Empire of Light – Poster

Empire of Light (2022)

Empire of Light
Locandina Empire of Light
Empire of Light è un film del 2022 prodotto in USA, di genere Drammatico e Sentimentale diretto da Sam Mendes. Il film dura circa 115 minuti. Il cast include Olivia Colman, Micheal Ward, Tom Brooke, Tanya Moodie, Hannah Onslow, Crystal Clarke, Toby Jones, Colin Firth. In Italia, esce al cinema giovedì 2 Marzo 2023 distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Empire of Light è una storia potente e toccante sui legami umani e sulla magia del cinema. 

Ambientato nei primi anni ’80 in una cittadina balneare inglese, Empire of Light è una storia toccante incentrata sul potere dei legami umani in tempi burrascosi, con la regia del premio Oscar Sam Mendes. Ambientato nei primi anni Ottanta all’interno e nei dintorni di un vecchio cinema sbiadito in una cittadina costiera dell’Inghilterra, il film segue Hilary (Olivia Colman), una donna che gestisce il cinema e deve fare i conti con la sua salute mentale, e Stephen (Micheal Ward), un nuovo dipendente che sogna di fuggire da questa cittadina provinciale in cui deve affrontare avversità quotidiane. Sia Hilary che Stephen trovano un senso di appartenenza attraverso la loro dolce e improbabile relazione e sperimentano il potere curativo della musica, del cinema e della comunità.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 2 Marzo 2023
Uscita in Italia: 2 Marzo 2022 al Cinema
Genere: Drammatico, Sentimentale
Nazione: USA - 2022
Durata: 115 minuti
Formato: Colore
Produzione: Neal Street Productions, Searchlight Pictures (in collaborazione con)
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Note:
Il 24 Gennaio 2023, The Walt Disney Company Italia ha annunciato il posticipo della data di uscita in Italia del film dal 23 Febbraio 2023 al 2 Marzo 2023.

Cast e personaggi

Regia: Sam Mendes
Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross
Fotografia: Roger Deakins
Scenografia: Mark Tildesley
Montaggio: Lee Smith
Costumi: Alexandra Byrne

Cast Artistico e Ruoli:



Produttori:
Pippa Harris (Produttore), Sam Mendes (Produttore), Michael Lerman (Produttore esecutivo), Julie Pastor (Produttore esecutivo), Celia Duval (Coproduttore), Lola Oliyide (Coproduttore)


Hair and Make-Up Designer: Naomi Donne | Supervisore musicale: Randall Poster | Sound Mixer: Stuart Wilson | Casting: Nina Gold.

Recensioni redazione

Empire of Light, recensione del film di Sam Mendes
Empire of Light, recensione del film di Sam Mendes
Matilde Capozio, voto 6/10
Il regista di 'American Beauty' e 'Revolutionary Road' scrive e dirige una storia parzialmente autobiografica, che racconta di un fragile legame sentimentale a cui fa da sfondo una vecchia sala cinematografica nell'Inghilterra dei primi anni '80, scossa da tensioni sociali e razzismo, affidandosi alle interpretazioni di Olivia Colman e dell'emergente Michael Ward.

Immagini

[Schermo Intero]

Note di Produzione

Il vincitore dell’Academy Award Sam Mendes (1917, Revolutionary Road, Era mio padre, Jarhead, American Beauty) scrive e dirige Empire of Light: “Molte persone ritengono che i loro anni più formativi siano stati quelli dell’adolescenza. Ho vissuto la mia adolescenza tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: la musica, i film e la cultura pop di quel periodo hanno contribuito in larga parte a formare la persona che ero. Fu un periodo di grandi sollevazioni politiche in Regno Unito, con molte politiche razziali controverse che infiammavano gli animi, ma allo stesso tempo fu un periodo meraviglioso per la musica e per la cultura in generale: un periodo molto creativo, molto politicizzato e pieno di energia. Tuttavia, però, Empire of Light è un film nato quasi completamente per via della pandemia. Il lockdown è stato un periodo pieno di intense riflessioni personali per tutti noi. Ognuno di noi si è trovato a riesaminare la propria vita. E per me, questo significava fare i conti con alcuni ricordi con cui stavo lottando fin dall’infanzia. È stato questo a spingermi a scrivere la sceneggiatura: la volontà di esplorare quei ricordi per vedere se avrei potuto scoprire qualcosa di interessante”.

“I film descrivono scenari mitici”, prosegue Mendes. “Siamo sempre alla ricerca di un momento in cui il passato appaia più colossale, più ricco di materiale tematico e più fiabesco del presente. Ripensando al passato con gli occhi di oggi, mi sembrava che questo periodo della storia inglese presentasse un’intersezione particolarmente speciale e insolita tra le politiche razziali, la musica e il cinema”.

Mendes ha creato due personaggi, Hilary e Stephen, interpretati dalla vincitrice dell’Academy Award Olivia Colman (La favorita, La figlia oscura) e dalla star in ascesa Micheal Ward (Top Boy, Lovers Rock), e li ha inseriti in una storia che esplora alcuni dei legami che ci uniscono: la musica, i film e le famiglie improvvisate che ci aiutano ad andare avanti. La loro relazione è al centro di Empire of Light: anche se sembrano diversi da qualsiasi punto di vista immaginabile, trovano un rito di passaggio grazie al quale entrambi riescono a trovare un certo livello di felicità e forza.

Una delle prime persone con cui Mendes ha condiviso la sceneggiatura di Empire of Light è stata la produttrice Pippa Harris, con cui aveva lavorato in 1917 e Revolutionary Road, e con cui vent’anni fa aveva fondato la casa di produzione Neal Street Productions. Harris ha trovato la storia e il contesto molto toccanti. “Questa è la prima sceneggiatura che Sam ha scritto da zero, completamente da solo, senza l’apporto di altri sceneggiatori. La scrittura è davvero straordinaria, soprattutto nel modo in cui riesce a delineare i personaggi. È la storia di un’anima perduta che trova una strana famiglia all’interno di un cinema. L’ho trovata davvero toccante”. Avendo fatto personalmente i conti con malattie mentali all’interno della sua famiglia, Mendes ha basato il personaggio sui suoi ricordi formativi.

“Hilary è una donna di mezza età che vive da sola sulla costa e lavora in questo cinema da alcuni anni”, spiega Mendes. “Ha un passato complicato e alcuni demoni interiori ma è stata inclusa in questo eccentrico gruppo di persone che lavorano nel cinema, nel classico modo in cui soltanto le famiglie improvvisate sono in grado di sostenersi a vicenda. Fatica a trovare un rapporto significativo nella sua vita fino all’arrivo di Stephen, un nuovo dipendente del cinema, che è gentile e di buon cuore, ma ancora molto giovane”.

Mendes afferma che il ruolo di Hilary è stato scritto appositamente per Olivia Colman. Il regista racconta che, mentre aveva iniziato a scrivere la sceneggiatura durante la pandemia, stava guardando The Crown. “Olivia era fantastica in quella serie e così ho pensato ‘Vorrei che fosse lei a interpretare Hilary’. Non la conoscevo molto bene, ma ho comunque iniziato a scrivere la sceneggiatura pensando a lei per il ruolo della protagonista”.

Secondo Colman, l’idea che Mendes stesse scrivendo un ruolo per lei è stata “piuttosto surreale”, afferma. “Quando studiavo recitazione, andavo spesso alla Donmar Warehouse, il teatro che Sam aveva fondato, e quindi sapevo tutto su di lui e su American Beauty. Ma non lo conoscevo personalmente e quando il mio agente mi ha detto che Sam Mendes voleva fare una riunione con me su Zoom sono rimasta piuttosto interdetta”.

Anche se Colman si sentiva nervosa o intimidita, non aveva bisogno di esserlo. “Non so cosa mi aspettassi, ma è davvero una persona dolce e gentile”, afferma. Sul set, l’attrice ha ritrovato lo stesso atteggiamento nel modo in cui Mendes dirigeva gli attori. “Ti prende per mano. Sa parlare con tutti in modo estremamente comprensivo. È in grado di trasformarsi nel personaggio: parlava come Hilary e si muoveva come lei per mostrarmi la sua idea del personaggio”.

Mendes commenta: “Olivia è disponibile e di mentalità aperta, ma in qualche modo è anche misteriosa. Per me è proprio questo a renderla così straordinaria, oltre ovviamente alle sue fantastiche abilità”.

Micheal Ward afferma che quando ha letto la sceneggiatura per la prima volta, anche prima di essere stato scelto per il ruolo, Mendes gli ha chiesto di dare il suo contributo al personaggio. “È stato bello da parte sua”, afferma. “Non era obbligato a farlo: sono un nuovo attore, non faccio questo lavoro da molto. Ma considerava importante la mia opinione: è stato entusiasmante sapere che era pronto a collaborare con me per definire il personaggio. Sam ha vissuto quel periodo storico, ma si rende conto di non essere nero: aveva assistito alla tensione razziale di quel periodo, ma non l’aveva vissuta in prima persona”.

Gli spettatori potrebbero notare alcuni echi dell’attuale periodo storico in questo film in costume ambientato negli anni Ottanta, e non si tratta di una coincidenza. “Nel bel mezzo del lockdown, il mondo ha dovuto fare i conti in modo molto duro con l’attuale situazione razziale. Ci siamo ritrovati da soli, a contemplare il modo in cui le nostre politiche razziali si erano formate, e ci siamo resi conto che forse avevamo fallito: il mondo non si stava evolvendo come avremmo voluto. Quando ho scritto questo film, c’era anche un’altra ossessione comune: temevamo che il cinema e gli spettacoli teatrali sarebbero morti. Tutti questi elementi sono finiti nel film, che infatti è molto intenso”, afferma.

Harris nota anche altri rimandi al presente nella sceneggiatura. “Il rapporto tra Hilary e il signor Ellis, interpretato da Colin Firth (Il discorso del re, A Single Man), è piuttosto degradante per lei, ma Hilary sente di doverlo assecondare: è qualcosa che vediamo tutti i giorni. Da un certo punto di vista, un film come Empire of Light sembra lontanissimo da noi, ma allo stesso tempo è pieno di temi con cui dobbiamo fare i conti tutti i giorni nella nostra vita quotidiana”.

Il film è una rievocazione del passato non soltanto per Mendes, ma anche per i suoi amici d’infanzia: Harris e Toby Jones (La talpa), che interpreta il ruolo di Norman, il proiezionista. “Per pura coincidenza, Sam si trovava con Toby Jones la prima volta che l’ho incontrato”, prosegue Harris. “Siamo tutti cresciuti nell’Oxfordshire negli anni Ottanta. Io avevo all’incirca 14 anni e loro erano un po’ più grandi, forse ne avevano 16. Eravamo a una festa piuttosto squallida in una sala comunale: la pista da ballo era piuttosto affollata e all’improvviso ho visto questi due ragazzini che indossavano un completo elegante e un cappello pork pie. Stranamente, ballavano a ritmo di una delle canzoni che abbiamo utilizzato nel film… credo fosse un brano dei The Specials. Ho pensato che avessero un aspetto fantastico ed erano amici di alcuni miei amici: ci siamo messi a parlare e il resto è storia”.

Le canzoni utilizzate nel film sono la colonna sonora della vita di Mendes e rappresentano una parte fondamentale del film. “La scena politica del periodo – soprattutto le politiche razziali, Margaret Thatcher che dichiarava ‘La società non esiste’, il razzismo di Enoch Powell e del Fronte Nazionale, le rivolte di Brixton e Toxteth, la disoccupazione alle stelle e le divisioni estreme – alimentò la musica e la cultura del periodo”, afferma Mendes. “Stephen ama e adora The Specials, The Beat, The Selecter e tutti gli altri artisti 2 tone: questo genere musicale, che all’epoca si trovava all’apice del suo successo, era una combinazione molto particolare tra il punk e lo ska. Queste band diversissime riuscivano a fare della musica fantastica ma anche a trattare temi attuali dal punto di vista politico. Scrivevano canzoni sulla disoccupazione, sul degrado dei quartieri poveri, sulle ragazze adolescenti che rimanevano incinte, sui ragazzi che passavano tutta la giornata a bere, sulla Thatcher… ad esempio, una canzone come ‘Ghost Town’ riusciva a balzare al primo posto nelle classifiche. Quelle canzoni facevano parte della cultura popolare e quelle band rappresentavano un fantastico melting pot creativo tra artisti neri e artisti bianchi che non è mai stato ripetuto allo stesso livello”.

CREARE I PERSONAGGI

All’inizio della storia, Hilary, interpretata da Olivia Colman, ha appena avuto un episodio psicotico e quindi ora è sottoposta a una terapia farmacologica. “Non riesce a percepire sensazioni molto forti”, afferma Colman. “Si comporta in maniera meccanica a lavoro e con il signor Ellis. Vive da sola e non parla con nessuno: è un’esistenza piuttosto solitaria e lei vuole di più. Vuole provare sentimenti più intensi”.

È in quel momento che il personaggio interpretato da Micheal Ward, Stephen, entra nella sua vita. “È affascinata da lui”, prosegue l’attrice, spiegando che questo rapporto le cambierà la vita. “Si trasforma: all’inizio non prova nulla e poi inizia a sentire dei fremiti. Smette di prendere i suoi farmaci e affronta varie fasi: a un certo punto, raggiunge una smania quasi eroica. Ho adorato interpretare Hilary perché il personaggio attraversa tanti stadi emotivi”.

Hilary è una donna che convive con una malattia mentale: insieme, Mendes e Colman hanno creato un personaggio sensibile, sfaccettato, gentile e complesso. “Sam è estremamente coinvolto dal punto di vista emotivo”, afferma Colman, notando la qualità speciale che caratterizza tutti i suoi lavori. “Comprende il significato e l’importanza della gentilezza. Ciò che Hilary sta affrontando non è colpa sua, e siamo in grado di individuare le cause scatenanti dei suoi episodi psicotici”.

Allo stesso tempo, il personaggio di Ward, Stephen, deve affrontare un mondo razzista – rappresentato sia da un governo reazionario sia da una gioventù violenta – ma si mantiene fedele a se stesso mentre crea un improbabile legame con Hilary e con il cinema. “È stato respinto da diverse università e si trova in un momento di transizione in cui sta cercando di trovare se stesso”, afferma Ward. “Quando ti viene portato via qualcosa, devi trovare qualcos’altro che ti faccia sentire realizzato. È un giovane ragazzo nero ed è entusiasta di fronte alle opportunità che la vita gli offre: ama le persone, la musica e i film, e si rifiuta di farsi definire dalla società oppressiva in cui vive”.

Mendes afferma che Stephen è inesorabilmente ottimista anche di fronte a tutte le difficoltà che deve affrontare, dalle politiche della Thatcher che limitano le sue opportunità, alla violenza degli skinhead che lo minaccia ogni giorno. “È una persona che vede il bicchiere mezzo pieno”, spiega il regista. “Stephen non è ingenuo – il razzismo che deve affrontare è reale e lo ferisce in tanti modi – ma non permette al suo trauma di definirlo”.

“Per Stephen, questo film è un racconto di formazione in cui sta trovando se stesso e il suo posto nel mondo”, afferma Ward. “Ma quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta, la mia reazione si è concentrata principalmente sull’impatto che questo personaggio avrebbe potuto avere, non soltanto in questa storia ma anche per molti altri ragazzi neri. Per loro è importantissimo ritrovarsi in un film come questo: in questo modo, si renderanno conto che tutte le persone hanno storie attuali e degne di essere raccontate”.

Ward afferma che il rapporto tra Stephen e Hilary è uno scambio unico in cui i due personaggi si aiutano a crescere a vicenda. “Stephen offre a Hilary tanto ottimismo, tanto amore e tanto entusiasmo, esponendola a culture e forme d’arte differenti e raccontandole le sue esperienze”, afferma Ward. “Lei gli offre una prospettiva, le sue impressioni sulla vita, il suo amore per la poesia e le parole, e un semplice incoraggiamento. Lei riesce a vederlo. Sono stati entrambi ostracizzati dalla società e questo legame connettivo li unisce, anche se a volte non se ne accorgono. È uno scambio di energie e amore. Si regalano cose di cui non sapevano nemmeno di aver bisogno. Hilary non ha mai incontrato nessuno come Stephen prima d’ora, e questo la aiuta a trovare se stessa”.

Il vincitore dell’Academy Award Colin Firth, che aveva già lavorato con Mendes in 1917, interpreta il ruolo del signor Ellis, il direttore del cinema. Ellis è un uomo che sfrutta le persone che lo circondano e abusa di loro: in particolare, si approfitta della situazione fragile di Hilary. “Sam e io abbiamo parlato molto del rapporto tra Ellis e Hilary: per farla breve, lui è un predatore”, afferma Firth. “Tradisce sua moglie e non ha a cuore gli interessi di Hilary. La tratta in modo atroce”.

Come si fa a interpretare un personaggio così spregevole? “Il mio lavoro come attore è scoprire come mai si comporti in questo modo”, afferma. “Credo sia frustrato: aveva dei grandi sogni dal punto di vista lavorativo e non è riuscito a portarli a termine. Credo che voglia bene a sua moglie e a Hilary, o almeno crede di farlo. Ma non è abituato a comprendere il linguaggio del consenso, e questo è particolarmente evidente in un uomo della sua età in quel periodo”.

Ma laddove Ellis è particolarmente egoista, Hilary è circondata da un gruppo di persone – una famiglia improvvisata composta dai dipendenti del cinema – che le danno il sostegno di cui ha bisogno. In particolare, i personaggi di Norman e Neil sono due amici fedeli per Hilary, e lo dimostrano semplicemente accettandola. “È una famiglia di outsider, disadattati ed emarginati. Non si trovano a proprio agio da nessuna parte, ma in qualche modo diventano una specie di famiglia tra le mura del cinema. Norman e Neil vogliono bene a Hilary e si prendono cura di lei, e in qualche modo anche lei si prende cura di loro”.

Toby Jones interpreta il ruolo di Norman, il proiezionista. “È un proiezionista vecchio stile: si tratta di un lavoro qualificato che lui prende molto sul serio. Dato che deve cambiare la bobina ogni quindici minuti, vive costantemente nella cabina di proiezione e deve guardare ogni film dall’inizio alla fine”, spiega Jones. “Scopriamo che – come molti altri personaggi del film – ha trovato un rifugio nel cinema”. E, secondo l’attore, è questo luogo stimolante a dare al personaggio l’empatia necessaria a comprendere la mente travagliata di Hilary. “Ama il cinema, ed è un personaggio enigmatico… almeno fino a un certo punto del film”.

Oggi, l’arte della proiezione cinematografica è passata quasi completamente al formato digitale, ma Norman vive in un periodo in cui i film venivano proiettati da un professionista qualificato che utilizzava due proiettori, con la celluloide che scorreva di fronte a una lampada ad arco elettrico, e doveva fare attenzione ai segnali segreti che lo avvertivano di cambiare la bobina. Dato che Norman lavora come proiezionista da decenni, Jones ha dovuto imparare quest’arte. “Il tempismo nel passare da un proiettore all’altro è fondamentale, e poi il lavoro richiede un’attenta manipolazione: bisogna fare molta attenzione ad avvolgere la pellicola sulla bobina. Non si può apprendere in poco tempo un’abilità che richiede vent’anni di pratica, ma ho imparato qualche trucchetto che mi aiuta a sembrare più bravo!”.

Mendes: “Le persone parlano spesso della morte delle riprese in pellicola, ma per me la perdita più grande è la proiezione cinematografica. Il proiezionista fornisce il film al pubblico: è bello sapere che, nel buio, c’è una persona che sta mostrando il film agli spettatori. I proiezionisti si sentono parte del mondo di un cineasta. Si considerano l’ultimo anello della catena. Se stanno proiettando Lawrence d’Arabia, sentono di rappresentare David Lean”.

Tom Brooke, che aveva già lavorato con Mendes in un allestimento di Re Lear rappresentato al National Theatre nel 2014, afferma che la prima scena che ha girato nel ruolo di Neil, junior manager del cinema, è stata anche la sua preferita, nonché la più difficile. “La sceneggiatura diceva ‘Neil intrattiene tutti’. Tutti trovano Neil esilarante. Devi essere divertente e lo devi essere tutto il giorno. Così ho preparato tutta una serie di cose che mi avrebbero permesso di creare un’interpretazione leggera e ritmata: battute improvvisate, piccole modifiche nella sceneggiatura e un’ampia gamma di timbri, voci e suoni diversi”.

Hannah Onslow (This is Going to Hurt) interpreta il ruolo di Janine, un’altra dipendente del cinema. “Ha 18 anni: si trova in quella fase a metà tra l’adolescenza e l’età adulta”, afferma l’attrice. “È un momento di svolta nella sua vita e non sa esattamente cosa fare del suo futuro, quindi si concentra sulle piccole cose: la musica, le uscite con gli amici e la ricerca di un fidanzato. Proprio come Hilary, crea un rapporto molto forte con Stephen, ma è in contrasto con lei: Janine ha tutta la vita davanti, mentre Hilary è piena di rimpianti”.

Ruby, che ha una relazione intermittente con Stephen, è interpretata da Crystal Clarke (Assassin’s Creed). “Ruby è molto spensierata”, afferma. “Rappresenta un ambiente domestico, un senso di comfort: qualcosa di familiare. È stata molto divertente da interpretare, perché in quasi tutte le sue scene con Stephen, i due appaiono molto affiatati e flirtano parecchio. È rinfrancante interpretare un personaggio che è sempre di buon umore”.

Tanya Moodie (L’uomo che cadde sulla Terra) completa il cast nel ruolo di Delia, la straordinaria e risoluta madre di Stephen. Anche se suo figlio è un cittadino britannico di prima generazione, Delia è emigrata in Gran Bretagna da Trinidad. Le esperienze vissute con il razzismo una volta giunta in Regno Unito le hanno causato un grande dolore, e per questo motivo non si fida dei bianchi. Proprio come Ward, anche Moodie è stata coinvolta attivamente in diverse conversazioni con Mendes, dato che il regista voleva assicurarsi di rappresentare queste situazioni in modo appropriato. “Sam non ha paura di affrontare argomenti complessi”, spiega Moodie. “Nelle settimane in cui abbiamo svolto le prove, abbiamo parlato di alcuni elementi della sceneggiatura che avremmo potuto approfondire, utilizzando anche le mie esperienze e quelle di Micheal dato che siamo entrambi afrocaraibici. Ecco perché Sam è un maestro: riconosce l’esistenza di altri punti di vista, è sempre pronto al dialogo e ci permette di utilizzare le nostre esperienze di vita nella creazione del film e dei nostri personaggi”.

LE RIPRESE
In Empire of Light, Mendes torna a lavorare con uno dei suoi più importanti collaboratori: Roger Deakins (1917, Blade Runner 2049, Skyfall, Le ali della libertà), il direttore della fotografia candidato a 15 premi Oscar e premiato con due Academy Award, giunto alla sua quinta collaborazione con Mendes.

Deakins spiega che il suo processo è estremamente collaborativo. “Quando leggo una sceneggiatura, è come se stessi leggendo un romanzo”, afferma. “Non penso alla fotografia: mi lascio coinvolgere dalla storia. Non voglio pensare alla fotografia finché non parlo con il regista: il film nasce dalla sua visione, non dalla mia. Sam e io abbiamo trascorso parecchi giorni a parlare di come avremmo dovuto affrontare questo film: avremmo potuto girarlo soltanto con la macchina a mano, come un docudrama, ed è stata una possibilità che abbiamo discusso. Forse era una reazione a 1917, un film in cui la macchina da presa non smetteva mai di muoversi, ma stavolta eravamo entrambi convinti di dover adottare un approccio più stilizzato ed essenziale: le riprese dovevano essere molto più statiche così da permettere agli spettatori di entrare nell’inquadratura”.

Deakins utilizza macchine da presa ARRI da tutta la sua carriera: per questo film, ha scelto ancora una volta la macchina da presa Alexa Large Format e i suoi obiettivi Signature Prime, ma con una differenza sostanziale, derivata della sua esperienza durante le riprese di 1917. “In 1917, abbiamo sostanzialmente utilizzato un obiettivo di un solo tipo, dato che si trattava di un film girato da una sola prospettiva: il senso era questo. In questo film, abbiamo utilizzato una gamma più ampia di obiettivi – erano tutti fra i 35, 40, 47 mm”.

Una volta determinato l’approccio da adottare, Deakins è stato estremamente coinvolto nella realizzazione del film, come è solito fare. “Ho un approccio molto concreto sul set e lavoro in questo modo perché mi piace lo spirito di squadra che si crea con gli altri membri della crew. Ho sempre manovrato la macchina da presa in prima persona: mi piace guardare attraverso l’oculare, è come se stessi vedendo qualcosa di molto speciale per la prima volta”.

Il film è stato girato in location a Margate, una cittadina sulla costa settentrionale del Kent. “Sono cresciuto in una cittadina costiera dell’Inghilterra sud-occidentale, quindi la location ha risvegliato tanti ricordi per me”, osserva Deakins. “Margate ha fornito un senso di realismo al film. Durante il location scouting, avevamo visitato luoghi come Brighton, Worthing e Eastbourne, ma credo che Sam avesse un’idea leggermente differente… Margate è più simile a una cittadina costiera dello Yorkshire”.

“Ero attratto da questo luogo perché offriva molte possibilità dal punto di vista visivo: è un panorama maestoso”, afferma Mendes. “È qui che J. M. W. Turner dipinse la maggior parte dei suoi quadri più famosi: diceva che i cieli di Margate erano i più belli d’Europa. È sempre qui che T. S. Eliot scrisse La terra desolata, mentre sedeva sotto la pensilina della fermata dell’autobus che si trovava proprio fuori dal cinema, da cui osservava la spiaggia e il mare grigio al di là di essa. È un luogo di ampio respiro e ha un aspetto molto poetico e cinematografico”.

Ma Mendes ha scelto Margate soprattutto perché era lì che lo scenografo Mark Tildesley (No Time To Die, Il filo nascosto, Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick, 28 giorni dopo) aveva trovato Dreamland, un cinema in disuso con una sala da ballo, costruito all’interno di un impressionante edificio in stile art déco adiacente a un luna park costiero.

Dopo aver visto questa location, Mendes ha riscritto parte della sceneggiatura per adattarla al luogo. Alcune scene ambientate in una galleria in disuso del cinema sono state riscritte per sfruttare la sala da ballo di Dreamland, ed è stata aggiunta una scena ambientata sulla pista di pattinaggio del luna park.

La location, che aveva visto giorni migliori, è stata quasi completamente trasformata dalla squadra di Tildesley. L’auditorium, che era stato convertito in una sala bingo color verde pisello, si è trasformato nella bellissima sala cinematografica dell’Empire: tutti gli elementi all’interno, dalle poltrone ai materiali sulle pareti del proscenio, sono stati installati da Tildesley e la sua squadra. Anche altri aspetti dell’edificio sono stati restaurati – la sala da ballo aveva bisogno di un rinnovamento e la toilette per signore in stile art déco è stata ricostruita – e poi questi set sono stati invecchiati per rispecchiare il periodo in cui il film è ambientato. “Ha una straordinaria gloria art déco: c’è la sensazione che sia stato costruito negli anni Trenta e, ora che ci troviamo negli anni Ottanta, stia cominciando a scricchiolare e a sgretolarsi”, afferma Tildesley. “È un’analogia della nostra storia: i nostri protagonisti sono persone spezzate e segnate da esperienze negative che hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. Devono essere riparati. Devono guarire”.

L’unica parte importante della visione e della storia di Mendes che a Dreamland mancava era un grande atrio in stile art déco da cui si poteva vedere il mare. Ma Margate ha offerto una soluzione: a pochi passi lungo la strada, c’era un grande spazio aperto in cui Tildesley avrebbe potuto costruire un set dell’atrio interno. “Il foyer è uno dei luoghi centrali del film: è il posto in cui tutti i personaggi si incontrano. Doveva essere visivamente accattivante”, afferma Tildesley. “È meraviglioso trovarsi sul lungomare, che è freddo e tempestoso in inverno, e poi entrare in questo delizioso foyer pieno di dolci e popcorn, per poi vedere un film che ti porterà in un altro mondo: questa era la sensazione che volevamo ricreare”.

Le finestre e le porte di questo set davano sul mare e la visuale corrispondeva alle scene in esterni di Dreamland. Questa è stata una sfida ben accetta per Deakins. “In pratica era come girare in location. Sì, si trattava di un set, ma sul lungomare la luce cambia continuamente e il film era ambientato principalmente durante il giorno”, afferma Deakins. “Sam avrebbe potuto costruire il set all’interno di un teatro di posa con un green screen, ma in quel modo avremmo perso il naturalismo. Non credo che avremmo potuto ottenere lo stesso livello di realismo in un teatro di posa”.

Un’altra sfida fondamentale per Tildesley consisteva nel rimpiazzare le insegne di Dreamland con altre che portavano il nome del cinema immaginario presente nel film, l’Empire, oltre a dover dare a Deakins abbastanza luce per catturare le scene ambientale di notte. “Abbiamo rimosso tutte le insegne al neon rimpiazzandole con delle insegne tutte nostre, e poi abbiamo ricostruito la facciata e la tettoia”, afferma Tildesley. “Poi Roger ha iniziato a chiedersi come avremmo fatto a illuminare le scene in notturna: così, seguendo le sue istruzioni, abbiamo installato dei fili di luci su tutto il lungomare”.

Questo studio improvvisato sul lungomare è stato anche il luogo in cui Tildesley ha costruito altri set, tra cui gli uffici del cinema, in cui il signor Ellis ha i suoi rapporti illeciti con Hilary. La cabina di proiezione, dotata di pareti mobili per facilitare il posizionamento della macchina da presa, e gli interni degli appartamenti di Hilary e Stephen sono stati tutti costruiti in un hangar dell’aeroporto di Manston, poco lontano da Margate. “Dato che Sam voleva girare il film il più possibile in sequenza, tutto doveva essere preparato in anticipo e poi dovevamo essere pronti a ridecorare i set seguendo l’ordine degli eventi della sceneggiatura”, afferma Tildesley. “Il set si sviluppa in contemporanea con la storia: le difficoltà di Hilary si rispecchiano nel set, che mette in luce la progressione della sua salute mentale mentre peggiora e si riprende. Sam ha pensato che, a un certo punto, il personaggio avrebbe dovuto ridipingere la stanza con dei colori straordinari – viola e verde scuro – per poi arrendersi e lasciare il lavoro a metà. Abbiamo deciso anche che avrebbe dovuto cominciare a scrivere alcuni dei suoi pensieri sui muri. Quei dettagli ci aiutano a comunicare il suo stato d’animo molto più di una semplice camera disordinata: tutte le scelte sono guidate dal personaggio”.

LA MUSICA DI Empire of Light
Il film di Mendes è pieno di musica di quell’epoca: canzoni fondamentali scelte personalmente da Mendes, molte delle quali risalgono agli anni formativi della sua adolescenza nel Regno Unito e, nel film, vengono ascoltate da Stephen e dai giovani dipendenti dell’Empire. Queste canzoni dei primi anni Ottanta, insieme ad alcuni brani folk della fine degli anni Sessanta/inizio anni Settanta che Hilary ascolta a casa, accompagnano una colonna sonora composta dai vincitori di due premi Oscar Trent Reznor e Atticus Ross.

“Ho sempre pensato che gli anni Ottanta siano stati un periodo incredibilmente prolifico e straordinario nel mondo della musica: c’erano numerose forze differenti che si fondevano tra loro nello stesso momento”, afferma Mendes. “Ogni ragazzo aderiva a una corrente diversa: alcuni erano New Romantic con il ciuffo, altri ancora indossavano completi simili a quelli dei musicisti 2 tone. C’era chi amava l’heavy metal, e poi c’erano i goth, come Janine nel nostro film, che ascoltavano i Joy Division, Siouxsie and the Banshees e i The Cure”.

Alcune delle canzoni presenti nel film comprendono “Do Nothing” e “Too Much Too Young” di The Specials e “Mirror In The Bathroom” dei The Beat, che rappresentano la scena musicale 2 tone che era emersa in quel periodo e aveva cambiato il Regno Unito dal punto di vista musicale, culturale e politico. Il film include anche “Love Will Tear Us Apart” dei Joy Division e “Spellbound” dei Siouxsie and the Banshees, che rispecchiano la scena goth dell’epoca.

“Se sei cresciuto a Londra in quel periodo, quella era la tua musica”, afferma Ross. “Era un po’ come quello che era successo nell’epoca appena precedente. Il punk rock fu un agente del cambiamento che a mio parere contribuì a migliorare la società. La cultura britannica era stata trasformata ed era diventata più inclusiva”.

Mendes prosegue: “Ognuno faceva parte di una tribù e c’era la sensazione che ogni persona rappresentasse qualcosa. La musica e la cultura non avevano la stessa disponibilità che hanno ora: bisognava fare uno sforzo per trovare la musica che volevi ascoltare. Dovevi uscire a cercare queste cose nel mondo esterno”.

La colonna sonora originale è firmata da Trent Reznor e Atticus Ross, che collaborano per la prima volta con Mendes dopo essere stati acclamati grazie al loro lavoro in film diversissimi tra loro come The Social Network, Mid90s, Bird Box, Soul, Mank, e la serie televisiva Watchmen.

“Siamo sempre stati intrigati dal lavoro di Sam ed eravamo suoi ammiratori. L’idea di scoprire cosa sarebbe successo e quali ispirazioni ci avrebbe offerto era entusiasmante”, afferma Reznor. “È elettrizzante collaborare con persone che danno il massimo e mettono la propria anima nei loro progetti. Quando abbiamo conosciuto Sam, la sua integrità e la sua intelligenza hanno superato ogni nostra aspettativa”.

Mendes ha coinvolto Reznor e Ross nel processo di realizzazione molto presto, quando stava ancora scrivendo il film. “È come essere invitati in una stanza dei segreti”, spiega Ross. “Nei sei mesi precedenti all’inizio delle riprese, parlavamo con Sam almeno una volta al mese, o addirittura ogni due settimane. Ha condiviso tante informazioni profondamente personali con noi: avevamo bisogno di comprenderne l’essenza per poterla esprimere emotivamente attraverso la musica”.

I compositori affermano di avere a disposizione “tutti i suoni del mondo”, quindi il primo passo era stabilire dei limiti e capire quale sound sarebbe stato più appropriato per Empire of Light. “Le nostre prime sessioni di composizione iniziano ancor prima che sia stato girato un singolo fotogramma”, spiega Reznor. “Cerchiamo di assorbire il maggior numero possibile di informazioni e suggerimenti, poi ci sediamo e ci mettiamo alla ricerca del sound più adatto. Qual è il DNA di questo mondo? Scegliamo alcuni strumenti e alcuni approcci e trascorriamo qualche settimana a improvvisare e comporre, mettendo ciò che abbiamo creato in un frullatore di musiche che ci sembrano adatte al mondo del film”.

Mendes ha fornito indicazioni precise a Reznor e Ross, lodando il loro lavoro in modo gentile e ispirandoli a fare del loro meglio. “Sam sa perfettamente cosa vuole dire e cosa vuole esprimere, e riesce a spiegarlo con estrema chiarezza”, spiega Reznor. “Avevamo una certa libertà per quanto riguardava la composizione – non ci teneva per mano passo dopo passo – ma era deciso a conservare il giusto sentimento dietro alla narrativa, le emozioni e il viaggio emotivo del film”.

Quella richiesta – un’ispirazione a fare il miglior lavoro possibile – ha reso Empire of Light la colonna sonora più complessa mai composta da Reznor e Ross, secondo il parere dei compositori stessi. “Credo che, quando abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto, abbiamo pensato ‘Non sarà troppo difficile’. Ma è stato un lavoro complesso dall’inizio alla fine. Sono sempre pronto ad affrontare una buona sfida e abbiamo ottenuto ciò che desideravamo. Era impossibile fingere. La posta in gioco era alta. È stato un lavoro intimidatorio da molti punti di vista, ma proprio per questo è stata una bellissima esperienza. Vado incredibilmente fiero del risultato finale e sono diventato un compositore migliore”.

Una traccia musicale di cui Reznor e Ross vanno particolarmente fieri è presente in una delle prime scene del film, la sequenza in cui Hilary apre l’Empire. Nella sceneggiatura, Mendes aveva scritto che la scena sarebbe stata accompagnata da un brano del pianista jazz Bill Evans. “Quando ho sentito quel brano all’inizio del film, ho provato una sensazione di nostalgia e conforto, e ho pensato che funzionasse bene. Ma come compositori, abbiamo pensato che forse avremmo potuto rimpiazzare quel brano con una composizione originale, qualcosa che fosse meno nostalgico e meno facile da definire, per stabilire il tono della colonna sonora. Il nostro obiettivo era modificare le aspettative del pubblico nei confronti del film”.

“A torto o a ragione, il brano di Bill Evans ci spingeva ad avere determinate aspettative sul film”, aggiunge Ross. “Ora invece, vedendo quella sequenza, non si capisce con sicurezza cosa accadrà. Sam non era sicuro che la nostra composizione potesse funzionare per quella scena, ma 24 ore dopo ci ha detto ‘Ho visto la scena in un vero cinema e avevate ragione. La vostra composizione ha dato alla scena una portata differente'”.

La colonna sonora di Reznor e Ross è costruita principalmente attorno al pianoforte, ma questa è soltanto metà della storia. Sovrapposte alle composizioni al pianoforte, ci sono voci umane, archi e altri strumenti, che costruiscono una struttura con il pianoforte alla base: questi suoni aggiuntivi sono nati grazie a una metodologia di lavoro che appartiene soltanto a Reznor e Ross. “Questa colonna sonora ha un sound tradizionale: per natura, non è sperimentale”, afferma Reznor. “Ma se ascoltate con attenzione, vi renderete conto che ci sono molti altri suoni oltre al pianoforte. È tutto molto sfumato e sottile, ma c’è un’orchestrazione molto bella e calda costruita sulle fondamenta delle melodie suonate al pianoforte”.

I compositori hanno usato dei tape loop per costruire questo sottile strato di suoni. “Avevamo un microfono collegato a un looper a pedale che registrava per due ore alla volta. E con quel microfono, registravo una melodia suonata al violoncello. Tutti questi suoni diversi iniziano a fondersi creando una texture”, spiega Reznor. “Tutto ciò che si trova nello studio in quel momento viene registrato: degli archi, delle voci… il risultato finale è molto organico e naturale. Ha un suono familiare e confortevole. Questo ci sembrava elettrizzante e siamo riusciti a plasmarlo per creare la giusta atmosfera”.

Queste tecniche creano una texture che sottolinea l’esperienza emotiva del film. “Nel corso del suo viaggio, Hilary passa da un tipo di amore all’altro, e alla fine arriva ad accettare se stessa. Speriamo che gli spettatori possano essere trasportati dal film, perdendosi in esso e dimenticandosi di ciò che li circonda’”.

Empire of Light è una lettera d’amore non soltanto ai film, ma ai film che vengono mostrati in un cinema. “Come dice Stephen nel film ‘Quel piccolo raggio di luce è una via di fuga’, e credo che tutti gli esseri umani abbiano bisogno di fuggire dalle loro vite e scatenare la loro immaginazione per trovare un’altra parte di se stessi nei libri, nella musica, nel teatro o, in questo caso, nel cinema”, spiega Mendes. “Empire of Light è sicuramente ispirato alla preoccupazione che la gente possa smettere di recarsi in questi luoghi. Abbiamo creato questi templi, che ci permettono di visitare questi sogni fatti di luce, questi incantesimi creati dai cineasti. È possibile che ora possano rimanere abbandonati?”. Harris aggiunge: “I cinema sono un faro e dei luoghi che uniscono le persone: questo è ciò che il cinema può fare e dovrebbe sempre fare. È un luogo in cui persone che magari non si trovano a proprio agio da nessun’altra parte possono trovare una casa e sperimentare la gioia di guardare un film insieme”. Mendes prosegue: “Il gruppo di persone al centro di Empire of Light dà vita a delle amicizie e tutti si riuniscono in questo straordinario edificio. Nel profondo, questo film parla delle famiglie che creiamo attorno a noi per aiutarci ad affrontare la vita e del modo in cui le persone sono spinte a prendersi cura l’una dell’altra, scegliendo la gentilezza, la compassione e l’empatia. Credo valga la pena ricordarlo nel nuovo mondo in cui ci troviamo…”.


dal pressbook del film

Eventi

Presentato in anteprima al 40o Torino Film Festival il 2 Dicembre 2022.

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:

Puoi cercare "Empire of Light" nelle principali piattaforme di VOD: [Apri Box]
DVD E BLU-RAY FISICI:
Non abbiamo informazioni specifiche ma puoi aprire i risultati della ricerca di DVD o Blu-Ray per "Empire of Light" o correlati su Amazon.it: [APRI RISULTATI]

Prossime Uscite

Il Regno del Pianeta delle Scimmie
Impostazioni privacy