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Locandina Ogni tuo respiro
Ogni tuo respiro (Breathe) è un film del 2017 prodotto in UK, di genere Biografia e Drammatico diretto da Andy Serkis. Il film dura circa 117 minuti. Il cast include Andrew Garfield, Claire Foy. In Italia, esce al cinema giovedì 16 Novembre 2017. Disponibile in homevideo in DVD da giovedì 5 Aprile 2018, in Digitale da giovedì 1 Marzo 2018. Al Box Office italiano ha incassato circa 258805 euro.

L’avventuroso e carismatico Robin Cavendish ha tutta la vita davanti quando si ritrova paralizzato a causa della poliomielite che contrae mentre è in Africa. Contro il parere di tutti, sua moglie Diana lo fa dimettere dall’ospedale e lo porta a casa dove la sua dedizione e la sua intelligente determinazione trascendono la disabilità. Insieme, si rifiutano di diventare prigionieri della sofferenza di Robin e incantano gli altri con il loro umorismo, il loro coraggio e la loro sete di vita.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 16 Novembre 2017
Uscita in Italia: 16/11/2017
Data di Uscita USA: venerdì 13 Ottobre 2017
Prima Uscita: 13/10/2017 (USA)
Genere: Biografia, Drammatico, Romanntico
Nazione: UK - 2017
Durata: 117 minuti
Formato: Colore
Produzione: Imaginarium Productions
Box Office: Italia: 258.805 euro
Classificazioni per età: PG-13
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 1 Marzo 2018 e in DVD da giovedì 5 Aprile 2018 [scopri DVD e Blu-ray]

Cast e personaggi

Regia: Andy Serkis

Cast Artistico e Ruoli:

Recensioni redazione

Ogni tuo respiro, la recensione
Ogni tuo respiro, la recensione
redazione, voto 7/10
Andrew Garfield ci dona una delle sue interpretazioni migliori in questo film diretto dall'altrettanto camaleontico Andy Serkins. Una storia struggente che combina il coraggio e la voglia di vivere con l'amore e la malattia.

Immagini

[Schermo Intero]

LA STORIA

L’avventuroso e carismatico Robin Cavendish (Andrew Garfield – La battaglia di Hacksaw Ridge, Silence) ha tutta la vita davanti quando si ritrova paralizzato a causa della poliomielite che contrae mentre è in Africa. Contro il parere di tutti, sua moglie Diana (Claire Foy – vincitrice di un Golden Globe per la serie The Crown e Anna Bolena nella miniserie Wolf Hall) lo fa dimettere dall’ospedale e lo porta a casa dove la sua dedizione e la sua intelligente determinazione trascendono la disabilità. Insieme, si rifiutano di diventare prigionieri della sofferenza di Robin e incantano gli altri con il loro umorismo, il loro coraggio e la loro sete di vita. BREATHE è una commovente celebrazione del coraggio e delle possibilità dell’essere umano che scalda il cuore, una storia d’amore che insegna a vivere ogni respiro come se fosse l’ultimo. Ispirato alla vera storia dei genitori del produttore Jonathan Cavendish, BREATHE mostra come il modo in cui Robin ha affrontato la sua malattia, reagendo al suo destino, ha avuto un enorme impatto sulla mobilità e l’accesso dei disabili. Il gruppo degli attori non protagonisti comprende Hugh Bonneville (Paddington, la serie Downton Abbey) e Tom Hollander (Jungle Book: Origins, la serie The Night Manager) nei panni dei devoti amici d’infanzia di Robin. Stephen Mangan (Rush) e la leggendaria attrice Dame Diana Rigg (la serie Trono di spade) completano il cast accompagnati da una colonna sonora dell’acclamato compositore Nitin Sawhney. Il film è prodotto da Jonathan Cavendish (Il diario di Bridget Jones) per The Imaginarium. I finanziamenti provengono da Silver Reel, BBC Films e il British Film Institute, tramite Embankment Films. Quando Robin Cavendish, all’età di 27 anni, vede per la prima volta Diana Blacker ad una partita di cricket in un villaggio, capisce immediatamente che sarà la compagna della sua vita. Ma in quel momento nessuno dei due avrebbe potuto immaginare la straordinaria e tumultuosa esistenza che avrebbero condotto insieme. Poco dopo il matrimonio, i due partono insieme per Nairobi, dove Robin lavora come intermediario nel commercio delle foglie di tè. Affascinata da questa nuova vita così diversa, Diana lo accompagna nei suoi viaggi per l’acquisto della merce. Rimane incinta, con grande gioia di entrambi. Dall’Inghilterra gli amici si recano a trovare la coppia e la loro vita professionale e privata sembra idilliaca. Fino al giorno in cui subisce una spaventosa battuta d’arresto: Robin ha improvvisamente contratto la poliomielite e viene ricoverato d’urgenza in ospedale, dove viene collegato a un respiratore che gli permette di non soffocare. La prognosi è infausta: bene che vada, gli restano solo pochi mesi di vita. Alla nascita di Jonathan, il figlio della coppia, viene organizzato il rimpatrio di tutta la famiglia ad Oxford, dove Robin viene ricoverato in un altro ospedale e inizia una riabilitazione per riapprendere a parlare. Chiede ai fratelli di Diana, Bloggs e David, di essere autorizzato a morire. Ma Diana non è disposta ad accettarlo: vuole che suo marito viva e abbia l’opportunità di conoscere suo figlio. Robin la supplica “Fammi uscire di qui” e lei si fa in quattro per trovare un modo per farlo vivere fuori da un ospedale. Malgrado uno dei medici gli predica la morte nel giro di due settimane, Diana organizza le dimissioni dall’ospedale. Robin si trasferisce nella loro nuova casa e vive a letto, collegato a un respiratore. Un loro brillante amico, l’inventivo professore dell’università Oxford Teddy Hall, si adopera per progettare e realizzare per Robin una sedia a rotelle artigianale, con una pompa operata a batteria. Grazie al congegno, Robin non è più confinato a letto e può godere di una certa mobilità che credeva perduta per sempre. La passione per i viaggi della coppia è più forte che mai. Per permettere a Robin di spostarsi per lunghi tragitti, un vecchio furgone Bedford viene adattato in modo che la sedia a rotelle possa stare al posto del sedile del passeggero. Con una rinnovata voglia di vivere, Robin ammette di aver sempre desiderato guardare il sole sorgere dalle acque del Mediterraneo. Diana organizza il viaggio che verrà compiuto a bordo di un velivolo cargo che trasporta cavalli da corsa per consentire di portare il furgone e l’intera famiglia fino in Spagna. Nonostante un incidente da brivido quando il respiratore si incendia, sarà un’esperienza idilliaca per tutti. Essendo sopravvissuto ben più a lungo della nefasta prognosi dei medici, Robin vuole bruciare le tappe e aiutare altre persone fortemente disabili. Ottiene i fondi per far costruire altre sedie a rotelle simili alla sua e partecipa a una conferenza in Germania sorprendendo gli esperti relatori con i progressi che ha già conseguito. Contro ogni previsione, la grave malattia ha dato a Robin un nuovo scopo nella vita: lottare instancabilmente per la tutela dei diritti delle persone disabili. L’amore che Diana e Robin provano una per l’altro permea di senso, di gioia e di spensieratezza la pioneristica avventura che insieme intraprendono.

LA GENESI DEL PROGETTO

Jonathan Cavendish ha sempre pensato che la storia della vita di suo padre costituisse un materiale straordinario per un film avvincente. Robin Cavendish è stato un pioniere, un personaggio incredibile, più grande della vita stessa. Quando gli viene diagnosticata la poliomielite non ha ancora 30 anni e rimane paralizzato dal collo in giù. Completamente dipendente da un respiratore che pompa aria nei suoi polmoni, il suo destino è di trascorrere il resto della sua esistenza confinato in un letto di ospedale. E invece si rifiuta di accettare questa sorte e, grazie al sostegno della moglie Diana e dei loro inventivi e premurosi amici, trova un modo per tornare a vivere nel mondo, fuori da un centro di degenza.

Con l’aiuto dell’anticonformista Professore di Oxford Teddy Hall, progetta e realizza una rivoluzionaria sedia a rotelle con annesso un respiratore artificiale. Grazie allo straordinario appoggio della moglie Diana, Robin diventa un famoso attivista dei diritti dei disabili e dedica la sua vita alla lotta per il miglioramento della qualità di vita di altre persone paralizzate.

Il progetto di Jonathan di fare un film sui suoi genitori assume una forma concreta la sera in cui va a teatro a vedere Shadowlands di William Nicholson: “Ho trovato che fosse un eccellente lavoro teatrale e che avesse una voce e un tono riconoscibili che sapevo avrebbero funzionato in un film sui miei genitori e la loro vita. Riassumeva il senso dell’eufemismo e la complessità emotiva degli inglesi”.

Jonathan conosceva già bene Nicholson. Aveva prodotto Elizabeth: The Golden Age, film di cui Nicholson aveva scritto la sceneggiatura: “Così invitai Bill fuori a pranzo e gli chiesi se potevo raccontargli una storia. Quando iniziai a parlargli della vita di mio padre, stava per infilarsi una forchettata di cibo in bocca e quando conclusi il racconto, circa 15 minuti dopo, la teneva ancora sospesa a mezz’aria!”

Anche Nicholson rammenta quel giorno. “Jonathan mi disse: ‘Ho da raccontarti una storia. È quella di mio padre.’ E appena finì di parlare il racconto, risposi: ‘Ci sto. È incredibile’. Da molto tempo ormai, sono nella posizione di scegliere di scrivere solo quello che voglio. Ed è esattamente questo che è successo con questa sceneggiatura. Non c’erano soldi, contratti o prospettive concrete di fare il film. Ma era una storia fantastica e io volevo scriverla.”

Nicholson insiste nel non voler accettare acconti per scrivere la sceneggiatura: “Erano soldi personali di Jonathan e io non volevo lavorare in quelle condizioni. Per me era un privilegio che me lo avesse chiesto e quindi gli dissi: ‘Dividerò il rischio con te. Se il film si farà, mi darai la mia parte’. Ed è esattamente così che è andata.”

Bill inizia a scrivere e nel corso degli anni perfeziona la sceneggiatura e il soggetto insieme a Jonathan. Ricorda quest’ultimo: “Bill e io lavoravamo su un brogliaccio della sceneggiatura, lo accantonavamo per qualche tempo e poi lo riprendevamo in mano. Quando aveva qualche settimana libera tra un film e un libro, mi telefonava e lavoravamo intensamente per un lasso di tempo molto concentrato”.

Nel frattempo, Jonathan fonda una società chiamata The Imaginarium insieme all’attore Andy Serkis, meglio conosciuto per aver interpretato Gollum nella trilogia cinematografica de Il signore degli anelli di Peter Jackson e Cesare nei film della saga Il pianeta delle scimmie. The Imaginarium è una società di produzione a piattaforma multipla, dedicata alla “narrazione delle generazioni future”, associata a un laboratorio di motion capture. L’ambizione di Jonathan e Andy è anche quella di fare film insieme, con Jonathan incaricato della produzione e Andy dietro la macchina da presa. Andy ha lavorato come regista della seconda unità nella trilogia dello Hobbit di Peter Jackson, prima di dirigere Jungle Book: Origins (attualmente in post-produzione), prodotto da Jonathan Cavendish per The Imaginarium, la cui uscita è prevista per il 2018.

Per una curiosa coincidenza, quando Andy e sua moglie (l’attrice Lorraine Ashbourne) decidono di comprare una casa nella campagna inglese vicino a Oxford, scoprono che la proprietà prescelta si trova a pochi metri dalla casa di Diana Cavendish, dove è ambientata gran parte della storia di Breathe. “Il risultato è che Andy ha avuto modo di conoscere molto bene mia madre”, dichiara Jonathan.
“Quando ho letto la sceneggiatura di Breathe”, ricorda Andy, “ho spalancato gli occhi e ho subito detto a Jonathan ‘ci tengo veramente a dirigerlo io’. The Imaginarium era nata da poco tempo e la mia esperienza di regia era limitata alla seconda unità in Lo Hobbit, quindi Jonathan avrebbe potuto dirmi ‘beh, non saprei…’. E invece no, mi ha detto: ‘Trovo che sia una grande idea.'”

LA REGIA

A dire il vero, Andy Serkis ha anche dei motivi personali per voler dirigere Breathe. “Nella mia vita, sono sempre stato a stretto contatto con il mondo dei disabili”, osserva. “Quando era giovane, mia madre insegnava a bambini disabili. Jonathan aveva visto e amato il film Sex & Drugs & Rock & Roll, in cui interpreto il cantante Ian Dury, che come tutti sanno era affetto dalla poliomielite. Inoltre, mia sorella è malata di sclerosi multipla ed è costretta a vivere su una sedia a rotelle ormai da dieci anni. Mio padre era un medico, quindi sono cresciuto sentendo spesso parlare di malattie gravi. Dagli allievi di mia madre, ho imparato molto sulla poliomielite, la spina bifida, gli effetti della talidomide e tante altre patologie. Ho detto a Jonathan: ‘L’aspetto straordinario della sceneggiatura, a parte essere una stupefacente storia d’amore, è che è al tempo stessa vera e divertente.’ Ed ero anche sensibile al fatto che Robin e Diana fossero stati dei pionieri. La mia riflessione è stata: è difficile ancora oggi per mia sorella andare in giro su una sedia a rotelle. Ma nel 1960, scegliere di firmare per farti dimettere da un ospedale con una possibilità di sopravvivenza equivalente a zero e immaginare un altro modo di vivere, inventare la tecnologia che ti permetta di restare in vita, scegliendo di trovarti in ogni istante a due minuti di distanza dalla morte, equivale a compiere una scalata epica. Sono anch’io uno che arrampica e apprezzo la sfida contenuta nell’idea di Robin di scalare l’Everest nel giardino di casa ogni giorno. E poi tutte le persone che si sono strette attorno a lui, che erano uscite dagli ospedali, ma dipendevano anch’esse dalla ventilazione assistita, furono chiamate responauts (“respinauti”). Mi piaceva molto il fatto che Robin e Diana non abbiano mai smesso di essere due innovatori.”

Jonathan osserva: “Quando Andy e io abbiamo fondato The Imaginarium, sapevo che sarebbe diventato un grande regista. Ero pienamente convinto che avesse la stoffa per esserlo. E quando mi ha chiesto di prendere in considerazione che dirigesse lui il film, ha convenuto con me che quella di Robin e Diana è una storia sul potere dell’amore che ti permette di superare tutte le difficoltà. Ma l’ha anche vista come l’esperienza di vita di due persone che osano fare cose che nessuno aveva mai fatto prima e osano farle a modo loro. Malgrado io abbia ovviamente vissuto in prima persona le loro sperimentazioni, non mi ero mai reso conto fino in fondo della natura pionieristica delle scelte dei genitori.”

Per parte sua, Bill Nicholson è stato felice di avere Andy come regista: “È una persona meravigliosa, un uomo maturo e riflessivo, quasi del tutto privo di egocentrismo. Ha fatto l’attore per moltissimi anni e ha osservato la realizzazione di un film innumerevoli volte. Forse ha visto registi dare in escandescenza ed è per questo che evita di farlo. È piacevole, calmo, quasi umile. Ed è stato gentilissimo con me a proposito della sceneggiatura. Di fatto è stato in grado di ricavarne molto più di quanto io non ci abbia messo dentro. Ha due grandi punti di forza. Uno è la direzione degli attori. Le interpretazioni in BREATHE sono stupefacenti, l’essenza stessa della recitazione cinematografica. Ha ottenuto un lavoro magnifico dai due protagonisti, Andrew e Claire, ma è anche riuscito ad avere il massimo da ciascun componente del cast, anche da coloro che hanno i ruoli più piccoli. Inoltre, riflette attentamente sui movimenti di macchina all’interno di ciascuna scena. Spesso costruisce le inquadrature a partire dagli spostamenti della macchina da presa, stando molto attento a dove iniziano e a dove finiscono.”

LA SCENEGGIATURA

Nell’ambiente degli sceneggiatori, il veterano Bill Nicholson (Il gladiatore, Les Miserables) è famoso per essere quello del “doppio finale”, come egli stesso lo chiama, ovvero una fine che possieda sia elementi di giubilo sia elementi di tristezza. “Cerco di utilizzarlo ogni volta”, scherza, “come del resto fanno la maggior parte delle storie che si rispettino. Sono pochi i film che si prestano ad avere un happy end incondizionato. E ogni conclusione è una conquista. Per questo prediligo i racconti che si chiudono con uno strappo, mostrando il lato bello e il lato brutto. Mi sembra che riflettano la realtà della vita.”

La straordinaria vicenda di Robin Cavendish lo ha completamente avvinto, “ma l’aspetto che mi ha colpito in modo particolare è stato che, a causa della sua condizione, Robin si sia trovato di fronte a una scelta che la maggior parte di noi si troverà mai ad affrontare – una scelta imposta in fin dei conti. La sua prima reazione è stata desiderare la morte. Poi ha capito che non sarebbe morto immediatamente. E poco dopo ha preso la ferma decisione di vivere. E ho sentito che ha dovuto rinnovare ogni giorno quella decisione. Quindi raccontare la storia di una persona che ad ogni nuova alba sa di poter morire, ma sceglie di stare al mondo equivale ad affermare con determinazione la forza della vita. Era questo il cuore di tutto per me. Quindi sì, sono rimasto toccato, commosso e colpito dalla vicenda umana di Robin Cavendish e, in tutta franchezza, credo anche di aver pensato: ‘Posso farne una storia maledettamente bella’. Il mio nome apparirà su un film meritevole ed è questo che motiva noi sceneggiatori. Non capita spesso di lavorare a progetti del genere.”

GLI ATTORI PRINCIPALI

Andrew Garfield ha ancora vivo il ricordo della prima lettura del copione di BREATHE: “Ero in trasferta e mi era stato chiesto di dare una risposta in tempi brevi. Quando lo lessi, scoppiai in un pianto irrefrenabile da tanto mi aveva commosso la storia. La vicenda esistenziale di Robin e Diana mi sembrava un manuale di vita, un esempio da imitare per tutti noi. ‘Come si fa a vivere una vita piena di gioia quando il destino ti ha riservato una sorte così dura?’ Sono queste le riflessioni che ho fatto. Ero profondamente commosso da una storia così unica e particolare, del tutto diversa da quelle che mi capita di leggere di solito. Non mi è mai sembrata stucchevole o sentimentale: l’ho sempre sentita onesta, giusta e piena di saggezza. Risponde alla domanda di fondo ‘come vivi la tua vita?’. E tra i tanti modi per farlo, l’accento è posto sulla scelta di essere felici, a prescindere da quello che ti succede. È stata una grande fonte di ispirazione.”

Andrew Garfield ha accettato subito il ruolo Robin: “Parlai al telefono con Andy Serkis esponendogli un paio di preoccupazioni che lui fugò molto rapidamente. Volevo essere sicuro che non fosse un semplice biopic e che non seguisse gli stilemi convenzionali del genere. Sulla sceneggiatura non vi era traccia di una scelta in questa direzione. Andy mi disse: ‘No, non vogliamo fare un film del genere’. Mi sentii subito sollevato. La storia ha un che di umile che mi piace molto. Non ha nulla di grandioso. Parla solo di esseri umani che affrontano la vita cercando di viverla il più pienamente possibile”.

Claire Foy, dal canto suo, è rimasta affascinata dalla vera Diana Cavendish che interpreta nel film e che vive ancora nell’Oxfordshire. Oggi Diana ha quasi 90 anni e Claire ha potuto passare del tempo con lei prima delle riprese e sul set: “Mi sono sentita molto fortunata a potermi confrontare con Diana”, osserva. “Ora ha tre nipoti e una vita pienissima. Ma in passato ha fatto questa cosa straordinaria per Robin, guidata da puro amore. È una donna fortissima. Non ammetterebbe mai di essere speciale o straordinaria, si schernisce dicendo di aver fatto quello che chiunque farebbe. Ed è anche il genere di donna che, una volta assuntasi l’impegno di accudire Robin, non avrebbe mai rinnegato le sue promesse e i suoi voti solenni.”

Anche Andrew è rimasto molto colpito da Diana: “È una donna con i piedi ben piantati per terra. Ha un’eleganza, una grazia e una gentilezza naturali. E ha anche la forza dell’acciaio che manifesta in modo dolce e affettuoso. Ti dà la sensazione di essere una colonna portante”. Entrambi gli attori erano più che consapevoli della posizione unica in cui si trovavano – sul set a impersonare due personaggi reali in un film prodotto dal figlio della coppia. Andrew e Claire ammettono senza riserve che non soltanto Diana, ma anche Jonathan Cavendish ha rappresentato una preziosissima risorsa per loro.

“Ho fatto molte ricerche e avere Jonathan come referente principale è stato incredibilmente utile nel nostro lavoro di preparazione”, riconosce Andrew. “Claire e io ci siamo innamorati a tal punto della storia di Robin e Diana che non abbiamo desiderato altro che rendere giustizia alla vita che hanno vissuto. In questo senso, il miglior barometro per noi era Jonathan e ci rivolgevamo a lui in ogni momento, non soltanto per il loro percorso e la loro dimensione emotiva, ma anche per gli aspetti tecnici. Come facevano all’atto pratico? Quando i polmoni di Robin venivano ventilati, lui come si sentiva? Che genere di facce faceva? Quale era la sua esperienza della sua condizione, della respirazione artificiale, della sedia a rotelle? Ecco perché sono state fondamentali la presenza e la collaborazione di Jonathan. Voleva che noi ci appropriassimo dei ruoli, ma noi volevamo che anche lui ne facesse parte.”

Interpretare Robin Cavendish, da quando era un giovane uomo aitante e atletico ai lunghi anni in cui ha lottato contro le minacciose devastazioni causate dalla poliomielite, ha rappresentato una sfida enorme per Andrew Garfield. “È stata un’impresa appassionante impersonare tutte le fasi che attraversa il mio personaggio e nei panni di Robin ho potuto attingere a tutte le mie sensazioni ed emozioni, chiedendomi come comunicare, come riuscire a infilare una parola, come far capire agli altri quello di cui hai bisogno, come mantenere il controllo della tua realtà? Quando è rimasto paralizzato, Robin ha attraversato un periodo di depressione e ovviamente non è stato divertente girarlo.”

Osservando Andrew nei panni di Robin, il regista Andy Serkis riferisce che l’attore ha affrontato i momenti difficili della vita di Robin imponendosi una ferrea disciplina: “Sul set sceglieva di stare molto isolato dal resto della troupe e del cast. Se ne stava seduto in disparte o sdraiato sul letto. Andrew è un vero camaleonte e un autentico stacanovista. Ha dovuto studiare davvero molto. Aveva parecchio materiale filmato di Robin e del suo entourage e si è completamente calato nel ruolo durante l’intero periodo di preparazione e le riprese. Ha studiato il percorso che ha fatto Robin per riapprendere a parlare con il respiratore. Robin ha passato tutta una serie di fasi transitorie diverse e Andrew le ha studiate come un pazzo per renderle in modo efficace. L’eloquio di Robin seguiva il ritmo della ventilazione artificiale e doveva fare delle pause per permettere al respiratore di risettarsi e questo rendeva molto interessante il suo modo di parlare. E per impersonare Robin quando era un giovane uomo sano e molto prestante, Andrew ha dovuto rinfrescare le sue doti di tennista e giocatore di cricket. Voleva fare tutto come avrebbe fatto Robin, che era un grande atleta.”

Dal canto suo, Andrew riconosce pieni meriti a Claire Foy, la cui notorietà era già affermata, grazie ai suoi ruoli da protagonista in due prestigiose serie televisive – Wolf Hall e The Crown. Attribuisce il successo del ritratto dei coniugi Cavendish alla sua partner. “Dipendeva tutto dal mio rapporto con Claire. Nella relazione tra Robin e Diana, la mente di lui era attiva, ma penso che di fatto lei fosse il corpo di suo marito. Claire e io dovevamo riuscire quasi a fonderci in una ‘sola persona’. È stata un’esperienza strana e bellissima creare questa simbiosi. Non fatemi iniziare a parlare di Claire”, scherza Andrew. “Non avevo mai lavorato con lei prima d’ora, ma ringrazio il cielo che fosse lei la mia partner perché se non fossimo entrati in sintonia sarebbe stato un inferno”.
L’ammirazione è pienamente reciproca. Claire ricorda la prima volta che ha sentito parlare di BREATHE: “Avevo appena terminato nove mesi di riprese della serie The Crown. Sentivo di aver bisogno di riposarmi. Ma non appena ho saputo che Andrew avrebbe interpretato Robin, ho capito che non potevo dire di no. Lo ammiravo a distanza! È un attore straordinario, non ci sono altre parole per definirlo. Ha una sorprendente capacità di essere forte e mascolino, ma anche completamente vulnerabile e aperto. È raro trovare simili doti in un giovane attore. Sembra più adulto e più saggio della sua età.”

Bill Nicholson conferma che i due attori sono andati subito d’accordo: “La cosa incredibile è che danno l’impressione di volersi bene. Sono entrati subito in sintonia e hanno incantato tutti. La loro intesa regala a BREATHE l’antico concetto di chimica e nessun buon film ne è privo, a maggior ragione uno che ruota attorno a un matrimonio di amore. Sia stati molto fortunati con Andrew e Claire.”

Prima delle riprese e sul set, Diana Cavendish si è resa disponibile per Claire, una collaborazione che l’attrice ha considerato come un dono. “Il fatto che Diana sia stata molto presente durante la lavorazione del film ha fatto sentire a tutti noi di partecipare a un progetto speciale. Le riprese sono state brevi e molto intense, ma c’è stata una grande solidarietà. Sembrava di essere una grande famiglia. Diana è meravigliosa, anche se non ammetterebbe mai di essere una persona speciale o straordinaria. Si schernisce dicendo di aver fatto quello che chiunque farebbe. Ed è anche il genere di donna che, una volta assuntasi l’impegno di fare qualcosa, non rinnegherebbe mai la sua promessa e la sua parola”.

Claire sostiene che aver interpretato Diana in BREATHE ha modificato il suo modo di concepire la recitazione. “Ho sempre adottato l’atteggiamento che il lavoro è il lavoro e non bisogna ‘portarsi a casa un personaggio’. E mi è sempre stato facile dimenticarmi i ruoli al termine delle riprese. Era così che concepivo il mestiere. Finché non ho girato questo film e non ho capito che non è sempre così. Il modo di amarsi e di vivere la vita di Diana e Robin mi ha veramente colpita, mi ha fatto rendere conto a più livelli che la vita è molto breve. Sono l’esempio di due persone a cui il destino ha riservato una sorte molto dura, ma che hanno deciso con determinazione di prendersi il massimo dalla vita. Ancora oggi penso tutto il tempo a loro e all’esperienza della lavorazione di questo film. Capita molto di rado di essere coinvolti in una vicenda così personale. Ed era veramente personale: Jonathan il produttore è il Jonathan della storia!”

LA PRODUZIONE

Jonathan Cavendish ricorda “Nell’istante in cui ho incontrato Andrew Garfield in un ristorante di Los Angeles, ho percepito che avrebbe potuto interpretare mio padre. Andrew è schivo e cortese, ma è anche sensibile e affascinato dalle persone. Mi hanno attirato il suo spessore e la sua dolcezza. Mi sono detto: ‘Ecco la qualità che ci vuole'”. Jonathan aveva visto un promo iniziale della serie The Crown e insieme ad Andy ha deciso di andare subito ad incontrare Claire Foy. “Nel giro di 30 secondi abbiamo capito che era l’attrice giusta”, ricorda.

Nell’estate del 2016, BREATHE inizia improvvisamente a prendere forma. La BBC Films decide di finanziarlo e la Embankment Films, che ha sede a Londra, accetta di dare un suo contributo, come pure la Silver Reel e il British Film Institute.

BREATHE è un film con un budget relativamente contenuto che tuttavia doveva essere girato in tempi serrati in Gran Bretagna e in Sud Africa. Infatti la vicenda si svolge in Inghilterra, in Kenya, in Spagna e in Germania. Il problema, come ben sa Bill Nicholson, era trovare un arco di tempo in cui Andy Serkis e gli altri attori potessero rendersi tutti disponibili. “A un tratto è emersa una finestra di otto settimane nell’estate del 2016 in cui tutti erano liberi. Le riprese dovevano per forza essere concentrate in quel lasso di tempo”. Questo ha significato avere solo sette settimane per raccogliere i fondi e prepararsi al primo ciak. “Jonathan ha dovuto prendere una decisione”, continua Nicholson. “Premiamo il grilletto ed entriamo in fase di pre-produzione con solo sette settimane davanti prima di iniziare a girare? Se non lo facciamo, perderemo gli attori.”

Nicholson elogia senza mezzi termini il coraggio di Jonathan Cavendish nel decidere di andare avanti a tutta velocità: “Jonathan ha fatto una scelta estremamente rischiosa e ha messo insieme la struttura produttiva in sette settimane. Bisognava costruire i set, selezione gli altri attori, organizzare le location, bisognava fare tutto insomma. Eppure ci è riuscito, lasciandosi guidare dal suo istinto. Paradossalmente, quando si lavora così, molte delle tensioni si allentano. Ti concentri sulle cose da fare. E il risultato finale è un film estremamente levigato e raffinato.”

Andy e Jonathan volevano a tutti i costi coinvolgere nel film Robert Richardson, uno dei più grandi direttori della fotografia del mondo, vincitore di tre Academy Award (per JFK – Un caso ancora aperto, The Aviator e Hugo Cabret) e collaboratore di fiducia di cineasti di spicco come Martin Scorsese, Quentin Tarantino e Oliver Stone. Una copia della sceneggiatura di BREATHE trovò la sua strada verso Hollywood, dove fu letta dall’agente di Richardson che intuì che sarebbe piaciuta al maestro della luce. E così è stato: Richardson fece immediatamente sapere che era interessato al film. “Bob è abituato a ben altri livelli di budget”, osserva Nicholson. “Per lui, si trattava di un film relativamente piccolo. Ma ci teneva a farlo”.

Tom Hollander è stato prescelto per interpretare i fratelli di Diana, i gemelli monozigoti Bloggs e Blacker. È amico di vecchia data di Andy Serkis. “Avevo lavorato con Tom in teatro molto tempo fa, nella pièce di Jez Butterworth Mojo“, racconta Andy. “Siamo amici per la pelle, sul serio. Sarà anche nel mio prossimo film Jungle Book“. Serkis ha usato varie tecniche per permettere a Hollander di impersonare entrambi i gemelli nella stessa inquadratura. “Abbiamo usato una macchina da presa con testa pan/tilt ripetibile. Tom interpretava uno dei gemelli di profilo e aveva sempre di fronte una controfigura con cui interagire. Poi noi ci spostavamo dall’altro lato del suo profilo e filmavamo ‘l’altro’ fratello. Era fondamentale un’estrema perizia da parte di Tom, che è davvero un attore virtuoso”.

Il gruppo degli attori nei ruoli principali è stato completato da Hugh Bonneville, famoso in tutto il mondo per aver interpretato il Conte di Grantham nella serie televisiva Downton Abbey. A lui è affidato il ruolo dell’amico di Robin, lo straordinario e inventivo Professor Teddy Hall, che permise a Robin Cavendish di lasciare il suo letto di ospedale e andare in giro in una sedia a rotelle specialmente attrezzata con un respiratore artificiale leggero che gli pompava aria nei polmoni. “Hugh è stato bravissimo e siamo stati fortunati ad averlo”, dichiara Andy Serkis. “Volevamo una persona speciale, con modi paterni, che tuttavia lasciassero intuire un’intelligenza superiore, un’eccentricità e una sincerità di fondo”. La brillante carriera di Teddy Hall meriterebbe un film a parte: non solo ha inventato quella che poi è diventata famosa come ‘la sedia Cavendish’, è anche stato un pioniere nel campo della datazione con il metodo del carbonio 14, avendo autorevolmente datato la Sindone di Torino (che si ritiene abbia avvolto il corpo di Cristo dopo la Crocifissione). Ha inoltre elaborato avanzate tecniche scientifiche per esaminare i reperti archeologici, svelando la truffa del ‘teschio preistorico’ del tristemente famoso Uomo di Piltdown.

Un altro importante attore britannico, Stephen Mangan (le serie televisive Green Wing e Episodes), interpreta il Dottor Clement Aitken, direttore della Disability Research Foundation, la Fondazione per la ricerca sulla disabilità. “Stephen trova il perfetto equilibrio tra un tocco leggero e un tema serio”, commenta Andy Serkis e aggiunge che lui, Andrew e Hugh Bonneville erano entusiasti delle scene in cui hanno recitato insieme: “Li consideravamo come i Tre Moschettieri, pronti a incarnare personaggi che hanno vissuto pienamente la loro esistenza. Jonathan si riferisce a suo padre e ai suoi amici come ai ‘radical chic’.” Indubbiamente sono personaggi caratterizzati da un disinvolto spirito di avventura che potrebbe essere ereditario: il padre di Diana fu il primo uomo a sorvolare il Monte Everest e visse per 20 anni nella regione dell’Hindu Kush.

Sono stati necessari non meno di sei giovani attori (comprese due coppie di gemelli) per interpretare Jonathan Cavendish man mano che cresce nel corso della storia, da neonato a giovane adulto. Dean-Charles Chapman lo impersona all’età di 22 anni, Harry Marcus a 10 anni; Frank e Jack Madigan si dividono il ruolo di Jonathan a 5 anni, mentre Dallon e Deacon Brewer lo incarnano a 2 anni.

La sceneggiatura di BREATHE scritta da Bill Nicholson porta la storia di Robin Cavendish in luoghi molto distanti tra loro: in Spagna, a Monaco in una sala congressi, in un ospedale e in una residenza governativa di Nairobi, in un magazzino di foglie di tè a Mombasa, in vari villaggi del Kenya e lungo le strade di campagna della Penisola Iberica. Tutte queste scene sono state girate in Gran Bretagna e in varie località del Sud Africa. Ma gran parte delle sequenze di eventi avvenuti in Gran Bretagna sono state girate in varie location nel raggio di 50 miglia a nord e a ovest di Londra. Hatfield House, la maestosa villa di campagna in stile giacobiano nella contea di Hertfordshire, è stata adeguatamente sfruttata per ricreare numerosi ambienti: il soggiorno di una casa di campagna, una sala da ballo, il parcheggio di un ospedale di Oxford e l’interno di un hotel in Germania, solo per citarne alcune. La residenza di Robin e Diana, Furlongs, è riprodotta grazie a una casa nei pressi di Luton. “Abbiamo creato una versione di Furlongs che non è esattamente identica, ma ha una nota di eccentricità simile”, commenta Jonathan Cavendish. Le scene in interni nell’ospedale di Oxford sono state girate in una scuola di arti performative a Tring, nell’Hertfordshire. Englefield nel Berkshire è stata la location dell’idilliaca partita di cricket della sequenza iniziale del film.

PRONTI PER L’USCITA

Bill Nicholson, che ha intrapreso il viaggio per realizzare BREATHE insieme a Jonathan Cavendish fin dall’inizio, parla di lui in termini entusiastici: “È stata un’esperienza straordinaria per lui. È come un osservatore permanente della vera storia e per di più ci ha fatto un film! In veste di produttore, Jonathan è stato spietato. Come personaggio era più presente nelle prime versioni della sceneggiatura, ma lui ha tagliato alcune di quelle scene, dicendo: ‘Questa è la storia di Robin e Diana.’ Era concentrato sul fare un film che funzioni.”

“Penso che sia uno dei biopic più accurati che sia mai stato fatto”, dichiara oggi Jonathan. “Gran parte dei dialoghi presenti nel film si sono tenuti anche nella realtà. Per esempio, il consulente dell’ospedale di Oxford ha davvero detto a mio padre ‘Nel giro di due settimane sarà morto…’. E ovviamente ho osservato mia madre assumersi ogni giorno la responsabilità di tenere in vita mio padre. E insieme hanno condiviso la responsabilità di offrire cibo e intrattenimento a tutti i loro amici e anche ai miei. Le persone che circondavano i miei genitori erano dei soggetti alquanto singolari. Il rapporto tra mio padre e mia madre era assolutamente paritario. Lei gli ha permesso di superare il suo senso di smarrimento e di riprendere ad apprezzare la vita con l’aiuto di tanti amici che venivano a trovarlo. È straordinario quello che fecero quegli amici. In seguito ho appreso che per molti di loro è stata tra le esperienze più belle della loro vita. E quello che hanno fatto tutti è stato contribuire a restituire a mio padre la sua vita.”

Jonathan scherzosamente si riferisce a BREATHE come al “film più costoso che sia mai stato realizzato.” Spiega che così come suo padre è stato aiutato dagli amici, lui lo è stato dagli attori e dalla troupe del film. “Sono stati come una famiglia. Ciascuno ha accettato di guadagnare meno del cachet abituale e di dare più di quanto dia normalmente. È stato fantastico. Mi sento molto fiero di quello che abbiamo fatto”, aggiunge. “È una storia che dimostra quello che l’amore può fare nelle circostanze più difficili. Se hai la fortuna di amare e di essere amato, il sodalizio che crei può aiutarti a superare gli ostacoli più insormontabili e a farlo ridendo gioiosamente. Questo è un film fatto da una famiglia per una famiglia.”

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