Poster Caro Evan Hansen

Caro Evan Hansen (2021)

Dear Evan Hansen
Locandina Caro Evan Hansen
Caro Evan Hansen (Dear Evan Hansen) è un film del 2021 prodotto in USA, di genere Drammatico e Musicale diretto da Stephen Chbosky. Il film dura circa 137 minuti. Adattamento cinematografico del musical vincitore di Tony award e Grammy su Evan Hansen. Il cast include Ben Platt, Amy Adams, Julianne Moore, Kaitlyn Dever, Amandla Stenberg, Nik Dodani, Danny Pino, Colton Ryan, DeMarius Copes. In Italia, esce al cinema giovedì 2 Dicembre 2021 distribuito da Universal Pictures. Disponibile in homevideo in Digitale da sabato 2 Aprile 2022.

Evan Hansen è un liceale affetto da disturbo d'ansia sociale che intraprende un viaggio alla scoperta di sé e all'accettazione in seguito al suicidio di un compagno di classe.

Evan Hansen vive in continua osservazione degli altri, uno studente dell’ultimo anno del liceo completamente invisibile agli occhi dei suoi coetanei. La lettera di incoraggiamento che Evan scrive a sé stesso viene rubata da Connor Murphy, una figura solitaria e volubile, ed è poi successivamente trovata dalla madre di Connor, Cynthia, e dal padre adottivo dopo che il ragazzo si è tolto la vita. La loro speranza, alimentata dalla lettera, è che il figlio possa aver trovato in Evan l’unico amico della sua breve vita. Per consolare una famiglia straziata dal dolore, Evan inventa una storia di amicizia che non c’è mai stata. Ciò che parte come un’innocente bugia costruita sulla compassione si trasforma in una spirale che Evan non si aspetta e per cui non è preparato. Se all’inizio è celebrato per qualcuno che non è in realtà, Evan deve lottare per trovare il coraggio di dire la verità ed essere finalmente visto per la persona che è.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 2 Dicembre 2021
Uscita in Italia: 2 Dicembre 2021 al Cinema; 2 Aprile 2022 in TVOD
Data di Uscita USA: venerdì 24 Settembre 2021
Prima Uscita: 24/09/2021 (USA)
Genere: Drammatico, Musicale
Nazione: USA - 2021
Durata: 137 minuti
Formato: Colore
Distribuzione: Universal Pictures
Soggetto:
Adattamento cinematografico del musical vincitore di Tony award e Grammy su Evan Hansen.
Classificazioni per età: ITA: 12+
In HomeVideo: in Digitale da sabato 2 Aprile 2022

Cast e personaggi

Regia: Stephen Chbosky
Sceneggiatura: Steven Levenson
Musiche: Benj Pasek, Justin Paul
Fotografia: Brandon Trost
Scenografia: Beth Mickle
Costumi: Sekinah Brown

Cast Artistico e Ruoli:



Produttori:
Marc Platt (Produttore), Adam Siegel (Produttore), Michael Bederman (Produttore esecutivo), Steven Levenson (Produttore esecutivo), Benj Pasek (Produttore esecutivo), Justin Paul (Produttore esecutivo)

Recensioni redazione

[RomaFF16] Dear Evan Hansen, la recensione del musical con Julianne Moore e Amy Adams
[RomaFF16] Dear Evan Hansen, la recensione del musical con Julianne Moore e Amy Adams
Erika Pomella, voto 8/10
Presentato in collaborazione tra la Festa del Cinema di Roma e Alice nella Città, 'Dear Evan Hansen' è un film musical che racconta di un'adolescenza piena di ansia e che affronta il tema delle malattie mentali

Immagini

[Schermo Intero]

Curiosità

Lo spettacolo di Broadway che ha emozionato una generazione diventa un’appassionante evento cinematografico: dopo aver vinto Tony, Grammy ed Emmy, Ben Platt torna a vestire i panni dell’ansioso e solitario studente liceale che vive le sfide di comprendere sé stesso e riuscire a integrarsi nella confusione e nella crudeltà di un’epoca travolta dai social media.   Diretto dal regista Stephen Chbosky (Noi Siamo Infinito – The Perks of Being A Wallflower, Wonder), il film è stato scritto per il grande schermo dall’autore dello spettacolo, già vincitore del Tony Award, Steven Levenson, con musiche e testi realizzati dal duo vincitore di premio Oscar, Grammy e Tony, Benj Pasek & Justin Paul (La La Land, The Greatest Showman).

Ad animare “Caro Evan Hansen” le canzoni vincitrici del Grammy, inclusi i brani simbolo “You Will Be Found,” “Waving Through a Window,” “For Forever” e “Words Fail,” e le interpretazioni della sei volte candidata all’Oscar Amy Adams e della vincitrice del Premio Oscar Julianne Moore, oltre a Kaitlyn Dever (La Rivincita delle Sfigate – Booksmart), Amandla Stenberg (Il Coraggio della Verità – The Hate U Give), Colton Ryan (su Apple TV+ con Little Voice), Nik Dodani (su Netflix con Atypical), DeMarius Copes (a Broadway con Mean Girls) e Danny Pino (su NBC per Law & Order: Unità Speciale).

Dear Evan Hansen è prodotto da Marc Platt (La La Land, Into the Woods, Il Ritorno di Mary Poppins – Mary Poppins Returns) e Adam Siegel (Cani Sciolti – 2 Guns, Drive), ed ha visto la produzione esecutiva di Michael Bederman, Steven Levenson, Benj Pasek e Justin Paul.

L’ANTEFATTO

La nascita di Evan
Genesi di un successo a Broadway
Quando Benj Pasek e Justin Paul si sono incontrati al primo anno all’Università del Michigan, hanno stretto un legame fondato sul condiviso amore per la musica. “Seguivamo molti corsi insieme,” racconta Paul. “Studiavamo per diventare interpreti, pensando con una certa dose di ingenuità che saremmo diventati dei cantanti, degli attori o dei ballerini per le migliori produzioni di Broadway.”
Con il passare del tempo, l’indissolubile coppia di amici ha compreso di avere la giusta passione e un discreto talento per la composizione musicale. “Ci arrivavamo da punti diversi,” prosegue Paul, “ma era un amore totalmente condiviso. Passavamo il tempo nella sala prove del corso di musica, fino a tarda note, trascurando tutte le altre materie e concentrandoci esclusivamente sulla musica.”
Presto la scrittura ha preso il sopravvento e si sono dedicati solo alle proprie canzoni. “È successo in maniera totalmente naturale,” ricorda Paul. “Abbiamo iniziato a collaborare per divertimento ma non pensavamo di farla diventare la nostra carriera. Però negli anni dell’università non pensavamo praticamente ad altro.” È stato l’inizio di un percorso che ha segnato le loro vite. “Abbiamo scritto un blocco di brani pensati per una rappresentazione teatrale, che abbiamo chiamato ‘Edges’,” prosegue Pasek. “Abbiamo fatto nostri tutti i consigli che ci dirigevano verso il musical perché di fatto volevamo scrivere una storia organica tramite le nostre canzoni.”
I due artisti hanno così iniziato a riflettere su un soggetto ispirato ai ricordi della loro vita da liceali durante il periodo dell’11 settembre e dell’esplosione dei social media. “Siamo entrambi testimoni di quei momenti di dolore collettivo e volevamo indagare quel bisogno condiviso che ha spinto le persone a esprimere il proprio dolore pubblicamente, per vivere una tragedia nazionale,” spiega Pasek. “Ci siamo interrogati sulla crescente solitudine che colpisce la nostra società e sull’attitudine sempre maggiore che porta le persone a voler diventare protagonisti delle tragedie che li circondano. Abbiamo così bisogno di essere apprezzati da fare cose che non avremmo mai preso in considerazione?”
Il duo ha elaborato l’idea e lavorato alla ricerca di qualcuno talmente disperato da millantare l’amicizia con la vittima di una tragedia. “Era successo a entrambi di assistere a un fenomeno del genere durante gli anni del liceo e a entrambi era apparso come un fatto straordinario,” confessa Pasek. “La frequenza dei suicidi è in aumento da anni, come il senso di solitudine o l’isolamento sociale, anche in un periodo storico in cui sembriamo tutti connessi più che mai. L’esposizione del dolore in chiave pubblica è arrivato a livelli mai visti e sembra sempre più comune il tentativo di fare proprie le altrui vicissitudini. Siamo arrivati con il tempo alla convinzione che questa riflessione avrebbe alimentato la scrittura di una storia.”
Pasek e Paul hanno proseguito la loro ricerca sul tema dell’identità e della creazione di una comunità, soprattutto in funzione di un lutto e di un dolore condiviso. Anche se entrambi erano ben consapevoli che non si trattasse di un argomento facilmente vendibile, hanno voluto comunque scrivere per loro stessi. Anni dopo è arrivato l’incontro con uno scrittore sulla stessa lunghezza d’onda che li ha affiancati per riuscire a modellare queste idee e renderle un memorabile successo a teatro.

‘Rent’ e il Musical 2.0
Un Nuovo Teatro
Benj Pasek, Justin Paul e l’autore del testo Steven Levenson sono amanti dei musical da quando hanno visto “Il Violinista Sul Tetto – Fiddler on the Roof” e “Starlight Express”. “Credo che fra pattini e la colonna sonora di Andrew Lloyd Webber, tutto abbia contribuito al mio innamoramento,” racconta Levenson con una risata.
Ma è stato uno spettacolo al Kennedy Center, visto all’età di 12 anni, che ha inconsapevolmente unito Levenson ai suoi due futuri collaboratori. “Amavo la recitazione, ma vivevo sempre una piccola sensazione di imbarazzo nella dimensione del musical,” spiega Levenson. “‘Rent’ è stata una vera rivelazione per me. Non immaginavo che i musical potessero avere questo impatto. Era crudo, reale, necessario, ribelle. Mi è sembrata la cosa più fresca mai vista, scritta per un pubblico giovane, per la mia generazione,” ricorda Levenson. “Oggi, chiaramente, sono consapevole che era rivolta a un pubblico che aveva almeno 15 anni più di me!”
Questo spettacolo formidabile gli ha aperto gli occhi sul potere dei musical. “È stata la porta di ingresso per decidere di vedere altri spettacoli di cui ignoravo l’esistenza, ero pur sempre un ragazzo di 12 anni cresciuto in periferia,” confessa Levenson. “Non sapevo chi fossero Stephen Sondheim e Jonathan Larson prima di allora. Non immaginavo che ci fossero musical in grado di anticipare temi artistici e sociali, con brani che ascoltavo fino all’ossessione. Prima di allora pensavo che lo stile del musical potesse essere esclusivamente quello utilizzato 30 o 40 anni prima.”
Con il passaggio al liceo e all’università, Levenson, come Pasek e Paul, ha subito il fascino dei social media e della commistione fra dolore ed esposizione pubblica. “Quando muore una celebrità, ancora oggi vedo persone pubblicare foto che li ritraggono insieme al defunto, per poterlo trasformare in un rito personale e condiviso,” riflette Levenson.
Nel 2011, arriva l’incontro con Pasek e Paul grazie Stacey Mindich, che poi avrebbe prodotto “Dear Evan Hansen” per il palcoscenico e poi curato la produzione esecutiva del film. “Stacey conosce da tempo Benj e Justin e adora la loro musica,” rivela Levenson. “La sua volontà era chiara. Qualunque cosa i due avessero deciso di fare, lei sarebbe stata al loro fianco.”
La coppia ha spiegato a Mindich che erano alla ricerca di un autore che li potesse aiutare a sviluppare la loro idea in potenza. “Avevano letto alcuni dei miei testi ed è stato organizzato un incontro,” racconta Levenson. “Così è nato Evan e l’idea originale è frutto del nostro scambio.”
Nel maggio 2011, i collaboratori hanno dato vita alla storia di un ragazzo che racconta una bugia per creare un legame con un evento terribile che lo ha sfiorato, non tenendo conto di tutte le conseguenze che ne possono nascere. “All’improvviso, due o tre settimane dopo, ho ottenuto il primo lavoro da autore televisivo e mi sono trasferito a Los Angeles,” ricorda Levenson. “Con Benj e Justin abbiamo continuato a tenerci in contatto ogni due mesi per conversazioni epiche in cui ci scambiavamo tutte le idee per 36 ore. Alla fine, esausto, riprendevo un volo e tornavo al mio lavoro quotidiano.”
I tre autori si sono confrontati a lungo su quali fossero i temi fondamentali da affrontare e che tipologia di personaggi costruire per ottenere il meglio. “La grande scoperta di questi primi messi di ricerca è stata di avere avuto esperienze liceali simili, fatte di tragedie e opportunismo che tanto ci sono sembrate familiari,” riflette Levenson.
La conclusione tratta è che arrivare a identificarsi con il dramma di altre persone fosse legato a una profonda necessità di contatto e che alcune persone arrivano a fingere così tanto per potersi sentire parte di una comunità. Da queste premesse, l’obiettivo è stato di costruire un personaggio centrale che non fosse in grado di avere relazioni con gli altri. “Ci siamo trovati ad affrontare il tema dell’ansia sociale, vista dal punto di vista di una persona intrappolata nelle proprie difficoltà e incapace di superarle,” chiarisce Levenson. “Da queste idee è nato Evan. Questo è stato il percorso.”
Dopo sette mesi di appuntamenti, il dado era tratto. “Abbiamo deciso di provarci,” ricorda Levenson. “Ho scritto il soggetto e parte delle scene come se si trattasse di un testo teatrale, immaginando dei passaggi che potessero prestarsi all’inserimento di una canzone. Le note presentavano sempre una possibile canzone o al limite un monologo che immaginavo si potesse trasformare in brano musicale.”
Levenson ha buttato giù una prima stesura e poi l’ha passata a Pasek e Paul. “Era molto chiaro da subito fino a dove potesse arrivare il mio contributo e viceversa,” afferma Levenson. “Loro mi rispondevano con una nota che segnalava la necessità di un passaggio musicale e così abbiamo creato una comunicazione che è riuscita a rendere questo lavoro un pezzo unico composto da tre persone.”
Pasek e Paul, che nel 2007 avevano vinto il Jonathan Larson Performing Arts Foundation Award, hanno trovato in Levenson un autore capace di comprendere in maniera istintiva e immediata i loro obiettivi artistici. Tutte le strade portavano a “Rent”. “‘Rent’ è stato per tutti un passaggio chiave delle nostre vite,” puntualizza Pasek. “È un testo che ci ha parlato nel profondo. Quei personaggi erano senza dubbio più grandi di noi ma erano in grado di affrontare temi legati all’identità e alla morale nella maniera in cui avevamo bisogno. La scrittura, il modo di fare teatro, la fusione fra narrazione e pop, sono stati inebrianti.”
Lo spettacolo diventa così il punto di riferimento. “‘Rent’ è un caleidoscopio,” sostiene Paul. “Ha delle grandi differenze da ‘Evan,’ ma è stato fondamentale osservare un esperimento così riuscito nella sua capacità di affrontare temi profondi e pieni di contenuto, grazie a ganci ammiccanti, brani orecchiabili, senza mai tradire la struttura e la forma della canzone pop.”

Ben Platt è Evan Hansen
La fusione fra attore e personaggio
Mentre Benj Pasek, Justin Paul e Steven Levenson erano impegnati nella scrittura dello spettacolo a cavallo fra il 2013 e il 2014, Pasek era solito menzionare un promettente attore conosciuto come Ben Platt. Platt aveva sostenuto un’audizione per il precedente spettacolo di Pasek e Justin Paul, “Dogfight”, ma all’epoca era troppo giovane per il ruolo che stavano cercando. È servito vederlo in “The Book of Mormon” per metterli nella posizione di interrogarsi se fosse il giusto interprete per Evan. “Benj e Justin sono stati immediatamente convinti che fosse perfetto per lo spettacolo che avevano in mente,” ricorda Levenson. “Già dalla prima lettura del testo, Ben ha vestito i panni di Evan. Ha proseguito fino a quando lo spettacolo è stato rappresentato a Broadway nel 2017. Era Evan.”
Il DNA di Platt si è ormai imbevuto del personaggio. “Ben è uno di quegli attori che, da autore, adoro,” afferma Levenson. “Nutre un grande rispetto per la scrittura ed ha l’impagabile pregio di prendere quello che hai messo su carta e renderlo migliore. Ha un gusto raffinatissimo nel raccontare ed è capace di vedere uno spettacolo nella sua completezza, invece di focalizzarsi esclusivamente sul proprio personaggio e vi assicuro che è abbastanza inusuale per un attore. Mi fido sempre ciecamente del suo istinto.”
Platt non era mai stato coinvolto nella scrittura di un musical in un modo così approfondito come nel caso di “Dear Evan Hansen.” “Parlando di musical moderni, non credo ci siano casi di tale coerenza fra musica e libro,” spiega Ben Platt. “Osservare Steven Levenson portare avanti le proprie posizioni e allo stesso tempo veder crescere il contributo delle musiche offerte da Benj Pasek e Justin Paul, ha reso questo spettacolo completamente organico, di grande impatto ed emozionante. Da attore tutto è stato più semplice e produttivo, perchè non hai mai avuto la sensazione di dover cambiare linguaggio fra recitazione e canto. Si è trattato di un’unica interpretazione e di un solo punto di vista.”

La Strada verso Broadway
Dai laboratori alla grande strada bianca
La prima volta che il produttore Marc Platt ha visto “Dear Evan Hansen” è stata in occasione di un laboratorio organizzato a New York nel 2014, l’inverno precedente alla prima messa in scena prevista a Washington D.C. Aveva già collaborato con i compositori Justin Paul e Benji Pasek per il film La La Land ed aveva così avuto modo di conoscere l’autore Steven Levenson per la lettura.
I quattro hanno immediatamente creato un forte legame. Da allora, Pasek, Paul e Levenson si rivolgevano a Marc Platt per la sua esperienza e il produttore continuava a informarsi sullo sviluppo durante il processo creativo. “La prima volta che ho visto ‘Dear Evan Hansen’ mi è sembrato avesse dei passaggi splendidi e profondi, accompagnati da una musica meravigliosa,” racconta Marc Platt.
La forza creativa che ha alimentato lo sviluppo, l’esecuzione e l’evoluzione di “Wicked” a Broadway, Marc Platt, ha iniziato a offrire suggerimenti a Levenson, Pasek e Paul durante la lunga elaborazione del loro musica. “Ho cercato di approcciarlo da più punti di vista,” spiega Marc Platt. “Ho amato la musica e la sua scrittura. È cresciuta ed è stato entusiasmante poter portare idee per un brano teatrale così emozionante.”

Il trio è stato molto grato per questa guida. “Durante lo sviluppo che il musical ha vissuto per il passaggio a Broadway, Marc è diventato un collaboratore e un mentore su La La Land e poi di fatto su tutto quello su cui abbiamo lavorato,” racconta Paul. “Si è trasformato in un fondamentale produttore creativo per noi. L’aspetto incredibile è che si è trattato di una versione ancora più bella, come quando hai un blocco da scrittore e chiami un amico per un parere. Marc è stato il nostro angelo protettore: una persona di cui ci fidiamo, dalla creatività brillante e molto a suo agio con le dinamiche che stavamo affrontando.”
Il team ha apprezzato la generosità di Marc Platt nell’individuare i pilastri dello spettacolo, anche grazie alle canzoni. “Marc è stato incredibilmente speciale nel garantirci il suo parere,” confessa Paul. “È una guida creativa ed è diventato parte di questa famiglia. Il legame creato per Dear Evan Hansen ha vissuto questa piena realizzazione quando abbiamo deciso di fare il film insieme e diventare soci in una veste officiale. Si è trattato di un’enorme soddisfazione, la chiusura di un cerchio, dopo tutto quello che avevamo vissuto fianco a fianco.”
Dopo anni di laboratori, frenate e ripartenza, “Dear Evan Hansen,” diretto da Michael Grief, ha aperto la sua stagione a Broadway nel dicembre 2016. Lo spettacolo è diventato un fenomeno di grande successo, fino a vincere sei Tony Awads, incluso quello per Miglior Musical e Miglior Attore Protagonista per Ben Platt.

Caro Evan Hansen , il Film
Ben Platt torna a vestire i panni di Evan
Una volta che “Dear Evan Hansen” ha aperto con grande successo a Broadway, tutti hanno pensato che ci fosse un grande potenziale per un film. Insieme, i tre creatori e Marc Platt, affiancato dall’esperto produttore Adam Siegel, hanno proposto lo sviluppo a Universal Pictures. “C’erano molti studi interessati,” chiarisce Marc Platt. “Universal ha mostrato una grande passione sui materiali e molto decisa nell’appropriarsi dei diritti del film.”
La condizione essenziale per Universal era la presenza di Ben Platt per rivestire il ruolo che lo aveva consacrato sul palcoscenico di Broadway. L’attore aveva lasciato il ruolo a novembre 2017 dopo tre anni e mezzo, culminati con l’ultimo anno a New York. Il suo contributo al ruolo era stato impagabile e nessuno conosceva Evan meglio di lui. “Quando abbiamo iniziato il mio personaggio raccoglieva tante istanze che gli autori vorrebbero affrontare con i loro testi,” spiega Ben Platt. “Avere l’opportunità nel corso degli anni di comprenderlo e farlo mio, a livello fisico, vocale ed emotivo, lo ha reso un mio alter ego che ho potuto modellare.”
Dopo il periodo a Broadway, Ben Platt ha costruito una carriera di successo, ma ha vissuto come un grande onore l’opportunità di tornare a impersonare Evan. “Alla fine dei conti, questa storia è straordinaria per la sua capacità di emozionare una vasta fetta di pubblico, soprattutto la più giovane,” afferma Ben Platt. “Ovviamente, con un film, ci sono ancora più spettatori che possono entrare in contatto rapidamente con il nostro racconto.”
La produzione di questo film aveva però un altro vantaggio: poter lavorare con il padre, il produttore Marc Platt. “Non avevo mai lavorato a fianco di mio padre e questa è la prima volta che si è presentata l’occasione, ognuno impegnato a dare il massimo per il progetto,” confessa Ben Platt. “Chiaramente, fra tutti i produttori, mio padre si è occupato maggiormente dell’adattamento musicale. Abbiamo lavorato in simbiosi e sarò sempre grato di questa opportunità. A livello personale, non avrei potuto mai rinunciare.”

“Questo è solo l’inizio….”
Stephen Chbosky prende il comando
Nel passaggio di Dear Evan Hansen al grande schermo, per i produttori Marc Platt ed Adam Siegel era essenziale trovare un regista con una forte visione artistica e una profonda sensibilità emotiva. La loro scelta è ricaduta su Stephen Chbosky. Non parliamo solo della persona che ha scritto la sceneggiatura per l’adattamento di Rent e il co-autore della sceneggiatura di La Bella e la Bestia – Beauty and the Beast, ma anche lo sceneggiatore e regista di Wonder e Noi Siamo Infinito – The Perks of Being a Wallflower, basato su un suo libro: Chbosky ha un istinto unico per raccontare le difficoltà dell’adolescenza.
“Stephen ha un legame personale con la storia e aveva già in passato girato un paio di film ambientati al liceo incentrati sul tema dell’isolamento,” spiega Marc Platt. “Questi due elementi mi hanno persuaso che potesse essere una voce valida per questo film. E così è stato.”
Il cast e gli autori del musical avevano ricevuto centinaia di lettere dai fans che ci tenevano a comunicare come “Dear Evan Hansen” avesse aiutato o salvato loro o qualcuno che conoscevano. Lo stesso era successo a Chbosky dopo l’uscita del romanzo e del film, Noi Siamo Infinito – The Perks of Being a Wallflower. Il potenziale di una versione cinematografica di Dear Evan Hansen nella prospettiva di dare un supporto ad adolescenti e genitori lo ha profondamente avvicinato al progetto.
Chbosky aveva visto lo spettacolo a Broadway, poco dopo la scelta di Ben Platt di lasciare il ruolo, e ne era stato rapito. Mesi dopo, continuava a ronzargli in testa.
Durante un suo passaggio a Los Angeles, Chbosky si è incontrato con Marc Platt e Siegel per spiegare le ragioni del suo interesse a dirigere il film. “Ho passato 15 anni della mia carriera impegnato a realizzare film capaci di dare una voce a un pubblico giovane,” afferma Chbosky. “La mia esperienza con Noi Siamo Infinito – The Perks of Being a Wallflower mi ha aperto gli occhi su quanto sia importante il cinema per i giovani.”
In Dear Evan Hansen ha visto l’opportunità di poter parlare in maniera diretta delle difficoltà psicologiche che i giovani affrontano, come l’isolamento, il rapporto con i social media, il bullismo, tutti fenomeni molto più diffusi di quando il testo teatrale è stato scritto. “Non c’è dubbio che la pandemia abbia acuito il problema,” osserva Chbosky.
Più Platt e Siegel discutevano nel dettaglio le idee di Chbosky, più percepivano l’ispirazione nutrita dalla passione e dall’identificazione con la storia. Ancora oggi, Siegel ricorda una frase pronunciata da Chbosky durante il primo incontro, “Voi potrete produrre tanti film nella vostra vita. Io, se mai girerò una pellicola che non ho scritto, sarà in questa occasione.”
Platt è rimasto impressionato dalla profondità, dalle sfumature e dalla prospettiva che Chbosky ha offerto al film, riuscendo a rappresentare le intricate dinamiche delle famiglie e la difficoltà di dover convivere con ansia, depressione e lutti per tutti i personaggi. “Stephen è molto bravo con gli attori, oltre a conoscere nell’intimo le dinamiche fra genitori e figli,” osserva Marc Platt. “Ha fatto un lavoro incredibile partendo dal testo che gli è stato messo a disposizione.”
Anche se Evan è il protagonista, tutti gli altri personaggi come la madre di Connor, la sorella, il padre adottivo, vivono una profonda agonia emotiva. “Ho fatto mia la rabbia di Larry e Zoe, come il desiderio di Cynthia di mantenere vivo il ricordo di Connor, al punto di costruirci una fantasia sopra,” spiega il regista.
In Chbosky, Platt e Siegel hanno trovato un autore capace di elevare le emozioni crude di Dear Evan Hansen evitando stereotipi e sentimentalismi.”Stephen ha un equilibrio interno che gli chiarisce cosa sia giusto e cosa sbagliato,” afferma Siegel. “Arriva a conoscere i personaggi intimamente, come solo uno scrittore saprebbe fare. Le verità che propone in questa storia sono state la chiave che lo ha portato a noi. Tutti siamo rimasti segnati da questa esperienza e Chbosky l’ha resa ancora più profonda. Ci ha guidato con il suo grande cuore.”
Quando Benj Pasek, Justin Paul e Steven Levenson hanno concepito il musical, hanno sempre sperato di poter lavorare come su un lungometraggio indipendente. “In realtà non sapevamo neanche di cosa stessimo parlando,” chiarisce Pasek, “ma era una stella polare a cui puntavamo.” Con Chbosky hanno trovato un regista cinematografico che avrebbe elevato il musical con un tono emotivo, intimo e ribelle. “Affidare a Stephen la rilettura di quanto avevamo creato per poi trasformarlo in un film è stata un’esperienza straordinaria a cui assistere,” spiega Pasek. “È molto di più di un regista, perchè di fatto è anche un autore. È stato fondamentale coinvolgerlo nella scrittura dell’adattamento in sceneggiatura.”

LA SCENEGGIATURA

Cambi ed evoluzioni
L’adattamento di ‘Evan’ a film
Se devi adattare un romanzo, un racconto breve o un testo teatrale, i cambiamenti sono pressochè inevitabili. Quello che funziona per una forma narrativa, non sempre funzionano per un’altra. Ma alcuni di questi interventi possono però rivelarsi delle opportunità per arricchire ed espandere una linea o dei personaggi, e per Caro Evan Hansen – Dear Evan Hansen gli autori hanno scelto questo approccio. Il cuore del musical è rimasto immutato, ma la versione cinematografica ha permesso di inserire sfumature ancora più profonde ed ampliare il loro impatto.

Il Frutteto di Evan: tra fantasia e realtà
Il produttore Marc Platt ha intrapreso il lavoro con la squadra con l’obiettivo di adattare il testo per il grande schermo e ha avuto molti confronti con Steven Levenson. “Steve non è esclusivamente un grande autore teatrale, ma anche uno straordinario sceneggiatore,” afferma Marc Platt. “Abbiamo da subito lavorato con un’idea cinematografica. Tutto ha inizio dal racconto di Evan su quanto è successo nel frutteto e sulla storia che si inventa di essere stato aiutato da Connor dopo una brutta caduta da un albero. Solo alla fine dello spettacolo scopriamo quanto è successo veramente. Sul palcoscenico, non poteva esserci alcuna versione diversa di questi eventi, ma si poteva basare solo sulle parole di Evan.”
“La prima cosa che ho detto a Steve è stata che mi immaginavo come prima scena delle immagini confuse di un ragazzo che corre,” continua Marc Platt. “Non comprendiamo il suo stato d’animo, ma lo vediamo arrampicarsi su un albero da cui improvvisamente cade.” Marc Platt prosegue. “Finalmente vediamo il suo viso mentre guarda in camera da terra e sentiamo gli accordi iniziali di ‘Waving Through a Window’.”
Marc Platt ha anche suggerito che, alla metà del film, la stessa scena sia riproposta da una prospettiva diversa. “Questa volta è tutto molto più chiaro,” spiega Marc Platt. “Vediamo lo stesso ragazzo correre, ma è lui a raccontarcela fra le note del brano ‘For Forever.’ Nel brano Evan propone la sua versione degli eventi inventata. Si è arrampicato su un albero, cade, ma questa volta vedi che c’è Connor ad aiutarlo come suo amico. Lo salva. Poi, infine, nella scena finale nel frutteto, rivediamo ancora l’intera scena, ma in questo caso comprendiamo cosa è successo realmente ed Evan ha finalmente ammesso la verità a sé stesso con la canzone ‘Words Fail.’ La forza die cinema è che possiamo mostrare tutte le tre versioni. Questo è stato il mio spunto e devo riconoscere che Steve ne ha fatto tesoro.”

Una Struttura a Tre Atti
Mentre le opere a teatro sono tipicamente scritte in due atti, i film hanno solitamente strutturati in tre. “Per il teatro cerchi di avere delle formule che siano funzionali alla tua opera, con due blocchi separati da una cesura,” racconta Levenson. “Il primo atto che abbiamo portato a Broadway raggiunge il suo apice con ‘You Will Be Found,’ il pubblico prende una pausa e poi rientri con tutte le scarpe nel secondo. Abbiamo dovuto ripensare tutta la struttura e risolvere soprattutto la fase intermedia.”
L’adattamento cinematografico ha permesso al team di intervenire sulla storia con soluzioni che non erano sicuramente realizzabili sul palcoscenico. “Cosa è successo a Evan dopo che ha ammesso la sua bugia?” Marc Platt racconta. “Come ti riprendi da questa situazione? Chi era veramente Connor e come Evan è riuscito a saperne di più? C’era molto che poteva essere fatto per arricchire questi personaggi. Il loro percorso emotivo e la maniera in cui le loro vite entrano in contatto per poi impattare uno sull’altro ha effettivamente aperto un ampio raggio di possibilità.”
Levenson ha vissuto come una sfida stimolante di poter nuovamente rimettere mano a qualcosa che aveva trovato una sua finitezza, almeno per il teatro. “Non c’è nulla che arrivi alla perfezione, ma devi trovare le migliori risposte creative alle sfide che affronti,” è il pensiero di Levenson, “e ti troverai ad affrontare le stesse criticità quando devi adattare un testo, con soluzioni completamente differenti. Devi essere capace di indossare due cappelli diversi allo stesso momento, ricordandoti cosa aveva funzionato, cosa c’era di buono ed essere comunque pronto a metterlo in discussione. Mi sono ritrovato fra incudine e martello.”

Dettagli, Dettagli, Dettagli
Levenson è dovuto intervenire su molti elementi che per il teatro non erano necessari come per un film. Sul palcoscenico, tutto è astratto, una stanza ha due mura e un salotto si può limitare a un tavolo. “Quando scrivi un testo, il mondo reale ha molti meno dettagli da mostrare,” spiega Levenson. “Con la sceneggiatura ho dovuto reimpostare la mia mente e lavorare su ogni singolo dettaglio che ritenevo necessario.”
Altrettanto complessa è stata la costruzione del cast, che per un musical vedeva la partecipazione di un pugno di attori nel ruolo dei compagni di classe di Evan, mentre per il cinema doveva essere popolato da un’intera scuola. Questo aspetto ha permesso al team creativo di elaborare una realtà moderna che potesse essere un liceo credibile. Gli adolescenti a scuola e all’università oggi sono l’espressione più alta di multietnicità che la storia americana abbia mai vissuto, probabilmente la più varia di tutto il mondo e il film non poteva non tenerne conto.

Nella Testa di Evan
Alcune tecniche narrative perfette per il musical apparivano artefatte per il film. In primo luogo per il personaggio di Connor Murphy. Nello spettacolo, racconta Levenson, “Connor ritorna, veramente, come una voce nella testa di Evan, permettendoci di avere un quadro di cosa stia succedendo a livello emotivo. Abbiamo compreso immediatamente che non avrebbe funzionato per il grande schermo. Era una soluzione evidentemente stonata. Dovevamo trovare nuove idee per conoscere i pensieri di Evan.”

Canzoni Perse, Canzoni Nuove
Non tutte le canzoni dello spettacolo è poi stata usata per il film. “Ogni brano di un musical svolge una funzione molto precisa, incastonata fra personaggio, narrazione e scena,” spiega Marc Platt. “Ma quello che funziona a teatro non è necessariamente valido in un film e viceversa.”
I testi “Anybody Have a Map?”, “Disappear,” “To Break in a Glove” e “Good for You” non sono stati inclusi nella sceneggiatura.
“Stranamente, questa parte è stata molto adrenalinica,” racconta Steven Levenson. “In prima battuta mi sono dovuto trattenere da buttare via tutto e ricominciare da capo. C’è stato questo passaggio, agli inizi, in cui stavo parlando con Adam Siegel di una scena e ho detto che avremmo potuto semplicemente riscrivere ogni singola battuta. Ma la sua risposta è stata ferma, perchè non avrei avuto lo stesso atteggiamento se avessi dovuto curare l’adattamento del testo di un altro autore. Ero bloccato dalla sensazione di dover dimostrare che con il mio lavoro avrei dovuto dare vita a qualcosa di completamente nuovo e stravolto. È stata una grande liberazione realizzare che potevo mantenere tutto quello che funzionava.”
Mentre Benj Pasek e Justin Paul erano impegnati nella scrittura di due nuove canzoni per il film, per i personaggi di Alana Beck (“Anonymous Ones,” firmata insieme ad Amandla Stenberg) e Connor Murphy (“A Little Closer”) – Marc Platt e Levenson hanno compreso che il film non poteva riproporre tutti i brani della versione teatrale.
“Ci sono alcune canzoni a teatro che hanno la funzione di presentare il personaggio al pubblico. Non sono dirette a nessuno, e servono a prendere confidenza con lo spettatore e a scaldare la voce dell’attore,” spiega Marc Platt. “Does Anybody Have a Map?” in cui Cynthia Murphy e Heidi Hansen cantano al pubblico le sfide di crescere figli adolescenti è un esempio lampante. “Per il film sarebbe stata fuori luogo,” conclude Marc Platt.
Per il film, ogni canzone che non avesse un sentimento autentico e onesto, andava eliminata, non importa quanto fosse valida. “Dear Evan Hansen è un musical contemporaneo,” illustra Marc Platt. “Al contrario di altri musical, non si tratta di un mondo fatto di mille colori o ambientato in un periodo specifico. È ambientato nell’oggi e affronta tutte situazioni che conosciamo bene.”

L’Evoluzione dei Personaggi
Le espressioni degli attori teatrali possono arrivare al pubblico in maniera diversa di quanto succede quando si è inquadrati con una macchina da presa e il film incoraggia maggiori sfumature e dimensioni. Tutti i personaggi in Caro Evan Hansen – Dear Evan Hansen ne hanno beneficiato, in particolare a quelli di Larry Mora, Jared Kalwani, Connor Murphy e Alana Beck sono stati rivisti o espansi per la versione cinematografica.
Nel testo, Larry Murphy è il padre biologico di Connor, mentre nel film è Larry Mora, il padre adottivo, ed è stato interpretato da Danny Pino. Quando si è arrivati alla sceneggiatura, si è scelta questa strada per riflettere la realtà di molte famiglie moderne, oltre a voler creare un altro elemento alle dinamiche della famiglia dopo la morte di Connor.
Jared Kleinman, dallo spettacolo, è stato cambiato in Jared Kalwani, interpretato da Nik Dodani. Per il film, il personaggio è di origine asiatica e omosessuale. La sua strana amicizia con Evan è ora più complessa e attraversata da una certa forma di empatia.
Per il film, Connor Murphy, interpretato da Colton Ryan, è contraddistinto da una maggiore umanità. Per il musical, è un solitario vagamente minaccioso e un’enigma per Evan. Nel film, la sua identità e la sua rabbia emergono molto di più.
Alana Beck a teatro sembra esclusivamente una persona solo ambiziosa. Per il film, il pubblico avrà modo di vedere dietro alla sua perfetta facciata. Interpretata da Amandla Stenberg, Alana nel film condivide molto più con Evan di quanto lui sappia e i suoi problemi di solitudine ed isolamento emergono.

I PERSONAGGI

Evan Hansen – Ben Platt
Il ruolo di Evan Hansen è stato parte integrale della vita di Ben Platt per più di sei anni, ma in occasione del film c’è stata una trasformazione del personaggio che ne ha aumentato il lato emotivo e intimo. “Mi è sembrata un’operazione impossibile, avendo vissuto per centinaia di volte quell’esperienza sul palcoscenico,” dice Justin Paul. “Come si può riuscire a cancellare quello che ha definito il tuo corpo e la tua mente per anni e creare nuovamente un’interpretazione con nuovi obiettivi e sfumature per il grande schermo?”
Ben Platt ha accettato la sfida. “La vera difficoltà è stata nell’ascolto e nella gestione di tutti quegli istinti,” spiega Ben Platt, “e così frenare quello che ormai era diventato un riflesso condizionato, senza però poi perdere il senso di spontaneità, onestà e novità che volevo portare al film. Ho ripreso da zero un personaggio che avevo già costruito. È stata un’esperienza unica, paragonabile a una traduzione. Non credo mi ricapiterà mai.”
Ben Platt è stato accompagnato in questo percorso dal regista Stephen Chbosky, che di fatto era l’unico membro del team creativo che non aveva visto la sua performance a teatro. I suoi occhi potevano definirsi vergini. “Ho affrontato il suo lavoro come una completa novità,” racconta Stephen Chbosky. “Ho provato ad aiutarlo a tirare fuori il risultato più onesto possibile” Questa premessa ha anche permesso a Platt di non dover raggiungere un’idea già definita nella testa del regista. “Ben mi ha confessato di essersi sentito molto più libero per il fatto che non portavo con me alcuna aspettativa,” ricorda Chbosky. “Ero al suo fianco per la costruzione del personaggio. È stato come vederlo all’opera per un debutto ogni notte, per due mesi.”
Durante le riprese, Chbosky ha trattato il suo protagonista come un collaboratore e un partner coinvolto in tutte le scelte più importanti. “Stephen aveva ben chiaro che si trattava di un personaggio che sentivo molto intimamente,” spiega Ben Platt. “È sempre venuto da me in prima battuta. Quando il programma di lavorazione prevedeva una canzone o un passaggio particolarmente complesso, mi ha sempre chiesto in che momento della giornata inserirlo. ‘Vuoi togliertelo subito? Vuoi che giriamo durante la mattina tutte le coperture così hai tempo per prepararti? Vuoi parlarne prima? Vuoi stare per fatti tuoi e girare quando sei pronto?’Ho molto apprezzato la sua abilità di fidarsi di me e di ascoltare il mio parere sui passaggi che mi coinvolgevano. È stato fondamentale per la riuscita del mio lavoro.”
Il produttore Adam Siegel conosce Ben Platt da quando ha sei anni. Non aveva alcun dubbio che sarebbe stato in grado di adattare il personaggio anche nella sua versione cinematografica. “Ben ha un carisma incredibile, sempre con una grande determinazione, senza mai dimenticare di dover mostrare la propria vulnerabilità,” spiega Siegel. “Lo spirito che ci ha messo è stato eccezionale. Adora cantare e recitare. La sua sensibilità si compensa con un grande forza, e lui ha un talento unico nel gestire queste due componenti. Credo sia il suo segreto per essere un ottimo attore.”

Cynthia Murphy – Amy Adams
Cynthia Murphy è una madre che sta lottando contro un lutto inconsolabile, con la confusione e il senso di colpa per il suicidio del figlio Connor. Cerca di affrontarlo, mantenendo in piedi la propria famiglia e tentando di sopprimere il dolore e la disperazione. Il ruolo richiedeva un’attrice di grande talento e gli autori hanno individuato in Amy Adams, sei volte nominata per il Premio Oscar® la persona giusta. “Amy ha una bravura cristallina,” afferma Benj Pasek. “Quando sceglie di metterla in mostra, sa essere devastante. Il motivo per cui Amy sa trovare questa connessione emotiva è dovuta al fatto non cerca mai di tenere a bada ciò che il suo personaggio sta vivendo. È molto complicato e lei è in grado di esprimerlo in maniera molto umana e realistica. Poter vedere Amy interpretare Cynthia è stata un’opportunità unica.”
Grande fan del musical dopo averlo visto a teatro nell’estate 2019, Adams ricorda di aver lasciato quella serata con un pensiero. “Se mai faranno un film, voglio farne parte. Lo sapevo già da allora,” racconta l’attrice. “Ero certa che per una pellicola ci sarebbe stato spazio per rendere l’esperienza di Cynthia ancora più intima. È stato un grande onore poter riproporre ciò che già era stato reso sul palcoscenico, puntando a dare una dimensione ancora più personale e profonda al ruolo.”
Per Adams, l’ultimo anno ha rafforzato la sua convinzione nel bisogno di maggiore compassione e comprensione. “Per le persone non è solo importante sentirsi viste,” afferma Adams. “Quello che questa storia è in grado di fare, anche nella sua versione cinematografica, è di rappresentare un’esperienza collettiva di compassione in una maniera palpabile. È importante riuscire a portare l’empatia, l’ascolto, l’amore per storie che potremmo non conoscere.”
In Evan Hansen, Cynthia trova la speranza di poter ricreare un contatto con un figlio che è diventato un mistero e anche uno sconosciuto. Con Cynthia e la sua famiglia, Evan può provare a mostrare una nuova versione di sè stesso. Gli occhi con cui Cynthia lo guarda sono quelli che vorrebbe da parte degli altri, come addirittura lui vorrebbe vedersi. Il livello di confidenza che si crea fra i due personaggi ha richiesto una grande sintonia fra Adams e Ben Platt. “Sono entrata immediatamente in connessione con Ben e il suo modo di affrontare Evan,” racconta Adams. “Nei panni di Cynthia, ho provato a dare Evan la madre che avrebbe voluto a casa, dando credito alla sua nuova versione di sè. È uno scambio meraviglioso, spesso basato sul non detto.”
Tutti i colleghi di Adams sono rimasti colpiti da lei. “Amy Adams è una leggenda!” dice Kaitlyn Dever, che interpret la figlia Zoe Murphy. “Il primo giorno che l’ho incontrata, mi ha accolto a braccia aperte intenzionata a conoscere la mia vita. Devi dividere la scena con Amy Adams, potresti essere un fascio di nervi e lei riesce sempre a farti sentire a tuo agio. Sul set, avevamo le nostre stanze nella casa dei Murphy. Io entravo continuamente nella sua per chiacchierare. Poi ha iniziato lei a bussare e voler passare il tempo insieme. Non potevo credere che avremmo cantato insieme.”
In queste conversazioni, Adams ha condiviso la sua filosofia sull’equilibrio fra vita e lavoro. “Parlando del senso di sopraffazione che questo lavoro o altri grandi progetti possono metterti, Amy mi ha consigliato di mantenermi lucida e di coltivare la luce che c’è dentro di me,” confessa Dever. “È stato molto profondo e mi ha lasciato un grande insegnamento. A volte nel nostro lavoro rischi di perdere la cognizione di cosa sia giusto e cosa sbagliato. Può spaventarti e anche lasciarti senza fiato.” Le chiacchierate fra le due sono state anche per l’attrice di successo. “Dovevo spesso ricordarmi di essere vent’anni più grande di Kaitlyn, perchè volevo passare tutto il tempo insieme a lei,” ricorda Adams. “Siamo state fortunate ad aver avuto questo tempo a disposizione.”

Heidi Hansen – Julianne Moore
Per il ruolo della madre di Evan Hansen, Heidi, disperatamente alla ricerca di un legame con il figlio nonostante i suoi tentativi di evasione, è stata scelta la vincitrice del Premio Oscar® Julianne Moore.
L’attrice, a sua volta madre di due adolescenti, si è identificata con le sfide di Heidi. “Una delle cose che amo di questo ruolo è che ama il figlio alla follia, ma non ha comunque paura di ammettere i propri errori,” spiega Moore. “Questo le permette di dire, ‘Ci sono cose che ho sbagliato e mi dispiace. Ma voglio che tu sappia che ci sarò sempre per te. Io ti ascolto’ Questi personaggi hanno una connessione che si alimenta con l’andare avanti del film.”
Grande fan del musical, Moore apprezza la capacità che entrambe le versioni hanno di parlare di cosa veramente significhi essere giovani ai giorni d’oggi. “Questa storia esplora la difficoltà di vivere in una società che si basa sull’apparenza e legge le persone tramite i social media,” afferma Moore. “Cosa c’è di buono? Cosa ci porta a isolarci? Le generazioni cambiano a seconda del decennio in cui stanno vivendo. E questo testo è così moderno e importante nel presentare quello che i ragazzi vivono senza trascurare il punto di vista dei genitori.”
Gran parte delle scene in cui Moore appare sono con Ben Platt e sono state realizzate in un periodo ristretto. “È stato come girare un nostro piccolo film nel bel mezzo di tutte le riprese,” racconta Ben Platt. “Ci sono state due settimane interamente dedicate ad Heidi e Evan e alla nostra relazione. Julianne è arrivata con l’obiettivo di realizzare tutto il suo lavoro in questo blocco.”
Per riuscire a tirare fuori il meglio da questa porzione di tempo, le prove hanno avuto un valore unico. “Entrare in un rapporto che deve dimostrare calore, familiarità e senso di sicurezza era fondamentale,” spiega Ben Platt. “L’apertura di Julianne a provare emozioni mi ha aiutato a lasciarmi andare e a mostrare le mie vulnerabilità. Lavorare con lei è stato speciale. È una professionista e una leggenda, e ora ho capito il motivo. È entrata completamente nel ruolo ed è stata autentica in tutto e per tutto.”

Zoe Murphy – Kaitlyn Dever
La sorella di Connor, Zoe Murphy, sta cercando di gestire la turbolenza di emozioni conflittuali legate al suicidio del fratello, amplificate e complicati dal rapporto ambiguo che si crea con Evan Hansen.
Dal momento in cui Kaitlyn Dever di La Rivincita delle Sfigate – Booksmart si è presenta per l’audizione, il ruolo di Zoe Murphy è stato suo. “Si tratta del matrimonio perfetto fra attrice e ruolo,” spiega Marc Platt. “Il meccanismo di difesa che Zoe innalza, la tristezza e la rabbia che prova nei confronti del fratello, il suo bisogno di attenzioni, sono elementi che Kaitlyn riesce a esprimere in ogni sfumatura. Inoltre canta con una splendida voce. Lo standard che ha portato già dal provino è stato altissimo.”
Alla prima prova di lettura con Ben Platt, gli autori hanno apprezzato immediatamente la chimica fra i suoi. “Gode di luce propria,” spiega Adam Siegel. “Kaitlyn e Ben hanno vissuto insieme durante le riprese e sono praticamente diventati migliori amici. Insieme preparavano dei regali per tutta la squadra. Si sono fatti forza a vicenda e e si è notato immediatamente. Kaitlyn ha delle doti speciali.”
L’amicizia con Dever durante le riprese è stata motivo di gioia per Platt. “Tornavo a casa e cenavamo insieme, poi guardavamo Love Island e passavamo il tempo come fanno due amici,” racconta Platt. “È stato speciale, e non potrò mai ringraziarla per l’aiuto che mi ha garantito.”
Grande fan del musical, Dever ha una foto di qualche anno fa al fianco della madre con le loro tazze griffate “Dear Evan Hansen” visto insieme a Broadway. “Mi sono innamorata immediatamente dello spettacolo,” ricorda Dever. “Ero a Londra quando ho ricevuto una chiamata da parte della mia agente che mi informava che stavano cercando un’attrice per il ruolo di Zoe Murphy per il film. Ottenuta un’audizione, sono corsa al West End per ricordarmi il personaggio di Zoe. Anche a Londra è stato magico. Per prepararmi ho affittato degli spazi così da non ritrovarmi a farlo chiusa in una stanza d’albergo.”
Via via che Zoe è entrata nel personaggio, è cresciuta l’empatia provata da Dever nei suoi confronti. “Vive un grande trauma a 16 anni e si sente invisibile ormai da troppo tempo,” spiega Dever. “È un’enorme tragedia a colpirla e non ha alcuna idea su come elaborarla. È un’esperienza totalemente ingiusta da vivere a quella età,” riflette Dever. “È un personaggio potente, anche per la sua capacità di dover gestire questa energia.”
Con Evan, Zoe sente di essere vista per la prima volta. “Zoe è un simbolo di quello che provano le persone durante il liceo appesantite dall’ansia di sentirsi sole,” spiega Dever. “È una ragazza forte, e sa cosa vuole. Sia a teatro che nella sceneggiatura, c’è molto da poter valorizzare.”
La profonda comprensione del personaggio da parte di Dever ha reso unica ogni scena. “Non c’è un centimetro di messinscena nella sua interpretazione,” afferma Platt. “È impossibile recitare al suo fianco e non dover tirare fuori tutto il meglio. I giorni in cui ho potuto lavorare e cantare con lei sono senza dubbio i miei preferiti.”

Alana Beck – Amandla Stenberg
Già conosciuta dal grande pubblico come Rue in The Hunger Games, Amandla Stenberg è già stata apprezzata per interpretazioni del calibro di Il Coraggio della Verità – The Hate U Give. Quando gli autori hanno iniziato a valutare chi potesse vestire i panni di Alana Beck, compagna di classe di Evan, non c’è stata altra scelta se non Stenberg.
“Amandla è dotata di uno spirito unico,” afferma il regista Stephen Chbosky. “È una persona affabile e molto sensibile.” Stenberg ha lavorato profondamente sul personaggio costruendo prospettiva inattese. Grazie al suo lavoro da attrice, Alana è diventata un personaggio che raramente si vede sul grande schermo: una ragazza molto impegnata e decisa per la sua età che tenta di nascondere il proprio dolore e le proprie dipendenze: “Ci sono molti ragazzi brillanti che soffrono per le troppe pressioni che subiscono,” spiega Chbosky. “Ne puoi trovare di ogni etnia, classe e religione. Mi piace l’idea che questi personaggi possano iniziare a guardarsi in giro come il resto del mondo. La possibilità di avere Amandla nel cast ci ha dato l’opportunità di rendere Alana ancora più complessa.”
Nel suo obiettivo di essere sempre la migliore della classe risiede il bisogno di approvazione da tutti. “Grazie ad Alana, ho potuto esplorare quelle persone che devono sempre primeggiare e mettere la propria energia per sorprendere compagni, insegnanti, superiori e familiari, anche se questo sforzo sta evidentemente mascherando un dolore più profondo,” spiega Stenberg.”L’aspetto potente di questo film è che è in grado di esplorare I lati più secreti delle persone, le vulnerabilità che non sono capaci di condividere con gli altri. Ci vuole forza nel mostrare le proprie debolezze e così trovare comprensione, solidarietà e amore.”
La visione di Stenberg del proprio personaggio ha portato alla creazione di una nuova canzone, “Anonymous Ones,” che l’attrice ha scritto insieme a Pasek e Paul. “L’esperienza di Amandla come musicista, autrice e personaggio si è unita in un grande contributo,” afferma Marc Platt. “È stata una collaborazione veramente speciale.”

Jared Kalwani – Nik Dodani
Per adattare lo spiritoso e cinico Jared per il grand schermo, era importante che gli autori sentissero nell’interprete un misto di insicurezza con un’apparenza di confidenza in sè stesso. Quando è stato scelto il comico stand-up Nik Dodani, molti aspetti del suo personaggio sono stati accantonati per valorizzare la sensibilità e l’ironia di Dodani.
Jared è ancora di fatto il migliore amico di Evan Hansen, ma il suo cognome è stato cambiato da Kleinman a Kalwani, per una piena corrispondenza con le radici indiane e il suo umorismo è meno graffiante. “Sul palcoscenico, Jared tende a essere estremo e abrasivo, rimanendo sempre divertente,” racconta Stephen Chbosky. “Nel film, ogni passaggio rischiava di diventare troppo intenso e lo abbiamo rimodulato per permetterci di avvicinarci meglio al personaggio.”
Jared ha mantenuto il suo spirito comico, ma ha perso la componente sarcastica che lo avrebbe reso inviso al pubblico. “Nik è riuscito a individuare il pertugio fra la componente comica del personaggio e il rispetto che tutta la situazione meritava,” prosegue Chbosky.
Chbosky ha lavorato con Dodani per sviluppare Jared al meglio e il loro confronto ha portato nuove idee. Dodani è omosessuale e ne parla apertamente durante gli spettacoli di standup che porta in tour. “Quindi, quando ho parlato con Nik, gli ho chiesto se fosse intenzionato a sviluppare un personaggio gay,” racconta Chbosky. “Se vuoi condividere la tua versione dei fatti, sentiti libero,” prosegue il regista. “Nik ha accettato ed è stato splendido.”
Gli autori del musical hanno condiviso la scelta fatta su Dodani per la perfetta ironia che è stato in grado di portare. “Nik è stato molto brillante nel comprendere come interpretare il suo ruolo, a partire dagli insulti e le prese in giro che elargisce, frutto della sua insicurezza profonda,”  spiega Benj Pasek. “Il ruolo necessitava qualcuno capace di smistare continuamente battute e freddure per coprire il fatto che si sente piccolo e insicuro. Nik ci è riuscito in maniera genuina, con sfumature che solo un bravo attore è in grado di offrire.”
Dodani è stato da subito interessato nella storia perchè conosce molte delle sfide che questi ragazzi affrontano e che solo pochi sono in grado di denunciare. “Questa storia ti entra in testa,” racconta Dodani. “Parla di suicidio, bullismo, depressione, medicalizzazione. È autentica, e parla ai ragazzi perchè non nasconde nulla.” Per l’attore è stato anche importante l’arco narrativo vissuto dal suo personaggio. “Spesso, specialmente al liceo, ti preoccupi solo di te stesso. Ma ci sono altre persone che ti circondano e Jared arriva a questa consapevolezza alla fine del film.”
Non è sfuggito a Dodani di ritrovarsi circondato da alcuni dei migliori interpreti di Broadway e non si è tirato indietro per imparare da ognuno di loro.”Lavorare su un musical è completamente diverso da tutto quello che avevo fatto prima,” racconta Dodani. “Se sei un cantante o un ballerino, tutto funziona. Nel mio caso non è stata la stessa cosa. Ci sono state tantissime altre qualità che ho dovuto sviluppare ma è stata una scoperta eccitante, anche se molto intensa. Ho un grande rispetto per tutti quelli che sanno recitare, cantare e ballare allo stesso tempo.”

Connor Murphy – Colton Ryan
Anche se l’attore Colton Ryan ha già lavorato in progetti come Girl from the North Country e Little Voice, il suo legame con il musical di Broadway è già profondo. Da alternativa per la messinscena, Ryan ha già lavorato nei ruoli di Evan Hanes, Jared e Connor, interpretandoli sul palcoscenico tutti in più occasioni.
A teatro, Connor è un personaggio volubile, strambo per poi trasformarsi in una presenza enigmatica. Nel film, gli autori hanno voluto dargli una maggiore consistenza. In Ryan è stata vista la capacità di poter offrire una figura originale, fresca e autentica. “Colton è incredibilmente dolce, al punto che anche nei panni di un personaggio che raccoglie un oceano di cupezza, puoi comunque continuare a vedere una luce,” è la lettura di Marc Platt. “Rende il percorso del ragazzo ancora più doloro. Più Evan si avvicina a Connor e scopre aspetti della sua vita, più queste rivelazioni diventano amare.”
Per il tipo di figura, a livello narrativo, in parte legata al passato o alle fantasie di Evan, può essere un personaggio difficile da comprendere. È il bullo che ruba la lettera di Evan e sfregia il suo gesso? È un incompreso con problemi di depressione? Un ragazzo sensibile che si è perso? Ryan ha messo tutto il proprio impegno per modellarlo e definirlo. “Colton ha saputo dare un’umanità a Connor,” dice Adam Siegel. “Sua madre, Cynthia, parla spesso della luce che emanava Connor. Grazie a Colton ne puoi cogliere il senso durante il film, spaziando dal ragazzo che a scuola tutti temono ai suoi aspetti più infantili. È molto difficile per un attore riuscire a offrire tutte queste sfumature.”
Quando Ben Platt ha saputo che Ryan avrebbe avuto la parte, non ha trattenuto la propria gioia. “Fra prove, audizioni e tempo passato insieme a Colton, ho capito da subito che è una splendida persona con cui lavorare,” racconta l’attore, che ha così potuto condividere anche il passaggio dalla versione teatrale a quella cinematografica. “Colton ha provato le stesse difficoltà nel riprendere un materiale trasformato ed è stato un supporto speciale da avere al mio fianco,”dice Ben Platt. “È una stella pronta a brillare.”
Interpretando Connor nel film, Ryan ha potuto approfondire il proprio sguardo sul personaggio dopo averlo studiato per anni a teatro. “Ci vuole grande forza per alzarti ogni giorno e vivere con un tale disagio psicologico,” afferma Ryan. “Nel passato ho guardato Connor come un’anima in pena, qualcuno da compatire. Ora mi rendo conto che è stato questo approccio a non aiutarlo.”
Nel film, il pubblico osserva Connor per quello che è veramente, non mediato dagli occhi e dalle fantasie degli altri, e a contribuire c’è anche la nuova canzone “A Little Closer,” scritta da Benj Pasek e Justin Paul. “Parla di quanto sia difficile convivere con la depressione e il disagio di sentirsi sempre inadeguato,” spiega Pasek. “Nonostante tutto ha un approccio ottimista, anche in un mondo che può essere difficile da gestire emotivamente.”

LA MUSICA

Voci e Canzoni – Ben Cohn and Alex Lacamoire
Professionisti apprezzati a Broadway e amici di lunga data, il coach per i cantanti Ben Cohn e il produttore esecutivo delle musiche Alex “Lac” Lacamoire, sono stati coinvolti su “Dear Evan Hansen” prima ancora che lo spettacolo avesse un titolo. “Lac e Ben Cohn sono le persone che hanno gestito ogni singolo brano di Dear Evan Hansen,” spiega Justin Paul. “A questo punto, vista la loro esperienza con la colonna sonora, la musica è praticamente entrata nel loro corredo genetico. È stato imprescindibile coinvolgerli nel film.”
Per la produzione del film, Cohn ha lavorato sul set ad Atlanta mentre Lacamoire ha lavorato in remoto da Manhattan. Si è rivelato il sistema ideale.
“Potevo lavorare con Kaitlyn Dever su un brano mentre Ben si concentrava con Colton Ryan su un altro,” spiega Lacamoire.
Per il film, gli attori hanno sia pre-registrato le canzoni che cantato dal vivo durante le riprese. Nella ricerca di una piena autenticità, gli autori hanno voluto mantenere il maggior numero di alternative possibili. “Le canzoni sono state scritte per suonare come un’estensione del pensiero dei personaggi,” chiarisce Justin Paul. “Per un film il dubbio era su quanto potesse mantenersi reale questa sensazione,” Cantare dal vivo era l’obiettivo, ma è stato fondamentale pre-registrare tutto, perchè era di fatto impossibile essere consapevoli delle condizioni di ripresa giorno per giorno. Bisognava essere pronti nel caso in cui ci fosse stato troppo vento nella nella foresta durante l’interpretazione di Ben Platt della canzone “Words Fail” o suoni incontrollabili nell’auditorium quando con un filo di voce canta “You Will Be Found.”
“Avevamo sempre a disposizione un’alternativa,” racconta Justin Paul, “ma l’intimità del materiale e il nostro desiderio di farlo percepire naturale, autentico, e non una registrazione fredda da inserire tutte le volte che era necessaria.”
Alla fine si è riusciti a utilizzare vere interpretazioni il più delle volte. In alcune occasioni, Ben Cohn accompagnava gli attori con il pianoforte dietro la macchina da presa. “Il supporto di Ben Cohn, che suonava anche per guidarli nell’interpretazione è stato straordinario,” confessa Pau. “Ben è stata la loro Stella polare, e la nostra ancora di salvataggio perchè così avremmo sempre potuto gestire il tutto in una seconda fase di montaggio. Il nostro approccio ha puntato sempre a mettere la storia e la recitazione al primo posto fra le priorità, oltre ovviamente alla musica.”

L’Immaginario diventa Reale
Le riprese delle canzoni di Evan
Le canzoni dello spettacolo sono state idolatrate dal pubblico di tutto il mondo che spesso le conosce a memoria. Per il film, ogni brano ha rappresentato una gioia personale, una sfida e una rivelazione.

 “Waving Through a Window” – Evan
A teatro, ogni volta che ha interpretato Evan Hansen, Ben Platt ha dovuto immaginare di cantare questo brano incentrato sul suo disperato bisogno di essere visto dagli altri durante il viaggio che lo porta da casa a scuola. Durante le riprese, non ha più dovuto lavorare di fantasia. “Ero nelle condizioni di poter reagire alla realtà che mi circondava,” racconta Ben Platt. “È stato surreale cantare una delle canzoni più iconiche in uno spazio reale, dove veramente era ambientato.”
La canzone viene interpretata in tre location diverse. “Vediamo prima Evan al suo computer che cerca di buttare giù la lettera, dando un’occhiata ai social e preparandosi per andare a scuola, come se stesse per entrare nella gabbia dei leoni,'” descrive Ben Platt. “Poi, arriva la seconda parte nella macchina sulla strada per scuola.”
L’intensità sale con l’arrivo di Evan a scuola, dove è confuso nella folla di persone che non lo riconosce. “È tutto stato girato in una vera scuola e ho potuto sentire dal vivo quella sensazione di estraneità,” racconta Platt. “Ora, abbiamo potuto vedere la rappresentazione letterale di quello che c’era nella mia testa durante il periodo a Broadway.”
Gli amanti del musical non noteranno nessun cambiamento sostanziale. Ha funzionato perfettamente tanto sul film che sul palcoscenico. “È la prima canzone che abbiamo pre-registrato con Ben Platt ed è un brano iconico per l’intera storia e per il personaggio,” considera Alex Lacamoire. “È stato bello essere in grado di proporla come abbiamo sempre fatto, da un ragazzo che vive con ansia il bisogno di sentirsi parte di qualcosa pur sapendo di non potere. Il pianto che soffoca…l’urlo primordiale di un ragazzo che vuole avere un legame? La canzone è entrata nelle vene di Ben.”
Tutti hanno apprezzato il processo creativo che è stato affrontato con la parte musicale, in particular modo il cast. “‘Waving Through a Window’ non è semplicemente divertente e piena di vita,” afferma la montatrice Anne McCabe, “ma è anche splendida da montare. Lavorando con il ritmo di Ben che si muove fra le comparse siamo riusciti a ricreare una tensione che amplifica tutto il suo isolamento.”

“For Forever” – Evan
Evan canta questo brano alla famiglia di Connor Murphy quando stanno cercando di avere maggiori dettagli sui loro rapporti quando era ancora in vita. Prima di questa canzone, Evan ha passivamente lasciato che la famiglia Murphy – Cynthia (Amy Adams), Zoe (Kaitlyn Dever) e Larry (Danny Pino) – creda che erano amici. Con questa canzone, Evan comincia a costruire una sua fantasia su un rapporto immaginario con Connor.
La canzone, tanto a teatro che nel film, è interpretata davanti ai Murphy a casa loro. “L’impostazione nel film è stata molto simile,” spiega Platt. “Ci è sembrata una situazione sicura, come se avessimo organizzato una cena a casa, invitando Amy, Kaitlyn e Danny e tutto ci è sembrato così naturale.”
Alex Lacamoire è rimasto impressionato da cosa Platt sia stato in grado di fare durante le riprese di questo brano. “Ben è un interprete fenomenale,” afferma Lacamoire. “Conosce il personaggio nella sua intimità, riuscendo a calibrare ancora meglio il suo personaggio di quanto già facesse a teatro a Broadway. Non vive nessuna difficoltà a passare dal teatro alla macchina da presa.”
Cynthia (Amy Adams) entra in “For Forever” nella seconda parte.  “C’è un elemento magico in questa scena,” racconta Adams. L’attrice è una musicista formata, per cui gli autori sono stati in grado di intervenire in minimo necessario per darle gli elementi su cui muoversi. “Con Amy parliamo la stessa lingua, quella della musica,” spiega Ben Cohn. “Questo è il vibrato a cui dovresti arrivare. Questo passaggio potrebbe essere migliorato così. Puoi aggiustare il ritmo per farlo percepire più naturale? Ha saputo accontentare ogni nostra richiesta perchè capisce perfettamente di cosa stiamo parlando.”

“Sincerely, Me” – Connor, Evan, Jared
In questa canzone, Evan (Ben Platt) e Jared (Nik Dodani) modellano elaborati scenari della falsa amicizia fra Connor ed Evan. Non solo a teatro era la canzone più divertente, ma anche sul set è stata motivo di grande trasporto fra i tre attori. “Nel film rende ancora meglio perchè permette di vedere direttamente questa amicizia di fantasia,” spiega Ben Platt. “Puoi osservare Evan e Connor nel parco, guidare i go-karts, ballare, mentre Evan e Jared inventano ogni singolo passaggio.”
Come per “Waving,” il pubblico può finalmente vedere quello che prima rimaneva nelle teste degli interpreti durante la loro performance. “È molto più impegnativo perchè gli stimoli sono molti,” afferma Ben Platt. “È però una situazione che arricchisce la narrazione, mostrando una confidenza che non esiste. Farlo con Colton è stato veramente divertente.”
Anche se si è trovato per la prima volta a cantare e ballare, Nik Dodani sa comunque leggere la musica, grazie agli anni dell’adolescenza passati a suonare il sassofono e la batteria. “È stato ultime agli inizi, perché non mi ha fatto sentire completamente fuori luogo,” racconta Dodani. “Ho dovuto prendere molte lezioni per cantare e ballare insieme e per fortuna le persone coinvolte in questo progetto sono le migliori di Broadway. L’intero team dedicato alla musica, Alex Lacamoire, Justin Paul, Benj Pasek, Ben Cohn, [il pianista delle prove] ALVIN HOUGH, JR. – sono tutti così gentil e di grande supporto. Poi, la nostra coreografa Jamaica Craft è stata un dono dal cielo perchè è riuscita ad aiutarmi a trovare il mio ritmo e il mio equilibrio.”
Colton Ryan riconosce che i meriti sono tutti di Craft se il trio è riuscito a trovare una perfetta sintesi. “Dovevamo provare una scena ispirata alla celebre interpretazione di Gene Kelly in ‘Singin’ in the Rain’,” ricorda Ryan. “Invece degli ombrelli, abbiamo usato delle stampelle. Ho passato più giorni sul set a ballare che a recitare e il più del tempo ero con Jamaica. Dio la benedica, è una professionista incredibile. È probante per qualcuno che non è un ballerino dover affrontare un passaggio da solo ai livelli di quello di Kevin Bacon in Footloose. Ci ha fatto sentire capaci di tutto e ci ha protetto quando ne avevamo bisogno.”

“Requiem” – Zoe, Cynthia, Larry
“Requiem” è una canzone che Cynthia (Amy Adams), Zoe (Kaitlyn Dever) e Larry (Danny Pino) cantano a Connor, ognuno elaborando a suo modo il suicidio e le proprie emozioni. È una canzone sull’intimità e sul dolore privato, e quanto tutto sia ancora più difficile quando la persona che è morta si è tolta la vita. Per ogni personaggio, e di conseguenza attore, questa canzone rappresenta una sfida personale.
“Ero molto preoccupata e volevo dare il mio meglio,” racconta Kaitlyn Dever, “ma ho anche pensato che avrei dovuto perdere parte del controllo in questo brano. Durante l’audizione, ho urlato alla fine di ‘Requiem’ per esprimere tutta la rabbia e la frustrazione che vive Zoe. Durante le riprese ho provato a riproporre questa emozione e perdere ogni inibizione, senza paura di rovinare tutto. È stato straordinario e ho pianto alla fine della scena.”
L’esperienza canora di Amy Adams ha impressionato tutto il team creativo già dalle prove, al punto da lasciar loro credere che avesse calcato il palcoscenico a Broadway. “È una professionista straordinaria,” dice Cohn. “Poco dopo che fa il suo ingresso nella canzone, la sentiamo interpretare un profondo passaggio insieme a Zoe. È molto più difficile entrare in un pezzo, piuttosto che iniziare dal principio, soprattutto con un’interpretazione così aperta e intensa. Amy ha fatto tutto a regola d’arte.”
Anche se Adams ha già partecipato a diversi musical, questo si contraddistingue per una narrazione diversa. “Cantare dal vivo è molto intimo,” testimonia Adams. “Ogni persona coinvolta in ‘Requiem’ sta raccontando la propria storia, quindi creare un legame funzionale fra ognuno di noi è stata la sfida più ardua.”
Per Danny Pino la complessità e la precisione della musica stessa, sovrapposto all’emotività che propone la canzone, ha permesso a tutti di tirare fuori il meglio. “È stata una prova difficile, imparare tutti i passaggi, le armonie,” racconta Pino. “La musica segue la disperazione di Larry e quello che significa per il suo personaggio. Larry canta piuttosto che parlare, per esprimere il turbinio emotivo che lo travolge. Quando le emozioni non sono gestibili, le musiche e i testi ti permettono di raccontare l’inimmaginabile.”

“If I Could Tell Her” – Evan, Zoe
“If I Could Tell Her” è il surrogato di una canone d’amore. Evan (Ben Platt),  nella cucina dei Murphy con Zoe (Kaitlyn Dever), le confessa tutto che adora in lei. Ma lo fa fingendo che siano i pensieri che il fratello Connor aveva condiviso con lui prima di uccidersi. “È una versione molto più intraprendente di Evan, anche se ancora molto addomestica,” racconta Ben Platt. “Ha l’opportunità di esprimere tutte queste emozioni, anche se le presenta come se fossero di Connor.” Nel film, la canzone viene arricchita da alcuni flashbacks di Evan che nota diversi dettagli di Zoe. “Trovandosi soli in una cucina a cantare i propri sentimenti avrebbe potuto apparire come una situazione eccessivamente aggressiva,” riflette Ben Platt.
Durante le riprese, Ben Platt e Dever sono stati co-inquilini, praticamente isolati dal resto del mondo a causa della pandemia, e fra i ricordi più cari per l’attrice ci sono le occasioni in cui provavano questa canzone all’interno della loro cucina. “Siamo riusciti ad aggiungere uno strato di intensità che ha migliorato il risultato,” spiega Dever. “Poter realizzare un film sui legami in un momento in cui le persone sono separate e distanti dai propri affetti è stato bellissimo.”
Platt sostiene che la generosità di spirito e l’apertura mentale di Dever gli ha permesso di sentirsi molto più sicuro durante le riprese. E per lui cantare insieme è stato splendido. “Cantare dal vivo con Kaitlyn è una joy,” afferma Ben Platt. “Il pubblico può immaginare che Kaitlyn sappia cantare, ma non è consapevole di quanto possa essere capace. Non vedo l’ora che gli spettatori possano apprezzare il suo talento, la sua sincerità e l’umanità che è capace di esprimere. Riesce a esprimere tutte queste qualità.”

“You Will Be Found” – Evan, Alana, Jared, Zoe, Company, VC (Virtual Community)
Questo brano, interpretato da un ansioso e in preda al panico Evan, durante la cerimonia organizzata in memoria di Connor Murphy, è di fatto diventata un inno che ha unito tutti i fans dello spettacolo. La canzone ricorda a tutti che non importa quanto tu possa sentirti solo, perchè non sarai mai veramente abbandonato. È un’esplosione di speranza e umanità, oltre che un appoggio che chi sta vivendo una situazione di isolamento e disperazione. Nel film, è anche l’unica che viene interpretata su un palcoscenico.
“Abbiamo girato in un enorme auditorium,” racconta Ben Platt. “Ero di fronte a una folla incredibile e sono riuscito a esprimere la paura e il terrore che Evan prova durante quel momento. È stato abbastanza naturale, perchè avevamo un pubblico” Platt si è sentito nervoso quasi come il suo personaggio, ma è riuscito a usare quell’emozione per dare energia alla sua interpretazione. “Non è per niente divertente avere un attacco di panico e perdere il controllo, ma ci sono comunque riuscito,” ricorda Ben Platt. “È stata una grande soddisfazione quando abbiamo chiuso le riprese.”
La scena è stata anche la prima della produzione per Amandla Stenberg. Il suo personaggio, Alana Beck, presenta Evan per fargli dire due parole in memoria di Connor. “Anche con un paio di battute dette in quella prima giornata di riprese, è stato ben chiaro quanto avesse modellato il personaggio,” racconta Ben Platt. “Ha compreso perfettamente quello che era il suo potenziale e come inserirlo nel contesto musicale.”

“Only Us” – Zoe, Evan
“Only Us” è una canzone d’amore fra Evan (Ben Platt) e Zoe (Kaitlyn Dever) nel momento in cui entrambi realizzano che il legame fra di loro è andato oltre al legame che condividono per Connor. È il momento in cui Evan realizza che ciò che più ha sognato è a portata di mano.
Quando Dever e Platt hanno iniziato a lavorare a questo brano con il regista Stephen Chbosky, sono riusciti ad arrivare a una dimensione magica, istintiva e comunque naturale. “È stato meraviglioso trovare questa intimità,” racconta Ben Platt. “Io e Kaitlyn abbiamo avuto un approccio molto naturale, riuscendo a lavorare come una coppia. L’aspetto che ho preferito è che la canzone è accompagnata da molti materiali che raccontano la crescita della relazione fra i due, ovviamente qualcosa che non puoi vedere in un musical perchè non c’è modo, tempo o spazio per mostrare i motivi concreti per cui Evan si sia innamorato di lei.”
Zoe ed Evan vivono un’intera giornata insieme, come qualsiasi coppia di adolescenti che stanno provando per la prima volta della loro vita l’emozione dell’amore.”È un momento di liberazione per Evan, considerando tutto il senso di colpa e la vergogna che prova per la maggior parte del film,” racconta Ben Platt.
Per preparare il brano, Dever ha lavorato a lungo con Alex Lacamoire e Ben Cohn. “Alex è puro genio, come tutti gli altri,” afferma Dever. “Justin, Benj, sono così brillanti. Ho provato molto da sola, poi insieme a Ben abbiamo avuto un paio di prove in cui abbiamo cantato ‘Only Us’ insieme. Ho anche registrato da sola in studio, per poi essere raggiunta da Ben. Portare a termine ‘Only Us’ mi ha dato la sensazione di aver raggiunto un grande obiettivo. Senza trascurare che probabilmente per Ben sarebbe stata l’ultima occasione per cantarla e tutti sappiamo quanto sia stata importante per il musical.”
La produzione ha costruito un nuovo studio di registrazione solo per il film, e Dever e Plat hanno avuto due sale separate così da non doverli affollare di persone. “Sono stati progettati seguendo i protocolli Covid, e comunque mi hanno permesso di connettermi al meglio con Ben e osservarlo durante le prove,” dice Dever. “Poi a casa, dopo queste lunghe giornate di lavoro, ci infilavamo il pigiama per mangiare sushi e guardare in TV Love Island.”

“Words Fail” – Evan
Questa devastante canzone è la confessione che Evan offre alla famiglia Murphy raccontando che tutto il rapporto con Connor che ha raccontato è completamente inventato. È una crisi a cuore aperto, un misto di dolore, colpa e rimpianti. È il momento in cui Evan smaschera la versione posticcia di sè stesso e si presenta per quello che veramente è.
Anche se Ben Platt l’ha interpretata dal vivo per otto volte a settimana per un anno a Broadway, l’ha trovata ancora più impegnativa in occasione del film. Sul palcoscenico, c’era il lusso di arrivare al termine di una storia emotivamente forte: “Il sentimento è costruito nel corso delle due ore,” spiega Platt. In questo caso, arriva un pò dal nulla, prima scena della mattina, ti ritrovi a confessare una bugia cantandolo dal vivo.”
Il regista Stephen Chbosky ha permesso a Platt di organizzare la giornata nella maniera per lui ideale e di avere la mattinata a disposizione per prepararsi e ascoltare la musica che preferiva per entrare nel personaggio. “Mi ha permesso di arrivare sul set già calibrato sul personaggio e poter iniziare con la confessione rivelata dalla canzone,” ricorda Platt. “L’abbiamo girata cinque o sei volte e ci ho messo tutto me stesso per riuscire a trovare la giusta chiave.”
Normalmente, gli altri membri del cast non sono presenti. Quando la macchina da presa non è puntata sui loro volti, si usano delle comparse per tenere il posto in scena. Per questa occasione, i co-protagonisti, Amy Adams, Danny Pino e Kaitlyn Dever erano lì a piangere con lui. “Quando abbiamo finito, sono andato da loro e abbiamo pianto ancora un pò,” racconta Ben Platt. “Li ho abbracciati e li ho ringraziati per la loro generosità. È stato un momento che mi ha aperto il cuore e quello che sono riuscito a fare è anche grazie a loro che mi hanno sostenuto.”
Per i membri del cast l’onore è stato tutto loro. “Osservare Evan cantare e recitare con quel dolore e quella sincerità che è stato in grado di modulare, ci ha messo nelle condizioni di non potergli restituire null’altro che i nostri sentimenti,” racconta Amy Adams. “È totalmente genuino e immediato, permettendoci di creare uno scambio di energie unico fra tutti noi.”
Per il film, le canzoni si sviluppano su due archi narrativi: la prima metà con i Murphy e la seconda con Evan da solo nella foresta. Ovviamente sul palcoscenico si tiene tutto in continuità, ma per il film Ben Platt ha dovuto cantarla su due giornate, in due location diverse. “La sfida è stata quella di ritrovare il livello emozionale a cui ero arrivato e così poter garantire una piena congruenza fra i momenti,” spiega Ben Platt. “Il coinvolgimento emotivo doveva essere allo stesso livello, ma poter cantare il brano dal vivo mi ha molto aiutato.”
Benj Pasek e Justin Paul hanno definito il lavoro da Platt per questa canzone assolutamente straziante, per la delicatezza e il profondo dolore che ci ha messo. “Credo che il momento finale in ‘Words Fail,’ quando è nella foresta alla fine del brano,” spiega Paul. “Girare quella scena, al fianco dell’albero, il luogo che è di fatto al centro della sua bugia, il momento che ha rivoluzionato la sua vita, è la scelta necessaria per metterlo di fronte a ciò che non è stato in grado di affrontare. Ora sta guardando con i propri occhi la realtà e si mostra per quello che è.”
Per Paul, la scena con Platt nella foresta rimane indimenticabile. “È catartico osservare Ben,” afferma Paul. “Sta vivendo un’esperienza unica in una foresta che ha un forte significato per il suo equilibrio emotivo e non c’è alcun altro rumore attorno. Sentiamo solo la sua voce ed è uno dei passaggi più travolgenti a cui ho mai assistito: la voce di Ben Platt che fra le lacrime offre tutto sé stesso, nel cuore di un’enorme foresta.
“Ricordo di essermi avvicinato a Ben per provare a dargli qualche indicazione dopo il secondo o terzo ciak, e Stephen Chbosky mi ha fermato suggerendomi di prendermi un momento e ricompormi,” continua Paul. “Lavoriamo a questo testo dal 2014 e non sono in grado di controllarmi. Ho sentito che stavamo vivendo qualcosa di veramente grande, soprattutto considerando la trasformazione di Ben dagli anni di Broadway. Non avevo mai visto nulla del genere, ma a dire il vero non avevo neanche mai visto nessuno come Ben.”

“So Big/So Small” – Heidi
Heidi Hansen (Julianne Moore) canta questo brano al figlio, Evan, per ricordargli del suo amore incondizionato, per assicuragli che nonostante tutto quello che può succedere, sarà al suo fianco e crede in lui. Il cuore della canzone è un’affermazione universale dell’amore genitoriale e dell’impegno nei rapporti. “I film ti possono aiutare a creare dei legami e farti capire che non sei da solo,” spiega Moore. “Se qualcuno è in grado di scrivere un testo del genere e poi altre persone riescono a cantarlo, puoi veramente crederci. Ognuno di noi deve sapere di non essere soli a questo mondo; ci sono altri come te là fuori che provano le tue stesse emozioni.”
Al contrario del resto del cast, Moore è per sua stessa ammissione una neofita del canto, ma ha preso questo impegno con grande serietà. “Ho cominciato a lavorare con il gruppo creativo dall’estate che ha preceduto le riprese,” racconta Moore. “Poter provare la canzone con il sostegno delle lezioni…per poi ricominciare ancora e ancora, è stato unico.”
Alex Lacamoire si ritiene fortunato ad aver avuto un paio di sessioni insieme a Moore prima che partisse alla volta di Atlanta per registrare. “Nello studio c’era Ben Cohn a seguirla al piano per istruirla sui tempi della canzone,” spiega Lacamoire. “Questo testo fa grande affidamento sulla capacità dell’interprete di tenere il ritmo. Sarebbe stato molto difficile esserle d’aiuto senza un vero musicista al suo fianco durante le varie registrazioni.”
Ben Cohn è rimasto estasiato. “Julianne è fantastica,” conferma Cohn. “È riuscita a trovare l’essenza e il cuore del proprio personaggio. Gli attori devono essere in grado di offrire un’interpretazione piena di emozioni, ed è esattamente quello che fa Julianne. Ha lavorato duramente per le parti cantate. Se penso al punto da cui è partita per ‘So Big, So Small’ e a dove è arrivata sul set, è da non crederci. Abbiamo lavorato per mesi su Zoom prima che arrivasse ad Atlanta e ogni giorno si è presentata sul set per cantare, cantare, cantare. Ha affrontato ogni strofa, parola per parola. Come Ben Platt, il suo lavoro è fatto da innumerevoli strati.”

Le Nuove Canzoni Originali del Film
Avendo Steven Levenson, Benj Pasek e Justin Paul ampliato la storia per il grande schermo, è stato deciso di lavorare anche più in profondità su alcuni personaggio dello spettacolo come Alana Beck (Amandla Stenberg) e Connor Murphy (Colton Ryan). Il film riesce a offrire uno sguardo più intimo sulle loro vite, anche grazie a nuove canzoni originali create esattamente per il film.

“The Anonymous Ones” – Alana
Per tornare a lavorare su Alana Beck, Pasek e Paul hanno lavorato sulla scrittura del personaggio insieme a Stenberg. L’attrice non ha soltanto firmato i testi, ma anche contribuito alle musiche. “Amandla è una cantautrice molto talentuosa,” spiega Pasek, “e per questo motivo eravamo entusiasti di poterla avere per questo ruolo. Volevamo espandere l’universo di Alana, e gli attori sono spesso custodi dei loro personaggi. Trovare qualcuno che si immerge nella vita e nelle crisi del mondo interiore di Alana, per poi riuscire a scriverne è stato un bonus che ha migliorato la definizione musicale nel suo complesso.”
Nello spettacolo, Alana appare quasi come l’opposto di Evan: estroversa, socialmente inserita, ambiziosa e decisa. Per il film, gli autori hanno voluto rivelare una sua versione che non appare al primo sguardo. “Iniziamo presentando Alana con quello che vuole far vedere di sè,” continua Pasek. “Di fatto vive un’esistenza parallela a quella di Evan. Il modo in cui ‘The Anonymous Ones’ è girato nel film, mostra come Alana provi a convincere Evan a parlare al posto di Connor ricordandogli che molti si sentono soli e a modo loro fingono nella propria vita. È un momento di profonda connessione fra i due oltre a un modo di confessare che tutti abbiamo un segreto che nascondiamo. Se però cominciamo ad aver meno timore di ammettere la nostra solitudine, possiamo aiutarci a vicenda e magari anche a trovare una soluzione.”
Stenberg si è sentita onorata di aver potuto partecipare alla scrittura del brano. “È stato meraviglioso aver potuto lavorare con Justin e Benji,” afferma Stenberg. “Abbiamo spento così tante ore su Zoom. A volte arrivavamo a dare testate al computer, bloccati su qualche passaggio o strofa. Altre volte ci mettevamo a cantare ‘Kiss from Rose’ by Seal. Non mancavano le occasioni in cui tristemente rimanevamo in silenzio ognuno con la propria tazza di tè. Ma alla fine siamo riusciti a tirare fuori qualcosa che amiamo profondamente e di cui siamo senza dubbio fieri.”
“The Anonymous Ones” sostituisce “Disappear” dal musical di Broadway. È un momento interamente per Alana.”Questo è il passaggio in cui Alana può vivere il momento ‘Evan Hansen’,” chiarisce Ben Cohn. “Lei conosce cosa voglia dire sentirsi invisibile, solo e di non avere i legami che brami.”

 “A Little Closer” – Connor
Il film riesce anche a risolvere un mistero che a Broadway non è mai stato pienamente spiegato: chi era Connor Murphy? A teatro, Connor (Colton Ryan) appare in diverse forme, quasi a rappresentare l’inconscio di Evan, la voce della ragione o quello che Evan spera Connor potesse essere. “L’aspetto straordinario del film è che siamo stati nelle condizioni di concepire un modo in cui poter capire di più di Connor, anche direttamente da lui, per comprenderlo in una maniera che prima non era stata possibile,” condivide Justin Paul. “La canzone ci propone uno squarcio nel buio che rappresenta Connor e così sbirciare sulla sua vita, solo un giorno in cui ascoltiamo qualcosa che è stato scritto con il cuore e con la testa.”
Nel film, la canzone prende la forma di materiale video di Connor che Evan ha in suo possesso. Dopo che Evan ha confessato di essersi inventato l’amicizia con il ragazzo, in maniera anonima manda ai Murphy un video in cui concede loro una finestra per capire meglio chi fosse. “È un tentativo di redenzione in cui Evan riesce a fare qualcosa di genuinamente giusto per la famiglia,” spiega Paul. “Per loro è impagabile poter vedere un passaggio della vita del ragazzo che avevano perso e per il pubblico è l’opportunità di scoprire meglio il personaggio.”
Gli autori hanno ritenuto speciale l’opportunità data a Colton Ryan, e l’attore è riuscito a sfoggiare un’interpretazione splendida, allo stesso tempo complicata e tenera. “È il primo momento in cui puoi ascoltare direttamente da Connor la sua versione, non in una posizione di difesa o di scontro,” chiarisce Benj Pasek. “È la sua canzone sul dialogo interno e sullo struggimento personale.”
“A Little Closer” ha permesso a Colton Ryan di chiudere un cerchio con il suo personaggio e con i creatori dello show. “Sono un fan di Benji e Justin dagli anni del liceo e ho iniziato a seguirli già da quando loro erano al liceo,” confessa Ryan. “Quello che toccano diventa oro, ma questa canzone è ancora meglio. Ho visto lo spettacolo milioni di volte, ma non c’è stato nulla che avrei voluto fare più di questa canzone. Riesce ad aggiungere così tanto all’enorme bagaglio emotivo di questa storia.”
“Sul set, mi ha riempito di orgoglio sentirmi chiedere quali fossero i miei pensieri,” prosegue Ryan. “Mi dicevano che sarebbe stata la mia canzone e che dovevo portare qualcosa di mio. È stato letteralmente straordinario. Non sarei ovviamente riuscito se non avessi avuto l’opportunità di lavorare già sullo show. È stata un’esperienza così devastante che alla fine delle riprese sono scappato in macchina per provare a trattenermi dal pianto.”


dal pressbook del film

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Caro Evan Hansen disponibile in Digitale da sabato 2 Aprile 2022
info: 2 Dicembre 2021 al Cinema; 2 Aprile 2022 in TVOD.

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