Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street

Recensione Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street


Recensione di Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street di Tim Burton con Johnny Depp: un viaggio tortuoso e luciferino attraverso una Londra decrepita e sporca, teatro infame di un'umanità corrotta e cieca davanti agli sfregi alla giustizia.
Voto: 1/10

Un cielo cupo, carico di nembo cumuli temporaleschi, incombe su una Londra putrida e umida. Gocce di sangue cadono su una città del tutto ignara, mentre una nave solitaria approda nel nebbioso porto londinese. Su di essa, simile ad un Nosferatu che torna alla vita, Sweeney Todd (Johnny Depp) ringrazia l’amico Anthony (Jamie Campbell Power) per averlo salvato. L’uomo, infatti, è reduce da un’evasione da una delle tante carceri australiane, dove è stato tenuto prigioniero per più di quindici anni da un giudice corrotto e crudele (Alan Rickman), innamorato della moglie Lucy. Tornato finalmente a casa, in una città che non riconosce e nella quale vede solo ombre familiari di una vita ormai dissoltasi, Sweeney Todd va alla ricerca della sua famiglia, ma al posto di Lucy e della figlia Johanna, l’uomo incontra Mrs. Lovett (Helena Bonham Carter), una ristoratrice da anni innamorata di lui. Venendo a conoscenza dell’infelice destino della bella Lucy e della cattività in cui Johanna si trova a passare le sue giornate, Sweeney giura vendetta. Con affilati rasoi a completare la linea sinuosa del suo braccio, l’uomo è pronto ad aprirsi la strada fino al giudice Turpin a suon di gole tagliate e di corpi trasformati, dalla signora Lovett, in gustosi pasticci di carne.

Basato sul musical di Stephen Sondheim a sua volta ispirato alla piéce teatrale di Christopher Bond Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street è un viaggio tortuoso e luciferino attraverso una Londra decrepita e sporca, teatro infame di un’umanità corrotta e cieca davanti agli sfregi alla giustizia. Il regista californiano Tim Burton, aiutato dalle ottime scenografie di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo si mostra senz’altro molto abile nell’ereditare l’immaginario collettivo legato al diabolico barbiere di Fleet Street, creando un legame tra i materiali d’origine e la propria visione cinematografica. Pur essendo un musical sui generis – nel rinunciare all’uso del colore o, ad esempio, all’alternanza tra canzoni e recitativi – Sweeney Todd – The Demon Barber of Fleet Street è un thriller in musica, una giostra piena di sangue rosso vivo dove l’empatia per i personaggi – compresi quelli più volutamente negativi – passa attraverso una sceneggiatura puntuale e attenta. Non sentendo il bisogno di irretire a tutti i costi il pubblico a suon di colpi scena, Tim Burton affascina i suoi spettatori con una storia viscerale e vendicativa, fatta di note ora cupe ora melodiose, dalla quale è difficile distogliere lo sguardo, anche grazie alle ottime interpretazioni fornite dal cast. Se Johnny Depp dimostra per l’ennesima volta di essere creta informe e piena di talento nelle mani del suo regista-totem (Sweeney Todd è valso all’attore un Golden Globe oltre che la sua terza nomination agli Oscar), ritraendo un personaggio cattivo e patetico al tempo stesso, non sorprende che anche gli altri interpreti riescano a recitare e cantare con uno slancio quasi disarmante. E’ il caso di Helena Bonham Carter che nel suo ritratto di una donna manipolatrice e senza scrupoli riesce ad inserire una vena miserevole. Il suo amore per Benjamin Barker/Sweeney Todd, il più delle volte non ricambiato, è di sicuro il terreno più fertile per l’empatia spettatoriale. Ma non sono da meno gli altri interpreti: Alan Rickman è semplicemente superbo, così come Sacha Baron Cohen che, pur in un piccolo cameo, regala al pubblico un personaggio eccentrico, che richiama i fasti del film Big Fish.

Sia Benjamin Barker che la sua versione oscura Sweeney Todd rientrano alla perfeziona nella galleria di freaks che da sempre il regista di Edward mani di forbice porta in scena. Il primo, nella sua ingenuità e nel suo essere un personaggio positivo in un mondo alla deriva è impossibilitato a trovare il proprio posto in una siffatta società. Benjamin Barker, caratterizzato da una fotografia calda e da colori avvolgenti, è un borderline proprio per la sua positività innata. Sweeney Todd, al contrario, dipinto con varie sfumature di grigio, è i un personaggio a metà strada tra l’Edmond Dantés de Il conte di Montecristo e una versione oscura dello stesso Edward mani di forbice. Proprio come quest’ultimo, infatti, Sweeney usa le fredde lame per esprimersi e comunicare con il mondo; ma, mentre Edward utilizzava il suo “handicap” per palesare un’interiorità superiore alla norma e un animo gentile, Sweeney usa quelle stesse armi per fare del male, per dare concretezza al suo desiderio di sangue e di vendetta. Un desiderio, questo, che finirà con il trasformarlo in una sorta di macchina: “Il mio braccio è di nuovo completo” urlerà alla fine di My Friends, un numero che porta alla ribalta l’identificazione tra l’uomo e i suoi rasoi (il testo della canzone, ad esempio, recita: “Speak to me, friend. Whisper, I’ll listen. I know, I know … You’ve been locked out of sight All these years! Like me, my friend!“).

Forte di un bagaglio musicale di prim’ordine, Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street irretirà irrimediabilmente tutti coloro che saranno disposti a farsi avvolgere da note che spaziano nella più vasta tradizione musicale, dai toni tenui di una nanna, ai forti rintocchi del Dies Irae, passando per le melodie delle Ballad. Pur provenendo da un impianto fortemente teatrale, Sweeney Todd rinuncia alla staticità delle tre pareti e grazie alla mirabolante capacità di Tim Burton torna a nuova vita, con citazioni in tutto e per tutto burtoniane che spaziano da Notre Dame de Paris La moglie di Frankensteinda Edward mani di forbice Batman, arrivando a toccare apici commoventi nella messa in scena di una Pietà infernale.

Valutazione di Erika Pomella: 1 su 10
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