The Caine Mutiny Court-Martial di William Friedkin [credit: courtesy of Paramount+]
The Caine Mutiny Court-Martial di William Friedkin [credit: courtesy of Paramount+]
C: courtesy of Paramount+

The Caine Mutiny Court-Martial, recensione dell’ultimo Friedkin


'The Caine Mutiny Court-Martial' è l'ultimo film diretto dal compianto William Friedkin e presentato in anteprima mondiale a Venezia 80: ecco la recensione
Voto: 8/10

Venezia 80 è stato presentato quello che passerà alla storia come il film “testamento” di William Friedkinamatissimo regista di capolavori come L’esorcista e Il braccio violento della legge morto a 87 anni a poche settimane dall’apertura della 80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. The Caine Mutiny Court-Martial, che verrà distribuito in Italia sulla piattaforma Paramount+, dunque, rimarrà l’ultima testimonianza cinematografica di un regista che ha fatto la storia del cinema e che se ne va lasciando dietro di sé quello che, ve lo diciamo subito, è un grande film, pur nella sua “quadratura”.

The Caine Mutiny Court-Martial: la trama

Nel 1953, lo scrittore vincitore del Premio Pulitzer Hermon Wouk presentò al pubblico il suo dramma teatrale The Caine Mutiny Court-Martial che arrivò a calcare i palcoscenici di Broadway, fino ad attirare l’attenzione di Hollywood che decise di farne una prima trasposizione nel 1954 che vedeva Humphrey Bogart nei panni del protagonista. Sul finire degli anni Ottanta, poi, fu Altman a riproporre una versione del dramma teatrale, confezionando stavolta quello che era un film destinato al piccolo schermo e, dunque, alla tv. Con questa premessa non deve sorprendere che The Caine Mutiny Court Martial abbia un impianto profondamente statico e di impianto teatrale, che non prevede azione ma solo un lungo (e affascinantissimo) dibattimento legale. La storia prende il via quando l’avvocato della marina Barney Greenwald (Jason Clarke) accetta di difendere Steve Maryk (Jake Lacy), ufficiale responsabile di aver deposto il comandante Queeg (Kiefer Sutherland) e aver guidato dunque un ammutinamento durante una tempesta. La tesi della difesa è quella di mettere in dubbio la credibilità di Queeg che viene considerato da Maryk non idoneo a guidare una situazione d’emergenza a causa di una salute mentale precaria. Peccato, però, che lo stato di servizio del comandante è impeccabile e che coloro che si dovevano occupare della sua analisi mentale e fisica lo trovano irreprensibile. Dov’è dunque la verità?

The Caine Mutiny Court-Martial di William Friedkin [credit: courtesy of Paramount+]
The Caine Mutiny Court-Martial di William Friedkin [credit: courtesy of Paramount+]

La dicotomia tra Bene e Male basata su parole e percezioni

Come si diceva poco più su, The Caine Mutiny Court Martial è una pellicola che non prevede alcuna azione: tutti i personaggi sono chiusi in una stanza circoscritta, quasi soffocante, e tutto il film si sviluppa attorno dialoghi, interrogatori e controinterrogatori. William Friedkin ha dunque diretto quello che si potrebbe definire un film “parlato”, perché è proprio sulle parole e sulla sua manipolazione che Friedkin costruisce la sua riflessione sull’inafferrabilità della verità stessa e su come il male possa trionfare anche quando si cerca di fare del bene. Un tema, questo, molto caro al regista de L’esorcista (che a Venezia 80 è stato presentato in versione restaurata nella sezione Venezia Classici), ma che stavolta affronta dal punto di vista legale, mettendo davanti la macchina da presa avvocati e militari che “parlano” di quello che è successo, che raccontano dicerie e testimonianze e che non hanno altro strumento se non le parole per cercare di ottenere la verità e, con essa, la giustizia. Non è forse un caso, allora, che Friedkin abbia scelto di non mostrare affatto quello che avviene sulla nave: l’ammutinamento che dà il titolo al film è qualcosa che rimane fuori dal quadro. Un evento del passato che non si può far rivivere per immagini, ma solo attraverso la ricostruzione orale. Mostrare l’ammutinamento significava, per il regista, dare allo spettatore una chiave di lettura universale, una sorta di pass-partout che non avrebbe condotto il pubblico a riflettere sulle parole e il loro potere e su come persino la verità possa essere schiacciata, manipolata e modificata solo attraverso una “percezione”. Una riflessione che appare senza dubbio molto attuale, visto il contesto storico che stiamo vivendo, tra fake news e tribunali sommari su internet e sui social media che rischiano di distruggere la vita di chiunque con una manciata di commenti e condivisioni. Friedkin ci conduce allora in una sala di tribunale, davanti ad una corte marziale che con le sue leggi e le sue regole dovrebbe essere il luogo ideale per sperare di poter scoprire la verità. E poi gioca con noi, con le nostre aspettative: ci conduce all’interno di questo processo legale, dandoci la sensazione di sapere tutto, come se ci mettesse a parte delle sue conclusioni. Ma poi, con un colpo di coda da vero maestro, cambia tutte le carte in gioco e lo spettatore si trova confuso e arrabbiato, a tratti sciocco per non aver capito davvero quello che stava accadendo.

Un film che funziona perché scritto benissimo e interpretato ancora meglio

The Caine Mutiny Court Martial è un film pensato per far emergere gli attori, per dimostrare il loro talento – Jason Clarke e Kiefer Sutherland soprattutto -, che riesce a coinvolgere in modo quasi inaspettato, partendo come il proverbiale diesel. All’inizio sarà forse lecito provare un senso di smarrimento davanti questa storia che inizia in medias res, ma prima che si abbia il tempo di dire che ci si sente smarriti siamo già avvinti nella storia, divertiti da alcune testimonianze e arrabbiate per altre. The Caine Mutiny Court Martial è un film che funziona perché è scritto benissimo e interpretato ancora meglio, perché Friedkin riesce a creare un senso di tensione crescente senza mai abbandonare la stanza del processo, dirigendo un film che sembra “banale” a una prima occhiata, quadrato nella messa in scena, e che invece rimane nell’anima e nella coscienza dello spettatore per giorni, proprio come dovrebbe fare un buon film. Non c’è dubbio: il cinema, con William Friedkin, ha perso un grande professionista e un grande affabulatore.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
The Caine Mutiny Court-MartialVenezia 2023
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