Poster I molti santi del New Jersey

I molti santi del New Jersey (2021)

The Many Saints of Newark
Locandina I molti santi del New Jersey
I molti santi del New Jersey (The Many Saints of Newark) è un film del 2021 prodotto in USA, di genere Drammatico e Crimine diretto da Alan Taylor. Il film dura circa 120 minuti. Il cast include Alessandro Nivola, Leslie Odom Jr., Jon Bernthal, Corey Stoll, Billy Magnussen, Michela De Rossi, John Magaro, Ray Liotta, Vera Farmiga, Michael Gandolfini. In Italia, esce al cinema giovedì 4 Novembre 2021 distribuito da Warner Bros. Pictures. Disponibile in homevideo in Digitale da martedì 7 Dicembre 2021.

I Molti Santi del New Jersey della New Line Cinema è il prequel della serie HBO I Soprano.
Il film è ambientato negli esplosivi anni ’60, nell’epoca delle rivolte di Newark (New Jersey) e degli scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella italiana. E in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi, che la pericolosa rivalità diventa particolarmente letale.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 4 Novembre 2021
Uscita in Italia: 4 Novembre 2021 al Cinema; 7 Dicembre 2021 in PVOD
Genere: Drammatico, Crimine
Nazione: USA - 2021
Durata: 120 minuti
Formato: Colore
Produzione: Home Box Office (HBO) (in associazione con), Chase Films, New Line Cinema (presenta)
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Classificazioni per età: ITA: 18+
In HomeVideo: in Digitale da martedì 7 Dicembre 2021

Cast e personaggi

Regia: Alan Taylor
Sceneggiatura: David Chase, Lawrence Konner
Fotografia: Kramer Morgenthau
Scenografia: Bob Shaw
Montaggio: Christopher Tellefsen
Costumi: Amy Westcott

Cast Artistico e Ruoli:
foto Alessandro Nivola

Alessandro Nivola

Dickie Moltisanti
foto Leslie Odom Jr.

Leslie Odom Jr.

Harold McBrayer
foto Jon Bernthal

Jon Bernthal

Johnny Soprano
foto Corey Stoll

Corey Stoll

Junior Soprano
foto Billy Magnussen

Billy Magnussen

Paulie Walnuts
foto Michela De Rossi

Michela De Rossi

Giuseppina Moltisanti
foto John Magaro

John Magaro

Silvio Dante
foto Ray Liotta

Ray Liotta

'Hollywood Dick' Moltisanti / Salvatore 'Sally' Moltisanti
foto Vera Farmiga

Vera Farmiga

Livia Soprano
foto Michael Gandolfini

Michael Gandolfini

Giovane Tony Soprano



Produttori:
David Chase (Produttore), Lawrence Konner (Produttore), Nicole Lambert (Produttore), Michael Disco (Produttore esecutivo), Marcus Viscidi (Produttore esecutivo), Toby Emmerich (Produttore esecutivo), Richard Brener (Produttore esecutivo)


Supervisore musicale: Susan Jacobs.

Recensioni redazione

I molti santi del New Jersey, recensione del film prequel de I Soprano
I molti santi del New Jersey, recensione del film prequel de I Soprano
Erika Pomella, voto 7/10
'I molti santi del New Jersey' è un film che rappresenta un prequel della serie capolavoro 'I Soprano': nella pellicola si racconta dello zio Dickie Moltisanti e del modo in cui il suo agire ha poi ispirato Tony Soprano, l'indimenticabile personaggio interpretato da James Gandolfini

Immagini

[Schermo Intero]

Curiosità

I Molti Santi del New Jersey è stato girato tra il New Jersey e New York, e nel film sono presenti protagonisti della serie originale che ha ispirato il film. Andata in onda per sei stagioni, la serie “I Soprano” – ampiamente considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche televisive di tutti i tempi – è stata premiata con 21 Primetime Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per citare alcuni riconoscimenti.

 LA PRODUZIONE

L’idea di portare sul grande schermo la storia della prima generazione dei Moltisanti e dei Soprano è nata ancor prima che la serie che l’ha ispirata, “I Soprano”, avesse terminato la produzione, quando Toby Emmerich, allora capo della New Line Cinema, lo suggerì al creatore della serie David Chase. “Me l’ha proposto ancor prima che la serie venisse trasmessa; e anche se titubante gli ho detto ‘Mai dire mai!’, ricorda Chase. “Ma alla fine, l’idea sulle rivolte di Newark e le storie di Junior e Johnny, mi piacevano e avevano un senso”.
Solo nel 2019, a vent’anni dal debutto della serie, è iniziata la produzione de I Molti Santi del New Jersey, il lungometraggio che porterà il pubblico ancora più indietro nel tempo. “Ci sono tre o quattro storie all’interno del film”, dice Chase, “ma una delle più importanti è quella del giovane Tony e di colui che ha sempre considerato il suo mentore, Dickie Moltisanti, e dell’influenza che quest’ultimo ha esercitato su Tony”.
Giugno 1967. In una strada desolata del Central Ward – una zona di Newark, nel New Jersey in prevalenza popolata dalla classe operaia nera – il mafioso gentiluomo vestito in modo impeccabile Dickie Moltisanti parcheggia la sua Impala bianca decappottabile per sbrigare alcuni affari. I membri della banda dei Black Saints hanno rapinato gli allibratori clandestini di Dickie, e lui vuole rimettere in riga il suo socio e compagno di squadra di football del liceo, Harold McBrayer.
Nel North Ward, il distretto italiano di Newark, il mafioso Johnny Soprano fuma una sigaretta dietro l’altra e tira un pallone a suo figlio Anthony di 11 anni, mentre la moglie Livia si prende cura della loro bambina Barbara, e la figlia adolescente Janice legge una rivista sui gradini della loro casa bella e modesta. L’amico di famiglia e socio in affari Dickie Moltisanti riceve un caloroso benvenuto quando passa a prendere il giovane Tony per portarlo ad un incontro speciale al porto con il padre “Hollywood Dick” Moltisanti, e la bellissima giovane sposa Giuseppina, di ritorno dall’Europa a bordo di un piroscafo.
Affascinante, amato e rispettato dalla sua grande “famiglia” italo-americana – e particolarmente ammirato dal giovane nipote Anthony Soprano – Dickie Moltisanti sembra avere tutto. Ma quando il padre prepotente e la nuova moglie napoletana si trasferiscono nella sua casa bifamiliare di Newark, iniziano ad emergere vecchi rancori irrisolti. Nel frattempo, Dickie inizia a percepire il crescente risentimento di Harold McBrayer verso di lui e le sue schiere italo-americane, che hanno da tempo il controllo sulla criminalità organizzata a Newark.
Un atto di brutalità da parte della polizia, in una città dove vige la segregazione razziale, provoca disordini civili nel quartiere centrale di Newark, rispecchiando i risentimenti che ribollono da tempo all’interno della famiglia, e che presto si trasformano in tragiche violenze. Il luglio del 1967 ha segnato la Summer of Love, ma a Newark, nel New Jersey la città si infuoca, e un Tony impressionabile è testimone di tutto.
Chase ha infatti contemplato l’idea di far rivivere i Soprano legati a questo periodo antecedente, per scrivere della generazione precedente a quella della serie, includendo Junior e Johnny, lo zio e il defunto padre di Tony, che nella serie appare solo in brevi flashback. Molti di questi personaggi infatti, seppur scomparsi da tempo, hanno continuato ad avere un ruolo importante nella vita di Tony.
Chase ha chiesto al suo amico e collaboratore Lawrence Konner, autore di tre episodi della serie, di aiutarlo nella scrittura della sceneggiatura.
Nella trasposizione cinematografica della storia dei Soprano, I Molti Santi del New Jersey non segue un formato cinematografico classico, secondo Chase: “Larry Konner ed io abbiamo discusso molto sulla differenza che ci sarebbe dovuta essere tra un film sui Soprano e un programma televisivo. Un film di solito segue un eroe che attraversa una crisi, e poi ne esce. Ma non in questo caso. Qui c’è più un insieme di trame, non solo una”.
Secondo Konner “I Soprano” incorpora gli elementi di un format collaudato, ma con una svolta cruciale: “È come una commedia classica: parla di un uomo che ha una famiglia ‘lavorativa’ e una famiglia carnale, e di fondo è combattuto tra lavoro e famiglia. Finisce dallo psichiatra, quindi si evince fin da subito che non è un mafioso come gli altri… è più interessante di qualsiasi altro mafioso che abbiamo mai incontrato”.
“Ha piena consapevolezza di sé, pur sempre rimanendo un assassino”, continua Konner. “E anche simpatico. Ci domandiamo spesso perché amiamo Tony Soprano, pur sapendo quante cose orribili compie”.
La risposta sta nel talento di David Chase, secondo Konner. “David è uno sceneggiatore unico”, dice Konner, che è anche il produttore del film con Chase, insieme a Nicole Lambert. “Io sono abbastanza bravo, faccio questo lavoro da 45 anni, ma non sono un genio. David lo è”.
Per dirigere il film, David Chase si è rivolto a Taylor, un veterano de “I Soprano” che ha diretto degli episodi durante le sei stagioni della serie HBO. Taylor afferma: “Con “I Soprano” sono cresciuto lavorativamente, perché ero appena uscito dalla scuola di cinema. Ho imparato molto da David, dal programma e dagli attori. Sono stato molto ispirato dal materiale e dagli interpreti, che reputo ugualmente fantastici”.
Secondo Taylor, Chase inizialmente lo aveva reclutato per la serie dopo aver visto Palookaville, il suo film d’esordio alla regia: “Il mio primo film era una specie di commedia criminale ambientata nel New Jersey. Penso che a David sia piaciuto semplicemente perché si svolgeva nel New Jersey. Credo pensasse che fossi di lì”.
Quando Taylor ha letto la sceneggiatura de I Molti Santi del New Jersey, è rimasto colpito dalle similitudini con la serie, nonostante il cambio del personaggio centrale, dell’ambientazione e del periodo di tempo. “Il tono de ‘I Soprano’ era inconfondibile”, ricorda. “Questo progetto ha lo stesso tono oscuro, americano, divertente, acuto ma assolutamente autentico che David in qualche modo ha magicamente creato nella serie. Il grande amore per il materiale originale dà ragione di esistere a questo film. Siamo consapevoli del fatto che attirerà principalmente i fan della serie e dei personaggi, a cui facciamo piccoli riferimenti; ma abbiamo realizzato altresì un film per tutti gli spettatori che si avvicinano e conoscono questi personaggi per la prima volta”.
“È un film a sé stante”, sottolinea David Chase. “Non c’è bisogno di aver visto “I Soprano” per godersi lo spettacolo”.
Per Taylor, un argomento che sottolinea la storia dei Soprano – che è intrecciato sia nella serie che nel nuovo film – è quello dell’esperienza degli immigrati in America: “Il tema che tiene tutto insieme è un tema molto dei Soprano, un tema molto americano… l’idea che puoi creare il tuo destino. Puoi cambiare te stesso e avere nuove prospettive: è il sogno americano. E’ questo che attira gli immigrati in questo paese; il pensiero di potersi ricostruire una vita. Ma David ha una visione molto oscura delle cose, e non è sempre possibile”.
“Quel sogno ci fa andare avanti ma spesso finisce male”, continua Taylor. “Nella nostra storia, è il tentativo di Dickie di cambiare… di alzarsi ed essere un tipo di persona diversa da quella a cui pensa di essere destinato”.

UN RETAGGIO: DALLA SERIE TV AL GRANDE SCHERMO

Le sei stagioni de “I Soprano” sono uscite dagli schemi e hanno vinto innumerevoli premi, per l’affascinante rappresentazione di una famiglia italo-americana, sia carnale che criminale. Al centro del programma c’era il brillante ritratto di James Gandolfini di Tony, il boss mafioso intelligente, brutale e tuttavia depresso e sensibile, uno dei più grandi antieroi della televisione. Intriso di dark comedy, “I Soprano” ha rappresentato il mondo violento della criminalità organizzata, del palese tradimento e del raggiro, nonché i travagli quotidiani della generazione che sta nel mezzo: che si prende cura dei genitori anziani mentre cresce i propri figli.
“I Soprano” ha avuto un gran seguito principalmente per una semplice ragione, secondo Chase: “Paradossalmente, le persone ci si identificavano”.
Mentre i litigi domestici dei Soprano erano familiari agli spettatori, le motivazioni del protagonista omicida erano chiaramente articolate attraverso le sessioni di terapia di Tony con il dottor Melfi. “Penso che Anthony Soprano avesse più vita interiore di quanto fosse stato descritto in altre storie di mafia”, continua Chase. “Seguendo la sua psicoterapia, si evincono i suoi pensieri e le sue sensazioni”.
Quando l’ultimo episodio della serie si è concluso con un brusco taglio al nero e il destino di Tony Soprano incerto, i fan erano ansiosi di saperne di più, nonostante l’insistenza di David Chase sul fatto che “I Soprano” fosse giunto alla sua conclusione. La morte improvvisa di James Gandolfini nel 2013 ha fermato ulteriori congetture che la serie potesse continuare da dove era stata interrotta.
Con un cast stellare, tra cui Alessandro Nivola, Leslie Odom Jr., Jon Bernthal, Corey Stoll, Michael Gandolfini, Billy Magnussen, Michela De Rossi, John Magaro, Ray Liotta e Vera Farmiga, “I Molti Santi del New Jersey” presenta la grande comunità italo-americana che genera i Soprano e i Moltisanti, tra cui il giovane Anthony Soprano e diversi nomi che saranno familiari ai fan della serie: la madre di Tony, Livia, suo zio “Junior” e persino i giovani gangster Paulie “Walnuts” Gualtieri, Silvio Dante e “Big Pussy” Bonpensiero, in seguito divenuti membri seminali della cosca di Tony. Ma è solo una relazione che guida l’intera narrazione: quella col signore che Tony ha continuato a venerare anni dopo la morte dell’uomo: Dickie Moltisanti.

IL CAST: LA COMUNIONE DEI SANTI

Conosciuto come “Gentleman Dick”, Dickie Moltisanti è un membro della famiglia criminale DiMeo del New Jersey e, non avendo ancora figli, ha un legame molto stretto con il giovane Tony Soprano, il figlio del fidato collaboratore di Dickie, Johnny Soprano. Nella serie HBO Dickie non appare mai, essendo morto anni prima, ma viene spesso descritto come il mentore stimato e rimpianto da Tony. Divenuto in seguito il padre di Christopher Moltisanti, che Tony considera di famiglia e membro della cosca di Tony da adulto, Dickie è uno dei “molti santi” del titolo del film.
David Chase lo descrive come un personaggio raffinato ma complesso. Un gangster di medio livello della famiglia criminale DiMeo, Dickie ha le mani in tutti i tipi di attività illegali, ma aspira a qualcosa di più. “È intelligente e cerca  la sua auto-identificazione”, descrive Chase.
Scegliere il giusto attore per ruolo di Dickie è stato particolarmente impegnativo. Tuttavia, quando Chase e Taylor si sono incontrati con l’artista Newyorchese Alessandro Nivola, sapevano di aver trovato il loro Dickie Moltisanti. Talentuoso nipote di immigrati italiani, Nivola era perfetto per il ruolo, secondo Chase: “Come Mark Twain disse di sua moglie: ‘Lei conosce le parole, ma non conosce il tono, Alessandro al contrario, riguardo al linguaggio italo-americano conosce le parole e il tono. E fa una differenza enorme. Lo usa e sa cosa farne. Ed è anche un attore estremamente talentuoso”.
“Abbiamo pranzato insieme e ci ha confessato che ogni estate torna a casa in Italia”, aggiunge Taylor. “Parla l’italiano esattamente nel modo in cui lo avrebbe fatto Dickie, non così bene, ma abbastanza correttamente”.
Quando l’attore ha letto per la prima volta la sceneggiatura, è rimasto colpito dal modo in cui Chase ha creato un prequel de “I Soprano” con un protagonista completamente nuovo. “Ha trovato un modo originale per raccontare la storia di Tony Soprano, attraverso un personaggio di cui si è solo parlato nella serie originale”, esclama Nivola. “Così facendo ha permesso a questo film di assumere un proprio carattere, una propria autonomia e, allo stesso tempo, di chiarire al pubblico le origini di Tony e di tutte le persone intorno a lui”.
Secondo Nivola, il lavoro di David Chase su “I Soprano” ha dato una svolta alla sua professione in televisione: “È stato il primo programma televisivo che ha cambiato sia il modo in cui vengono raccontate le storie in TV sia il significato di fare televisione per gli attori. “I Soprano” ha improvvisamente trasformato la televisione. Ha dato vita al Golden Age di cui oggi tutti parlano, dove non c’è distinzione tra film e TV, e questo è avvenuto anche grazie al lavoro di David Chase, della troupe e degli autori di quel programma”.
“Nella scrittura di David c’è qualcosa di poetico e imprevedibile”, continua Nivola. “In ogni scena accadono contemporaneamente tante cose, e i suoi dialoghi sono brillanti”.
Nivola reputa Dickie Moltisanti un uomo diverso da quel che sembra. L’attore continua: “Nella storia, Tony e tutti gli altri lo considerano una sorta di essere umano perfetto. È in un momento della sua vita in cui tutto sembra andare per il verso giusto: ha una bella macchina, veste in modo elegante con un completo a tre pezzi e un Borsalino, e gli affari vanno a gonfie vele. E’ soprannominato ‘Gentleman’ Dick per i suoi modi impeccabili, che tutti amano. Ma sotto questo aspetto sta semplicemente andando in frantumi; all’interno è una fornace bollente che sta per esplodere”.
“Alessandro ha arricchito questo personaggio”, afferma Alan Taylor. “Ed è stato bravissimo a giocare con l’umorismo dei Soprano, che è una parte importante del film”.
Essendo stato scelto all’inizio della preproduzione, Nivola ha avuto il tempo e l’opportunità di fare ricerche sul suo personaggio imparando a conoscere Newark e i mafiosi della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70 che la popolavano. Grazie ad amici di famiglia, gli è stato presentato un prete italo-americano del North Ward di Newark, che gli ha fatto fare un giro del suo vecchio quartiere. Nivola afferma: “Mi ha raccontato le sue esperienze e quelle dei suoi genitori in quella zona, e mi ha indicato tutti i luoghi che all’epoca erano importanti. In particolare, la St. Lucy’s Church, dove si tengono ancora tutte le grandi feste cattoliche, che ha una grande e bellissima vetrata con una targa con su scritto ‘Dono di Mr. e Mrs. Ruggiero Boiardo’, il boss mafioso della sottofamiglia criminale di Newark, Richie ‘The Boot’.
Nivola inoltre ha letto due memorie scritte da membri di famiglie criminali: Onora il padre di Gay Talese e For the Sins of My Father di Albert DiMeo. “Mi sono concentrato su quei due libri per via del rapporto padre / figlio, che per me è al centro della storia del film”, spiega. “Dickie non avendo ancora un figlio è realmente una figura paterna per Tony; in qualche modo lo ha adottato e lo ama come se fosse suo, dato che il padre di Tony, Johnny, è spesso in prigione e non è premuroso nei confronti del figlio”.
Un vecchio motto dice che il rovescio della medaglia dell’amore è la guerra, e la guerra mette a confronto i clan Moltisanti / Soprano non solo all’interno della casa, ma anche fuori le mura domestiche, per le strade di Newark. Tuttavia, ciò che finisce come una guerra inizia come qualcosa di familiare e collegiale nella persona di Harold McBrayer.
McBrayer è un nativo di Newark che lavora per Dickie Moltisanti, ma non fa parte della comunità italoamericana. Un amico d’infanzia di Dickie, Harold è nero; la sua famiglia, come molti altri nella sua comunità, si è trasferita a Newark dal sud in seguito alla Grande Migrazione dell’inizio e della metà del XX° secolo. Intelligente e ambizioso, Harold aiuta Dickie a supervisionare il racket nel Central Ward, il quartiere prevalentemente nero di Newark.
“Harold è stato un ruolo molto difficile da scegliere”, dice Taylor. “Abbiamo passato molto tempo a cercare l’attore giusto. Solo nello sviluppo della trama è diventato chiaro che è un personaggio per cui dobbiamo tifare, anche se fa è un violento”.
Alla fine, i realizzatori hanno trovato il loro Harold McBrayer in Leslie Odom Jr. “La parola che continua a venirmi in mente è intelligenza”, continua Taylor descrivendo l’attore. “È fantastico e siamo stati fortunati ad averlo”.
Per Odom, McBrayer è un uomo i cui piani sono andati in fumo: “Harold è un giovane spacciatore che aspira a diventare un uomo d’affari; ma le circostanze e la società glielo hanno impedito. Harold desiderava ardentemente un territorio proprio da controllare”.
Secondo Chase, Odom apporta una qualità inaspettata ad Harold: “Leslie aggiunge qualcosa che non avevo mai immaginato, qualcosa di raffinato in Harold. Ha creato un personaggio pacato, un gentiluomo. È davvero fantastico”.
All’inizio della storia, Harold ha un rapporto tranquillo con Dickie, ma non viene accolto dalla cerchia ristretta dei mafiosi italo-americani. “Harold si sente umiliato e non rispettato dalle persone vicine a Dickie”, spiega Odom.
Man mano che la storia si sviluppa la relazione tra i due vecchi amici si fa tesa, quando Harold, sostenuto dal movimento Black Power che si è acceso nel 1967, mette in gioco le sue ambizioni. Odom prosegue: “Appare il modo in cui la politica e una realtà più grande influenzano l’amicizia di questi due uomini. Harold è una persona che, come molti di colore all’epoca in questo paese, è dolorosamente consapevole di quale è il suo posto nella società, e fino a che punto gli è permesso di andare oltre e quanto in grande gli è permesso di sognare. Racconta anche una storia di tutte le piccole microaggressioni, le piccole indegnità che Harold ha dovuto subire, che una popolazione o una comunità hanno dovuto subire… e in cosa alla fine sono sfociate. Newark è in fiamme, così come Harold”.
“Leslie è una delle anime più gentili che si possa incontrare”, descrive Nivola. “È caloroso e premuroso, e sempre concentrato sul suo lavoro. Ed è incredibile vederlo trasformarsi in una persona piena di rabbia e capace di vera violenza”.
Per il ruolo dell’adolescente Tony Soprano, nelle scene ambientate nel 1971 dopo i disordini di Newark quando i Soprano abbandonano la città, i realizzatori si sono imbattuti in un giovane attore particolarmente qualificato e di grande talento: Michael Gandolfini, il figlio di James che ha ritratto il Tony della serie originale. “Tra tutti gli aspiranti alla parte ho detto: ‘Dovremmo provare Michael’ “, ricorda David Chase. “E una volta conosciuto, non ci sono stati dubbi al riguardo”.
A soli 19 anni Michael Gandolfini era da poco diventato un attore professionista, avendo recitato in “Ocean’s 8” e “The Deuce: la via del porno” prima dell’audizione per il ruolo di Tony. Per Alan Taylor, “E’ stata una delle poche decisioni facili che abbiamo preso. Sapevamo che sarebbe stato difficile trovare il ragazzo che potesse recitare bene e al contempo fosse credibile nell’assomigliare da grande a James Gandolfini. Al provino Michael ci ha fatto capire che poteva farcela. Incarna totalmente l’atteggiamento del personaggio scritto da David, quanto di quello a cui ha dato vita James Gandolfini”.
Sebbene fosse praticamente cresciuto sul set della serie (con la sua scorta di giocattoli e persino facendo dei sonnellini sul letto dei Soprano), Michael Gandolfini in quel momento era troppo piccolo per seguire il programma. Afferma: “Ho più o meno l’età della serie. Sono nato mentre stavano girando la prima stagione. Andavo sul set e vedevo mio padre filmare scene buffe e divertenti, non mi faceva mai vedere quelle violente. Tony Soprano per me era un tipo paffuto che camminava per strada ed estorceva denaro.
Col tempo, quando si è reso conto della popolarità di suo padre come protagonista di un programma televisivo leggendario, si è incuriosito. Gandolfini ricorda: “Un giorno in macchina con mio padre gli ho chiesto ‘Di cosa parla ‘I Soprano’? E lui ha risposto: ‘Oh, parla di un mafioso che va in terapia’, ma avendo 11 anni per me la cosa è finita lì”.
Quando è stato scelto per il ruolo dell’adolescente Tony, Gandolfini era determinato a fare del suo meglio, nonostante le singolari pressioni che il lavoro comportava: “Era tempo di lavorare sodo. Era un impegno non indifferente per molti motivi, a cominciare dal fatto che si trattava di un grande personaggio amato da molte persone. Era fantastico e dovevo farlo bene. Inoltre, il fatto che l’avesse interpretato mio padre è stato uno stimolo maggiore a dare il massimo”.
Una volta scelto, Gandolfini ha approfondito la ricerca sul Tony Soprano di Chase e ha scoperto i numerosi paradossi del personaggio. Nota: “Tony Soprano è il peggiore. È super cattivo; uccide le persone. È un imbroglione seriale; non è un grande padre. È un sociopatico. Ma le persone si offendono a sentir certe cose, perché per loro è un grande uomo! È leale e amorevole”.
Mentre Gandolfini leggeva la sceneggiatura di Chase de “I Molti Santi del New Jersey”, ha scoperto che fortunatamente il giovane Tony non era ancora l’uomo che sarebbe diventato: “Ho iniziato ad innamorarmi del fatto che fosse diverso. Questo non è il Tony che la gente ha visto. È sensibile. È curioso. È molto aperto di fronte a cose a cui tutti gli altri sono chiusi”.
Con il padre di Tony in carcere, ad esempio, ad appena sedici anni si assume delle responsabilità che vanno ben oltre la sua età, incluso il tentativo di prendersi cura della madre problematica, Livia. Gandolfini commenta: “Suo padre è in carcere da cinque anni, quindi è dovuto diventare lui l’uomo di casa, sebbene così giovane”.
Ha una madre mentalmente instabile con delle ansie notturne. E’ sopraffatto dalle responsabilità. Non sa cosa fare, ma cerca di aiutarla. Tony non vuole avere a che fare con la mafia e non vuole vivere la vita di un criminale. Eppure sa che se vuole rendere orgoglioso suo padre, deve entrare in quel mondo. E in fondo tutto ciò che vuole, è rendere orgogliosa la sua famiglia”.
Il talento e la guida del padre erano evidenti nel figlio. Nivola conferma: “Michael ricorda molto suo padre, e la cosa è tanto elettrizzante quanto straziante. Se lo si guarda negli occhi si vede suo padre”.
“In realtà a volte è un po’ inquietante”, concorda David Chase. “Aveva degli atteggiamenti tali e quali a suo padre. È stato incredibile”.
Chase loda anche i grandi sforzi che Michael Gandolfini ha messo nell’interpretare il ruolo di Tony Soprano: “Ha studiato tutto sui Soprano. Tutto su suo padre, tutto su Tony, e ha guardato più e più volte la serie”.
Il giovane Gandolfini si è impegnato a sviluppare diversi manierismi del Tony del vecchio Gandolfini. Dice l’attore: “Volevo la sua disinvoltura; volevo che Tony sentisse il peso del mondo sulle sue spalle. Ho lavorato molto sul suo respiro, quel respiro iconico che aveva mio padre. E ho lavorato su come usava toccarsi il viso”.
Anche il Gandolfini cresciuto a Manhattan era entusiasta di replicare quel memorabile accento del Jersey. “Per assomigliare il più possibile a Tony, era importante che avessi lo stesso accento”, dichiara. “Così, ho iniziato ad ascoltarlo 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Poi, sono stato affiancato da uno speech coach che mi ha aiutato molto sulla nasalità, perché volevo che avesse una parlata ancora più nasale rispetto alla serie TV, perché è più giovane. E poi durante le riprese, ho incontrato la straordinaria dialect coach Kohli Calhoun ed insieme ci abbiamo lavorato quotidianamente”.
Dai padri genetici a quelli cinematografici… Apparso solo in brevi flashback nella serie, il padre di Tony, Johnny Soprano, patriarca della famiglia Soprano è un personaggio chiave in “I Molti Santi del New Jersey”. Interpretato da Jon Bernthal, Johnny Boy (come viene chiamato) è un avvenente gangster, severo con i figli ma amorevole, anche nei confronti della moglie.
Il regista Alan Taylor descrive Bernthal come colui che ha apportato qualità uniche a un personaggio che ancora incombe nella vita dell’adulto Tony Soprano, nonostante fosse morto prima dell’inizio degli eventi della serie. “Apporta una violenza meravigliosa che penso sia davvero fantastica per il personaggio”, dice Taylor.
Grande fan della serie, Bernthal descrive il ruolo di Johnny come particolarmente appagante. Ricorda di essere stato un ‘giovane attore affamato a New York’ che non voleva altro che sottoporsi ad un provino per “I Soprano”. Bernthal ricorda: “Quando è arrivata l’opportunità, mi è sembrato un sogno diventato realtà, perché ero davvero innamorato di quel programma. E pensare a ciò che il signor Gandolfini ha fatto, per me è stato il massimo della recitazione. È la performance della nostra vita. Penso che sia il meglio della narrazione nel cinema. Il lavoro sui personaggi è incredibilmente ricco, le interpretazioni sono grandi, la scrittura è fuori dal comune. E’ stato un grande onore per me farne parte”.
Bernthal considera le storie di gangster come “I Soprano” attraenti per il pubblico come una sorta di contorto appagamento del desiderio, nel modo in cui presentano una libertà fuori dalla legalità. Continua: “Tutti noi in fondo vorremmo essere in grado di fare ciò che fanno questi uomini. Quando qualcuno li fa irritare, li rimettono in riga. Quando hanno voglia di fare una cosa, la fanno. Quando ci sono regole in cui non credono, le infrangono”.
Ma “I Soprano” non era come la maggior parte delle storie di gangster, attesta l’attore. “Ciò che distingue questo mondo dai film di gangster, è che queste persone attraversano le stesse cose che tutti noi affrontiamo nel nostro mondo”, commenta.
Arrestato davanti ai suoi figli e mandato in prigione quando Tony ha solo 11 anni, Johnny torna a casa cinque anni dopo, trovando una famiglia cambiata e una Newark diversa. “Johnny cerca disperatamente di correggere ogni errore, e di adattarsi a questo nuovo mondo dopo essere stato via per cinque anni, cambiato sia culturalmente che socialmente”, aggiunge Bernthal. “Penso che stia cercando disperatamente di tenere duro”.
Nonostante le circostanze accresciute intorno al personaggio, Bernthal interpreta un Johnny Soprano più con i piedi per terra. “Jon è famoso per essere un uomo d’onore sexy e d’azione”, commenta il regista Taylor. “Qui ha la pancetta e fuma in continuazione; è la versione un po’ decaduta di sé stesso. È carismatico e divertente, ma anche esplosivo”.
Quella minaccia incombente di violenza che aleggiava intorno a suo padre ha segnato la vita di Tony. “E’ stato traumatizzato”, aggiunge Taylor. “La possibilità di esser preso a sberle era sempre dietro l’angolo”.
“Jon Bernthal lo interpreta in modo ancor più arrabbiato di quanto è apparso Johnny nella serie “, aggiunge Chase, che loda la profondità che l’attore apporta al ruolo. “Allo stesso tempo, è capace di grandi effusioni affettive”.
Probabilmente uno dei personaggi più memorabili della serie HBO è stata la madre complicata di Tony nonché vedova di Johnny, Livia, che è apparsa nelle prime tre stagioni dello show, interpretata da Nancy Marchand. Nella serie, Livia, la matriarca manipolatrice della famiglia Soprano, è una costante fonte di preoccupazione per Tony, che cerca di prendersi cura di questa madre anziana, volubile e manipolatrice, nonostante l’anaffettività della donna verso il figlio e il resto della famiglia.
Livia è sempre stata una delle figure preferite dal pubblico, secondo David Chase: “È strano come la gente amava Livia così come Junior [il fratello di Johnny], le due persone più irascibili e sgradevoli, senza peli sulla lingua, schietti… i personaggi che a noi scrittori è sempre piaciuto descrivere”.
In “I Molti Santi del New Jersey”, Livia è una giovane moglie e madre poco entusiasta della vita. “Livia è una persona molto timorosa, e le sue paure e preoccupazioni dominano la sua mente”, spiega Chase. “La descriverei come una prigioniera della sua infanzia. Ci sono allusioni al fatto che ha avuto un rapporto malsano con i suoi genitori, e che ha passato momenti difficili. Inoltre, è sposata con un uomo che non la rispetta”.
Per interpretare Livia, i realizzatori hanno scelto Vera Farmiga, originaria del New Jersey. “È una grande attrice e istintivamente abbiamo capito che sarebbe stata perfetta”, racconta Chase. “Era una vera sfida ritrarre quel personaggio, perché ha una personalità complessa, e Vera senza farne un’imitazione, si è calata realmente nel ruolo”.
“La performance di Nancy Marchand ha plasmato in modo indelebile quel personaggio”, aggiunge Taylor. “Quindi nel coinvolgere Vera, le abbiamo consapevolmente detto: ‘È come se stessi interpretando una figura storica’. Quando abbiamo iniziato a provare, ha ritrovato la sua voce e suoi manierismi. A volte è esilarante, altre volte è devastante”.
Per la Farmiga è stato sicuramente un retaggio impegnativo. L’attrice afferma: “Onestamente, ho sentito una certa pressione. La Livia di Nancy Marchand era deliziosa, subdola, esilarante, epica… il massimo. Era probabilmente il personaggio più popolare della prima stagione. Nancy ha reso Livia il mostro più adorabile: era evidente il grande divertimento che c’era nell’esecuzione della performance. Ho guardato più e più volte tutte le sue scene, ripetutamente. Pensare che David Chase mi ha ritenuta giusta per interpretare la Livia di Nancy in un modo più giovanile e onorarla, renderle giustizia, è stato elettrizzante per me. La fiducia che ha riposto in me era tutto: mi ha scelto senza sottopormi a un provino, e non mi ha nemmeno chiesto in anticipo come avrei affrontato il ruolo. Abbiamo solo parlato della mia educazione nel New Jersey e delle nostre famiglie. In un certo senso, tutto il lavoro e tutte le scelte erano già pianificate. Nancy ha dettato tutte le regole: dovevo solo rispettarle e andare indietro nel tempo. David e Alan hanno sottolineato l’importanza di considerare una Livia più giovane, più vitale, in pre-menopausa. Sempre narcisista, ma più energica, più vitale”.
“Vera è un’attrice coraggiosa, istintiva e spontanea, selvaggia e libera”, interviene Nivola. “E’ stata bravissima a mostrare il vittimismo di Livia, la sensazione che il mondo le sia contro. Allo stesso tempo, sai che la Livia di Vera conquisterà tutti. E questa è davvero l’essenza di Livia”.
Secondo Livia, non c’è modello migliore per suo figlio Anthony di Dickie Moltisanti (e non solo perché il tempo passato in carcere da Johnny lo ha allontanato dai doveri di padre durante gli anni formativi di suo figlio). La Farmiga spiega: “Livia ama l’influenza di Dickie su suo figlio. Per lei rappresenta carisma, fascino, grazia, intelligenza, forza. È una sorta di padrino di Anthony, il padre adottivo, il suo consigliere spirituale. Livia vuole che Dickie sia un modello per il ragazzo e che abbia influenza su di lui; vuole che lo educhi e lo forgi, mentre Johnny è in prigione. Inoltre, è presente con Anthony ed è l’unico che il figlio ascolta”.
Per la Farmiga, il successo del materiale e della mitologia dei Soprano, è in tutto e per tutto merito di David Chase: “Ho adorato le sue idee, i suoi suggerimenti, la sua energia, il suo amore per il mio personaggio, il suo affetto per me. Il suo entusiasmo era tutto. Ricordo che durante i nostri primi test con la telecamera, era assorto dietro il monitor a guardare me, Johnny Bernthal e Michael Gandolfini durante le prove costumi, acconciature, trucco e protesi. Per la prima volta ci ha visti nei panni dei giovani Soprano. Ha detto a coloro che gli stavano intorno: ‘Sembra Carmela! Assomiglia a Edie! Siamo al giusto punto di partenza!’ Non appena mi è stato riferito quel commento, mi sono rilassata. Era quel che avevo bisogno di sentirmi dire, mi ha dato una buona dose di fiducia. Livia è un ritratto di sua madre, quindi dal momento in cui mi sono calata nel ruolo, ho sentito che lui ed io eravamo legati da un cordone ombelicale spirituale”.
Un altro attore che all’inizio della sua carriera aspirava ad essere scritturato nella serie della HBO e che ha ottenuto un ruolo da protagonista in “I Molti Santi…” è Corey Stoll. Noto per i suoi ruoli in “House of Cards – Gli intrighi del potere” e “Ant-Man”, è stato scelto per interpretare lo zio “Junior” Corrado Soprano, fratello maggiore di Johnny. “Quando è terminata la serie ero agli inizi della carriera, quindi non ho mai potuto fare un provino per il programma originale”, afferma Stoll. “Far parte di quel retaggio è davvero speciale. La cosa brillante dello spettacolo originale era il modo in cui la famiglia di sangue di Tony Soprano si mescola con la famiglia della criminalità organizzata”, spiega Stoll. “E come le battaglie che si risolvono nel sangue per le strade sono in qualche modo parallele alle battaglie sul fronte interno. Spesso quelle tra le mura domestiche sono molto più devastanti, spaventose e stressanti. Molte volte, le piccole lotte di potere all’interno di una famiglia pesano molto più nella mente di questi personaggi della paura di essere sparati per strada”.
Interpretato in modo vivido da Dominic Chianese nella serie, Junior è un boss della famiglia criminale DiMeo, nonché lo zio irritabile e imprevedibile di Tony. “La performance di Dominic è stata brillante, dalla puntata pilota in poi”, aggiunge Stoll. “E’ stata una performance divertente e a tratti spaventosa, e praticamente umile e priva di ego. Ha trovato un modo per rendere Junior spesso oggetto di scherzi, eppure era un formidabile e spaventoso avversario di Tony”.
A differenza del personaggio di Bernthal, il ruolo che Stoll interpreta è ben noto al pubblico, e ha portato Stoll a studiare il lavoro di Chianese nelle fattezze dello zio Junior. “Non si può ignorare il fatto che i personaggi sono stati interpretati in modo perfetto rimanendo impressi nella mente”, afferma Stoll, che descrive il suo obiettivo come “trovare l’essenza e rendere omaggio alle performance precedenti, e tuttavia non solo impressionare”.
La sceneggiatura di Chase al contempo, fornisce a Stoll alcuni dei tratti distintivi dello zio Junior. Stoll dice ridendo: “Junior usava parole volgari nel suo linguaggio. Parla in maniera esplosiva, con un incredibile ritmo staccato rat-a-tat che è davvero il suo marchio di fabbrica”.
Chase aggiunge: “Il fatto è che Junior è un meschino, è arrabbiato, ma abbiamo imparato a conoscerlo da vecchio. Corey è ovviamente più giovane, quindi il personaggio sembra più un uomo d’affari di mezza età. Tuttavia, tutti i difetti di Junior sono ancora presenti”.
La parte centrale di questi difetti è il risentimento sovvertito. Per Stoll: “Junior è un ragazzo che non ha mai avuto il rispetto che sentiva di meritare. Johnny è il fratello minore, eppure è quello che ha un seguito. Pur essendo il fratello maggiore non ha autorità. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiaramente Dickie lo zio preferito. Junior non ha una famiglia tutta sua: non ha figli, non ha una moglie. E vuole far parte della famiglia Soprano. E’ ‘allergico’ ai bambini, non li ama particolarmente. E questo non va bene per lui”.
Nella storia di Chase, incontriamo per la prima volta “lo zio preferito” Dickie Moltisanti e Tony Soprano il giorno in cui il padre di Dickie, noto come “Hollywood Dick”, torna da un viaggio in Europa, sotto braccio con una nuova e giovane sposa italiana, Giuseppina. Per interpretare il padre di Dickie, i realizzatori hanno scelto Ray Liotta, non estraneo ai film di gangster, avendo interpretato in modo memorabile il ruolo di Henry Hill nell’acclamato “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese nel 1990.
“Abbiamo pranzato insieme e ci ha colpiti da subito”, ricorda Alan Taylor. “Era perfetto per il ruolo”.
Secondo Ray Liotta, “Hollywood Dick”, un mafioso che un tempo frequentava le celebrità, ora ha un ruolo meno attivo negli affari di famiglia. Liotta riguardo al suo personaggio afferma: “Continua ad avere le mani in pasta, ma non è più così coinvolto come una volta. Va in Italia e trova una moglie giovane e bella, che vuole presentare al figlio. E’ orgoglioso e felice. Infatti mio figlio Dickie dice a uno dei personaggi: “È bello vedere mio padre sorridere di nuovo”.
Tuttavia, i sentimenti di Dickie per suo padre sono altalenanti. “Dickie sembra essere in contrasto con suo padre, che la gente considera un uomo rozzo con un brutto carattere”, spiega Nivola. “È sempre stato violento, ha picchiato sia suo figlio che sua moglie”.
Quando “Hollywood Dick” e la moglie napoletana si trasferiscono nella casa bifamiliare di Dickie a Newark, iniziano ad intensificarsi vecchi dissapori familiari. Nivola continua: “Quando arrivano a casa, Dickie si innamora subito di Giuseppina. Dick inizia a picchiare la sua neo sposa, cosa che fa infuriare suo figlio. Alla fine Dickie, che in tutta la vita non ha mai affrontato suo padre ha un confronto con lui: spalanca il suo mondo e scatena ogni tipo di rabbia, inquietudine e risentimento, insieme a tutta la paura e il dolore che ha patito crescendo sotto il controllo di suo padre”.
Prima delle riprese, Liotta ha imparato un po’ del dialetto napoletano parlato da Giuseppina nella sceneggiatura. L’attore commenta: “Fortunatamente ho un amico che ha i genitori napoletani, e da piccolo gli hanno insegnato a parlarlo. È completamente diverso. Le cose che forse impieghiamo un minuto per dirle in una specie di italiano standard, possono uscire in dieci secondi. È stata una cosa interessante da fare e una bella sfida”.
Chase aggiunge: “Ray è interessante, divertente, spaventoso, simpatico, molto intelligente. È stato davvero un piacere vederlo lavorare”.
Per ricoprire il ruolo di Giuseppina, la bellissima giovane donna che entra nella vita dei membri della famiglia Moltisanti e Soprano, i realizzatori hanno guardato all’Italia, dove hanno scoperto l’attrice romana Michela De Rossi, al suo debutto cinematografico americano. Chase afferma: “È piena di vita. Ha un istinto impeccabile: è arrivata e si è subito adattata a qualunque scena. Tornerei a lavorare con lei anche domani se potessi”.
La De Rossi, che per il suo personaggio ha studiato e imparato il dialetto napoletano, descrive Giuseppina come una giovane donna che ha sposato il più anziano “Hollywood Dick” principalmente per fuggire dalle difficoltà che ha vissuto in un paesino fuori Napoli sotto Mussolini e dopo la Guerra. L’attrice dichiara: “Giuseppina viene da una famiglia povera e vuole cambiare vita. Arriva in America per la prima volta con quest’uomo bello, ricco e misterioso. Non ci vuole molto prima che la realtà si palesi, e quindi inizia a pensare a modi alternativi per realizzare il suo sogno americano”.
“Penso che porti amore in questo film”, aggiunge la De Rossi. “Porta sentimenti reali”. Secondo Nivola, la De Rossi fa di Giuseppina qualcosa di diverso dalla tipica femme fatale: “Con lei arrivano vitalità e vita. Ci seduce con la sua gioia e la sua voglia di vivere. E’ facile capire perché Dickie ne rimane profondamente colpito. Michela ha apportato un cuore grande e ardente al personaggio”.
“È molto istintiva”, aggiunge Liotta. “Avrei voluto più scene insieme”.
“I Molti Santi del New Jersey” include anche diversi soci in affari di Johnny Soprano che in seguito figureranno in modo prominente nell’impero di Tony Soprano: Paulie “Walnuts” Gualtieri, Silvio Dante e Sal “Big Pussy” Bonpensiero.
“La loro apparizione nel film è molto importante; hanno un’effettiva e reale funzione, in particolare in relazione a Johnny e Dickie”, spiega Chase. “Loro sono la squadra, sono i soldati. E apportano anche comicità”.
Per interpretare il capomandamento Paulie, meticolosamente pettinato e curato, originariamente interpretato da Tony Sirico, i realizzatori hanno scelto il versatile attore Billy Magnussen. Per prepararsi al ruolo, il giovane attore ha studiato il lavoro di Sirico in “I Soprano”. Magnussen osserva: “È un personaggio iconico della serie. Rivedere tutto di nuovo è stato divertente. Grazie all’aiuto di David Chase e Alan Taylor, sono stato in grado di riformulare davvero un personaggio creato da Tony Sirico”.
Magnussen ha anche avuto modo di passare del tempo con “Paulie” in carne ed ossa. Alan Taylor dice: “In realtà abbiamo convinto Tony Sirico a trascorrere del tempo con Billy, in modo che potessero in qualche modo imparare l’uno dall’altro. Billy è esilarante, perché ha assunto tutti i manierismi e il guardaroba esagerato che Paulie avrebbe indossato negli anni ’60 e ’70”.
A interpretare Silvio Dante, il ruolo del consigliere della famiglia creato da Steven Van Zandt nella serie, c’è John Magaro, che in passato ha recitato nel film “Not Fade Away”, la storia di un giovane musicista del New Jersey, scritto e diretto da David Chase.
Magaro dice semplicemente: “David Chase è un mentore per me. Ho avuto l’opportunità di lavorare con lui e da allora ci siamo molto uniti. E’ con un padrino”.
Oltre alla confidenza con Chase, Magaro ha avuto un altro vantaggio nell’ambito delle ricerche per il suo ruolo di Silvio. Dopo che “I Soprano” ha terminato la sua messa in onda su HBO, Van Zandt, un musicista e membro della E Street Band di Bruce Springsteen, aveva lavorato con Magaro come consulente musicale per “Not Fade Away”. Chase ricorda: “In quel film, Stevie ha visto che suonava la batteria e ha fatto fare a lui e ad altre persone un boot camp rock ‘n’ roll”.
Per Magaro: “Sono stato fortunato da avere una connessione con Steven, ho potuto stargli accanto e cogliere i suoi manierismi. Inoltre, il fatto di essere un grande fan de “I Soprano” e di conseguenza conoscere bene il personaggio di Sil, mi ha sicuramente avvantaggiato”.
“John è un attore incredibile, ha persino avuto il plauso di Steven Van Zandt”, aggiunge Chase. “Alan ed io ci siamo guardati e siamo rimasti senza parole. Era davvero Silvio da giovane. Può fare qualsiasi cosa quest’uomo”.
Ad interpretare “Big Pussy”, il fratello maggiore che Tony Soprano avrebbe voluto, è il giovane attore Samson Moeakiola, al suo debutto cinematografico. Sebbene assomigli fisicamente ed abbia la carnagione scura di Vincent Pastore – l’attore nato nel Bronx che ha interpretato Big Pussy nella serie – il background di Moeakiola è molto diverso: il giovane attore non aveva mai nemmeno visto New York prima di ottenere il ruolo.
“Vengo dal sud, sono nato e cresciuto in Texas”, dice Moeakiola. “Sono andato al liceo in Florida, e non ho mai visto New York e dintorni. Quindi, è stato divertente diventare Big Pussy… replicare il suo accento e il suo lieve prognatismo”.
Una volta ottenuto il ruolo, l’ attore ha continuato a lavorare per modellare una versione più giovane del personaggio di Pastore, un membro della banda di Tony che appare nelle prime stagioni della serie. “Ho guardato dall’inizio alla fine le prime due stagioni, per osservarlo attentamente”, dice Moeakiola. “Inoltre, ho avuto modo di incontrare Vinnie Pastore: è un uomo davvero unico, fantastico”.
La ricerca e il duro lavoro dell’attore sono stati ripagati. “Ha ritratto immediatamente Pussy alla perfezione”, si complimenta il regista Taylor.

UN ALTRO TEMPO, UN ALTRO LUOGO: NEWARK 1967

Come il suo predecessore, “I Molti Santi del New Jersey ” attinge dalla vita di David Chase; tuttavia il film è ambientato a Newark, la città dei suoi nonni, piuttosto che nei sobborghi del New Jersey. La considerevole “Little Italy” di Newark nel First, o North Ward, era popolata da italoamericani che come la famiglia di Chase, erano arrivati ​​all’inizio del XX° secolo dalla provincia italiana di Avellino, vicino Napoli.
All’epoca, il North Ward di Newark aveva la quinta più grande comunità di italoamericani del paese e attirava artisti del calibro di Joe DiMaggio e Frank Sinatra nei suoi famosi ristoranti e pasticcerie, mentre gli italiani controllavano anche gli affari e la politica di Newark.
David Chase, cresciuto nelle vicine Clifton e North Caldwell, nel New Jersey, ha ricordi vividi di Newark, la città più grande del New Jersey, situata a otto miglia a ovest di Manhattan. Chase afferma: “Dopo New York, Newark è stata per me il centro dell’universo. Quando ero adolescente, con i miei amici ci andavamo in autobus. Cosa ci attirasse particolarmente, non ne ho idea, perché non c’era niente da fare. Ci ho visto il mio primo concerto dei Rolling Stones. All’epoca, Newark aveva una stazione radiofonica Black che ascoltavo sempre”.
Quando le comunità di neri del sud iniziarono a migrare a Central e North Ward di Newark, si sono inasprite le tensioni razziali, culminate nella rivolta di Newark del 1967, un evento significativo nella storia della città e nella sceneggiatura di Chase e Konner.
Durante un’estate di rivolte in tutti gli Stati Uniti, quelle di Newark scoppiarono dopo che era trapelata voce tra la comunità nera che un tassista di colore malmenato dalla polizia di Newark, era morto per le ferite riportate. Una protesta su larga scala, alimentata dalla rabbia repressa in anni di discriminazione, povertà e corruzione in tutta la città, è culminata in quattro giorni di distruzione, saccheggio e violenza. Sono state schierate la Guardia Nazionale e la Polizia di Stato per controllare i disordini mentre la città bruciava. Isolato dopo isolato, il centro di Newark è stato decimato.
Al termine dei disordini si contarono 26 erano morti, per lo più neri, ed oltre 700 feriti. Le tensioni razziali sono ulteriormente peggiorate dopo che la ribellione e i bianchi hanno lasciato in massa la città. Gli effetti delle rivolte, economici, emotivi e visibili, sono ancora evidenti a Newark oggi.
Chase, un ragazzino ribelle degli anni ’60, ricorda: “Quando sono scoppiati i disordini, avevo circa 20 anni e la mia ragazza a quel tempo, che ora è mia moglie, lavorava alla Prudential Insurance, che era proprio nel fulcro delle rivolte. Erano gli anni ’60 e avevo 20 anni, e ricordo di aver detto: ‘Spero che brucino quella fottuta città, quei bastardi! Oh, un attimo… la mia ragazza è laggiù!’ “.
Chase da piccolo era già attratto dalle storie di gangster, e ha visto il classico “Nemico pubblico” con James Cagney, e più tardi “Gli intoccabili” in televisione. Le storie di uomini duri che combattono per farsi strada nella vita gli hanno ricordato la sua famiglia di immigrati (anche se totalmente rispettosi della legge). “Ho sempre sentito una connessione con la giovinezza di mio padre”, dice. “Pensavo che una prima generazione di genitori immigrati era cresciuta proprio così”.
“Mia madre di sicuro odiava i gangster, e credo anche mio padre”, continua Chase. “Per quanto riguarda me, da bambino sapevo che ‘Beh, ci sono alcuni italiani che si difendono da soli’. Penso di esser stato attratto da questo concetto”.
Negli anni ’60 il racket delle scommesse, controllato dai mafiosi italiani, faceva parte della vita quotidiana delle comunità nere come il Central Ward di Newark. Con meno di un dollaro, la possibilità di un guadagno facile poteva cambiare la vita di una persona. Anche se illegali, dietro tangenti alla polizia, le scommesse hanno dato una vita dignitosa agli allibratori clandestini, ai giocatori e ai loro capi. A Newark però, gli incassi sono andati ai capi italo-americani del racket, piuttosto che agli immigrati neri da poco giunti nella zona.
In “I Molti Santi del New Jersey”, Harold McBrayer, insoddisfatto di lavorare per Dickie e stufo degli atteggiamenti razzisti degli italiani, decide di mettersi in proprio. “Le tensioni razziali sono una parte importante del nostro film”, afferma il regista Taylor. “La storia riconosce la realtà della rabbia tribale di cui l’America ancora soffre, perché David Chase la scrive proprio così. Non distoglie mai lo sguardo dal passato oscuro dell’America”.
“Il film esplora realmente il rapporto tra queste due culture: quella degli immigrati italo-americani a Newark e quella afroamericana”, racconta Alessandro Nivola. “Lo fa in un modo risoluto, davvero coraggioso”.
Secondo Leslie Odom Jr., uno degli aspetti più notevoli della serie quanto del film è il modo in cui Chase fa luce sulla società – oltre Newark, nel New Jersey – approfondendo la psicologia dei suoi personaggi. “Riguarda la struttura mentale delle persone e la psicologia di tutti noi”, afferma Odom. “A volte le cose si ripetono: compiamo cose sbagliate e continuiamo a farle. Ognuno di questi personaggi potrebbe e dovrebbe essere sdraiato su un lettino. David mette anche l’America sul lettino. Assistiamo ad eventi che si ripetono di continuo in America. David ci mette di fronte a ciò che facciamo da generazioni. Queste sono storie americane. Sta a noi decidere cosa fare dopo aver preso coscienza delle situazioni”.

SPAZI ESALTATI: SCENOGRAFIE E RIPRESE

Le riprese principali di “I Molti Santi del New Jersey” sono iniziate in esterni a Bay Ridge, a Brooklyn, prima di trasferirsi in vari locali nel New Jersey e New York. Chase era sempre presente sul set, alla guida del mondo frequentato dal cast e dalla troupe.
“Ogni singola parola che viene detta, è stata pensata e adattata per creare una sceneggiatura perfetta e un mondo perfetto”, afferma Michael Gandolfini. “David Chase conosce bene i suoi personaggi, e la sua presenza costante sul set è stata un dono”.
Alessandro Nivola aggiunge: “David apprezza tutte le cose che gli attori apportano alle performance e alle scene, e ai modi inaspettati in cui le scene prendono forma. Si diletta nello scoprire cose sul lavoro che non aveva previsto, in base a ciò che stanno facendo gli attori. E questo è un segno di grande fiducia: riconoscere che il materiale è vivo, respira che si evolve attraverso il processo di realizzazione del film”.
Secondo Gandolfini, gli attori hanno apprezzato la presenza di Chase per un altro motivo: “È spassosissimo. È davvero tanto divertente, ed è fantastico lavorare con lui”. La Farmiga concorda e dice scherzando: “Vivo per far ridere David”.
Avendo diretto nove episodi de “I Soprano”, Alan Taylor era la persona giusta per dirigere “I Molti Santi del New Jersey”, e ha beneficiato della stessa collaborazione di Chase che hanno condiviso all’epoca della serie HBO. Nivola ricorda: “Alan aveva già un canale preferenziale con David. Conosce il suo modo di fare cinema e il tono della sua scrittura come nessun altro. Come regista, è molto arguto e capisce il quadro generale della storia e tutti i suoi dettagli”.
Per girare il film, Taylor ha reclutato l’acclamato direttore della fotografia Kramer Morgenthal, suo precedente collaboratore in “Thor: The Dark World” e “Terminator: Genysis”. “Kramer è un vero artista ed è una gioia lavorare con lui”, afferma Taylor. “Abbiamo parlato molto dell’aspetto di questo film, e si presentava come una sfida divertente perché “I Soprano” era uno show televisivo che aveva reali aspirazioni cinematografiche. E come portarlo sul grande schermo senza perdere il DNA della serie è stato complicato. Abbiamo sempre fatto del nostro meglio per portare lo spirito del programma sul grande schermo”.
Per far sì che ciò avvenisse, i realizzatori si sono assicurati la presenza di Bob Shaw, lo scenografo de “I Soprano” per cinque stagioni. Per Shaw, che conosce bene i personaggi, lavorare al film è stata un’esperienza unica: “È un po’ come aver ascoltato delle storie di famiglia e poi tornare indietro nel tempo e rivisitarle. Tutti hanno dei personaggi di cui parlano i loro genitori, senza avere idea di chi fossero, come, zia chi? E così, vederli prendere vita è stato davvero molto divertente”.
Secondo Shaw, la prima generazione della mafia italo-americana nel New Jersey che incontriamo in “I Molti Santi del New Jersey” conduceva una vita più tranquilla. Shaw illustra: “Il mondo della serie è, direi, il mondo post-John Gotti. Prima di ciò, si ritiene generalmente che la maggior parte delle persone che facevano parte del business mantenesse un tenore di vita più basso. Le case degli eredi non erano così ostentate: avevano una casa piccola con una grande Cadillac nel vialetto.
“Era la prima ondata di immigrati che si è stabilita nelle città che tendeva a raggrupparsi nei quartieri”, continua Shaw. “Quando arriviamo ai tempi della serie, si sono trasferiti tutti in periferia. Quello del film è un mondo dei Soprano molto diverso da quello della serie”.
Per ricreare la Newark del 1967 e dei primi anni ’70, in “I Molti Santi del New Jersey” le riprese sono state effettuate a Newark stessa, ed in altre città del New Jersey come Paterson, Bloomfield e Jersey City. Il film è stato girato anche in quartieri come Bronx, Yonkers, Brooklyn e Queens a New York, in zone che ricordano la Newark dell’epoca precedente.
Non sorprende che le riprese in esterni siano state più impegnative di quanto non lo fossero state per la serie. Shaw spiega: “In un film d’epoca, bisogna controllare ogni minimo particolare: segnali stradali, parchimetri e tutte le altre cose che allora non esistevano. Questa è la sfida nel fare così tante riprese in esterni e in tante grandi strade commerciali”.
Il compito più grande di Shaw e della sua squadra è stato quello di ricreare l’ambientazione delle rivolte di Newark del luglio 1967. Nella storia, Dickie, i suoi colleghi e il giovane Tony Soprano rimangono paralizzati alla vista del centro di Newark che brucia (ad una distanza di sicurezza), mentre Harold si ritrova coinvolto nella mischia.
Utilizzando delle registrazioni visive del tempo, la produzione ha trasformato due interi isolati di Branford Place nel centro di Newark per diversi giorni di riprese, i cui edifici, non completamente distrutti nei disordini del ’67, si trovano nel mezzo di un vivace quartiere dello shopping, ma mantengono gran parte dei particolari della prima metà del secolo sotto le loro aggiunte moderne.
“C’erano attività commerciali operative, quindi abbiamo dovuto fare un po’ alla volta”, afferma Shaw. “Abbiamo dovuto cambiare praticamente ogni vetrina e sperare nella collaborazione dei proprietari dei negozi. Abbiamo dovuto chiedere nel modo più gentile possibile: “Le andrebbe bene se le spaccassimo le vetrine?” O strappassimo la tenda da sole?’ “.
Shaw è rimasto sorpreso nel vedere che tanti passanti di fronte alla trasformazione di Branford Place, erano ansiosi di parlargli dei disordini dell’epoca. Osserva: “È stato davvero interessante quando le persone si sono fermate per condividere i loro ricordi”.
Sono state assunte centinaia di persone del posto per ritrarre manifestanti, saccheggiatori, guardia nazionale e polizia, al fianco di consiglieri militari e di polizia per garantire l’autenticità. Anche per le scene della rivolta, la responsabile del reparto trucco Nicki Ledermann e il capo del reparto acconciature Sean Flanigan hanno avuto il compito di occuparsi dell’aspetto di centinaia di comparse. La Ledermann afferma: “Abbiamo curato l’aspetto di ogni singola persona, dagli accessori al taglio di barba e capelli. E’ stato un lavoro duro: i realizzatori erano costantemente alla ricerca di autenticità. Abbiamo tratto ispirazione dalle riviste dell’epoca e da documentari. C’è un filmato incredibile della ribellione: abbiamo esaminato più di 100 immagini e cercato di duplicare quel che abbiamo visto sulle nostre comparse per quelle scene”.
“In quegli anni, nel 1967, le donne di colore si lisciavano i capelli”, aggiunge Sean Flanigan, il quale afferma che le scene della rivolta hanno comportato un noleggio di parrucche maggiore rispetto alle scene successive del film. “Quando arriviamo ai primi anni ’70, le donne nere allisciavano o stiravano chimicamente i capelli tanto quanto facevano negli anni ’60”. La Ledermann aggiunge che le tendenze di estetica sono state molto influenzate dal movimento Black Power e dai loro eroici leader.
Tuttavia, a differenza degli afroamericani nella storia, gli italoamericani non subiscono una tale trasformazione dal 1967 al 1971, il loro aspetto continua a riflettere un’epoca addirittura anteriore. La Ledermann afferma: “Ancora oggi, la generazione tra i 60 e gli 80 anni è in qualche modo ferma nei canoni italiani del dopoguerra degli anni ’40 e ’50, forse come omaggio o nostalgia per celebrare la cultura e il retaggio, ed è cambiata poco negli anni. E così abbiamo mantenuto i nostri personaggi italo-americani, più simili ai primi anni ’60 o meglio della fine degli anni ’50. E lo stesso è continuato negli anni ’70”.
Sia nel 1967 che nel 1971, ad esempio, il Dickie Moltisanti di Nivola ha i capelli pettinati all’indietro e indossa un abito su misura degli anni ’50, proposto da Amy Westcott, che ha lavorato come costumista. “Dickie è fermo all’immagine di Frank Sinatra”, dice.
Lo stile di Sinatra – abito su misura, cravatta, fazzoletto da taschino e Borsalino – è il modello seguito per Dickie, secondo la Westcott. “Abbiamo esaminato Frank Sinatra e il suo “tocco hollywoodiano”, spiega Westcott. “In quel piccolo lasso di tempo, gli uomini erano affascinanti e meticolosi nel modo in cui si vestivano e si contraddistinguevano. Spendevano molto per i loro abiti e per curare il loro aspetto”.
Per i personaggi noti ai fan della serie “I Soprano”, creare il loro guardaroba è stato un processo affascinante per la Westcott: “La sfida finale, davvero, è stata prendere questi personaggi che erano già stati creati e ‘spogliarli’ per capire cosa c’era al loro interno, e rendere il tutto realistico e adatto al tempo”.
Secondo la costumista, il miglior arbitro per avvicinarsi al realismo era prontamente disponibile per la consultazione durante il lavoro nel film. E afferma: “David Chase conosce questi personaggi meglio di chiunque altro, ovviamente. Quando volevo sapere se le cose erano reali per il tempo e il personaggio, chiedevo il consenso a David”. Era necessario mettere da parte la propria opinione e affidarsi a chi veramente sa”.
Per gli abiti indossati dalla Livia Soprano di Vera Farmiga, moglie e madre di periferia, la Westcott ha scelto principalmente una tavolozza colori di pastelli chiari. “Se si considera la vita di Livia, è una donna che si è dedicata totalmente ai figli e al marito, mettendo da parte i propri sogni. La sua profonda depressione è triste e toccante”, afferma la costumista.
Mentre Livia indossa principalmente i colori blu e verde petrolio, Joanne Moltisanti la moglie di Dickie, indossa tonalità pesca in contrasto, e Giuseppina, la giovane moglie italiana di “Hollywood Dick”, si distingue per i colori più caldi e forti per un guardaroba fatto di minigonne, stivali e cappelli a tesa larga.
Per il suo ruolo di Livia, Vera Farmiga, al fine di avvicinare il suo aspetto a una giovane Nancy Marchand, ha scelto di farsi applicare una protesi al naso. Chase ricorda: “È stato molto interessante, perché le avevo suggerito di mettere una protesi, e Vera ha subito detto: ‘Lo stavo per dire. Devo avere un naso importante’ “.
La Ledermann aggiunge: “Ho coinvolto nel progetto il mio amico Mike Marino, che è un brillante designer di protesi, per creare un naso e per collaborare con me nei giorni delle riprese. Vera era molto a suo agio con il naso protesico; l’ha davvero aiutata a entrare nel personaggio”.
“Michela è la nostra giovane Sophia Loren”, afferma Ledermann. “Siamo tornati direttamente alla “sex bomb” degli anni ’50 e ’60 che aveva la capacità di essere sexy e manipolatrice, ma anche molto innocente e dolce. Agli occhi delle donne italo-americane, erano sempre perfettamente agghindate. Nella roulotte del trucco mettevo sempre la canzone di Sinatra ‘Wives and Lovers’ che diceva ‘Ehi, ragazza, pettinati i capelli, sistemati il ​​trucco!’. Dovevano sempre essere perfette per gli uomini”.
“Penso che il costume, il trucco e i capelli abbiano fatto molto per creare il mio personaggio”, esclama Michela De Rossi. “Gli addetti ai vari reparti sono stati dei maghi”.
Per l’ ‘Hollywood Dick’ di Ray Liotta, la Westcott spiega: “Indossa tinte grigie e crema per vestiti molto costosi. Attira l’attenzione su di lui. L’abbiamo fatto scendere dalla barca con un abito a righe rigorosamente fatto su misura”. All’attore è stato applicato anche un trucco per l’invecchiamento, insieme a una pancia protesica. La Westcott aggiunge: “Dovrebbe sembrare sovrappeso. ‘Hollywood Dick’ non è goloso, ma fa quello che vuole”.
Per Junior Soprano interpretato da Corey Stoll – il personaggio della serie più vecchio ora interpretato da un attore molto più giovane – i vestiti hanno sempre un’aria familiare e, quando sormontati da un cappello sempre presente, l’effetto ha conferito allo Junior di Stoll un’aria più adulta.
Per il giovane trio di gangster di Johnny Soprano, Paulie, Silvio e Big Pussy, il loro abbigliamento segue un ordine di gerarchia sociale, secondo la costumista: “C’è un ordine gerarchico nei vestiti. I capi che indossano implicano un determinato tipo di rispetto. Quando una persona è di un certo livello, si capisce da come è vestito”.
Il Silvio Dante di John Magaro indossa già i colori più scuri che appaiono in seguito nella serie. La Westcott aggiunge: “Nella serie molto spesso Silvio veste di marrone o rosso e nero. Quindi in questo caso Silvio indossa una camicia rossa – non bianca – con un completo, e sempre in doppiopetto con pochette”.
Per Magaro tuttavia, l’aspetto del suo personaggio e il netto cambiamento dal 1967 al 1971 sono andati di pari passo. L’attore dice ridendo: “Riguarda i suoi capelli. Guardando in passato “I Soprano”, pare che Silvio fosse calvo. Quindi, iniziamo con un uomo che nel 1967 a poco più di vent’anni già perde i capelli. Negli anni ’70, qualcuno gli ha dato la grande idea di mettersi un parrucchino: questo è l’inizio dell’iconica pettinatura di Sil. Ma tutto ciò non viene menzionato: fanno tutti finta di niente, perché potrebbero essere picchiati se gli dicono qualcosa sui suoi capelli”.
Per Sean Flanigan, creare la versione calva di Silvio su Magaro non è stato facile: “Visto che ha una testa piena di capelli, ho chiesto a John se ci avrebbe permesso di radergli la parte superiore della testa, e lui ha accettato. Lo abbiamo letteralmente rasato ogni volta che doveva ritrarre la parte. Aveva un piccolo parrucchino inserito sotto ai suoi capelli per potergli fare un evidente riporto”.
Eppure Magaro non avrebbe trascorso settimane con la parte superiore della testa rasata per qualsiasi ruolo o per chiunque, dice: “David Chase è l’unico che poteva farmi perdere la testa, perché lo apprezzo tantissimo. È un genio”.
Per trasformare Billy Magnussen in una versione più giovane del Paulie Walnuts di Tony Sirico, il reparto trucco ha lavorato sodo. La Ledermann afferma: “Paulie aveva un aspetto molto particolare: capelli perfetti, un caratteristico naso largo e grandi occhi marroni, e poi abbiamo Billy, che non potrebbe essere più diverso da lui. Ha l’aspetto del classico anglosassone protestante, biondo con gli occhi azzurri e il naso sottile. Quindi Sean gli ha fatto una fantastica parrucca e gli abbiamo anche aggiunto una protesi al naso, lenti a contatto marroni e tinto le ciglia e le sopracciglia”.
Westcott, nel frattempo, ha trovato l’equivalente perfetto del 1971 dell’appariscente guardaroba firmato del Paulie di Sirico: “L’ho messo in abiti informali, perché sono l’equivalente del 1970 della tuta da ginnastica”.
Per l’Harold McBrayer di Leslie Odom Jr., gli anni che vanno dal 1967 al 1971 segnano un cambiamento drastico nel suo aspetto, riflettendo non solo una più ampia trasformazione della società, ma anche il suo crescente senso di autonomia e individualità. Quando lavorava per Dickie Moltisanti negli anni ’60, Harold sfoggia gli stessi abiti su misura indossati dai gangster italiani, spesso in tonalità di verdi. Ma dopo le rivolte e i cambiamenti sociali dovuti in parte al movimento Black Power, Harold indossa giacche di pelle e pantaloni a zampa di elefante, i suoi capelli sono cresciuti con pettinature afro insieme alla barba degli anni ’70. “Negli anni ’70, Harold non assomiglia per niente a Dickie”, spiega Westcott. “Quindi volevamo togliere tutto ciò che aveva a che fare con la sua ex banda negli anni ’60. Ora gli abbiamo dato una sua tavolozza colori, col senape e marrone, ma anche il verde”.
Quando ha vestito Michael Gandolfini per il ritratto del giovane Anthony Soprano, “Era davvero importante che rimanessimo fedeli a Tony”, dice Westcott. “È ragazzo col fisico da atleta, ma è sul punto di diventare un uomo e in seguito quello che è”.
Indossando spesso la giacca e i jeans della West Orange High School, la tavolozza di Tony adolescente è principalmente (e non a caso ironicamente) rosso, bianco e blu. Per Wescott: “La sua giacca da college era il simbolo di chi era, chi stava cercando di essere, cioè giocare a calcio, essere un bravo studente e continuare il college”.
Gandolfini per avvicinarsi maggiormente al personaggio era persino pronto ad affidarsi alle cure di un dentista per modificare il dente anteriore e mostrare il famoso sorriso di suo padre. “Era una cosa davvero importante per me”, dice Michael.
Sebbene fosse pronto a modificare in modo permanente il suo sorriso la Ledermann, ha sventato con successo questo tentativo di Gandolfini. “Abbiamo quindi fatto realizzare una protesi con lo stesso iconico dente anteriore che aveva suo padre”.
Per l’acconciatura di Tony, Sean Flanigan ha studiato gli annuari delle scuole superiori del 1971, trovando molti capelli arruffati e lunghi fino alle spalle. “Quando Michael è stato scelto, sapevamo che non sarebbe stato possibile che i suoi capelli crescessero abbastanza velocemente da raggiungere la lunghezza che volevamo”, ricorda Flanigan. “Quindi, abbiamo fatto realizzare una parrucca per lui, ed era entusiasta”.
In effetti, l’entusiasmo del giovane Gandolfini nell’interpretare il ruolo è stato fonte di ispirazione per coloro che lo circondavano. Di nuovo, Westcott aggiunge: “Probabilmente ha subito l’enorme pressione del retaggio di suo padre. E Michael lo ha gestito con molta grazia. Ogni giorno entrava con il sorriso sulle labbra, ed era la persona più adorabile con cui lavorare”.
Odom riflette: “Michael non stava solo cercando di onorare suo padre con ciò che stava facendo sullo schermo, ma ha onorato suo padre nel modo in cui si è comportato fuori dallo schermo: è stato ammirevole”.
Per i realizzatori, il cambiamento epocale a Newark (e nel mondo) tra il 1967 e il 1971 non doveva solo avere un impatto sull’aspetto del film, ma era fondamentale che i suoni di queste due epoche fossero palpabilmente diversi. Piuttosto che rivolgersi a un compositore, la produzione ha coinvolto la vincitrice di un Emmy ed esperta supervisore musicale Susan Jacobs.
Interrogata sul processo complessivo, in particolare sul confronto tra la composizione di una partitura e la scelta di selezioni musicali già esistenti, la Jacobs afferma: “È difficile rispondere a queste domande, perché il processo non è proprio strutturato così. La musica si evolve attraverso il montaggio di un film. Quando il film cambia, la musica cambia: deve seguire il film. I concetti che abbiamo provato sono stati spesso scartati”.
“Ma siamo in un periodo florido per la musica”, aggiunge la Jacobs. “Chiaramente, navigando tra il mondo di Harold con l’on-camera ‘Wake Up, N****s’ di The Last Poets e ‘The Revolution Will Not Be Televised’ di Gil Scott-Heron, a Junior che guida con ‘I Am.. I Said’ di Neil Diamond, alla musica romantica per Dickie e Giuseppina, e la rappresentazione dell’Italia del mondo dei Soprano con Frank Sinatra e gli altri, ogni personaggio o luogo ha un suo panorama musicale; l’immagine ci dice dove andiamo. Alla fine, stavo lavorando con uno dei grandi music men del nostro settore, David Chase. È un maestro ed ero felice di essere nella sua squadra. Un vero piacere”.
Quasi tutti i membri del cast e della troupe di “I Molti Santi del New Jersey” attribuiscono il loro coinvolgimento nel film a due uomini: David Chase e Tony Soprano. Direttamente o indirettamente, la serie storica non solo ha dato modo ai fan di scoprire di più sulla storia dei protagonisti, ma ha creato schiere di attori e registi desiderosi di aiutare a portare in vita quella mitologia (comunque continui).
Michael Gandolfini ha accolto la sfida di incarnare il giovane Anthony, e altresì ha anche apprezzato la sceneggiatura di Chase e Konner come la lente attraverso la quale vedere le due facce del mondo di Newark di quasi 60 anni fa: “È una sceneggiatura straordinaria, perché include nuovi personaggi, e mostra un mondo e due esperienze di vita completamente diverse: quella italo-americana e quella nera. È stato davvero illuminante vedere quanto fossero per certi versi simili ma allo stesso tempo diversi questi mondi… e come le due comunità venissero trattate in modo differente”.
“È pieno di personaggi ricchi di sfumature e legami”, concorda Alessandro Nivola. “È emozionante, pericoloso, violento, appassionato e pieno di amore e anche di morte. Ha la suspense di un thriller e l’umorismo assurdo di una commedia davvero intelligente”.
Soprattutto, “I Molti Santi del New Jersey” è stato creato per intrattenere un pubblico fatto dai fan de “I Soprano” e da una nuova generazione. Ci sono un mondo e dei personaggi che hanno tutti i presupposti per farci assaporare le cose stravaganti che hanno fatto”, afferma Leslie Odom, Jr. “È certamente una visione selvaggia e divertente”.
Ma per il padre di tutti questi personaggi, David Chase, tutto si riduce davvero a una parola. E per concludere afferma: “Famiglia. Amo Livia e Johnny, e le loro discussioni, Dickie, Tony… Adoro le scene familiari. Gli spari e tutto il resto non mi interessano più di tanto. Ma la famiglia, è ciò di cui sono più entusiasta in questo film”.

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I molti santi del New Jersey disponibile in Digitale da martedì 7 Dicembre 2021
info: 4 Novembre 2021 al Cinema; 7 Dicembre 2021 in PVOD.

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