciante e doloroso: perché in esso l'empatia raggiunge il suo picco e ci ricorda che siamo tutti esseri umani e siamo tutti sottoposti al volere non del destino, ma della morte.

Ma l'incubo per Philippe Lançon è solo all'inizio: perché per lui inizierà un viaggio fatto di interventi chirurgici, di giorni passati all'ospedale dove al dolore fisico – che manca all'inizio, come se lo choc avesse annullato tutto – si alterna la sensazione di essere una personalità che galleggia, che non ha alcun appiglio. Mentre tra le righe l'autore racconta la sua storia e le storie delle persone della sua vita – l'amata Gabriela, il fratello, i colleghi, gli amici, – ad emergere è sempre la paura di essere diventato qualcos'altro, qualcosa in cui è difficile riconoscersi dopo aver passato un'intera esistenza a pensarsi in un modo diverso. Ecco, La Traversata è la storia cruda e brutale di un uomo che è stato costretto a scendere a patti con se stesso e a fare amicizia con l'uomo che era diventato, cercando di non pestarsi i piedi a vicenda. È un romanzo non fiction difficile da digerire, difficile quasi da affrontare, che va preso a piccole dosi come una medicina che, pur avendo la possibilità di guarirci, può avvelenarsi se presa in dose massiccia. Ecco, La Traversata è un romanzo che ci ricorda che possiamo guarire, a patto però che non lo si divori, perché altrimenti l'esperienza rischierebbe di trasformarsi in un avvelenamento per mano del male più difficile da gestire: la crudeltà umana. Un libro necessario, spaventoso, ma anche lucido in maniera estremamente coraggiosa, La Traversata è una testimonianza di una delle pagine più orribile della storia francese degli ultimi anni – che verrà soppiantata, sempre nel 2015, nella notte di Novembre in cui ci fu l'attentato al Bataclan – e, insieme, il racconto di un uomo straordinario nel suo essere profondamente attaccato alla volontà di riconoscersi nel cittadino medio borghese che è sempre stato.

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