Poster L’ultima volta che siamo stati bambini di Claudio Bisio

L'ultima volta che siamo stati bambini (2022)

L'ultima volta che siamo stati bambini
Locandina L'ultima volta che siamo stati bambini
L'ultima volta che siamo stati bambini è un film del 2022 prodotto in Italia, di genere Drammatico e Commedia diretto da Claudio Bisio. Il film dura circa 106 minuti. Tratto dal omonimo libro di Fabio Bartolomei - edizioni e/o. Il cast include Alessio Di Domenicantonio, Vincenzo Sebastiani, Carlotta De Leonardis, Lorenzo Mc Govern, Federico Cesari, Marianna Fontana, Antonello Fassari, Claudio Bisio. In Italia, esce al cinema giovedì 12 Ottobre 2023 distribuito da Medusa.

Roma, estate 1943.
Quattro bambini giocano alla guerra mentre attorno esplodono le bombe della guerra vera. Italo è il ricco figlio del Federale, Cosimo ha il papà al confino e una fame atavica, Vanda è orfana e credente, Riccardo viene da un’agiata famiglia ebrea. Sono diversi ma non lo sanno e tra loro nasce “la più grande amicizia del mondo”, impermeabile alle divisioni della Storia che insanguina l’Europa.
Per loro tutto è gioco, combattono in cortile una fantasiosa guerra fatta di missioni avventurose ed eroismi, poi però fanno patti “di sputo” e non “di sangue” per paura di tagliarsi.
Ma il 16 ottobre il ragazzino ebreo viene portato via dai tedeschi insieme ad oltre mille persone del Ghetto. Grazie al padre Federale di Italo, i tre amici credono di sapere dov’è e, per onorare il “patto di sputo”, decidono di partire in segreto per convincere i tedeschi a liberare il loro amico. L’ennesima missione fantasiosa entra nella realtà, i tre bambini viaggiano soli in un’Italia stremata dalla guerra, fra soldati allo sbando, disertori, truppe di tedeschi occupanti, popolazioni provate e affamate.
I tre bambini non sono del tutto soli, due adulti partono a cercarli per riportarli a casa: Agnese, suora dell’orfanotrofio in cui vive Vanda, e Vittorio, fratello di Italo. Lei cristianamente odia la violenza e lui è un eroe di guerra fascista: sono diversi e, al contrario dei bambini, lo sanno benissimo infatti litigano tutto il tempo.
Il doppio viaggio dei bambini e degli adulti nell’Italia lacerata dalla guerra sarà gioco e terrore, poesia fanciullesca e privazioni, scoperta della vita e rischi di morte: un’esperienza capace di imprimere il suo sigillo su tutti i personaggi coinvolti, cambiando la coscienza dei singoli e le loro relazioni. Fino al sorprendente ma in fondo purtroppo logico, finale.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 12 Ottobre 2023
Uscita in Italia: 12 Ottobre 2023 al Cinema
Genere: Drammatico, Commedia
Nazione: Italia - 2022
Durata: 106 minuti
Formato: Colore
Lingua: italiano
Produzione: Solea, Bartleby Film, Medusa Film (in associazione con), Prime Video (in collaborazione con), MIC - Ministero della Cultura (con il contributo selettivo del)
Distribuzione: Medusa
Soggetto:
Tratto dal omonimo libro di Fabio Bartolomei - edizioni e/o.

Cast e personaggi

Regia: Claudio Bisio
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Claudio Bisio
Musiche: Pivio, Aldo De Scalzi
Fotografia: Italo Pietriccione
Scenografia: Paola Comencini
Montaggio: Luciana Pandolfelli
Costumi: Beatrice Giannini

Cast Artistico e Ruoli:



Suono: Umberto Montesanti | Casting: Chiara Polizzi (u.i.c.d.) | Segretaria di Edizione: Sara Cavani (a.i.a.r.s.e.) | Aiuto Regia: Leopoldo Pescatore | Organizzatore Generale: Giuseppe Pugliese.

Immagini

[Schermo Intero]

Curiosità

Il soggetto è firmato da Fabio Bartolomei e Fabio Bonifacci e la sceneggiatura è scritta da Fabio Bonifacci e Claudio Bisio.  La scenografia è curata da Paola Comencini, la fotografia è firmata da Italo Pietriccione e i costumi sono curati da Beatrice Giannini.
Le riprese si sono svolte in Toscana e nel Lazio e hanno avuto una durata di 7 settimane, con fine a inizio Luglio 2022.

L’uscita del film al cinema è stata fissata per il 12 ottobre 2023 in occasione degli 80 anni dal rastrellamento del Ghetto di Roma avvenuto il 16 ottobre 1943.

La colonna sonora originale del film “L’ultima volta che siamo stati bambini” firmata da Pivio & Aldo De Scalzi disponibile in digitale dal 13 ottobre 2023 edita da Edizioni Curci con BartlebyFilm SRL (coeditori e coproduttori fonografici). “Nel nostro percorso artistico avevamo già incrociato Claudio Bisio in veste di attore – spiegano Pivio & Aldo De Scalzi – In questo caso però abbiamo potuto collaborare con lui avendolo al nostro fianco come regista e si è trattato di un incontro davvero speciale perché da subito si è creato un contesto di vera complicità. E’ nata l’idea di un suono molto popolare con lontanissime reminiscenze klezmer in cui talvolta inserire nascoste citazioni di canzoni dell’epoca sulle quali innestare poi orchestrazioni più classiche per organico sinfonico dedicate ai momenti più lirici del film“.

Profili dei Personaggi

Vanda (Carlotta De Leonardis)
Vanda indossa sempre la divisa: un vestitino semplice che lei ha ricavato dalla stoffa di un materasso dismesso. Vive in orfanotrofio, dove è stata accolta dalle suore fin dalla nascita. Di lei si prende cura in particolare la giovane Suor Agnese, di cui è la preferita. È una ragazzina speciale. Sveglia e intelligente, conquisterà il suo posto nel gruppetto e – pur essendo la più giovane di tutti – si rivelerà la più pratica e risolutiva.

Italo (Vincenzo Sebastiani)
Italo è un ragazzino tarchiato e pallido. Secondogenito del fascista Carlo Alberti Barocci (che l’ha messo al mondo per far felice il Duce), vive con addosso la divisa da balilla, camicia nera, pantaloni grigioverdi, fazzoletto azzurro e fez. Un piccolo fanatico. Suo fratello maggiore Vittorio è un ufficiale in convalescenza per una brutta ferita, ma è tornato con una medaglia: è il vanto del padre e un mito inarrivabile per Italo. È lui a trovare “la mappa”, convincere gli amici e organizzare la spedizione. La missione per Italo è l’occasione per dimostrare ardimento, onore, eroismo, come un vero balilla.

Cosimo (Alessio di Domenicantonio)
Cosimo è taciturno, timido. Ha l’intelligenza impertinente dei bambini cresciuti senza troppe attenzioni. È orfano di madre, suo padre è un ribelle, e lui e suo fratello piccolo sono stati affidati alle cure del severissimo nonno, che non fa che ricordargli che suo padre è “un rompicoglioni”, per quello si è messo nei guai. In pochi mesi, per colpa della guerra i confini del suo mondo sono gradualmente passati da “vai dove cavolo ti pare basta che non fai danni!” a “non uscire dal cortile!” fino a “chiuditi in camera.”, quando i tedeschi erano arrivati in città. Parte in missione perché Riccardo “per loro lo avrebbe fatto”, per lui è disposto a sfidare le ire e gli schiaffoni del nonno.

Riccardo (Lorenzo McGovern Zaini)
Riccardo “non è il più furbo, non è il più forte, non è il più simpatico, ma ha la testa sempre piena di pensieri e un sacco di parole che di solito si trovano nelle teste dei grandi”. È uno che non abbandona gli amici in punizione, anzi trova il modo di sostenerli e farli ridere. Vanda va a trovarla tutti i giorni “perché lei è orfana e allora ha bisogno di una razione doppia di amicizia” e lei da grande vorrebbe sposarlo. La sua famiglia è ebrea, hanno una merceria, li conoscono tutti. È lui che viene “rubato” e messo su un treno insieme agli altri nemici del fascismo e dei tedeschi.

Note di regia – Claudio Bisio

“Quando ho letto il libro di Fabio Bartolomei ‘L’ultima volta che siamo stati bambini’ ho riso e pianto. Insomma, me ne sono innamorato e ho pensato che quella storia andasse portata al cinema. Il mio entusiasmo ha contagiato prima Sandra Bonzi di Solea e Massimo di Rocco di Bartleby Film e infine Gianpaolo Letta di Medusa, il quale non solo ha deciso di sostenere il progetto, ma mi ha anche convinto a cimentarmi nella regia. Io? Dirigere un film ambientato durante il rastrellamento del ghetto del 1943 con protagonisti quattro bambini? Una follia? Sicuramente un’incredibile ed emozionante avventura alla quale mi sono avvicinato con umiltà e rispetto, e dalla quale esco arricchito umanamente e professionalmente”.

“Vi è mai capitato di leggere un libro e pensare che quella storia vorreste proprio vederla al cinema, che nonostante l’incisività del racconto non vi bastavano personaggi fatti solo di parole, didascalie e aggettivi, ma volevate poter vedere persone, facce, voci “vere”?
Beh, a me è successo. E ho avuto la fortuna, la forza e soprattutto la caparbietà, di realizzare questo desiderio.
Quando nei primissimi mesi del 2019 ho letto il libro di Fabio Bartolomei, ho sorriso e pianto. Quella era una storia importante e racchiudeva una combinazione di emozioni non facili da tenere in equilibrio, ma l’autore ci era riuscito in modo meraviglioso.
Mi sono quindi chiesto: si può raccontare l’orrore senza mai mostrarlo? E lo si può narrare attraverso lo sguardo disincantato e inconsapevole di tre bambini di nove anni?
La sceneggiatura che Fabio Bonifacci ha tratto dal libro, mi ha convinto che sì, era possibile.
Il mondo visto dai ragazzini. Questo è il film. Il cuore di questo racconto è rappresentato dai bambini, dal loro agire, dalle loro parole e pensieri che imprimono alla storia un tono leggero e ironico. Buffo, malgrado tutto, perché in realtà loro sono serissimi.
I quattro bambini che giocano alla guerra nella Roma del 1943 (questa storia è stata scritta e pensata prima della guerra in Ucraina, ma quando nel film si vedono bambini con fucili di legno che si “ammazzano per finta” come non pensare ad alcune immagini reali viste in televisione in questi mesi?) sono amici, hanno fatto tra di loro un “patto di sangue” (… anzi, di “sputo” perché tagliarsi il palmo della mano con un coltello fa troppa paura). Hanno giurato di aiutarsi sempre, qualunque cosa accada. E quando uno di loro scompare – Riccardo, il bambino ebreo -, per gli altri tre è naturale andare a salvarlo.
La loro impresa, noi adulti del 2023 lo sappiamo bene, è disperata, ma per loro no. I loro ragionamenti, e di conseguenza le loro azioni, seguono una logica molto lineare, infantile ma a suo modo scientifica, quasi ovvia. E questo può provocare in noi adulti, consapevoli di come sono andate le cose, sorriso o commozione.
Questa è la vera scommessa. Cercare leggerezza di racconto, di dialoghi e di recitazione in un contesto tragico come quello della seconda guerra mondiale, in un’Italia ormai occupata dai nazisti, con i soldati italiani allo sbando e con i treni carichi di ebrei e dissidenti che partono verso nord.
Un road movie, quindi, che racconta l’amicizia, quella dell’infanzia, intesa quale momento della vita in cui si creano legami indissolubili. E una storia che li farà crescere molto, troppo in fretta, fino a fargli tristemente realizzare che quei tre giorni sono stati davvero l’ultima volta che sono stati bambini. Un film su un dramma a cui fra poco le nuove generazioni non potranno più avere accesso attraverso i racconti di coloro che ne furono vittime.
Un film sulla memoria, perché solo la memoria può (forse) proteggerci da altri orrori, da altri genocidi.
Preparando il film mi è stata certamente di aiuto e conforto la visione di film come Jojo Rabbit, Train de vie, La vita è bella, Un sacchetto di biglie… ma anche Il signore delle mosche, I ragazzi della via Pal e persino I Goonies!
Non mi voglio dilungare sulle scelte “registiche” di luci, ambienti, inquadrature. Posso solo dire che ci è voluto davvero poco per riuscire a comunicare e convincere tutti i miei bravissimi collaboratori che non volevo fare un film “realistico”, ma neppure una “favola” e così ecco una prima parte romana lievemente decolorata a contrasto con i colori più vividi del viaggio. Ecco quindi scenografie ricostruite in studio a raccontare il cortiletto angusto nel quale i bambini giocano, accanto ad ambienti veri (vera è Trastevere, vero l’orfanotrofio). Ecco costumi che raccontano i personaggi con tessuti d’epoca, pezzi unici insomma, accanto però a scelte “fantastiche” quali la divisa da “balilla sommozzatore” che Vanda e Cosimo cuciono in una notte usando una tovaglia a quadretti. Ecco infine la macchina da presa, quasi mai ferma, con qualche piano sequenza ardimentoso per la messa in scena tra tedeschi, camionette in viaggio e messa a fuoco sui vari personaggi, ma anche disposta a fermarsi quando i bambini riempiono la scena con le loro azioni.
La fase forse più lunga e complessa è stata proprio la ricerca dei bambini. Decine e decine di incontri e provini, perché non si trattava solo di trovare “facce giuste”, ma di scegliere i protagonisti del film. Quattro bambini che avrebbero dovuto affrontare pagine fitte di dialoghi che spesso prevedevano un ritmo quasi da commedia, ma anche intensi monologhi. Insomma, prove da attori “consumati”, oppure da attori “in fieri” però con grande talento e disponibili a mettersi in gioco singolarmente, ma anche pronti a fare squadra.
Proprio per questo, una volta scelti i quattro protagonisti e prima di iniziare le riprese, ci siamo ritrovati tutti per una settimana in un casale toscano per un bootcamp (termine colloquiale inglese che indica l’addestramento militare delle reclute; per estensione indica anche un campo di addestramento, di qualunque tipo): non amo usare termini inglesi, ma in questo caso rende molto bene l’idea di quello che abbiamo fatto. Un lavoro al quale si sono uniti – con generosità, intensità e leggerezza commoventi – i due attori “adulti” e cioè Federico Cesari e Marianna Fontana (cinquant’anni in due).
Devo ammettere che esordire con una storia ambientata negli anni quaranta, durante la guerra, con protagonisti dei bambini che attraversano l’Italia a piedi (e come mascotte portano con sé una gallina), non è stata la scelta più facile. Ma grazie alla collaborazione di tutte le persone sul set siamo riusciti a superare le difficoltà di galline che non volevano stare ferme, treni che non partivano e bambini che dopo un tot di ore, giustamente, volevano “riposarsi” giocando a pallone.
Per finire due parole sulla squadra che mi ha supportato in questa mia “prima volta”. Tutti amici, ma soprattutto grandi professionisti che ho incontrato in questi quarant’anni di lavoro come attore.
E quindi da Italo Petriccione alla fotografia, a Paola Comencini alla scenografia, Beatrice Giannini ai costumi, Luciana Pandolfelli al montaggio, Pivio e Aldo De Scalzi alle musiche, ma anche l’aiutoregista Leopoldo Pescatore, gli operatori Fabrizio Vicari e Emanuele Chiari, l’organizzatore Giuseppe Pugliese… lascio a voi cercare nei nostri rispettivi curricula dove e quando ci eravamo già incontrati (e ovviamente stimati).
Senza dimenticare le tre persone che mi hanno davvero “convinto” a provarci, intendo dire a realizzare questo film come regista, e cioè Sandra Bonzi (che, tra le altre cose, mi ha fatto conoscere il libro di Bartolomei), Massimo Di Rocco, un prezioso amico e un produttore che come lui stesso ama dire “ha mangiato più cestini di tutti gli altri”, cioè un uomo del fare, un risolutore di problemi, e in questo lavoro i “problemi” sono all’ordine del giorno e sempre in agguato. E Giampaolo Letta, al quale un Natale di qualche anno fa regalai il libro di Bartolomei dicendogli che avevo opzionato i diritti per farne un film e lui quarantotto ore dopo mi telefonò dicendo con entusiasmo: “Facciamolo!”.”

Note di Sceneggiatura – Fabio Bonifacci

“Coltivare memoria della Shoah e della II guerra mondiale è importante e anche bello ma non facile dopo tanti racconti in materia. Il libro di Fabio Bartolomei ci è parsa l’occasione per trovare uno sguardo originale su queste vicende: il punto di vista innocente e fantasioso di tre bambini che si vedono portar via un loro amico ebreo e, come in uno dei loro quotidiani giochi in cortile, decidono di partire in “missione” in Germania per convincere i tedeschi a liberarlo.
Nasce così il doppio tono del film, che è commedia di bambini all’avventura ma anche racconto di tragedie storiche e personali (“l’amico rubato”). È spensierata incoscienza dell’infanzia e cruda concretezza dell’Italia devastata del ’43, racconto di iniziazione alla vita accompagnato dall’ombra continua della morte. È divertimento e groppo in gola, gioia e dolore, scoperta del mondo, terrore fantasioso per inesistenti spiriti notturni e sangue gelato alla vista dei cadaveri reali. È un’esaltante esperienza di libertà che si compie cercando il più lugubre e spietato luogo di prigionia mai esistito. La caratteristica principale di questa sceneggiatura sta forse proprio nella ricerca di un particolare equilibrio fra commedia e tragedia, qua compagne di viaggio inseparabili.
Il viaggio avventuroso nell’Italia ferita fisicamente e moralmente dalla guerra e dal fascismo è però anche un’esperienza potente dal punto di vista emotivo: dunque un’ottima occasione per porre ogni personaggio davanti a sfide che lo costringano ad andare al fondo di se stesso, scoprire chi è davvero, sia personalmente che in relazione agli altri.
Ne è uscita una storia di formazione che non riguarda solo i tre bambini in “missione” ma anche i due adulti che li seguono per riportarli a casa: un soldato e una suora che, partiti con identità ben definite e forgiate dal ferro dei tempi, dovranno confrontarsi coi lati nascosti e imprevisti della loro natura e delle loro reali emozioni.
Nessuno tornerà da questo viaggio uguale a come era partito, e qualcuno forse non riuscirà proprio a tornare.
Ultima nota personale: lavorare con Bisio è stato un vero piacere. Il mio lavoro di scrittura e il suo come attore si erano già incontrati -credo non per caso- su tanti film e serie, ogni volta avevamo scambiato opinioni trovandoci spesso d’accordo. Quindi, anche se era la prima volta che lavoravo con lui come regista, c’è stata fin dall’inizio una grande comunione di intenti, sembrava avessimo già fatto 10 film insieme. Colgo l’occasione per dire una cosa che ho già detto a lui: forse ha aspettato un po’ troppo ad esordire perché con questo film, a mio parere, Claudio Bisio si rivela anche un ottimo regista.”

Note di Sceneggiatura – Paola Comencini

“La passione di Claudio Bisio per questa storia ha coinvolto e travolto tutti. Insieme, abbiamo cercato di fornire una visione realistica ma attraverso uno sguardo infantile, restituendo così un film che non fosse né neorealista né di fantasia – piuttosto, una favola amara, nella quale a volte la guerra pare talmente assurda da sembrare uno stupido gioco. E infatti, i bambini giocano alla guerra con tutto quello che trovano e non arrivano mai a concepire cosa sia davvero la morte. Al contempo, questo è un film sull’amicizia e su come questa diventi l’unica fonte di consolazione per i personaggi, persino in un orfanotrofio. Abbiamo usato molti colori – ad entrambi piacevano i quadri di Paolo Ventura e abbiamo provato ad ispirarci alle sue opere, caratterizzate da scene drammatiche ma riprodotte con un tocco delicato. Al tempo stesso, nel rispetto della tematica del film, abbiamo prestato molta attenzione alla ricostruzione degli eventi drammatici raccontati, curando molto la parte della ricerca della documentazione. Non sappiamo se abbiamo ottenuto il risultato sperato, ma so che con Claudio ce l’abbiamo messa tutta.”

Note di Costumi – Beatrice Giannini

“La prima volta che ho letto il copione mi sono emozionata e da quel momento, inevitabilmente, ho cercato di fare in modo che tale emozione potesse manifestarsi attraverso i personaggi e i loro costumi. Il copione ha un messaggio universale, puro, semplice, e trasmette il messaggio che ognuno può trovare posto e sperare. La storia permetteva di far arrivare la verità, raccontata dagli occhi di bambini tra loro diversi per nascita e destino, e di cavalcare il binario del sogno e della fantasia, così potenti nei bambini che guardano alla realtà misera di quegli anni. Quindi, la sfida diventava cercare di rimanere in equilibrio su quel filo senza mai esagerare e cadere. Normalmente, quando inizio un progetto lascio sedimentare la storia per un po’ – guardo immagini, cerco i colori del film, studio i personaggi e vedo cosa possono raccontare in più per poi confrontarmi e proporre le mie idee. Poi si inizia a girare tra gli abiti e le stoffe, ogni cosa che vedi inizia a parlarti e a darti indizi, suggerimenti e possibilità. Ogni personaggio comincia a prendere la sua forma, il suo colore e tutto inizia a comporsi seguendo la storia, le sue necessità. Così, la stoffa dismessa di un materasso diventa l’unica possibile per l’abito di una povera orfana che vive tra le rovine della guerra, e i ricami di bimba diventano l’unico modo per rendere bella anche la più umile delle stoffe. I giochi dei bimbi, che diventano il luogo e il momento in cui la loro amicizia si costruisce, diventano l’opportunità per liberare la fantasia e costruire piccole macchine distruttrici/di demolizione con cui loro combattono la loro guerra. Medaglie abbondanti, zaini enormi, tovaglie severe, mischiati a colori leggermente fiabeschi, aiutano i personaggi a compiere le loro storie sempre su quel filo sottile che separa la realtà dal sogno, cosicché tutto magicamente funzioni. Ringrazio Claudio per avermi permesso di fare questo viaggio assieme a lui e aver accolto, e a volte trasformato, tutte le idee che ci hanno raggiunto.”

Note di Produzione – Sandra Bonzi (Solea) e Massimo Di Rocco (BartlebyFilm)

“Il progetto è frutto di un colpo di fulmine, quello di Claudio Bisio per il libro di Fabio Bartolomei, “L’ultima volta che siamo stati bambini”. Il desiderio di trasformarlo in un film, nasce dall’impulso di dare un volto a quei ragazzini, alle loro risate, alla loro disperata tenacia. E di contribuire attraverso le loro voci a mantenere viva la memoria di ciò che questa storia rappresenta. Lo sviluppo del progetto cinematografico e la produzione sono frutto della collaborazione tra le nostre società Solea e BartlebyFilm e del fondamentale contributo di Medusa. L’idea di Giampaolo Letta di proporre a Claudio di firmare la regia ci ha trovati subito d’accordo: il suo entusiasmo per la storia narrata da Fabio Bartolomei è stata fin da subito garanzia di un impegno e di una passione che difficilmente avremmo trovato altrove. Malgrado i suoi dubbi iniziali, eravamo certi che – nonostante tutte le difficoltà che senza dubbio avrebbe (e avremmo) incontrato lungo il percorso – sarebbe riuscito a trasferire in questo progetto tutta la sua sensibilità e l’esperienza di set maturata in oltre quarant’anni di professione. E arrivati in fondo, possiamo dire di aver avuto ragione. Le riprese sono state realizzate nella tarda primavera del 2022 in Italia, tra Roma e la Toscana e sono durate sette settimane. La postproduzione è avvenuta interamente a Roma. Alcuni ringraziamenti. Per la sceneggiatura, frutto di un costante e fruttuoso scambio tra Fabio Bonifacci e Claudio, abbiamo potuto contare sui preziosi consigli degli amici di Gariwo-Il Giardino dei Giusti (Gabriele Nissim e il suo team), la storica Anna Foa, il Rabbino Capo Rav Riccardo Shemuel Di Segni e la Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello. Per la ricerca delle location e in particolare del tratto di ferrovia così importante per lo sviluppo della storia, abbiamo avuto la massima collaborazione di FS e Fondazione FS. Per il lungo e complesso casting, necessario per individuare i protagonisti del film, ovvero i tre giovanissimi attori sulle cui spalle – di fatto – si regge il film (Alessio Di Domenicantonio, Vincenzo Sebastiani, Carlotta De Leonardis), vogliamo ringraziare Chiara Polizzi per lo splendido lavoro fatto. Ci fermiamo qui anche se sono numerose le persone che vogliamo e dobbiamo ringraziare: gli attori, la troupe, le maestranze e tutti coloro che con la loro adesione (umana, prima ancora che professionale) hanno contribuito a far sì che questa incredibile storia diventasse un film. “

Eventi

Film di apertura della 53a edizione del Giffoni Film Festival il 20 luglio 2023.

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