Locandina – Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug

Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug (2013)

The Hobbit: The Desolation of Smaug
Locandina Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug
Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug (The Hobbit: The Desolation of Smaug) è un film del 2013 prodotto in USA e Nuova Zelanda, di genere Avventura e Fantasy diretto da Peter Jackson. Il cast include Benedict Cumberbatch, Luke Evans, Martin Freeman, Cate Blanchett, Evangeline Lilly, Richard Armitage. In Italia, esce al cinema giovedì 12 Dicembre 2013 distribuito da Warner Bros. Disponibile in homevideo in DVD da mercoledì 9 Aprile 2014. Al Box Office italiano ha incassato circa 12625298 euro.

Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug è il proseguimento delle avventure del personaggio di Bilbo Baggins, in viaggio con il Mago Gandalf ed i tredici Nani, guidati da Thorin Scudodiquercia, in un’epica battaglia per la riconquista della Montagna Solitaria ed il perduto Regno dei Nani di Erebor. Dopo essere sopravvissuti all’inizio del loro viaggio inaspettato, la Compagnia continua ad andare verso Est, incontrando lungo la strada Beorn il cambia pelle ed uno sciame di ragni giganti, nella minacciosa foresta di Mirkwood. Dopo essere sfuggiti alla cattura da parte dei pericolosi Elfi della Foresta, i Nani arrivano a Lake-town e finalmente alla Montagna Solitaria, dove si troveranno ad affrontare il pericolo più grande – la creatura più terrificante di ogni altra – che non solo metterà a dura prova il loro coraggio, ma anche i limiti della loro amicizia ed il senso del viaggio stesso: il Drago Smaug.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 12 Dicembre 2013
Uscita in Italia: 12/12/2013
Data di Uscita USA: venerdì 13 Dicembre 2013
Prima Uscita: 13/12/2013 (USA)
Genere: Avventura, Fantasy
Nazione: USA, Nuova Zelanda - 2013
Durata: N.d.
Formato: Colore 3D
Produzione: Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), New Line Cinema, WingNut Films
Distribuzione: Warner Bros
Box Office: USA: 255.410.000 dollari | Italia: 12.625.298 euro
In HomeVideo: in DVD da mercoledì 9 Aprile 2014 [scopri DVD e Blu-ray]

SAGA Lo Hobbit

Recensioni redazione

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, la recensione
Lo Hobbit: La desolazione di Smaug, la recensione
Giorgia Tropiano, voto 8/10
Il secondo capitolo della saga tolkieniana de Lo Hobbit è finalmente in sala. La desolazione di Smaug è un film ricco di azione, avvincente ed emozionante. Si entra nel vivo della storia e, a tratti, c'è di nuovo il tono epico de Il Signore degli Anelli. Migliore del primo capitolo ma un pò troppo lungo, mentre il 3D a 48 fps rende tutto troppo finto.
Il Blu-ray di Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug
Il Blu-ray di Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug
Redazione, voto 1/10
Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug in homevideo in edizione blu-ray a due dischi, uno con il film dal video e audio ottimi, il secondo ricco solo di contenuti speciali.

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Nuovo Banner per Lo Hobbit: la Desolazione di Smaug
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Peter Jackson nel suo ultimo giorno di riprese de Lo Hobbit
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Martin Freeman ha completato le riprese per Lo Hobbit
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Lo Hobbit la desolazione di Smaug, production video Day 11
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Orlando Bloom ha completato le riprese di Lo Hobbit
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Ian McKellen ha completato le riprese di Lo Hobbit
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Hobbit la desolazione di Smaug: le copertine di Empire
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Lo Hobbit: la desolazione di Smaug, featurette con le riprese in Nuova Zelanda
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Lo Hobbit: prime immagini de La Desolazione di Smaug
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Lo Hobbit: teaser trailer di Desolation of Smaug (la Desolazione di Smaug)
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Lo Hobbit: immagine teaser del trailer di Desolation of Smaug
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Lo Hobbit: il terzo film annunciato ufficialmente
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Immagini

[Schermo Intero]

“Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato”, il primo film della trilogia de “Lo Hobbit”, è uscito al cinema alla fine del 2012 ed è diventato un successo miliardario planetario, ispirando appassionati di ogni generazione e rinnovando l’interesse in questo capolavoro senza tempo di J.R.R. Tolkien, sul quale è basata la trilogia. “Il mondo di Tolkien è così ricco”, dice il regista premio Oscar, Peter Jackson. “É quasi come se si girasse le pagine di un libro di storia, ritornando in quel mondo ma in un altro capitolo, scoprendo nuovi personaggi, nuove creature e luoghi mai visitati prima”. Adattando Lo Hobbit per la creazione di tre film, Jackson ed i suoi collaboratori alla sceneggiatura Fran Walsh e Philippa Boyens, assieme a Guillermo del Toro, hanno avuto la libertà di evitare di tagliare o condensare la narrativa del libro, incorporando allo stesso tempo il materiale delle 125 pagine di appendice che Tolkien ha incluso alla fine di Il signore degli anelli. Grazie a queste ampie indicazioni sull’ambientazione e la politica della Terra di Mezzo durante il periodo di Lo Hobbit, Tolkienha fornito tessuto connettivo vitale tra il viaggio di Bilbo Baggins e la lotta finale per la Terra di Mezzo, raccontata ne Il signore degli anelli. Per i produttori, che una decina di anni fa hanno portato sullo schermo l’opera composta da tre volumi, “Il signore degli anelli”, la trilogia de “Lo Hobbit” si è presentata come un’irresistibile viaggio: esplorare appieno i misteri ed i pericoli appena accennati e descritti in entrambe le appendici e in Lo Hobbit, non compromettendo allo stesso tempo il tono di quello che era stato concepito come un libro per ragazzi.
“La difficoltà nel realizzare questi film è costituita dal fatto di rimanere fedeli allo spirito con cui è scritto il libro, ma anche di trasporre il gusto e lo stile di ‘Il signore degli anelli’. Noi eravamo ben consapevoli delle differenze di tono”, fa notare la sceneggiatrice e produttrice Fran Walsh. “Lo Hobbit è un libro più giocoso, ma nell’ultima parte del racconto, alcuni dei temi più avvincenti e oscuri, sviluppati da Tolkien nell’ultima trilogia, entrano davvero in gioco: la natura del potere e del coraggio, della cupidigia e del sacrificio. Così è stato naturale raccontare nel film quel tono leggermente più oscuro”.
Con i 15 personaggi primari già incontrati nel primo film, Jackson ed i suoi collaboratori sono riusciti ad abbracciare quello che descrivono come il “ritmo mozzafiato” del libro nel secondo film. “Si può entrare dritto nella storia da dove si era interrotta, così che ci sia poco bisogno di esposizione”, dice. “Allo stesso tempo, con il secondo film, la difficoltà era rappresentata dal fatto di approfondire il conflitto ed aumentare la complessità dei nostri personaggi. Volevo che somigliasse ad un thriller, mentre gli eventi si susseguono e la posta in gioco aumenta. Per me, questo è quello che emoziona del film: è una continuazione della storia ma che ti trasporta in un mondo completamente nuovo. Si viaggia verso nuovi luoghi, si incontra persone sconosciute e, naturalmente, si ha la possibilità di vedere l’iconico momento di Tolkien, il confronto fra Bilbo ed il Drago”.
Il titolo del film fa riferimento alla distruzione ed alla rovina, che fa seguito al risveglio del Drago Smaug, nel suo poderoso e violento attacco al Regno dei Nani di Erebor, una zona di terre disastrate, città in rovina e gente disperata. “I Draghi adorano l’oro, ed in particolare questo Drago, che era malvagio ed affamato ed è stato chiamato Smaug”, spiega Philippa Boyens, esperta dichiarata di Tolkien che fa parte del team degli sceneggiatori. “Si abbatte sui Nani inaspettatamente, distruggendo non solo il Regno di Erebor, ma anche la Città di Dale, che sorge ai piedi della Montagna Solitaria. Fu un giorno di tale distruzione che spaventò letteralmente la terra per un raggio di molte miglia, divenuto famoso in seguito con il nome di Desolazione di Smaug”.

PERICOLI AD EST:
LA STORIA ED I PERSONAGGI
“I nani non percorrono quella strada da anni ma non è così per Gandalf,
lui conosce quali pericoli e minacce sono proliferate nella Foresta,
dal giorno in cui i Draghi hanno guidato gli uomini dalle terre …”
The Hobbit, di J.R.R. Tolkien

Il giovane Principe dei Nani, Thorin Scudodiquercia è stato testimone dell’attacco di Smaug ad Erebor, perdendo la sua famiglia, il suo status ed anche la sua casa. Ma dopo decenni di esilio, la voglia di riscatto di Thorin di recuperare il suo Regno perduto si riaccende. Il destino lo ha condotto ad Est, sul sentiero che porta alla Montagna Solitaria, in viaggio con la sua Compagnia di 12 Nani—Balin (Ken Stott), Dwalin (Graham McTavish), Fili (Dean O’Gorman), Kili (Aidan Turner), Bofur (James Nesbitt), Bombur (Stephen Hunter), Bifur (William Kircher), Oin (John Callen), Gloin (Peter Hambleton), Dori (Mark Hadlow), Nori (Jed Brophy) ed Ori (Adam Brown)—ed un “ladro” impersonato dallo Hobbit, Bilbo Baggins, interpretato da Martin Freeman.
A guidare la Compagnia nel viaggio è il saggio ed occasionalmente malizioso mago Gandalf il Grigio, anche questa volta interpretato da Ian McKellen. “Gandalf cerca sempre di avere il controllo su tutto”, dice la star icona del film. “I suoi critici lo definirebbero un impiccione. Ma la sua natura ha anche un lato paterno ed è protettivo nei confronti non soltanto di Bilbo, ma anche di Thorin, il quale non ne ha in realtà bisogno. Thorin è un Nano con dei problemi. Sorride raramente ed ha sentore del suo stesso destino, il che è allarmante perché mette a repentaglio l’incolumità di altre persone”.
Il primo film della trilogia ha visto riunirsi la Compagnia a Bag End, la confortevole casa di Bilbo a Hobbiton. Una volta imbarcati nell’avventura verso Est, vengono presi di mira dagli Orchi e dai loro Wargs ( le bestie simili al lupo che cavalcano ), combattono Trolls affamati ed incontrano il mago Radagast il Bruno, il quale mette in guardia Gandalf degli oscuri cambiamenti avvenuti nella sua amata foresta, adesso conosciuta con il nome di Bosco Atro. Dopo uno scomodo ma illuminante soggiorno con gli Elfi di Rivendell, Bilbo ed i Nani si avventurano verso le Montagne Nebbiose, dove vengono immediatamente coinvolti in uno scontro tra Giganti di Pietra, inseguiti attraverso i Tunnel dei Goblin, attaccati selvaggiamente dagli Orchi e salvati scappando sul dorso di Aquile giganti. All’inizio del secondo film, Gandalf, Bilbo, Thorin e la compagnia sono scossi ed esausti… ma non sconfitti.
Forse il personaggio che ha subito più cambiamenti è quello di Bilbo Baggins. “Credo che, mentre il viaggio continua, Bilbo riesca a guardare il mondo con una visione più realistica”, dice Martin Freeman, lo Hobbit al centro del quale ruota il racconto. “È sempre la stessa persona; è ancora spaventato. Non è un combattente o un avventuriero nell’animo, ma trovarsi tra creature diverse che vogliono ucciderlo o mangiarselo… non c’è bisogno di spiegare quale tipo di grande cambiamento ha subìto. E Bilbo trova un coraggio che non sapeva di avere e, cosa più importante, che nessuno degli altri sospettava avesse”.
Dal suo incontro nei Tunnel dei Goblin, nella caverna dell’emaciata e complice creatura conosciuta come Gollum, Bilbo è emerso con qualcosa di più del coraggio. È riuscito a rubare a Gollum il suo “prezioso” anello con il potere di rendere invisibile chi lo indossa.
“Bilbo inizia ad avere uno strano rapporto con quest’anello d’oro”, dice Boyens. “Inizia a sentire che sia molto di più di quel che sembra. Infilarselo e scomparire è per lui una scelta sempre ardua, infatti se lo toglie non appena possibile. Avere un così grande attore come Martin Freeman, ci aiuta a capire l’idea che non si tratta semplicemente di un oggetto di gioielleria che rende invisibili. Non tutte le scelte che ha fatto sono state buone, giù in quelle grotte all’interno della montagna”.
Bilbo sceglie di non rivelare questa nuova informazione a Gandalf, e, secondo McKellen, il ritratto che Freeman offre di Bilbo in questo momento, illustra la bravura e l’arte di questo attore. “Martin è dotato di una grande raffinatezza ed è spesso imprevedibile”, osserva McKellen. “Non ama fare la stessa cosa più di una volta davanti alla macchina da presa, quindi quando si gira la stessa scena più volte, Martin offre sempre una sfumatura differente, un colore differente, un aspetto differente del personaggio che interpreta. Non si sa mai cosa aspettarsi da lui, il che rende la tua reazione più reale possibile. Ad ogni scena scopro qualcosa di nuovo in Bilbo”.
A guidare la Compagnia c’è il Nano guerriero ed Erede al Trono, Thorin Scudodiquercia, interpretato come al solito da Richard Armitage, che—nonostante sia circondato dai suoi nipoti, Fili e Kili, il suo consigliere Balin e da altri fedeli Nani—è sotto molti punti di vista, dolorosamente solo. “Credo che una delle caratteristiche principali di Thorin sia la sua diffidenza”, racconta Armitage. “Ha ereditato la ricerca della vendetta da suo padre e questo fardello è una cosa veramente desolante da portare. È un personaggio arrogante e fiero, ma la sua paranoia di non essere un vero leader lo sconforta. Credo però che abbia il potenziale per essere ispirato”.
L’insicurezza di Thorin viene rafforzata dalla presenza di un altro leader, Gandalf e, mentre i gesti di lealtà e coraggio di Bilbo aumentano, in lui cresce la fiducia per lo Hobbit mentre scema quella per il Mago Grigio. Freeman ammette, “L’amicizia tra Bilbo e Thorin è abbastanza difficile da gestire. Chiunque sia sensibile o empatico, ed io credo che Bilbo lo sia, riesca a vedere che Thorin sia infelice e quando incontriamo una persona infelice che si auto flagella, non è per niente piacevole ma al contempo si tende ad aiutare quella persona. Bilbo è convinto che dentro Thorin si nasconda un Nano dignitoso ed un bravo uomo”.
La ricerca di Thorin è tutt’altro che semplice e man mano che il viaggio prosegue, sembra condurli su terreni sempre più pericolosi. “Questa solitaria Ricerca dei Nani, ha attirato attenzioni non richieste con una moltitudine di azioni a fare da cornice”, dichiara Jackson. “Incontrano ostacoli ad ogni passo lungo la via”.
Gli Orchi continuano ad inseguirli attraverso la Anduin Valley, a cavallo dei loro giganteschi Wargs simili a lupi. La loro caccia implacabile, costringe Gandalf a cercare riparo per la Compagnia nella casa di un misterioso quanto pericoloso Beorn—che è in grado di cambiare il suo aspetto, da quello di un uomo di grossa taglia ad un orso ben più grande. Una creatura contraddittoria, Beorn passa da uno stato di calma ad uno stato minaccioso in un batter d’occhio. “Bisogna fare molta attenzione a quale dei suoi aspetti ci si trova a fronteggiare”, suggerisce McKellen.
Se da un lato Beorn non è amico dei Nani, dall’altro ha numerosi motivi di odiare gli Orchi, dato che hanno dato la caccia ai cambia pelle fino a portarli quasi al’estinzione. “Lui è l’ultimo della sua specie sopravvissuto nella Terra di mezzo e non si schiera da nessuna parte”, dice Jackson. “Può diventare enormemente pericoloso quando si trasforma in un orso, ma è di animo gentile ed ama gli animali. E quindi, quanto controllo abbia di sé stesso mentre è un orso, è una domanda, sotto certi aspetti, senza risposta”.
Per interpretare il complesso ruolo, i produttori hanno scritturato l’attore svedese Mikael Persbrandt. “Beorn è un personaggio fantastico ed una creatura veramente unica”, dice Boyens. “Gandalf lo descrive meravigliosamente come un essere ‘sotto nessun incantesimo se non il suo’, e così, quando abbiamo iniziato a pensare a come realizzare questo personaggio, ci siamo ricordati della grande mitologia nordica e della loro gente che viveva nella natura. E dal primo momento che abbiamo conosciuto Mikael, lui è stato il nostro Beorn”.
Sebbene il suo personaggio sia pericoloso e imprevedibile, Persbrandt vede anche del pathos in Beorn. “Il suo lato umano non è propriamente umano”, afferma Persbrandt. “È molto aggressivo ed anche nella sua forma di essere umano, non è come noi; è qualcos’altro. C’è qualcosa di oscuro, triste e selvaggio in lui che non si riesce veramente a comprendere”.
Persbrandt è stato invitato a mantenere il suo accento natio per il personaggio, lavorando a quest’aspetto con l’insegnante di dizione Leith McPherson che ha apportato leggere modifiche per questo ruolo. “Il modo in cui parla è alquanto antiquato, in modo non casuale”, fa notare McPherson. “Quello che Beorn ha da dire è profondo; sceglie le parole con molta cura”.
Grazie all’affinità di Beorn con gli animali, i costumisti hanno voluto che indossasse abiti non provenienti da pelli animali, compresi gli stivali di tessuto. Il costumista Bob Buck dice, “Abbiamo dovuto mantenere tutto il più semplice possibile ma, dato che è molto abile con le mani, ha realizzato una bellissima fibbia di legno intagliato per la sua cintura, con le due estremità che si agganciano ricordando il suo aspetto di cambiamento di forme – da una parte la testa dell’orso e dall’altra la testa umana”.
Questo dualismo è prevalente anche nel trucco. Il truccatore e parrucchiere Peter Swords King ed il suo team hanno ideato delle protesi che danno al volto di Beorn una forma animale e denti simili a quelli dell’orso, rimanendo però sempre riconoscibili come umani. King ha utilizzato del pelo di cavallo tinto in diverse gradazioni di colore, per creare una parrucca stile moicano che scorre lungo la schiena dell’attore, su una protesi spinale. “la sua protesi si espande libera per suggerire che anche quando è nello stato umano, sono presenti anche attributi dell’orso”, descrive King. “In un certo senso, i peli del collo sono sempre alzati, il che suggerisce quanto possa essere predatorio e pericoloso. Sta sempre sul punto di trasformarsi ma, quando diventa un orso, riusciamo sempre a riconoscere i suoi occhi molto particolari”.
Jackson ha lavorato con la squadra di disegnatori e la Weta Digital per assicurarsi che in entrambe le fasi della trasformazione, non ci sarebbe stato alcun dubbio sull’identità di Beorn. Il capo supervisore degli effetti speciali Joe Letteri fa notare, “Molti dei nostri sforzi sono stati rivolti a trasferire non solo la somiglianza fisica, ma anche le emozioni e la personalità tra l’umano e l’orso. Volevamo conferirgli un aspetto mitico e animalesco, oltre a mostrare la sua età e determinazione, visto che è l’ultimo dei cambia pelle”.
Dopo una notte passata a casa di Beorn, la Compagnia è felice di continuare il viaggio verso Est. Ma un ostacolo enorme blocca il loro cammino—il Bosco Atro—e aggirarlo passando per quella che sembra una foresta senza fine, significherebbe raddoppiare il tempo del viaggio. Gandalf li può dirigere verso il percorso più sicuro, ma non può condurli attraverso esso. Ha altre questioni molto urgenti, che richiedono la sua attenzione nella Terra di mezzo.
“Gandalf è sempre dalla parte della Terra di mezzo—per allertare la Terra di mezzo dei pericoli e provare a sistemare le cose”, commenta McKellen. “E non può stare in due posti nello stesso momento, anche se gli piacerebbe molto. Quello che rende Gandalf così interessante è il fatto che ha una scintilla nell’occhio ed è sempre pronto a tutto con un leggero commento, ma è dannatamente serio e conosce tutto. Diventa impaziente quando la gente non fa immediatamente quello che pensa sia giusto, ma a volte deve lasciare che le persone scoprano da sole le loro potenzialità interiori e vadano avanti con i loro impegni”.
Dove Gandalf venga portato dalla sua ricerca, fa parte dell’universo espanso de Lo Hobbit che gli sceneggiatori hanno estratto dai dettagli forniti da Tolkien nelle appendici di Il signore degli anelli. Jackson spiega, “Nel libro, Gandalf scompare diverse volte e dove vada non ci è dato sapere. Ma, molti anni dopo, Tolkien ha ideato i modi in cui l’assenza di Gandalf è legata agli eventi di Il signore degli anelli. In questo film, siamo riusciti retroattivamente a colmare il vuoto, un opportunità troppo ghiotta per lasciarsela scappare”.
Gandalf crede che il misterioso Negromante risorto nell’abbandonata fortezza di Dol Guldur, abbia a che fare con i cambiamenti che sente nell’aria della Terra di mezzo. L’antica spada del Mago Radagast il Bruno, di nuovo interpretato da Sylvester McCoy, recuperata al Dol Guldur non appartenga a questo mondo e contribuisce soltanto ad aumentare le paure di Gandalf, come rivelato nel primo film. Inizia a sentire il ritorno di una grande malvagità nella Terra di mezzo”, dice Jackson. “Credeva fosse stata debellata migliaia di anni prima, ma ora vede segnali ed indizi che lo portano a pensare che forse non sia esattamente così”.
Boyens spiega che i motivi della missione di Gandalf, furono stabiliti all’incontro con il Consiglio Bianco, nel primo film, dalla Regina degli Elfi, Galadriel, interpretata da Cate Blanchett. “Galadriel gli disse, ‘Qualcosa si muove nell’ombra, qualcosa nascosto alla nostra vista. Non si mostrerà’. Quella intuizione molto importante riguardava certe atrocità che esistono nel mondo e di come il maligno possa sorgere inosservato. Era vero al momento in cui il Professor Tolkien scriveva queste storie ed è vero ancora oggi”.
Dol Guldur si trova al’uscita meridionale del Bosco Atro e l’ondata di malvagità ha dilagato nella foresta contaminandola. Conosciuta in passato come la Grande Greenwood, la foresta si è ammalata ed è diventata una tenebrosa ed infida trappola per i viaggiatori che la attraversano— luogo in cui Thorin ed i Nani hanno la sfortuna di apprendere a loro spese, nonostante siano così vicini al loro scopo. Boyens nota, “C’è la sensazione forte che la vecchia foresta ha una sua propria volontà. Adesso vi alberga il male che porta fuori strada”.
Il suo ambiente tossico annebbia le loro menti e gli fa abbassare la guardia. “Quando si abbandona il sentiero nel Bosco Atro, è possibile che non si ritrovi mai più la retta via e comunque non si sopravvive molto a lungo”, dichiara Jackson. “Ci sono cose in quella foresta che sembrano incubi, di sicuro simili ai miei”.
Nel fitto intrico degli alberi, i Nani diventano una preda facile per i Ragni Giganti che infestano la foresta. Sono veloci e voraci creature con grandi mandibole e zanne affilate, ma Bilbo ha con sé la sua spada che non esita a fargli assaggiare. “Ragni Giganti che ti attaccano, può risultare visceralmente disgustoso, se sei di quell’idea”, commenta Freeman. “Ma, a quel punto, è letteralmente una questione di uccidere o rimanere ucciso e lui è costretto a farlo per salvare i suoi amici. Io definisco quello che fa, veramente coraggioso. C’è qualcosa di viscerale nei ragni e credo che risulteranno molto spaventosi per il pubblico. Di sicuro spaventano me”.
Ma il Bosco Atro nasconde pericoli ben più grandi per i Nani…

“PIU’ PERICOLOSI E MENO SAGGI” – IL BOSCO DEGLI ELFI

Mentre pattugliano Bosco Atro, gli Elfi del Reame di Woodland scoprono un intrusione e immediatamente scatenano i Ragni, con grande disappunto da parte dei Nani. Descritti da Tolkien come “più pericolosi e meno saggi” che gli altri Elfi della Terra di mezzo, gli elfi della foresta agli ordini di Re Thranduil, attaccano con ferocità, abilità ed archi a fuoco rapido. A guidare questa banda di guerrieri c’è Legolas, interpretato ancora da Orlando Bloom e Tauriel, interpretata da Evangeline Lilly.
Sebbene nessuno dei due personaggi compaia in Lo Hobbit, i produttori hanno pensato che includerli fosse la scelta naturale per l’allargata narrativa portata sullo schermo. Legolas Fogliaverde è un elfo del Bosco Atro, figlio del Re degli elfi Thranduil, supervisore del Reame di Woodland nel romanzo. “Quando incontriamo Legolas in Il signore degli anelli, apprendiamo che è il figlio di Thranduil”, spiega Jackson. “Così quando visitiamo il Reame di Woodland nel film, ci è apparsa una grande opportunità di riportare sulla scena Legolas, dato che ora abbiamo una panoramica completa dell’albero genealogico di Thranduil. Gli elfi sono immortali, così che i 60 anni trascorsi tra le due storie non sono stati un intralcio e fortunatamente, Orlando non è invecchiato di un giorno negli ultimi 10 anni”, aggiunge il regista con un sorriso.
Bloom si è sentito onorato di riprendere in mano l’arco di Legolas, dopo oltre un decennio dal suo lavoro nella trilogia di “Il signore degli anelli”. “È fantastico essere ritornato”, dichiara l’attore. “‘I film del Signore degli anelli sono stati una preziosa esperienza per me e sono veramente felice di avere l’opportunità di far ritorno in questo mondo e con questo personaggio. Ed inoltre, ho indossato di nuovo il mio vecchio costume e mi va ancora a pennello!”
Quando Bloom è arrivato sul set con i capelli acconciati, il trucco ed il nuovo costume disegnato per Legolas, “È stato come incontrare il mio personaggio preferito”, ricorda Walsh. “Vedere di nuovo Orlando nel ruolo di Legolas dopo tutti questi anni, è stato veramente bello. Vedere questo personaggio che abbiamo tutti amato nella Terra di mezzo, ci ha dato uno strano senso di déjà vu”.
Nonostante inizialmente preoccupato riguardo il posto di Legolas nel racconto, la relazione del personaggio con il Reame di Woodland, unitamente alla presenza dei 13 Nani—uno dei quali, Gloin, è il padre del suo futuro compagno d’avventure Gimli—ha messo Bloom a proprio agio. “Siamo tutti coscienti e rispettosi dei fan del libro, quindi sapevo che Peter, Fran e Philippa non si sarebbero allontanati dal racconto”, dice. “La cosa bella della storia che hanno ideato, è il fatto che si vede come sia diventato il Legolas di ‘Il signore degli anelli’. Ci facciamo anche un’idea di cosa abbia dato origine all’antipatia che Legolas nutre per i Nani. Crea un senso dinamico della storia per il personaggio”.
Jackson ed i suoi collaboratori, volevano infondere l’azione con i vari iconici momenti di Legolas, diventato uno dei preferiti del pubblico nella precedente trilogia, che ha significato un addestramento intenso per le acrobazie dell’attore. “Ha dei momenti veramente ‘cool'”, dice Bloom. “E io credo che questo faccia parte di quello che ‘Leggy’ è in realtà. Entra in scena e non dice molto, fa alcuni movimenti e si occupa del problema. È un piano semplice ma efficace”.
Il coordinatore delle controfigure Glenn Boswell commenta, “Orlando impara le coreografie di lotta molto velocemente, che è perfetto visto che spesso non abbiamo molto tempo a disposizione prima delle riprese. Lui ed Evangeline sono stati fantastici come partner nelle scene di lotta. Ogni personaggio ha uno stile diverso, che visivamente è brillante”.
L’elfo guerriero Tauriel, interpretato da Evangeline Lillym, è il Comandante delle Guardie di Thranduil oltre che un personaggio nuovo nella storia. “Abbiamo sempre pensato che bisogna essere fedeli al libro, ma anche fedeli al film che vorresti vedere”, nota Walsh. “Dovranno avere le loro differenze perché i film hanno altri requisiti drammatici. Una delle cose che volevamo correggere era la mancanza di un personaggio femminile e Tauriel ha colmato questo vuoto in maniera splendida. E Evangeline è stata fantastica. Ha capito la Terra di mezzo ed ha voluto assicurarsi che, sebbene Tauriel sia un personaggio originale, sarebbe stata creata nello spirito del libro”.
Anche se nuova dei film, Lilly è da sempre appassionata di Lo Hobbit ed era entusiasta di dover iniziare ad interpretare un ruolo nella trilogia. Ma la proposta le è arrivata due mesi dopo aver dato alla luce il suo primo figlio. “Pensavo di dovermi abituare ad un’anonima vita di madre e scrittrice, ma questa era un’opportunità alla quale non potevo proprio dire di no”, dice Lilly. “Lo Hobbit era il mio libro preferito da bambina e tutto quello che volevo, era essere un elfo e poi mi è stata offerto il ruolo di un elfo di Bosco Atro e il sogno è diventato realtà. È stata la cosa più difficile che mi sia capitata come attrice, ma è stata una sfida che ho amato”.
Tauriel, dice Lilly, è cresciuta difendendo i confini del Reame di Woodland e perciò è un tipo di elfo molto diverso da quelli visti nei precedenti film. “Gli elfi della foresta sono più letali e Tauriel è una guerriera ed esperta con i pugnali e l’arco”, si descrive. “È a capo della Guardia Silvana, quindi è una tipa tosta ed è forse anche meno saggia di tanti altri elfi anziani. Anche se possiede il calore e la profondità che le derivano dalla connessione con la terra, è anche molto abile nel suo lavoro. E il suo lavoro è quello di uccidere”.
Come per gli altri attori che interpretano i Nani nella trilogia di “Lo Hobbit”, Lilly si è esercitata nei movimenti coreografici assieme a Terry Notary, per perfezionare i suoi aggraziati ed agili movimenti. Si è anche allenata duramente nelle arti marziali ed ha lavorato con il team delle controfigure, per le sue complesse scene di lotta. “Evangeline ha un’ottima attitudine per le acrobazie”, la elogia Boswell. “Ha avuto una ottima visione di come Tauriel avrebbe combattuto, parzialmente influenzata dalla antica lotta cinese, impegnata con i due pugnali”.
Dalle punte delle sue frecce ai colori del piumaggio, l’arco di Tauriel ha una qualità organica che rispecchia la foresta, con forme a spina che definiscono la sua daga snella e damascata. Le sue armi personalizzate, sono il risultato di una collaborazione di artisti incluso il disegnatore John Howe e la Weta Workshop. Richard Taylor della Weta commenta, “Come elfo ninja, è un tut’uno con il mondo in cui vive, così da poter scomparire tra il fogliame”.
Anche il suo costume riflette il Reame di Woodland, donandole un aspetto più mascolino rispetto alle sete fluttuanti con cui si vestono gli altri elfi femmina, che abbiamo visto nella Terra di mezzo di Jackson. Il reparto costumi ha creato un guardaroba di pelle, scamosciato e seta in tono con i colori della foresta, oltre a stivali in pelle su misura. La sua fiera estetica ha influenzato anche il trucco e l’acconciatura, con King che le ha creato delle grandi orecchie ed una parrucca di copiose ciocche rosse.
Questi elfi non sono amichevoli con i Nani. Jackson dice, “Gli Elfi del Reame di Woodland, incluso Legolas, non sono altro che una misteriosa e minacciosa forza per loro; non sono lì per aiutarli nella loro ricerca”.
Essere condotto nella sala del trono del Re degli elfi, è un momento difficile ed umiliante per Thorin, data la sua storia con Thranduil, come abbiamo avuto modo di vedere nel prologo del primo film. “Quando Erebor cadde, Thorin non capì perché gli elfi non agirono”, spiega Armitage. “Thranduil è rimasto neutrale, e quello, per Thorin, è un atto imperdonabile. Hanno lasciato che i nani bruciassero Dwarves, una cosa che Thorin non dimenticherà mai”.
Lee Pace, che si unisce al cast come il Re degli Elfi Thranduil, pensa che la mancanza di simpatia del suo personaggio verso la situazione dei nani, tragga origine da questo incontro avvenuto molto tempo prima. “La mia teoria è che il punto di svolta fu quando Thranduil vide le sale dell’oro di Erebor”, ragiona Pace. “Vide tutto quell’oro accumulato dai nani e pensò, ‘Voi nani brucerete. Questa avidità non rimarrà impunita’. E quando arrivò il Drago, gli elfi ebbero la possibilità di fare la differenza ma non lo fecero”.
Jackson ed i suoi collaboratori, avevano visto Pace nel film del 2006, “The Fall” e intrapresero un viaggio a New York unicamente per proporgli questo ruolo critico. “Gli elfi sono difficili da scritturare perché possiedono una qualità che è quasi impossibile da definire”, rivela Jackson. “Si tratta di eleganza, bellezza e assenza di età. Bisogna fare un balzo mentale con un attore. Bisogna dare la sensazione di essere immortale, ma anche di averne vissute parecchie durante la sua lunga vita e Lee ci ha dato tutte queste ed altre qualità”.
Nel film, Pace, così come Lilly e Bloom, conversa nell’antico linguaggio degli elfi. Tolkien ha creato due linguaggi elfici per la Terra di mezzo: il comune, colloquiale Sindarin ed il formale Quenyan. Come per gli altri film di Jackson ambientati nella Terra di mezzo, i produttori hanno scritturato l’allievo di Tolkien, David Salo, che ha dedicato la sua vita all’espansione della grammatica e del vocabolario di queste lingue, per tradurre quelle parti della sceneggiatura assieme al l’insegnante di dizione McPherson, aiutando gli attori a parlare un fluente elfico. “Tutti loro hanno imparato la lingua a meraviglia”, commenta McPherson. “Evangeline parla francese ed ha una grande facilità nell’apprendimento delle lingue, oltre ad avere un ottimo orecchio. Orlando aveva già avuto un’esperienza con l’elfico e la sua passione per il lavoro, l’insaziabile curiosità ed il suo buon umore contagioso, hanno reso il lavoro con lui una gioia. E Lee è riuscito ad impersonare meravigliosamente il comando del linguaggio di Thranduil e la profonda e potente presenza vocale”.
Disegnare le armatura per una nuova stirpe di elfi, è stata una gioia per Taylor ed il suo team. “Gli elfi della foresta possiedono una presenza, potenza e vitalità incredibili”, descrive. “Ma se da un lato sono molto belli ed artistici, è importante ricordare che, in fondo, rimangono sempre dei killer addestrati ad uccidere. Non volevamo che apparissero come una razza apatica o debole, costruendo le loro armature troppo floreali o delicate”.
Per il Re degli elfi, la Weta Workshop ed i costumisti hanno collaborato creando una serie di lunghi e svolazzanti abiti e mantelli, rispecchiando il suo status di Re del Reame di Woodland. Una delle corone indossate da Thranduil, è stata modellata da Daniel Falconer della Weta Workshop, seguendo i riferimenti del libro che indicavano una corona fatta di foglie, spine e bacche. La sua spada elegante e forte, è stata realizzata fresando un solido blocco di metallo. “C’era qualcosa di puritano nel fatto di avere questa lama di metallo indisponente, che si adattava all’intrattabilità e all’arroganza di Thranduil”, spiega Falconer.
Secondo Pace, la chiave per comprendere Thranduil è l’idea che gli elfi non sono umani. “Tolkien ha scritto, ‘Era il Re degli Elfi dall’altra parte del luogo selvaggio ‘”, dice l’attore. “È pericoloso non perché malvagio. È squisito ma anche duro e freddo nell’animo, come un diamante. È anche molto sensibile, ma non emotivamente. Credo che non si muova foglia in quella foresta che lui non riesca a percepire. E guardando i nani pensa, ‘non si sveglia un drago a meno che tu non sia convinto di poterlo uccidere. Quindi vi tratterrò nelle mie segrete fino a quando non vi toglierete quell’idea dalla testa’”.
Dopo aver spogliato i nani delle loro armature e delle armi, li fa rinchiudere nelle sue segrete sotterranee. Ma la decisione di Thranduil viene contrastata dall’intraprendenza di Bilbo, che si intrufola non visto nel Reame, con un piano per liberare i suoi amici nascondendoli in barili vuoti presi dalla cantina degli elfi e facendoli precipitare nel fiume.
Sebbene rischi l’ira degli elfi, lo Hobbit è un alleato dei nani. “Tra le positività potenziali degli altri esseri con cui viene a contatto, quella dei nani si mostra sin da subito”, ci relaziona Freeman. “Gli elfi sono palesemente più civilizzati ed acculturati. Ma quello che vede nei nani, credo, sia più importante ed il fatto che Bilbo decida di aiutarli, è forse più interessante e coraggioso, perché non è costretto a farlo. Non è come se la Terra di mezzo verrà bruciata nelle fiamme dell’inferno se non lo farà, ma lui sa che ha una missione da compiere e sembra che ne valga la pena. E penso che una volta che hai deciso di lasciare casa, le persone che ti accompagnano diventano loro stessi la tua casa e la tua famiglia, non importa quanto siano diversi da te”.
Il parere di Thranduil è tutt’altro. Sente che la ricerca di Thorin è foriera di una battaglia ben più oscura e pericolosa—una battaglia che lui ritiene non appartenga agli elfi. “Thranduil ha preso questa decisione molti anni prima, per isolare il suo popolo dall’ascesa e dalla caduta di altre razze, che vivono oltre i suoi confini”, rimarca Boyens. “E le sue regole sono legge”.
Sfidando il suo Re, Tauriel insegue la Compagnia in fuga sul fiume, seguita da Legolas, combattuto tra la volontà del padre e la convinzione di Tauriel in ciò che è giusto. “C’è una certa follia nell’idea che hanno i nani di raggiungere la Montagna Solitaria”, riflette Bloom. “Combattono per un ideale di grandezza, ma che può condurli ad uno stato di caos, secondo la prospettiva di Thranduil. Legolas sa che Tauriel è una temeraria ed è in pensiero per lei. Vuole proteggerla, nonostante sappia che questo lo metterebbe contro suo padre. Questa è una dinamica molto complessa. Legolas è il figlio che sta diventando l’uomo che un giorno farà parte della Compagnia dell’Anello”.
Tauriel non conosce la storia di Thranduil con i nani, ma prova compassione per la loro condizione critica. “Credo che soprattutto voglia fermare l’invasione degli Orchi, giunti nel Reame per uccidere e distruggere”, commenta Lilly. “Sente di non poter stare ferma e lasciare che questo succeda; deve fare qualcosa al riguardo”.
I due elfi guerrieri si incontrano faccia a faccia con gli Orchi, che si trovano sulla sponda del Fiume della Foresta, dove i nani sono un bersaglio facile. Bloom definisce quello che succede in seguito, “un fantastico massacro di Orchi”.
Ritenuto deceduto nella grande battaglia tra Orchi e Nani, combattuta molti anni prima, il Pallido Orco Azog il Contaminatore, ha organizzato la spedizione feroce di un gruppo di letali Orchi assassini, per dare la caccia ed uccidere fino all’ultimo membro della compagnia di Thorin Scudodiquercia.
“Azog ha le sue buone ragioni per voler fermare Thorin prima di raggiungere la Montagna Solitaria”, suggerisce Boyens. “Gandalf teme che il suo inseguimento di Thorin, abbia a che fare con l’alleanza appena formata ed il potere che sta servendo. Nutre anche un odio psicopatico per tutte le cosse viventi, in particolare i nani, più specificamente Thorin e la sua compagnia”.
Per rappresentare la pura minaccia di Azog e Bolg, Jackson ha deciso di creare questi personaggi usando la stessa tecnica di ripresa usata per dare vita a Gollum. “Azog è stato difficile perché lui è il cattivo principale, così come lo abbiamo adattato dalla storia e volevmo fosse mobile, espressivo e il più terrificante possibile”, spiega Jackson. “L’idea di creare un Orco in digitale era eccitante e questo ci ha dato libertà in termini della sua taglia e forma, perché non eravamo costretti a usare proporzioni umane”.
Ad interpretare il capo degli Orchi, Azog il Contaminatore, è l’attore Manu Bennett, con Lawrence Makoare, un veterano che ha interpretato il personaggio di Uruk Hai, Lurtz nei film di “Il signore degli anelli”, ha il ruolo di suo figlio, Bolg. Gli attori hanno interpretato i ruoli nel teatro adibito alle riprese digitali, in cui Bennett ha imparato subito a muoversi come un Orco gigantesco. “Se mi fossi mosso alla mia velocità, Azog sarebbe apparso troppo piccolo ed umano”, descrive Bennett. “ho dovuto aumentare la capacità polmonare e la massa corporea di questa brutta creatura. Non puoi muoverti come una formica; devi muoverti come un dinosauro”.
Nonostante Azog abbia avuto un ruolo nel primo film, suo figlio Bolg arriva all’inizio di “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug” e Letteri ed il suo team alla Weta Digital si godono l’opportunità di creare un nuovo Orco cattivo. “Peter voleva che fosse quasi un guerriero bizzarro”, ci relaziona Letteri. “Ha numerose cicatrici dovute alle battaglie sostenute, così che abbiamo deciso di estremizzare il concetto e incorporare la sua armatura sotto pelle. Doveva apparire come se fosse in grado di ricevere un colpo e allo stesso tempo avere libertà di movimento, perché è continuamente coinvolto in combattimenti. Per noi era un’interessante serie di caratteristiche da miscelare nel disegno del suo personaggio”.
L’esercito di Orchi killer di Azog, è composto da una quasi indistinguibile combinazione di attori in protesi e creazioni digitali. Taylor conclude, “Gli Orchi Esploratori, come li chiamiamo, sono di piede veloce, con leggere armature e dotati di archi, quindi sono dei figli di puttana cattivi”.

GLI UOMINI DI LAKE-TOWN

Affamati, esausti e disarmati, i nani non sembrano in così buona forma da organizzare l’assalto finale alla Montagna. Ma una tenue speranza arriva sotto forma di un barcaiolo della vicina città di Lake-town, che incontra la cenciosa compagnia mentre raccoglie i barili vuoti che galleggiano sul fiume del Reame di Woodland. Sotto la minaccia della punta di una freccia, il saggio Balin convince Bard ad aiutarli.
Luke Evans si è unito al cast nel ruolo di Bard, l’uomo di Lake-town che rappresenta molto più di quello che sembra a prima vista. “Bard è un personaggio memorabile del libro, ma nel nostro film, questo umile barcaiolo è in un certo senso un enigma”, dichiara Jackson. “Il suo lavoro è ben al di sotto delle sue reali abilità; ha un indiscusso talento che non intende rivelare, arrivando nella storia più avanti. Perciò, Bard era un personaggio interessante da scritturare, perché per un po’ noi raccontiamo la storia dal punto di vista dei nani e per loro, lui è un enigma. Quindi volevamo un attore che aggiungesse irascibilità al ruolo e Luke Evans ha riempito tutte le caselle. Luke ha portato tutte le qualità di pericolo ma, ultimamente, quando ne aveva bisogno, poteva trasformarsi anche in un sorprendente eroe d’azione”.
Anche se Bard non conosce il vero scopo della missione dei nani, sa da subito di non fidarsi di loro ed ha anche paura di quale siano le loro reali intenzioni. “Bard ha tre figli che vivono alla giornata in questa città”, dice Evans. “Vuole che i suoi figli rimangano vivi ed al sicuro e farà quello che è necessario per proteggerli. Se può risolvere un problema senza spargimento di sangue, certamente è quello che farà. Ma ha a che fare dei nani roboanti, che sa di non poter controllare”.
Evans era emozionato non soltanto dal sapere di avere ottenuto la parte, ma anche che il suo accento gallese sarebbe stato incorporato nel tessuto stesso di Lake-town. La propria affinità di Jackson per il Galles, lo ha consigliato nell’usarlo come ispirazione alla città di Dale, i cui cittadini si sono rifugiati a Lake-town quando venne distrutta dal fiato letale del drago. Cos’ nel film, i discendenti di Dale parlano tutti in dialetto gallese. “Dale rappresenterà sempre il Galles per me, il che è una bella cosa”, dice Evans.
“La terribile tragedia accaduta agli antenati di Bard, aiuta a rendere il personaggio interessante ed un diverso tipo di eroe”, rimarca Boyens. “C’è in lui un’istintiva qualità e non perché è il più grande o il più forte. È perché ha la decenza ed il vero coraggio, oltre che un’empatia per la gente che lo circonda. La posta in gioco è molto alta per lui, perché ha dei figli che è in dovere di proteggere. Quindi abbiamo trovato queste due meravigliose giovani attrici, Peggy e Mary Nesbitt, arrivate dalla Nuova Zelanda con loro padre”.
Peggy e sua sorella minore Mary, sono le figlie dell’attore James Nesbitt, che interpreta il nano Bofur. Ad interpretare loro fratello, Bain, è John Bell, appena quindicenne e che è cresciuto di 10 centimetri durante il corso delle riprese. Questo ha rappresentato un problema per la squadra dei costumisti, che hanno imbrogliato creativamente aggiungendo polsini al suo costume man mano che lui cresceva. “Ho dovuto cambiare tre paia di stivali, credo”, ride Bell.
Sebben Bard riesca a supportare i suoi figli a dispetto dei suoi magri guadagni, vive tra persone che necessitano un cambio di fortuna. Jackson decrive Lake-town come “una sorta di citta di fabbriche quando l’industria se ne è andata. C’è la sensazione che tutta la ricchezza e la gloria del passato non abitino più qui, che ha permesso agli squallidi politici, come il Sindaco di Lake-town, di farsi una posizione e di sfruttare la miseria di queste persone. Ha un assistente di nome Alfrid, interpretato da Ryan Gage, ed insieme gestiscono questa miserabile città di acqua stagnante”.
Mentre il suo popolo agonizza affamato, il privo di scrupoli Sindaco di Lake-town siede su una sontuosa riserva di cibo ed una notevole riserva di ricchezze, praticamente l’esatto contrario di Bard. “Bard un personaggio scafato e con molto buon senso, ecco perché ha vissuto così a lungo, tanto da far dispetto al Sindaco”, dice. “Il Sindaco mantiene la popolazione sull’orlo della carestia, così che siano deboli e non possano ribellarsi, ma Bard sembra essere sempre un passo avanti a lui. Per certi versi, Bard diventa la luce in questo mondo molto oscuro in cui vivono”
Ad interpretare questo consumato politico, la produzione ha scritturato l’amato attore Britannico di cinema e teatro, Stephen Fry. “Credo che dire che Stephen era perfetto per il ruolo, sarebbe fargli torto”, sorride Jackson. “Ma c’è molta ironia e autorevolezza nel libro riguardo il Sindaco e siamo riusciti a trasportare tutto ciò sullo schermo, così che Stephen è sembrato molto naturale. È un così grande attore che è riuscito a catturare sia il lato urbano, forbito e suadente del Sindaco, sia a farci sentire la sua venalità e cupidigia, totalmente diverso da come è lui”.
Per quanto riguarda il Sindaco, Fry concede, “è un leader piuttosto importante ed eroico. Crede che la gente lo ami e lo rispetti e che nessuno sospetti la sua avidità o corruzione. Penso che ad un certo punto sia stata una figura carismatica, che per mezzo della sua intelligenza o per astuzia, sia stato eletto ed abbia continuato a mandare avanti la città. È molto attento alla tassazione e si accerta che Lake-town stia lontana dalle guerre”.
Goloso e grossolano, i suoi fronzoli regali di una volta, sono ora sfilacciati e rimodellati, costringendo i costumisti a scomporre faticosamente e distruggere lussuose selezioni di tessuto. “Immaginate la vetrata di una finestra, di un bellissimo broccato medievale che ora è limacciosa e mezza bruciacchiata—un casino”, lo descrive la costumista Ann Maskrey. “L’effetto dipinge il Sindaco come volgare, sudicio, molto trasandato ed alquanto ridicolo”.
Truccare il Sindaco ed il suo vassallo Alfrid è stato puro e sfrenato divertimento per il reparto. “Abbiamo avuto una discussione con Peter sul fatto di rendere il Sindaco il più rivoltante possibile”, dice King. “Così abbiamo fatto del nostro meglio per dargli una pessima acconciatura, denti marci e peli facciali a boccoli. Per Alfrid, abbiamo messo a Ryan Gage capelli unti, una pelle pessima e denti sporchi ed anneriti, colorati con uno speciale smalto per denti ogni mattina”.
Dato che è sempre a caccia di un occasione per fare soldi, il Sindaco sospende le sue tendenze all’isolamento quando sente delle voci, a proposito dello straniero che si nasconde a casa di Bard. “Il Sindaco è infastidito da gente come Thorin, che ha delle missioni e combatte per qualcosa; questa gente non porta altro che guai”, commenta Fry. “Lui crede che porterà solo perdizione nelle loro teste, pensando che sarebbe molto meglio tenere questa cosa nascosta alla gente che ha intenzione di raggiungere la montagna e disturbare il drago. Ma c’è una profezia che gira per la città, secondo la quale Thorin e gli altri arriveranno a riportare la prosperità, quando la montagna tornerà ad echeggiare ed i nani recupereranno tutto l’oro”.

IL DRAGO NELLA MONTAGNA

A dispetto delle forze che si uniscono contro di loro, Bilbo ed i nani percorrono la Montagna Solitaria per arrivare alla porta nascosta di Erebor, durante la fase finale del Giorno di Durin. E fedele alle istruzioni ricavate dalla mappa segreta, Thorin riesce ad aprirla usando la chiave del padre.
Boyens ha la sensazione che Armitage abbia portato una “bellissima semplicità” alla sua recitazione in questa scena. Riflette, “Questo dovrebbe essere un momento di trionfo per Thorin, mentre invece è un momento di emozione controllata: ‘Sono a casa, mi ricordo'”.
“Quando la porta si apre e Thorin inspira l’aria intrappolata dentro la montagna sigillata, la sua giovinezza, il Regno di Erebor, tutto gli ritorna in mente”, attesta Armitage. “È un grande momento per Thorin ed io ho sentito la sua gioia. Ma in quell’aria stantia c’è l’odore del drago, Smaug, che ha decimato il suo popolo, l’odore di pietra bruciata e le memorie di quelli che sono morti lì; è l’odore della morte”.
Una pericolosa sentinella potrebbe sorvegliare il tesoro dei nani, minacciando con pioggia di fuoco e distruzione ogni animo abbastanza coraggioso, o abbastanza folle che tentasse di reclamarlo. Questa virtuale missione suicida, è quella a cui è stato condotto Bilbo. “In questo film, riusciamo a comprendere perché i nani hanno bisogno di un ladro e cosa vogliono che lui rubi”, nota Jackson. “È la Arkenstone—una pietra mistica che i nani hanno scoperto nelle profondità della Montagna Solitaria. La Arkenstone non è dotata di alcun potere, ma è di particolare importanza per Thorin”.
“I nani sono consapevoli di quanto sia pericoloso il compito di Bilbo, con il drago molto probabilmente ancora in vita”, dice Ken Stott, interprete di Balin. “Secondo Balin, non ci sarebbe motivo di vergognarsi nel tornare indietro, ma Bilbo insiste nel continuare visto che ha promesso che lo avrebbe fatto e questo necessita di molto coraggio”.
Avventurandosi nella camera di Erebor, Bilbo scopre che tra la montagne di oro e gioielli, un drago dorme in silenzio. “Una cosa che distingue Smaug dagli altri draghi, a parte la sua stazza, è la sua personalità, creata da Tolkien”, dice Jackson. “Non è semplicemente un drago che parla e mangia esseri umani, e psicotico e molto, molto intelligente”.
Benedict Cumberbatch da la voce all’iconico ruolo di Smaug il Terribile. Anche durante il provino, i produttori sono rimasti stupiti dalla chiarezza della personificazione del drago da parte dell’attore. “Nel libro, Tolkien ha creato una magnifica drammatizzazione del personaggio”, dice Walsh. “È archetipale, un bellissimo personaggio da poter adattare ad una sceneggiatura, inoltre dopo aver visto e sentito Benedict fare queste cose straordinarie con la voce, abbiamo capito di aver trovato il nostro Smaug. Sapeva assolutamente chi fosse Smaug e come interpretarlo, corrispondendo assolutamente alla nostra visione del personaggio”.
L’attore Britannico ha dei ricordi vividi della creatura, da quando suo padre gli leggeva Lo Hobbit da bambino. “Mio padre è un attore straordinario, così ha portato in vita per me questo straordinario mondo degli Hobbit e dei draghi”, ricorda Cumberbatch. “È stato un modo bello di essere introdotto a un libro così incredibile. E così, quando hai la possibilità di andare a casa e dire a tuo padre, ‘Interpreterò Smaug e devo ringraziare te per questo’, è un giorno di grande soddisfazione nella vita di un attore. Lui interpretava Smaug con questa voce roca, una creatura ringhiosa, così io ho rubato a mio padre per fare mia quell’intepretazione”, aggiunge con un sorriso.
Freeman è stato felice di avere il suo amico e compagno di lavoro, nella celebrata serie della BBC, “Sherlock” interprete della sua nemesi nel film. “Abbiamo fatto il provino quasi nello stesso giorno a Londra, mentre stavamo girando la prima serie di ‘Sherlock'”, ricorda Freeman. “Era entusiasta di farlo ed io ho pensato che sarebbe stato molto bello. Ben è veramente un ottimo attore. Brillante fisicamente e con una gran bella voce”.
L’insegnante di dizione McPherson ha lavorato con Cumberbatch per perfezionare la sua performance vocale ed è rimasto impressionato dall’impegno dell’attore. “Ha fisicamente esplorato ogni momento e lavorato con differenti qualità di suono, fino a trovare esattamente chi fosse Smaug in quel momento”, dice McPherson. “Un momento creativo straordinario, di cui sono stato testimone. So che Smaug genera molto terrore e batticuore, ma lui mi ha provocato solo piacere”.
La manifestazione fisica di Smaug, è stata realizzata dagli artisti della Weta Digital, con l’impegno di tutti gli uomini disponibili, oltre che dei disegnatori della Weta Workshop e Weta Digital. “C’è voluta molta anticipazione per questo personaggio, il che è un’arma a doppio taglio perché se non riuscivamo a consegnare Smaug, eravamo nei guai”, ammette Jackson. “Certamente non ho partecipato a molti meeting con la sua visione in mente. L’unica cosa che sapevo dall’inizio, è che volevo fosse enorme—molto più grande di quanto si possa immaginare—perché oltre alla sua intelligenza ed astuzia, volevo che la sua mole da sola fosse terrificante per il piccolo Hobbit”.
Jackson ed il suo team hanno stabilito la sensazione che la pura stazza di Smaug nel primo film, per il quale il mandato del regista era che la sua sola testa fosse “grande quanto un autobus”. Questo semplice assaggio della creatura, ha stabilito uno standard per quando sarebbe netrato in scena in “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug”. “Abbiamo avuto molti incredibili artisti che hanno lavorato su Smaug ed abbiamo voluto stabilire dei parametri, oltre che un certo grado di libertà per raggiungere l’obiettivo”, fa notare Jackson. “Questo è quello che amo, perché mi da la possibilità di scegliere motli disegni diversi ed iniziare a comporre il personaggio”.
Il celebre illustratore di Tolkien, John Howe ha passato le ultime decine di anni ad illustrare i personaggi della Terra di mezzo, ma ha lasciato che la sua immaginazione spaziasse nei suoi disegni iniziali. “Tolkien non ci dice molto sul drago, ma in ogni caso lui è maestro nell’evocazione piuttosto che darci un’esaustiva descrizione”, spiega Howe. “In poche parole, sappiamo che Smaug è grosso, rosso dorato, ha le ali e sputa fuoco. È stato emozionante poi, sviluppare energia vitale nella sua struttura, e in seguito, una volta che le forme e le sagome sono messe a posto, si può lavorare ai dettagli, come ad esempio il primo piano degli artigli”.
Alla Weta Digital, il drago è stato costruito strato dopo strato, dalla froma dello scheletro al modo in cui si muove fino alla struttura della pelle, quest’ultima rifinita dal supervisore e art director creativo, Gino Acevedo, il cui reparto ha lavorato su Smaug per oltre due anni e mezzo.
“Dato che il personaggio è enorme, c’è voluta molta pelle per coprirlo tutto”, nota Acevedo.
Creare un drago in digitale con quella incredibile presenza e personalità che aveva in mente Jackson, ha richiesto agli animatori di incorporare non solo il lavoro di disegno, ma anche la recitazione di Cumberbatch. Per dare una sensazione di movimento del drago alle sue vocalizzazioni, l’attore ha registrato il suo dialogo in movimento in un teatro apposito, guidato dal supervisore delle motion capture, Dejan Momcilovic. Mentre il personaggio non è stato creato attraverso la performance della raccolta dati, la sessione di Cumberbatch ha fornito un riferimento per gli animatori.
“Ovviamente, la faccia del drago è molto diversa da quella umana, ma abbiamo preso alcune delle idee di Benedict dalla sua performance e le abbiamo incorporate nella personalità di Smaug”, spiega Letteri. “Abbiamo anche lavorato con tutte le idee applicate al disegno, facendo attenzione che l’attore recitasse così come noi volevamo riportarlo sullo schermo. Questo ha significato una scomposizione più dettagliata, poiché abbiamo voluto fare molta attenzione ai dettagli, come le scaglie intorno agli occhi e come si abbinavano alla struttura della pelle e delle palpebre”.
Ognuna delle scaglie di Smaug è stata digitalmente pitturata a mano, per rappresentare al meglio le imperfezioni ed i difetti, per rispecchiare la sua storia e la sua età. Letteri nota, “Quando lo si osserva da vicino, si deve vedere la sua faccia coperta da cicatrici, causate sia da battaglie con altri draghi che da vari attacchi”
Smaug si svela a Bilbo in tutta la sua grandezza quando sente immediatamente che dopo tanto tempo, passato a far nulla, non è più da solo. “È un predatore”, lo descrive Cumberbatch. “I suoi sensi sono altamente sviluppati e quando sente un’intrusione, ne viene intrigato. C’è un elemento di gioco che fa con Bilbo, che è bello perché prova ad usare la logica umana per farlo uscire allo scoperto e ottenere informazioni sul suo conto”.
Freeman si è gustato ogni momento del suo incontro con il gigantesco drago. “Proprio come la storia tra Gollum e Bilbo descritta nel libro, che è adorabile, quella tra Smaug e Bilbo diventa leggendaria”, riflette Freeman. “È una battaglia di arguzia, sebbene Bilbo la usi unicamente per rimanere in vita. Non si sente particolarmente astuto, ma fa quello che deve essere fatto, non senza fatica”.
Nel corso del loro gioco al gatto e topo, la lealtà ed il ritrovato coraggio di Bilbo, vengono messi alla prova dallo psicopatico Smaug. “Non importa quanto sei intelligente, Smaug lo è di più”, rivela Jackson. “Non si può nascondergli nulla, perché lui lo scoprirebbe subito. Può diventare affascinante in certi momenti, ma poi scopriamo la falsità insita nel suo fascino. Ci sono alcuni momenti in cui riesce a stento a trattenere la sua furia psicotica, che lo rende imprevedibile e spaventoso. Questo ha reso divertente e piacevole scrivere di questo personaggio e Benedict lo interpreta alla perfezione”.
Attorniato dal suo vasto impero aureo, Smaug diventa furioso al pensiero di dover perdere anche un solo pezzo di esso. “E questo indica il suo livello di cupidigia”, dichiara Cumberbatch. “Smaug è il simbolo estremo della corruzione del potere. Lui è un serpente che dorme sulla cima di una montagna d’oro. Non è altro che un’umida discarica in cui si è ritirato, senza gioia o buonumore. È vanaglorioso ed orgoglioso del suo stesso potere e ricchezza, ma questa è stata anche la sua rovina”.
Per Jackson, questo incontro fatale rappresenta un punto di svolta nella storia, che aumenta l’attesa per il gran finale della trilogia. “Quello è il piacere di raccontare un viaggio singolare con questi personaggi, che vengono messi alla prova e devono far fronte a molte pressioni ed influenze nel corso dei tre film”, dichiara Jackson. “Le dinamiche della storia iniziano ad orientarli, non solo in termini di quanto gli succede, ma anche quanto li coinvolge. L’abilità di formare il percorso di questi personaggi nei tre film e di spingere la narrativa costantemente in avanti attraverso ognuno di loro, è il vero privilegio dell’aver fatto la trilogia di and ‘Lo Hobbit'”.

NELLA NATURA SELVAGGIA:
ESPLORANDO TERRITORI SCONOSCIUTI NELLA TERRA DI MEZZO

“Non avrei mai dovuto lasciare Bag End, quello è stato il mio primo sbaglio.
Abbiamo un piccolo detto nello Shire, lo impariamo sin dalla nascita:
mai avventurarsi ad Est!” — Bilbo Baggins

La trilogia di “Lo Hobbit” è stata girata contemporaneamente in un blocco iniziale di produzione di oltre 266 giorni, riunendo il cast e la troupe in seguito, per girare ulteriori scene che avrebbero arricchito “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug”. La produzione ha occupato per intero gli otto acri di cui è composto lo studio di Miramar in Nuova Zelanda, incluse le sei sale di registrazione degli Stone Street Studios. Il cast e la troupe hanno lavorato nelle due isole maggioi della Nuova Zelanda per dare vita ai desolati paesaggi attraversati dalla Compagnia, nel loro viaggio finale verso Erebor.
“In questo film, ci muoviamo in nuovi territori della Terra di mezzo, che noi, come produzione, non avevamo ancora esplorato”, commenta Jackson. “Ci siamo lanciati in un’avventura ambientata in territori sconosciuti, raffigurando mondi con i quali non ci eravamo mai confrontati nel passato”.
La dedizione di Jackson ed il suo team, nel rendere la Terra di mezzo con il maggior numero di dettagli, unità e realismo possibili in ogni aspetto della gigantesca produzione, dai disegni iniziali fino al mixage finale. Questo impegno ha richiesto un’assoluta armonia tra i reparti creativi, con progettazioni evolute in sempre minori circoli di rifinitura, in una catena di eventi che avrebbe richiesto mesi, forse anche anni, di lavoro.
Come per la trilogia di “Il signore degli anelli”, uno dei primi punti di partenza è il lavoro di disegno concettuale dei celebri illustratori di Tolkien, John Howe e Alan Lee, che hanno dimostrato di essere fondamentali nella formazione dei molti personaggi e la spina dorsale dei paesaggi visti nel film.
“Peter è molto interessante in quello che descrive e quello che vede, in maniera simile a quella di Tolkien per il libro”, nota Howe. “Non ci dice mai come devono apparire le cose; ci dice quali emozioni vuole provare quando le guarda. Ci dice di volersi sentire spaventato o irrequieto, oppure incantato e invitato. Otteniamo il suo responso come spettatore, piuttosto che ricevere note precise sul disegno, il che è emozionante perché significa che siamo riusciti ad ottenere l’effetto voluto. È un processo di lavorazione molto divertente per noi”.
Lee aggiunge, “Io e John mettiamo sul tavolo molte idee e, invariabilmente, Peter ci fornisce alcuni dettagli eccitanti o approcci ai quali non avevamo pensato. Ha una conoscenza notevole non soltanto dei disegni che gli abbiamo già sottoposto, ma anche di quelli che potremmo ideare in futuro. Si riferisce spesso a disegni che non ricordo di aver mai fatto”, sorride.
Lo scenografo Dan Hennah, nominato all’Oscar per “Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato”, insieme al supervisore art director / arredatore Simon Bright ed al decoratore Ra Vincent, ha diretto il reparto artistico che ha lavorato senza sosta per costruire set dettagliati e completi, con un rapido turnover.
Lavorando con un’ampia coalizione di menti creative, Hennah ed il suo team hanno creato una miniatura virtuale della Terra di mezzo, in 94 modelli per l’intera trilogia, costruiti in scala 1:16 o 1:25. Hennah ha poi supervisionato la costruzione di set reali, che hanno dato realismo e raffinati dettagli in ogni fase del viaggio della Compagnia, dalla naturale struttura della casa di Beorn, ai traballanti e irregolari livelli di Lake-town fino alla montagna d’oro nelle profondità di Erebor.
Il reparto artistico ha ingaggiato una ricchezza di tecnici, artisti e manovalanza locale da tutta la Nuova Zelanda, per garantire autenticità ad ogni livello di fabbricazione, incluso scultori, ingegneri, ceramisti, modellisti, tessitori, stuccatori, tappezzieri, fabbri, maglieristi, fabbricanti di lame, fabbricanti di reti, maestri d’ascia, mobilieri, fonditori di bronzo, un creatore di luci al piombo, chef, gioiellieri e calligrafi.
Per lo studio famoso nel mondo degli effetti speciali, la Weta Workshop, sotto la direzione del direttore creativo e cofondatore Richard Taylor, il secondo film della trilogia ha rappresentato una crescita ad un nuovo livello del disegno e della manifattura. Oltre a realizzare le protesi perBilbo ed i nani, già ammirati nel primo film, Taylor ed il suo sono stati incaricati di realizzare le armature, le armi e le protesi, in collaborazione con Jackson, la squadra di disegnatori e la Weta Digital, per le molte creature digitali che popolano il film. La Workshop si è evoluta negli anni, dal lavoro critico svolto per “Il signore degli anelli” ed ora i suoi artisti scolpiscono modelli digitali usando un pennello z sul computer, invece di usare l’argilla. Hanno anche aggiunto una decina di robot alla loro squadra.
“Nonostante fossimo vissuti nella Terra di mezzo per dodici anni, volevamo ideare un modo originale per creare personaggi memorabili di quel mondo, così che gli spettatori non avessero l’impressione di vedere cose già viste prima”, nota Taylor. “Allo stesso tempo, dovevamo assicurarci che tutto aderisse a livello di disegni e Peter è il giudice supremo in questo. Ma ho la sensazione che si sia concesso una grande libertà per la trilogia di ‘Lo Hobbit’, perché ha gettato le basi di cultura e disegno nella creazione di un mondo credibile, nel quale poter spaziare un po’ di più e queato è stato stimolante per noi, perché ci ha sciolto un po’ le briglie e ci ha permesso di sperimentare con più libertà”.
Le loro creazioni si integravano con quelle del supervisore alle acconciatore e trucco, Peter Swords King, candidato all’Oscar per “Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato”. Il puro volume di lavoro messo in campo da King ed il suo team, ha prodotto 752 parrucche e 263 barbe, ognuna fatta su misura per il cast principale e le loro varie controfigure. Solo per i 13 nani, il reparto di King ha realizzato 91 parrucche.
I costumisti Bob Buck e Ann Maskrey si sono divertiti a vestire una nuova razza di persone a Lake-town, descritte da Buck come “un eclettico mix di Europei dell’Est, Siberiani e Tibetani, con dettagli orientali”.
In totale, sono stati creati 400 costumi solo per Lake-town. I costumi sono stati disegnati per esprimere come una volta la fiorente città aveva passato tempi pessimi, rendendo i vestiti di questa povera gente, usurati e sbiaditi. Maskrey nota, “Abbiamo usato molte pellicce e strati di imbottiture. Abbiamo preso come riferimento i contadini russi ed abbiamo guardato le foto seppiate degli operai e le pitture russe del tardo 1800/primo 1900”.
Oltre alle nuove culture, i costumi della Compagnia dei nani sono stati sottoposti a numerosi, spesso radicali, cambiamenti durante il corso delle riprese. “I nani sono, per molti aspetti, personificati dai loro abiti e la cosa pazzesca è che durante il film se li perdono, finendo per indossare abiti umani”, dice Bob Buck. “Per un esiliato, ciò non rappresenta solo una grande umiliazione ma anche una perdita di identità, che non fa altro che rafforzare la loro determinazione nell’arrivare alla fine della ricerca e rientrare in possesso della loro patria”.
Lo stesso processo di disegno è stato applicato alle culture che la Compagnia incontra nel loro viaggio verso Erebor. “Vanno verso Est, quindi abbiamo usato influenze orientali”, spiega Hennah. “Ci stiamo anche avvicinando all’inverno, quindi al freddo che preoccupa. La tensione cresce, e dovunque vadano, vanno verso una minaccia sicura. Questo da a tutto quanto una sensazione di gelo, con una infusione di umido quando raggiungono Lake-town. Ad Erebor, ci sono grandi corridoi di frddo marmo. Ovviamente, c’è anche un nucleo centrale di calore che diventa sempre più rovente quando si sveglia il drago”, scherza.
L’inverno che incombe e le forze oscure che crescono nella Terra di mezzo, ci mettono a conoscenza della caratteristica visiva del secondo film, al quale ha dato le luci il direttore della fotografia Andrew Lesnie. “Questo è un mondo così profondo, così ricco di struttura e storia che offre meravigliose opportunità di espressione creativa, specialmente quando i protagonisti si muovono in zone sconosciute”, dice Lesnie.
Proseguendo con le tecniche usate per il primo film, “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug” è stato girato in 3D con la macchina da presa digitale all’avanguardia, Red Epic, a 48 fotogrammi al secondo (fps). Compatte e mobili, le macchine da presa si adattano facilmente ai dolly, alle gru ed alle riprese a mano, registrando molte pià informazioni rispetto alle macchine da presa tradizionali (35 mm.). Gli operatori di ripresa hanno potuto contare su 48 mdp Red Epic e 24 3D piattaforme dalla società specializzata in 3D, 3ality, per offrire a Jackson possibilità illimitate.
“Mi piace girare con la profondità che offre il 3D, ed anche come si muovono gli oggetti in relazione tra loro”, commenta Jackson. “Ho girato il film come lo avrei fatto normalmente, ma riuscire a realizzare quella dimensione extra è un bonus aggiunto. Volevo che il pubblico potesse entrare in questo mondo e sentirsi parte di esso”.
Lesnie ed il suo team hanno dato sfogo alla loro creatività per ottenere la luce richiesta dalle scene. L’innovazione ha incluso il “Colosseum rig”, ideato dal team di Lesnie, che riusciva a creare le ombre dell’aurora e l’ambiente notturno in ogni condizione di luce, per mezzo di una serie di vele composte da teloni leggermente colorati, che potevano essere spiegati in ogni configurazione su una superficie di 100 m2. Per simulare la luce della luna, delle impalcature aerodinamiche contenenti 288 tubi al fluoro di circa un metro, sono state appese sopra il set. Leggera e controllata da remoto, quest’attrezzatura ha facilitato l’abilità di Lesnie, nel selezionare il numero di tubi necessario per raggiungere le condizioni di luce ideali. “Entrambe le strutture sono state importanti per riuscire ad illuminare il labirinto di costruzioni costituito da Lake-town”, dice Lesnie.
Quando la produzione ha abbandonato gli Stone Street Studios per nove settimane di riprese in esterni, due troupe indipendenti si sono messe in moto—la principale, guidata da Jackson e la seconda guidata da Andy Serkis—sfidando i capricci del meteo e coordinandosi con il GPS, per percorrere le numerose e remote località per le riprese.
Alla ricerca di panorami suggestivi per catturare le immagini che sarebbero servite per raffigurare la Terra di mezzo di Jackson, il regista ha messo alla prova il team degli scout con la gamma di Rock e Pillar, che fa da sfondo alle Dale Hills ai piedi della Montagna Solitaria. A metà delle riprese, è arrivata una tempesta ed è stato necessario evacuare il set, prima che le condizioni di volo diventassero proibitive. Ad un altitudine di 1300 metri sul livello del mare, questi luoghi accessibili solo per mezzo di elicotteri, necessitavano di quello a che la produzione ha definito “Operation Thunder”—una tirata ora e mezza durante la quale dieci elicotteri a rotazione, hanno trasportato 120 membri della troupe e 15 carichi di attrezzature giù dalla montagna.
Mentre si stava girando agli Stone Street, il montatore Jabez Olssen ha lavorato sul set con il regista, per permettere a Jackson di accedere alle scene immagazzinate nel server. Ma con una così grande serie di luoghi in cui girare in esterni, Olssen ha deciso di impacchettare la sua attrezzatura per il montaggio e continuare il suo lavoro per strada.
Armato di un sistema Avid portatile, insieme ad una postazione per il montaggio, che altro non era se non un camper attrezzato alla bisogna, Olssen e Jackson sono riusciti a montare le scene girate giornalmente, senza doversi preoccupare di dove fosse il set. Olssen racconta, “Ci portavamo il sistema portatile giù sulla riva del fiume oppure, con il mio assistente salivamo sulle montagne e ci sistemavamo dove la troupe stava girando. È piuttosto insolito per un montatore lavorare sul set in esterni e vedere questi ambienti incredibili dove si sta girando il film, quindi è stata una magnifica esperienza”.
Gli effetti visivi del film sono stati creati dal team della Weta Digital, capitanati dal supervisore anziano agli effetti visivi Joe Letteri, che ha ottenuto la sua ottava candidatura all’Oscar per la trilogia di “Lo Hobbit”. Gli effetti visivi di “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug” includono una moltitudine di ambienti digitali, effetti acquatici e di fuoco ed innumerevoli creature digitali. Il supervisore agli effetti visivi Eric Saindon, è stato sul set ogni giorno per controllare e supervisionare ogni componente digitale. Il suo team ha condotto rilevamenti tradizionali sul set, fatto migliaia di foto come guida, collezionato informazioni tecniche di ripresa ed usato speciali attrezzature cromatiche per raccogliere dati di luce. Una delle attrezzature più innovative usate dalla produzione, è stato lo scanner a 3D Lidar, un congegno che registra i dati di ogni set, in studio e in esterni, raggiungendo il suo apice quando è stato usato per scannerizzare un chilometro quadrato di terreno in due giorni.
Per la creazione dei fondali in CGI per le scene live action, il team della Weta Digital ha scritturato il disegnatore Alan Lee, che riceveva numerose foto ogni giorno a proposito dei personaggi o di oggetti ripresi su green screen, che doveva illustrare con intricati disegni. “Ci siamo confrontati con un diverso sistema di costruzione, uno nel quale tutti costruiscono, strutturano e pitturano al computer”, commenta Lee. “È una parte molto divertente del lavoro”.
La Weta Digital ha anche utilizzato una tecnica soprannominata “Faux cap”, che consisteva nel piazzare macchine da presa portatili e flessibili in giro per il set, per determinare una veloce e semplice base per il movimento dei personaggi.
La produzione ha inoltre continuato ad esplorare le potenzialità delle macchine da presa, con una tecnica di slave motion control (slave mo-con) per filmare attori di altezza simile, in modo di mettere in evidenza la grande differenza di taglia. “Lo slave mo-con ci permette di operare una mdp con una mdp che automaticamente segue lo stesso percorso sul green screen”, descrive Jackson. “Il movimento è precisamente coordinato, tranne per il fatto che è graduato diversamente per mostrare che Gandalf o un elfo sembrino più alti al cospetto di un nano o uno Hobbit. È matematicamente molto complicato ma il suo effetto è spettacolare”.

DAL BOSCO ATRO A EREBOR:
LA COSTRUZIONE DEL MONDO IN NUOVA ZELANDA

“Lo Hobbit: La desolazione di Smaug” mostra un’ampia gamma di paesaggi della Nuova Zelanda: Turoa Skifield è stato il fondale per l’approccio verso la porta nascosta di Erebor; Paradise ha formito Beorn di un cortile suggestivo; Canaan Downs è diventata la Anduin Valley; Glenaray Station è stata usata per le High Fells; Takaro Lodge è diventato il confine sud di Bosco Atro; e il fiume Pelorus è diventato il Fiume della Foresta. Alcune scene dei barili che galleggiano sul fiume sono state girate vicino la diga Aratiatia di Lake Taupo.
Martin Freeman si meraviglia, “Ogni set sembra sia stato fabbricato da Dio, e loro lo mettono in piedi in appena tre ore. È follia, pura follia”.

NELLA TANA DEL CAMBIAPELLE

La casa del cambiapelle Beorn è stata trovata a Paradise, Glenorchy, nella parte meridionale dell’isola di Nuova Zelanda. L’esterno della casa della gigantesca creatura, è stata realizzata in due set a 200 metri di distanza, per poter filmare la suggestiva vista della zona circostante.
Una combinazione unica di influenze hanno guidato la progettazione della casa di Beorn, inclusi i riferimenti nel libro ad una casa norvegese, oltre ai riferimenti della natura di Beorn come cambiapelle. “Lui ha cento anni ed è rimasto bloccato nella boscaglia per costruire questa casa, così abbiamo pensato che potesse essere anche un intagliatore”, nota Hennah. “Ha intagliato immagini iconiche su travi, porte e finestre, così da dare diversi strati di profondità al legno”.
Manifestanre questi intagli, ha richiesto una confluenza di disegno e manualità di artigiani locali, che abbiamo assunto per le lavorazioni del legno. John Howe spiega, “Sono stato fortemente ispirato dalle doghe delle chiese norvegesi e dalla tecnica di intaglio del legno norvegese, con alcuni motivi nordici raffigurati. Ad ogni modo, la maggior parte degli intagliatori che hanno costruito il set, erano Maori o conoscevano l’arte Maori ed hanno dato un tocco meraviglioso al loro lavoro. Tutto sommato, è familiare ma ultraterreno e si adatta perfettamente alla Terra di mezzo”.
Gli interni sono stati costruiti a misura di nano in un teatro di Wellington, un set che era 1.8 volte più grande del reale, per creare l’effetto di Beorn, alto oltre 3 metri, incombente sui nani.
Animali allevati per la loro grossa taglia, sono stati portati sul set per ritrarre il suo serraglio. “Maiali grossi come mucche, mucche grosse come cavalli e cavalli…beh, dovevano essere i cavalli più grossi del mondo”, osserva McKellen.

NEL REAME DI WOODLAND

La foresta di Bosco Atro è un ambiente complesso del film, che ha creato una miriade di problemi pratici alla produzione. Per conferire una realtà cinematografica a questo memorabile passaggio del libro, è servito un set che potesse evocare pericolo e degrado, ma che fosse in grado di accogliere lunghe scene di azione ed effetti visivi. Il supervisore alla previsualizzazione (Previs), Christian Rivers ha lavorato con Jackson per sviluppare appieno la lunga sequenza prima di girare, per aiutare a gettare le basi dei requisiti tecnici necessari al set.
L’enorme, tossica foreste è stata realizzata con 32 giganteschi alberi intagliati nel polistirolo, alti 10 metri e che potevano esser utilizzati di nuovo per creare ambienti diversi. Gli alberi sono stati poi ricoperti con una corteccia di lattice ed ogni elemento della foresta, inclusi funghi, arti e detriti vari, sono stati pitturati con colori brillanti per esaltare la caratteristica allucinatoria della foresta, sebbene questo non compare così brillante nel film. Quando le riprese del Bosco Atro sono state desaturate in post produzione, ha creato un effetto sbiadito su Bilbo ed i nani, come se la foresta stessa avesse prosciugato le loro energie. Ma sul set, scherza Jackson, “Sembrava quasi fossimo tornati nel 1967”.
I Ragni Giganti che danno la caccia alla Compagnia sugli alberi, sono una creazione della CGI animata a mano dalla Weta Digital. “Peter voleva che tutte le azioni fossero ambientate su un baldacchino, con i ragni che usavano le ragnatele per spostarsi sui rami delle cime degli alberi”, ci riferisce Joe Letteri. “Con tutto quello che succede in quello spazio, potevamo veramente girarlo in 3D, ma dovevamo coreografare precisamente i ragni e dovevamo sapere dove avrebbero poggiato le zampe, per avere l’azione inquadrata verso la mdp”.
Mentre gli attori imparavano, comunque, le gigantesche ragnatele nelle quali racchiudono i nani, sarebbero state realizzate praticamente. “Avvolgevano queste reti intorno agli attori come fogli di plastica e una volta che eri lì dentro dovevi rimanere così”, ricorda Dean O’Gorman, che interpreta Fili. “Era divertente perché non vedevamo niente, ma riconoscevamo un gomito o una gamba. Mentre aspettavamo, sentivamo il lamento dei nani. Poi, quando erano chiamati all’azione, potevamo strappare tutto, che era molto liberatorio”.
Per dare algi attori qualcosa contro cui combattere sul set, il coordinatore delle controfigure Glenn Boswell, ha vestito i suoi stuntmen come “Kermits”—così chiamati a causa del colore verde delle loro tute—che sarebbero stati in seguito rimpiazzati con i ragni. “Non si può agitare un’arma in aria, tirare colpi fisicamente e farlo sembrare come fosse un contatto”, commenta Boswell. “Così abbiamo dato agli attori dei bersagli da colpire, delle toppe verdi e adesivi dello stesso colore”.
Il tema della foresta continua nella fortezza di Thranduil nel Bosco Atro, un complesso sistema di caverne calcaree scavate nella montagna, con enormi radici di alberi e acqua che proveniva dal fiume che gli scorreva attraverso. “Il progetto principale è una reminiscenza degli elementi art nouveau usati a Rivendell, ma in un ambiente molto più circoscritto”, dice Hennah. “Gli elfi della foresta provengono dalla foresta ed hanno trovato un luogo sicuro dove potersi difendere, all’interno di questa montagna, ma si sono portati la foresta con loro e quindi tutti i pilastri sono intagliati come gli alberi. Non è solo una caverna dal fondo piatto; ci sono anfratti, passerelle e grandi ponti di pietra calcarea nel bel mezzo di essa”.
La sua ampiezza ha richiesto di essere creata quasi totalmente in CG, oltre a numerosi set fisici, tra i quali l’imponente stanza del trono di Thranduil, la cantina degli elfi e le celle dove i nani vengono rinchiusi.
La loro fuga nei barili lungo il fiume conclusasi nelle rapide, ha rappresentato una delle più grandi sfide affrontate dalla produzione. “Girare sull’acqua è difficile, nel migliore dei casi”, nota Jackson, “ma per la scena dei barili, come l’avevamo ideata, non ci serviva un fiume calmo—volevamo che gli attori nei barili, senza coperchio, andassero giù dalle rapide più imponenti e mortali che si possa immaginare. Quindi, quello che abbiamo escogitato non è stata una sola soluzione, ma una somma di diversi approcci”.
Per consentire a Jackson di lavorare con gli attori in un ambiente interno, sicuro e controllato, il reparto degli effetti speciali, il reparto artistico ed il team delle controfigure hanno lavorato insieme per costruire un fiume indoor, che Jackson descrive come “una lunga corsa in un parco a tema” Il set a forma di rene, è stato costruito per essere abbastanza grande, nel suo punto più stretto, da ospitare due barili, mentre il coordinatore degli effetti speciali Steve Ingram ed il suo team hnno installato un potente motore jet da 500hp, per far circolare gli oltre 300 metri cubi di acqua. Per assicurare l’incolumità del cast, Boswell ed il team delle controfigure si sono immersi in contenitori galleggianti per testare la galleggiabilità dei barili, usando tubi gonfiabili e zavorre d’acciaio.
Per le scene in esterni in acque pressoché calme, la compagnia si è spostata sul fiume Pelorus. Sebbene visivamente spettacolare, il fiume scorre lungo una stretta gola, rendendolo virtualmente inaccessibile alle attrezzature della produzione. La soluzione è stata di stendere un ponteggio di 100 metri dal piazzale del parcheggio attraversando il fiume, sospeso sull’ acqua. Il supervisore degli scout Jared Connon ricorda, “Avevamo la nostra gru da due tonnellate, sospesa su uno sperone di roccia, Jet Ski sul fiume, piattaforme per le controfigure in ogni dove e i ragazzi degli effetti speciali che creavano una piccola cascata”. Appena terminate le riprese, è iniziato a piovere forte, quasi allagando l’intero set.
Jackson voleva anche riprendere alcune immagini dei barili nel mezzo delle rapide infuriate, un proposito quasi impossibile in Nuova Zelanda. Ma la memoria del regista ci ha fornito la risposta—la diga Aratiatia situata vicino al Lake Taupo—che aveva visitato in passato assieme ai suoi genitori. “Sotto la diga c’era questo burrone roccioso con circa un miglio di curve e tornanti”, spiega in dettaglio Jackson. “Per gran parte del tempo è secco, ma ogni tre o quattro ore, quando le enormi chiuse della diga si aprono, diventa il più orribile e turbolento corso d’acqua che si possa immaginare”.
La produzione sapeva che non poteva mettere delle persone nei barili e buttarli in queste rapide, ma che avrebbero dovuto ricostruire la scena in digitale per la parte più pericolosa della sequenza. L’intera scena era sta già vista in previsualizzazione, scomposta meticolosamente nei suoi diversi elementi che avrebbero formato l’intera scena. Christian Rivers ed una piccola troupe della Weta Digital, hanno raggiunto la diga di Aratiatia per raccoglierne quante più possibili immagini, sincronizzandosi con la compagnia idroelettrica che manovra la diga. Con le macchine da presa posizionate strategicamente lungo il miglio di lunghezza della gola, hanno messo in acqua i barili con cura—alcuni avevano a bordo camere digitali GoPro, installate per fare riprese dal loro punto di vista—e poi lanciati verso le rapide per circa 10 minuti di percorso. “Poi, dopo che la diga ha chiuso i boccaporti, abbiamo recuperato i barili e siamo andati a prendere una tazza di tè”, ricorda Jackson con un sorriso.
Letteri ritiene che gli artisti della Weta Digital ha trattato virtualmente ogni singolo fotogramma della scena, in un modo o nell’altro, sia creando un’ambientazione, un personaggio digitale o simulazioni acquatiche. “Per noi, sono state le tre cose più difficili da mettere insieme, da un punto di vista degli effetti visivi”, osserva. “Abbiamo riconfigurato e ricostruito la via d’acqua costantemente, mentre affinavamo l’animazione. Tecnicamente, la cosa difficile è stata la simulazione dell’acqua, perché spingevamo tonnellate di acqua giù per le rapide, mentre integravamo i barili e le animazioni nella maniera giust”
“Creando questo mix di live action con gli attori e l’acqua digitale, credo che gli spettatori avranno realmente la sensazione di trovarsi dentro quei barili, in quel terrificante tratto di fiume”, dice Jackson.

UNA CITTA’ DI UOMINI

La razza degli Uomin arriva per la prima volta nella trilogia di “Lo Hobbit: La desolazione di Smaug”, non in una fortezza costruita per i Re, ma in una città in rovina di strutture in legno, costruita sull’acqua da gente regolare. “Con Lake-town, osserviamo un nuovo mondo—il mondo degli Uomini”, nota Fran Walsh. “Trovarsi in questo ambiente nuovo, da un senso di eccitazione e di avventura come quando si affronta l’ignoto”.
I suoi disegni si sono evoluti dai riferimenti del libro a quei tipi di villaggi Celtici, occupati dagli abitanti dei laghi svizzeri. “Abbiamo anche preso ispirazione dalla stupefacente architettura in legno che si vede in Russia”, dice John Howe. “E sotto il legno scopriamo che il villaggio sorge in cima alle rovine di un’antica città di pietra”.
Il favorito per molti membri del cast e della troupe, il set di Lake-town è stato costruito in due luoghi: un ampio set in esterni che si spande per circa un chilometro quadrato, costruito in dodici settimane; e versioni multiple di un set multilivello nel teatro K degli Stone Street Studios, ampio circa 400 metri quadrati al suo apice.
Il decoratore Ra Vincent notea, “Si trattava di sovrapporre architetture ed oggetti. Abbiamo costruito dei grandi set così che potevamo guardare attraverso un groviglio di roba, dove ferveva l’attività—barche in navigazione durante le riprese, persone che facevano le proprie cose come pescare o lavorare”.
Ogni set di Lake-town era costituito da 40 costruzioni diverse, assemblate su ruote così che le potessimo muovere facilmente. Abbiamo piazzato delle aperture strategiche in ogni struttura, così da poter essere agganciate alle gru e riallocate. Dato che a Lake-town è inverno, l’intero set è stato coperto con la neve realizzata dalla Epson Salt, e fogli di cera a rappresentare il ghiaccio, galleggianti sulla piscina che circolava in basso. Il supervisore art director Simon Bright commenta, “Lake-town era complicata perché l’abbiamo costruita su un set umido, così abbiamo adottato il sistema delle taniche per l’intero set”
Filmare sui vari set ha presentato numerosi ostacoli per la troupe delle riprese. “Dovevamo usare i set in esterna solo per le riprese notturne, ma inevitabilmente abbiamo finito per girarci anche i tramonti, l’alba, giorno e notte ed è stato difficile”, nota il direttore della fotografia Andrew Lesnie. Ma ha avuto piacere di filmare l’atmosfera unica della città, notando anche “Era un po’ contorta, piegata e deformata, piena di canyon, aree sotterranee e piazze che è complicato per le macchine da presa ma anche un ambiente meraviglioso in cui comporre le singole riprese. Quando inquadravamo un lungo e stretto canale, sentivamo lo spazio stretto intorno a noi, specialmente in 3D”.
Per Jackson, era importante infondere le scene di Lake-town con un sentimento unico e la sensazione della sua gente. “Volevamo che il set stesso raccontasse della situazione che stavano vivendo queste persone, i giorni gloria andati e la sua tristezza”, dice. “Sembra quasi la Londra di Charles Dickens, ma noi volevamo anche creare per Lake-town un effetto di mistero, ombre nella nebbia, quasi un film noir “.

LA CITTA’ SOTTO LA MONTAGNA

Il viaggio dei nani verso Est, li conduce infine nella loro patria di Erebor, la città èerduta dei nani costruita all’interno della Montagna Solitaria. “da fuori, tutto ciò che si riesce a vedere è un portone, ma una volta attraversato si entra in un incredibile mondo di arte, ricchezze, architetture e luci dorate”, descrive Jackson. “È la loro sacra patria, un impero sotterraneo dove hanno estratto, lavorato e dato forma ad una fortuna in gemme ed oro. Ma 60 anni dopo il picco massimo di splendore, Smaug si è costruito un nido per sé stesso nell’oro dei nani”.
Per il team dei disegnatori, Erebor ha rappresentato l’opportunità di esprimere la personalità e il senso estetico dei nani. “La cosa bella dei nani è il fatto che sebbene siano bassi e tozzi, loro si vedono grossi e questo viene riflesso nella loro architettura e scultura”, dice Hennah.
La città stessa è stata un esercizio di architettura e dimensioni, riflettendo l’eleganza e l’abilità artistica dei nani. “In alcuni posti, si tratta di pietra rozza; in altri, vediamo pilastri, portoni e troni perfettamente lucidati”, continua Hennah. “Ogni buco è un posto dal quale i nani hanno estratto oro e gioielli, lasciando al suo posto il loro marchio”.
Dato che i nani hanno estratto preziose gemme per secoli dalla montagna, le caverne seguono le vene di marmo verde, rendendole asimmetriche e casuali. Alan Lee nota , “i nani non amano le curve; tutto si basa su gioielli e cristalli sfaccettati, linee rette ed angoli. È il loro Regno perduto, così che ai nani sembra il paradiso, ma gli archi e la architetture devono essere abbastanza grandi per lasciare che Smaug vi serpeggi nel mezzo”.
La montagna di oro in cui dorme il drago è composta da stuoie di metallo stampato e di monete in gomma modellata, coperti da uno strato di 170,000 monete forate di alluminio placcate in oro, oltre a 2,000 calici lavorati a mano e una montagna di collane, pepite d’oro e brillanti. “Abbiamo riempito l’intero studio di oro, che arrivava fino a 15 metri di altezza”, dice Hennah.
Il set stesso rappresenta solo una porzione della cavernosa tana di Smaug. Le sue dimensioni enormi e la gigantesca quantità di tesori che coprono il drago, sono stati realizzati dalla Weta Digital. “Abbiamo dovuto scrivere un programma risolutore per le nostre monete d’oro, puramente a causa del volume accumulato da Smaug”, commenta Eric Saindon. “Inoltre, il drago è grande come due aeroplani 747, quindi la quantità necessaria a ricoprire qualcosa di così grande, è esagerata. Abbiamo dovuto creare venti milioni di monete alla volta, tutte rimbalzavano l’una sull’altra mentre Smaug le attraversava e le scansava. Una scena divertente”.
“Smaug ama l’oro”, dichiara Jackson. “Non perché lui ne possa fare alcun uso, ma perché gli è entrato nella testa. Si bea della sua vista. Ha vissuto così per anni, sapendo che un giorno, qualcuno—forse i nani, oppure qualcun’altro—sarebbe arrivato per provare a portarglielo via. Ma quando arriva quel momento, non è un nano; è un piccolo Hobbit”.

CANZONI DEI NANI E DEI DRAGHI: MUSICA E SUONO

Avendo composto la memorabile colonna sonora per la trilogia di, “Il signore degli anelli”, inclusa quella premio Oscar del film finale, l’escursione musicale di Howard Shore nella Terra di mezzo continua con la trilogia di, “Lo Hobbit”. La sua musica traccia i pensieri e le emozioni dei personaggi, e magnifica ogni passo della loro avventura, dalla terribile odissea nel Reame di Woodland, attraverso i pericoli di Lake-town e fino alla Montagna Solitaria, dove, dice lui, “Non vedo l’ora di farvi conoscere Smaug. Ci sono moti nuovi temi e leitmotifs introdotti in questo film, in particolare nuovi pezzi per Smaug, Lake-town, Bosco Atro ed il reame di Woodland Realm, per citarne giusto alcuni”.
“La musica di Howard Shore svetta ed arricchisce ben oltre la sua connessione alle nostre immagini, un suon unico come nessun altro”, dice Jackson. “Ha veramente creato un suo mondo musicale epico”.
Shore, che Jackson definisce “il 16o membro della Compagnia” aggiunge, “Inizialmente faccio molti lavori di composizione sui temi, poi lascio all’influenza visiva di Peter di fare il resto. Ma la mia ispirazione inizia sempre con il libro e la sceneggiatura. Mi riferisco costantemente alle parole di Tolkien come mia guida. Voglio collegarmi alle sue idee che risuonano profondamente in me e voglio essere capace di esprimere questo in musica”.
Oltre a comporre colonne sonore, Shore ha collaborato con Boyens e Walsh alla componente corale, prendendo indizi dal linguaggio di Tolkien per consigliare il loro stile, timbro e tono. Per Boyens, “Quei suoni sono tipici di Tolkien. Questo è quanto Howard apporta ed è il modo in cui aiuta a portare autenticità a questo mondo”. Come per il primo film, le parti corali sono state registrate dal gruppo delle London Voices, di base a Londra e dirette da Terry Edwards.
In un arrangiamento unico, mentre Shore componeva dalla sua casa di Tuxedo, New York, Jackson poteva lavorare alla postproduzione del film in programma , mentre partecipava alle sessioni di musica a Wellington, dove il celebre arrangiatore, Conrad Pope ha condotto la New Zealand Symphony Orchestra. “Adoro il suono della sua musica”, dice. “Riesce ad essere subito riconoscibile al tema e molto forte, lavorando al suo stile caratteristico. Evoca anche chiaramente tutti i personaggi che si vedono”.
Shore osserva, “Io e Peter discutiamo in dettaglio l’uso della musica in ogni scena e quello che che speriamo di ottenere e di trasmettere. Lavoriamo insieme di continuo attraverso la produzione, dando forma alle scene, di momento in momento fin quando non troviamo il giusto equilibrio”.
In precedenza, Jackson aveva scritturato la New Zealand Symphony Orchestra per una breve scena di, “Il signore degli anelli: La compagnia dell’anello” e aveva intenzione di portarli al centro del palco per questo film. “Sono contento che siamo finalmente riusciti ad averli per l’intera colonna sonora” , dice. “Si può sentire la passione e la gioia di ogni membro di questa orchestra. Questa è una colonna sonora che esprime i suoi propri sentimenti”.
La canzone originale, “I See Fire” inclusa nella colonna sonora, è stata creata per il film da Ed Sheeran, il 22enne cantante/autore britannico, candidato ai Grammy e fenomeno globale vincitore di nuemrosi dischi di platino. “Ed Sheeran è uno dei più grandi fan dei nostri film che abbia mai incontrato; è anche un brillante cantante/autore”, dice Jackson. “Quando l’ho contattato a Londra, il giorno dopo era già in aereo, e questa canzone è il risultato immediato della sua risposta emotiva al film. Perfetta”.
Sheeran, elettrizzato dalla collaborazione ha dichiarato, “Non solo Peter è il mio regista preferito dei film che preferisco, Lo Hobbit è stato il primo libro che ho letto da bambino, quindi produrre musica per questo film significa molto per me”.
La colonna sonora del film è stata registrata nel centenario municipio di Wellington. A trasformare la struttura storica in uno studio di registrazione, Jackson ha scritturato l’ingegnere del suono della Abbey Road, Peter Cobbin, che ha portato in Nuova Zelanda una collezione di microfoni della sua compagnia. Jackson ha notato subito i benefici di questi microfoni a valvole di 60 anni. Il regista nota, “Pete ha posizionato strategicamente questi microfoni, per registrare non solo gli strumenti, ma anche il suono di questo bellissimo spazio, riuscendo a catturare il modo in cui questo legno centenario trasporta, riflette ed abbraccia la musica”.
Per Cobbin, la presentazione in 3D ha fornito un’interessante svolta. “Peter voleva che la musica avvolgesse il teatro, così ha dovuto fare dei piccoli bilanciamenti, aggiustando la musica all’interezza del suono del film”, dice.
Per gli stessi ingegneri del suono, il secondo film della trilogia ha presentato un certo numero di nuovi personaggi e creature, che necessitavano una presenza uditiva, come i ragni giganti, Beorn il cambiapelle, gli Orchi che usano discorsi oscuri, il Negromante e Smaug il drago. “Peter aveva una forte sensazione di ciò che voleva per ognuno di essi”, spiega Boyens. “Ha un grande orecchio e voleva cha anche l’essere più fantastico suonasse vero ed originale. In alcuni casi, il suono è anche guidato dall’interpretazione dell’attore originale”.
Tra gli artisti premio Oscar che hanno creato il suono della Terra di mezzo, troviamo i fonici Michael Semanick per le musiche, Mike Hedges per i dialoghi e Chris Boyes per gli effetti sonori. Il supervisore degli effetti sonori, Brent Burge ed il supervisore dei dialoghi Chris Ward, insieme agli ingegneri del suono David Farmer e David Whitehead, completano il team di fonici.
Per Semanick, la gioia che mettono nel lavoro non è più evidente della scena che da inizio al film, quella con Gandalf e Thorin. “Si avvicinano l’uno alla faccia dell’altro ed i rumori intorno a loro scompaiono, mentre la musica ci porta indietro al ladro di cui Thorin ha bisogno, per aiutarlo a riportare la sua gente alle proprie case”, dice Semanick. “È il tipo di transizione che ti dice, ‘Ecco! Siamo partiti per una’altra avventura!'”
L’esperienza di immergersi nuovamente nella storia con Bilbo, Gandalf e la Compagnia di nani, è stata un viaggio anche per Jackson ed il suo team di attori ed artisti, e speriamo, dice lui, lo sia anche per gli spettatori. “Avere tutti, dagli otto agli ottant’anni, che ti dicono quanto si sono divertiti con il primo film e che non vedono l’ora di gustarsi anche questo nuovo film, mi riempie di gioia e mi solleva il morale”, riflette Jackson. “Il guanto di sfida è stato lanciato ed ora, vogliamo solo che l’emozione, la tensione e l’avventura dilaghino, fino alla fine. È stato fantastico fare ritorno in questo mondo e portare il pubblico insieme a noi, in questo incredibile viaggio”.

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