Poster The French Dispatch

The French Dispatch (2021)

The French Dispatch
Locandina The French Dispatch
The French Dispatch è un film del 2021 prodotto in USA, di genere Commedia e Drammatico diretto da Wes Anderson. Il film dura circa 108 minuti. Soggetto di Wes Anderson, Roman Coppola, Hugo Guinness e Jason Schwartzman. Il cast include Benicio Del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, Stephen Park, Bill Murray, Owen Wilson. In Italia, esce al cinema giovedì 11 Novembre 2021.

In occasione della morte del suo amato direttore Arthur Howitzer, Jr., nato in Kansas, la redazione del French Dispatch, una rivista americana a larga diffusione che ha sede nella città francese di Ennui-sur-Blasé, si riunisce per scrivere il suo necrologio. I ricordi legati a Howitzer confluiscono nella creazione di quattro articoli: un diario di viaggio dei quartieri più malfamati della città, firmato dal Cronista in Bicicletta; "Il Capolavoro di Cemento", la storia di un pittore squilibrato rinchiuso in carcere, della sua guardia e musa, e degli ingordi mercanti d'arte che vogliono le sue opere; "Revisioni a un Manifesto", una cronaca d'amore e morte sulle barricate all'apice della rivolta studentesca; e "La Sala da Pranzo Privata del Commissario di Polizia", una storia di droghe, rapimenti e alta cucina piena di suspense.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 11 Novembre 2021
Uscita in Italia: 11 Novembre 2021 al Cinema
Data di Uscita USA: venerdì 22 Ottobre 2021
Prima Uscita: 22/10/2021 (USA)
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico
Nazione: USA - 2021
Durata: 108 minuti
Formato: Colore
Produzione: American Empirical Picture
Note:
Presentato in anteprima mondiale in concorso alla 74esima edizione del Festival di Cannes il 12 Luglio 2021.
Soggetto:
Soggetto di Wes Anderson, Roman Coppola, Hugo Guinness e Jason Schwartzman.
Classificazioni per età: ITA: 16+

Cast e personaggi

Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson
Musiche: Alexandre Desplat
Fotografia: Robert Yeoman
Scenografia: Adam Stockhausen
Montaggio: Andrew Weisblum
Costumi: Milena Canonero

Cast Artistico e Ruoli:



Produttori:
Wes Anderson (Produttore), Steven Rales (Produttore), Jeremy Dawson (Produttore), Roman Coppola (Produttore esecutivo), Henning Molfenter (Produttore esecutivo), Christoph Fisser (Produttore esecutivo), Charlie Woebcken (Produttore esecutivo), Octavia Peissel (Coproduttore), Frédéric Blum (Line Producer)


Supervisore musicale: Randall Poster | Casting nel Regno Unito: Jina Jay | Casting in Francia: Antoinette Boulat | Casting negli Stati Uniti: Douglas Aibel

Immagini

[Schermo Intero]

LA RIVISTA

Oggetto: Arthur Howitzer, Jr. (Bill Murray), lo stimato fondatore e direttore del French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun è stato trovato morto, probabilmente a causa di un attacco cardiaco, nei suoi uffici, situati nel Printer's District della città di Ennui-sur-Blasé, Francia.

La sua redazione, scelta da lui personalmente – che comprende il vignettista (Jason Schwartzman), lo story editor (Fisher Stevens), il consulente legale (Griffin Dunne), la copy editor (Elisabeth Moss), la correttrice di bozze (Anjelica Bette Fellini) e uno scrittore allegro (Wally Wolodarsky), il quale frequenta gli uffici del French Dispatch da anni senza mai aver scritto una singola parola – si riunisce attorno alla salma per collaborare alla scrittura di un necrologio. Sono guidati dagli amati giornalisti di Howitzer, che lui coccolava e incoraggiava, rimproverava e risollevava, guadagnandosi la loro devozione e il loro affetto:

C'è Herbsaint Sazerac (Owen Wilson), l'intrepido Cronista in Bicicletta, attratto dagli aspetti più inquietanti e sgradevoli delle città che visita… la cronista e critica J.K.L. Berensen (Tilda Swinton), che conosce intimamente ogni lato del mondo dell'arte moderna…Lucinda Krementz (Frances McDormand), la saggista solitaria che difende strenuamente la sua integrità giornalistica, così come le sue passioni private…e Roebuck Wright (Jeffrey Wright), il solitario ed eclettico espatriato dotato di una memoria tipografica, scoperto e salvato da Howitzer in circostanze umilianti.

Sulle pagine del French Dispatch, possiamo leggere i seguenti articoli:
• Il tour di Sazerac attraverso Ennui-sur-Blasé, un'antica città costruita su una collina, con le sue vetuste cattedrali dalle alte torri, i suoi sentieri stretti e acciottolati che si snodano lungo file di vecchie strutture in pietra, con il suo fascino e la sua degradazione, con la sua vita notturna e i suoi malviventi, in cui tutte le epoche sembrano dissolversi nell'essenza intramontabile della Francia, scorrendo come le acque del vicino fiume Blasé.
• "Il Capolavoro di Cemento" di Berenson, in cui il lavoro del pittore squilibrato rinchiuso in carcere Moses Rosenthaler (Benicio del Toro e Tony Revolori nel ruolo dell'artista da giovane) viene scoperto, brutalmente pubblicizzato e venduto a prezzi sempre più astronomici dal mercante d'arte Julian Cadazio (Adrien Brody) e dai suoi zii (Bob Balaban e Henry Winkler)…e il cui capolavoro, affannosamente atteso e in corso d'opera da anni, ispirato alla sua guardia e musa Simone (Léa Seydoux), è svelato in pompa magna di fronte all'impaziente mondo dell'arte, che comprende la rinomata collezionista d'arte del Kansas e probabile compratrice Upshur "Maw" Clampette (Lois Smith).
• "Revisioni a un Manifesto" di Krementz, una testimonianza in prima persona dei rancori e delle passioni, politiche e sessuali, che spingono la gioventù romanticamente disillusa di Ennui a scendere in guerra contro i loro padroni adulti per dare vita a un tumultuoso sciopero generale che porta alla chiusura dell'intero paese. I carismatici eroi di Krementz, il sognante Zeffirelli (Timothée Chalamet) e la caparbia Juliette (Lyna Khoudri), sono gli sventurati leader del movimento.
• "La Sala da Pranzo Privata del Commissario di Polizia" di Roebuck-Wright è un ritratto su commissione del leggendario chef Nescaffier (Stephen Park) — al servizio del Commissario (Mathieu Amalric) di Ennui-sur-Blasé — che si tramuta inaspettatamente in una tesa storia di suspense dai minuti contati quando una banda di malviventi guidata dallo "Chauffeur" (Edward Norton) rapisce l'amato figlio del Commissario, l'aspirante investigatore Gigi (Winsen Ait Hellal), e minaccia di ucciderlo a meno che il contabile (Willem Dafoe) della criminalità organizzata locale, recentemente arrestato, non venga rilasciato dal carcere.

Quattro storie sorprendenti, complesse, perfettamente costruite, ricche di dettagli, inaspettatamente divertenti e ancora più inaspettatamente toccanti, collezionate all'interno di una rivista creata con amore: il French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun.

Tutto ebbe inizio durante l'appello

The French Dispatch è molte cose insieme: tante storie racchiuse dentro altre storie, dentro memorie, dentro cornici, che convergono in un insieme organico; una vetrina di meraviglie cinematografiche di tutte le forme e dimensioni in costante movimento; una lettera d'amore al mondo della stampa in generale e al periodico The New Yorker in particolare; alla Francia e ai film francesi; una toccante riflessione sulla vita lontano da casa. E questi elementi non compaiono mai uno alla volta, ma sono solitamente presenti nello stesso momento. Per dirla in modo migliore: è un film di Wes Anderson.

Tilda Swinton descrive il film in modo conciso: "È la lettera d'amore in francese di Wes all'internazionalismo, alla cultura e alla sacrosanta arte del giornalismo indipendente".

Anderson afferma: "Ricordo di aver letto un'intervista con Tom Stoppard in cui qualcuno gli chiedeva da dove venisse l'idea per una delle sue opere teatrali: lui ha risposto che le sue pièce nascono sempre da due idee diverse che poi vengono unite. A me succede esattamente la stessa cosa. Quindi questo film è in realtà tre cose contemporaneamente: una raccolta di storie brevi, qualcosa che ho sempre voluto fare; un film ispirato al New Yorker e al tipo di giornalisti per cui questa rivista è famosa; e infine ho trascorso tanto tempo in Francia nel corso degli anni e ho sempre voluto fare un film francese e un film imparentato con il cinema francese".

Per Anderson, il New Yorker è un punto di riferimento fin dalle scuole superiori. "Quando frequentavo il secondo anno delle superiori a Houston, l'appello si faceva in biblioteca e di fronte a me c'erano questi scaffali di legno pieni di riviste. C'era una rivista con un'illustrazione in copertina e ho iniziato a guardarla. Ho iniziato a leggere abitualmente il New Yorker nella sala dell'appello aspettando che cominciasse la scuola. Ho iniziato a leggere anche i numeri arretrati, a imparare i nomi dei giornalisti che apparivano più spesso. Sono diventato un vero patito".

"Quando eravamo compagni di stanza al college", afferma Owen Wilson, "lui leggeva continuamente il New Yorker, una cosa piuttosto inusuale. Non mi ricordo se fosse abbonato (non credo potesse permettersi un abbonamento) ma era davvero dipendente. Che regalo gentile a tutti quei giornalisti".

"È incentrato su quegli articoli di giornale che riuscivano a trasportarti in un altro luogo, molto prima di Google e del live streaming", afferma il produttore Jeremy Dawson, "che riuscivano a comunicare completamente l'atmosfera, gli odori, i sapori e il carattere di un luogo, attraverso le parole di persone che avevano l'abilità di evocare immagini nella tua mente".

"È un film che celebra la parola scritta in un modo che potrebbe fare bene al nostro paese", afferma Jeffrey Wright, "in un periodo in cui abbiamo perso la capacità di apprezzare il linguaggio e l'intelligenza espressa attraverso il linguaggio".
"In questo film, il rapporto con la parola scritta è presente a molti livelli differenti", aggiunge Anderson. "C'è quello che vediamo sullo schermo, ci sono i sottotitoli, c'è la struttura della rivista, e poi c'è l'importanza del rapporto con gli scrittori e con quel tipo di scrittura che ora sta scomparendo. L'eroe di ciascuna storia è uno scrittore".

"Credo sia molto difficile rendere interessante il processo creativo e fargli prendere vita", afferma Wilson, "ma in questo film Wes c'è riuscito".
La storia d'amore del regista con il cinema francese ha avuto inizio quando Anderson era molto giovane. "Il cinema francese nasce con il cinema stesso, con i fratelli Lumière e Georges Méliès. Amo i registi degli anni Trenta, Julien Duvivier, la trilogia marsigliese di Marcel Pagnol, i film di Jean Grémillon, che ho scoperto più recentemente. E poi Jacques Tati, Jean-Pierre Melville, i cineasti della Nouvelle Vague: Truffaut, Louis Malle, Godard. E forse, al centro di tutto c'è Jean Renoir". Per il personaggio di Rosenthaler, un film di Renoir in particolare è stato di grande ispirazione. "Wes ha menzionato un film francese intitolato Boudu salvato dalle acque". afferma Benicio del Toro, "un film degli anni Trenta in cui Michel Simon, uno dei più grandi attori di tutti i tempi, interpreta un clochard. Lo avevo visto molti anni fa ed è un film grandioso: rivedendolo, mi sono fatto un'idea di ciò che Wes aveva in mente per questo personaggio".
Da ormai diversi anni, Anderson vive in Francia e The French Dispatch rappresenta anche una lettera d'amore al suo paese adottivo, nonché la riflessione artistica di uno straniero che osserva questo paese dall'esterno. "Il film è nato dal suo amore per il cinema, la letteratura e la cultura della Francia, e dalle esperienze che ha vissuto in questo paese nel corso degli ultimi dieci anni e oltre", afferma un suo collaboratore di lunga data, il montatore Andrew Weisblum, "e credo che con questo film volesse parlare proprio di questo".

"Questo film è composto da visioni della Francia", afferma il compositore francese Alexandre Desplat, "che sono leggermente distorte, perché sono passate attraverso il cervello di Wes. Potremmo dire che è la Francia, ma è una Francia poetica, con tanti dettagli e riferimenti che a volte non sono reali, ma lo sembrano. È la vera Francia? No, ma in qualche modo, è un film francese".

Assemblare il numero della rivista

Per Anderson, il processo cinematografico si sviluppa in modo completamente organico, dall'inizio alla fine. Questo processo comincia sempre con la scrittura. "È una vera avventura lavorare a questi progetti", afferma il collaboratore di lunga data Jason Schwartzman, che ha scritto il soggetto insieme ad Anderson e Roman Coppola e interpreta il ruolo del vignettista della rivista. "In un certo senso, queste storie vengono ideate in tempo reale. Non ci sono schemi o piani da seguire. Creiamo ogni momento passo dopo passo. È un po' come costruire un ponte mentre ci sei sopra, e questa è la cosa più entusiasmante. Quando ti svegli la mattina, non hai la minima idea di cosa possa accadere alla storia o ai personaggi, ed è una situazione davvero elettrizzante. È un'improvvisazione libera ma molto mirata, e Wes è il capitano della nave".

Il nome ufficiale di questa rivista ispirata al New Yorker è "The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun", una pubblicazione ispirata alla storia del New Yorker e alle origini di due delle persone che resero questa rivista ciò che è: Harold Ross, co-fondatore del periodico, e William Shawn, il suo successore, entrambi nati nel Midwest e ispirazione per il personaggio interpretato da Bill Murray. "Il Kansas mi sembra il luogo più americano di tutta l'America", afferma Anderson. "Quello che intendo è che gli articoli del French Dispatch non vengono pubblicati soltanto per gli abitanti del Kansas, ma per tutta l'America".

Il personaggio di Owen Wilson, Herbsaint Sazerac, che accompagna i suoi lettori in un tour di Ennui-sur-Blasé, una cittadina immaginaria che sembra rappresentare il cuore poetico della Francia, ricorda lo stile di scrittori come Joseph Mitchell, i cui articoli sono stati raccolti nel libro Up in the Old Hotel, e Luc Sante, autore di uno dei libri preferiti di Anderson, The Other Paris.

La prima storia estesa, "Il Capolavoro di Cemento", viene raccontata nel corso di una conferenza tenuta dall'autrice dell'articolo, J.K.L. Berenson (Tilda Swinton), ispirata alla docente e giornalista Rosamond Bernier. "Molti anni fa, scrissi una sceneggiatura incentrata su un pittore. È qualcosa da cui sono sempre stato attratto, e alcune parti di questa storia provengono da quella sceneggiatura. Gli articoli del New Yorker che divennero parte del bellissimo libro di S.N. Behrman Duveen. Il re degli antiquari, incentrati sul mercante di opere d'arte Joseph Duveen, sono stati fondamentali. Abbiamo anche alcuni aspetti del film di Emile de Antonio Painters Painting. E poi c'è l'episodio di New York Stories diretto da Scorsese, "Lezioni dal vero": anche quello rappresenta un'influenza fondamentale per questa storia". Anderson ha inoltre avuto l'occasione di soddisfare un desiderio che aveva da molti anni: lavorare con Benicio del Toro, che interpreta il ruolo dell'artista detenuto in carcere Moses Rosenthaler (che da giovane è interpretato dal protagonista di GRAND BUDAPEST HOTEL Tony Revolori), e collaborare nuovamente con l'attrice francese Léa Seydoux, che interpreta la musa di Rosenthaler (Dawson: "Abbiamo ingaggiato Philippe Decoufflé, un famoso coreografo francese, per aiutarci a ideare alcune delle complesse pose assunte da Léa nei panni di Simone"). Inoltre, il cast dell'episodio comprende Adrien Brody, un collaboratore abituale di Anderson, nel ruolo di Julien Cadazio, il mercante d'arte ispirato a Duveen; e Bob Balaban (altro collaboratore abituale) e Henry Winkler (un nuovo arrivato nel mondo di Anderson) nel ruolo dei suoi zii. Il capolavoro supremo di Rosenthaler, una serie di affreschi astratti dipinti sulle pareti della prigione, è stato realizzato dall'artista Sandro Kopp, compagno di Tilda Swinton nella vita reale. "Creare i dipinti di Rosenthaler è la cosa più difficile e soddisfacente che io abbia mai fatto in tutta la mia vita", afferma Kopp. "Sono arrivato ad Angoulême sapendo di avere a disposizione due mesi e mezzo per creare dieci giganteschi dipinti, che dovevano sembrare opere partorite da un genio nel corso di tre anni di lavoro". Anderson: "Questi dipinti non vengono esattamente compresi da molti personaggi… nemmeno io so cosa significhi comprenderli. Ma volevo che fossero autenticamente belli: quando li vedi, ti rapiscono. Ognuno può attribuire il significato che preferisce a questi dipinti".

"La cosa buffa", afferma lo scenografo Adam Stockhausen, "è che nella nostra storia questi dipinti sono permanentemente affissi all'edificio, ma in realtà abbiamo cercato disperatamente di farli restare attaccati ai muri: la pittura era molto pesante e talvolta non si solidificava nel modo giusto, e ogni volta i dipinti rischiavano di staccarsi dalle pareti". "In alcuni punti, la vernice è spessa più di due centimetri e mezzo", aggiunge Kopp, "quindi, per la maggior parte del tempo, dovevo lavorare sui dipinti orizzontalmente per impedire alla vernice di colare. Avevo a disposizione all'incirca 30 minuti per lavorare su ciascuno strato prima che le macchie di colore iniziassero ad asciugarsi compromettendo i dettagli più sottili della superficie. La maggior parte del mio lavoro si concentrava sulla texture, mentre il colore diventava la preoccupazione primaria soltanto alla fine. Le aree arancioni sono arrivate per ultime: sono state dipinte di bianco e poi ricoperte di uno strato di smalto arancione speciale per creare un colore estremamente luminoso".

Per creare gli straordinari passaggi di natura morta presenti nella storia, Anderson ha realmente chiesto agli attori di restare immobili nella stessa posizione. "È un gioco che faccio con mia figlia", afferma del Toro, "ed è probabilmente uno dei primi giochi che ricordo di aver fatto da bambino, e improvvisamente… lo stiamo facendo tutti, qualsiasi attore, da Tilda Swinton a Henry Winkler, tutte queste leggende che fanno questo gioco. Ed è contagioso. È davvero bello vedere degli attori che tornano indietro alla loro infanzia e giocano a 'Simon says'. È liberatorio. E penso che abbia arricchito il film in un modo diverso. Wes avrebbe potuto fermare l'azione digitalmente, ma il fatto che sono gli attori a restare immobili in prima persona lo rende tangibile: lo spettatore riesce a notare la gioia che si nasconde dietro queste azioni".
"Revisioni a un Manifesto" è la versione filtrata attraverso la sensibilità di Anderson di uno degli avvenimenti più importanti della storia francese del Ventesimo secolo, gli eventi del Maggio '68, in cui le proteste studentesche diedero vita a un gigantesco movimento che bloccò l'intero paese. La storia è liberamente ispirata alle rivendicazioni in favore della libertà sessuale espresse dal leader studentesco Daniel Cohn-Bendit all'università francese di Nanterre, ma per Wes questa storia inizia in realtà "a meno di un isolato di distanza dal nostro appartamento a Parigi, vicino Montparnasse, dove viveva Mavis Gallant", ovvero la scrittrice canadese che ha ispirato il personaggio interpretato da Frances McDormand, Lucinda Krementz. "Nel corso degli anni, il New Yorker pubblicò molti dei suoi bellissimi articoli e racconti, spesso ambientati a Parigi. Scrisse a proposito degli eventi del Maggio '68 dal punto di vista del nostro quartiere. Seguì le proteste per tutta la loro durata: nel frattempo teneva un diario, in cui ogni giorno descriveva con esattezza ciò che stava accadendo. La nostra storia è un omaggio a lei". 

"Wes ci ha mandato tantissimi riferimenti", afferma Timothée Chalamet, che interpreta Zeffirelli, il leader del movimento studentesco. "Riviste, fotografie, punti di riferimento cinematografici: I 400 Colpi di Truffaut, alcuni film di Jean-Luc Godard". Ispirato ai film della Nouvelle Vague, lo stile visivo di questa storia ricorda film di Godard come Il Maschio e la Femmina eLa Cinese. Una cover del brano di grande successo "Aline", inciso da Christophe nel 1965, viene suonata da un juke-box del Cafe Le Sans Blague, contribuendo a evocare il periodo in modo deliziosamente specifico.
Anderson racconta: "Circa vent'anni fa, sono stato a una festa in un vecchio night club di Parigi chiamato Castel. Ero seduto accanto a un uomo minuto con la barba bianca, che secondo me somigliava un po' a un uccello. Indossava un paio di occhiali da sole con le lenti blu. Non parlava molto bene l'inglese e io non conoscevo molto bene il francese. Ma per tutta la durata della cena, abbiamo fatto una conversazione molto cordiale, astratta e un po' confusa, poi qualcuno è apparso alle sue spalle e gli ha sussurrato qualcosa all'orecchio. Lui si è alzato, ha raggiunto una tastiera Yamaha, l'ha accesa e ha iniziato a suonare una canzone, e quando è iniziato il ritornello, l'intero night club ha iniziato a cantare all'unisono insieme a lui… e mi sono reso conto che quell'uomo gentile dall'aspetto di un uccello era una leggendaria icona della musica pop francese. Quella canzone era "Aline", e Christophe è morto dopo che abbiamo realizzato il nostro film ma prima che riuscissimo a distribuirlo. Il duetto tra lui e Jarvis Cocker non era destinato a esistere. Nel nostro film, il personaggio di Tip-Top rappresenta un omaggio a lui, oltre che a Jacques Dutronc, Francoise Hardy, Serge Gainsbourg e tutta quella generazione di indimenticabili star della musica francese, che nessun'altra nazione possiede".
Anderson utilizza inoltre una struttura narrativa nello stile delle Mille e Una Notte, in cui una storia contiene a sua volta altre storie: in questo caso, ha impiegato come cornice un pièce teatrale basata sulle memorie di un giovane che viene radicalizzato e diserta l'esercito. Anche se la storia è ambientata negli anni Sessanta, è impossibile non notare similitudini con altre proteste avvenute nel corso della storia e specialmente oggi, guidate prevalentemente dalla gioventù della nazione. Anderson contrappone le prospettive degli anziani e dei giovani attraverso i personaggi di Juliette e Lucinda, che discutono sul ruolo di Zeffirelli all'interno della "rivoluzione della scacchiera", mentre Lucinda fa del proprio meglio per mantenere la sua integrità giornalistica.

La terza sezione del film, che forse è anche quella più densa di eventi, "La Sala da Pranzo Privata del Commissario di Polizia", è incorniciata da una lettura dell'articolo eseguita dal suo autore Roebuck Wright (Jeffrey Wright) durante un talkshow nello stile di Dick Cavett/David Susskind condotto da Liev Schreiber. Anderson: "Il ruolo di Jeffrey ha qualche caratteristica di James Baldwin, diverse caratteristiche di A.J. Liebling, e qualcosa di Tennessee Williams nel modo in cui parla, mentre il suo stile di scrittura ricorda tutti e tre gli autori. C'è un articolo o saggio di Baldwin (una memoria, in realtà) intitolato "Equal in Paris", in cui l'autore racconta che una volta fu arrestato e mandato in prigione per qualcosa che non aveva fatto: rubare le lenzuola in un hotel. È un articolo meraviglioso che mi ha fatto pensare e mi ha dato l'ispirazione per questa storia, che è mescolata con il cibo, di cui Liebling scriveva molto spesso". La storia vera e propria è incentrata su un brillante commissario di polizia (Mathieu Amalric, collaboratore frequente di Anderson) e sul suo celebre chef personale (Stephen Park), e prende una piega inaspettata quando il figlio del commissario, Gigi (Winsen Ait Hellal), viene rapito: richiama in modo evidente i film polizieschi francesi degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. In un momento cruciale, la storia passa dal live action all'animazione, in uno stile che ricorda i fumetti francesi. "Angoulême, la città in cui abbiamo girato il film, è la capitale dei fumetti e questo è visibile ovunque", afferma Anderson. Dawson aggiunge: "Ogni anno, durante il festival del fumetto, o Festival de la Bande-dessiné, questa città di 30.000 abitanti viene invasa da centinaia di migliaia di turisti per una settimana. Quindi, abbiamo dovuto costruire il nostro programma di riprese in base alla disponibilità per quella settimana e poi tornare".

"Nella città, ci sono omaggi di ogni tipo ai fumetti in qualsiasi angolo", aggiunge Anderson, "ci sono letteralmente statue di personaggi dei fumetti, scuole per fumettisti e studi di animazione. La sequenza è stata animata ad Angoulême da persone che vivevano e studiavano lì. Infatti, alcune delle persone che si sono occupate dell'animazione hanno lavorato anche come comparse nel film".

Le vicende che accadono in città

L'approccio di Wes Anderson nei confronti della realizzazione di un film è diverso da quello di qualsiasi altro regista. Si mette alla ricerca di una città o di un paese che possa rappresentare la base operativa: il suo scopo è trovare un luogo in cui ogni cosa e ogni persona sia raggiungibile in poco tempo a piedi, in bicicletta o con una golf car, e in cui i membri del cast e della crew possano vivere e lavorare come una comunità. "Lavorare con Wes è come imbarcarsi in un'avventura che ti cambierà la vita", afferma il suo direttore della fotografia di lunga data Robert Yeoman. "Che si tratti di una crociera al largo delle coste italiane, di un viaggio attraverso l'India a bordo di un vecchio treno o di un inseguimento per le strette stradine di Angoulême, vivrai un'avventura che abbraccerà la tua intera vita e non si limiterà al tempo che trascorrerai sul set. La tua concentrazione viene completamente assorbita dal film".
"Recitare in un film di Wes è come vivere un'esperienza in famiglia", afferma Bob Balaban. "Tutti mangiano insieme. Non devi metterti in fila e aspettare al freddo per mangiare cibo cattivo. È un'atmosfera amichevole e Wes è un padre forte ma anche molto gentile, comprensivo e paziente. Non vuoi mai andare a casa e sei felice persino quando devi girare una scena alle quattro del mattino, non è assolutamente un problema".
"È sempre un universo pieno di piacere, caratterizzato da un'incredibile dose di operosità e inventiva", aggiunge Swinton. "Un gruppo di vecchi amici che si riuniscono da tutti gli angoli del mondo in tutti i reparti, questa volta nella Francia di provincia, insieme a tanti nuovi compagni. Per non parlare della partecipazione di quasi tutti i cittadini di Angoulême in qualità di comparse entusiaste e sempre di ottimo umore. Ogni giorno ci davamo un pizzicotto per vedere se stavamo sognando".

"Amo la vicinanza e l'intimità dell'esperienza lavorativa creata da Wes", afferma Adrien Brody, un altro collaboratore abituale di Anderson. "Siamo una compagnia, un vero e proprio ensemble, ed è una cosa che adoro". Owen Wilson aggiunge: "Non so perché nessun altro provi a lavorare in questo modo".

"A partire da IL TRENO PER IL DARJEELING," afferma Jeremy Dawson, "abbiamo iniziato a lavorare senza nessuna roulotte per gli attori, con meno camion possibili, cercando di trovare un posto che rappresentasse sia uno studio che una location al tempo stesso. Credo che questo offra tanti benefici psicologici, perché tutti noi ci sentiamo come se vivessimo nel film. Quindi, per The French Dispatch, abbiamo trovato Angoulême."

The French Dispatch è ambientato in una città immaginaria, Ennui-sur-Blasé, che rappresenta tutta la Francia attraverso tutte le epoche. Dopo aver considerato la possibilità di creare una città fittizia in sala di montaggio unendo numerose location tra loro, Anderson e la sua squadra hanno scelto la città di Angoulême nel dipartimento della Charente, nella regione sud-occidentale della Nuova Aquitania. "Angoulême aveva la giusta età e l'architettura più adatta", afferma lo scenografo Adam Stockhausen, "ma più concretamente, era ricca di curve, svolte, scalinate, piccoli viadotti e deviazioni, e questo particolarissimo accatastamento in verticale di luoghi interessanti. Questo ci permetteva di realizzare quadri bellissimi e ricordava anche determinate aree di Parigi, Lione e altre città francesi. La grande varietà di rampe, scalinate e svolte di Angoulême era davvero meravigliosa".

"È una bellissima cittadina, antica e un po' sonnolenta", afferma Dawson, "con alcuni spazi vuoti con cui potevamo lavorare. Abbiamo quasi trasformato la città in un teatro di posa, in un certo senso: in questo modo utilizzavamo spazi sia interni che esterni, che a volte ridecoravamo ed estendevamo".

"La popolazione della città è composta da persone molto giovani che sono lì per studiare i fumetti, e tantissimi pensionati", afferma Tony Revolori. "È lontana da Parigi e dalle altre grandi città, ed è stata praticamente invasa da Wes e dal resto della compagnia".
Anderson e la sua squadra hanno trovato una vecchia fabbrica che hanno convertito in uno studio in miniatura. "Abbiamo preso il controllo di una vecchia fabbrica di feltro che è diventata un vero e proprio studio cinematografico nel centro della città", afferma Dawson. "Aveva tre o quattro magazzini dove abbiamo creato un laboratorio per la costruzione, una bottega per creare i modellini e un paio di teatri di posa".

"Wes ha sempre trovato spazi grandiosi dove creare studi alternativi in tutte le città in cui abbiamo lavorato", afferma Stockhausen. "La fabbrica di feltro era uno spazio davvero fantastico appena fuori dalla città. Avevamo tutti i nostri laboratori lì, tutti i nostri depositi, ed è diventata un vero e proprio studio cinematografico costruito da zero: la prima volta che siamo entrati non c'era nemmeno l'elettricità".

Per Schwartzman, arrivare sul set è stata un'esperienza toccante. "Stavamo lavorando a questo progetto da moltissimo tempo, inventando questa città e questi personaggi", afferma Schawartzman, "e quando sono arrivato ad Angoulême mi sono davvero commosso vedendo questi set e tutto il resto. Ad esempio osservavo un muro pieno di chiavi e pensavo 'Wow! Ricordo che l'idea per queste chiavi ci è venuta una mattina mentre mangiavamo un toast…'. Quando si è legati a qualcosa in modo così profondo, è davvero toccante vedere che Wes ha dedicato tutta questa cura a darle vita con la sua squadra, dimostrando tutto il suo amore per il progetto".
"Per Wes", afferma Dawson, "la realizzazione di un film è composta anche dalle scoperte che fai non soltanto quando stai cercando delle location, ma anche quando esamini dei punti di riferimento o trovi una location: inizi a collezionare non solo bei posti in cui girare, ma anche persone e volti che ti piacciono, artigiani locali e idee. All'improvviso, il fatto che ci troviamo lì sembra quasi destino. Quel sentimento e quella magia si fanno strada all'interno del film, dando a tutti la sensazione che il film non sia soltanto qualcosa che abbiamo girato lì, ma che sia cresciuto in modo organico all'interno di quel luogo, in un periodo preciso". Gli artigiani locali hanno creato le ceramiche realizzate dai prigionieri nella prima storia, e Anderson ha incorporato anche una specialità locale nel film: le pantofole.  "Questa città è famosa anche per la realizzazione delle Charentaises", aggiungi Dawson, "ovvero le classiche pantofole francesi indossate da qualsiasi nonno".
"Sono pantofole in feltro", aggiunge Anderson. "Nel film, tutti i prigionieri le indossano". "La prima sera in cui sono arrivato ad Angoulême", racconta Liev Schreiber, "Wes mi ha invitato a quella che veniva chiamata 'la cena della compagnia', mi pare. Seguendo le istruzioni che avevo ricevuto, sono andato per prima cosa nella mia stanza, che si trovava in questo piccolo e pittoresco Bed & Breakfast francese. Sono entrato in camera e ad attendermi c'erano queste pantofole a quadri molto soffici e carine. Le ho messe, ma non ero sicuro che anche gli altri le avrebbero indossate. Ma poi sono sceso giù e ovviamente tutti indossavano le stesse pantofole a quadri, mentre bevevano dei cocktail in attesa di un'ottima cena".

"Ho amato tutte le cene che abbiamo fatto insieme all'hotel alla fine di ogni giornata", afferma Stephen Park. "Ogni volta arrivavano sempre attori meravigliosi, ci incontravamo tutti a cena e parlavamo della giornata. Erano serate informali e divertenti, arricchite da tantissime storie fantastiche!".  
"Praticamente vivevamo tutti nello stesso hotel", afferma del Toro, "e quando andavo a cena, c'erano sempre tutte queste celebrità e questi attori meravigliosi che ho sempre ammirato. Voglio dire, c'è Henry Winkler seduto a tavola… stai trascorrendo la serata con Fonzie. È stato molto divertente, un po' come i Golden Globes ma senza lo stress, i discorsi o le telecamere".
"La base visiva del film, i costumi, le scenografie, tutto il resto… tutto è influenzato dalla ricerca", aggiunge Anderson. "Anche se un film è completamente costruito e inventato e ha elementi fantastici, tutto trova le sue radici nella ricerca".

"Quasi tutti i bravi registi danno una grande importanza alla ricerca", afferma la costumista Milena Canonero. "Wes non fa eccezione".

Illustrazioni e layout

Nel corso degli anni, i film di Wes Anderson sono diventati sempre più complessi, elettrizzanti, variegati, vivi e ricchi di dettagli visivi e narrativi in ogni fotogramma. In The French Dispatch, le immagini possono passare di colpo dal bianco e nero al colore, dal widescreen al rapporto Academy (1.37:1), i sottotitoli possono arrivare improvvisamente in qualsiasi angolo del fotogramma, e il registro emotivo può passare in un baleno dalla commedia al lirismo fino alla bramosia più profonda. "Credo che l'evoluzione di Wes come artista sia stata davvero interessante, perché in ogni film continua a spingersi oltre", afferma Dawson. "Questo è il suo decimo lungometraggio ed è più ricco, complesso e dettagliato di qualsiasi altra cosa abbia mai fatto. Riesce a comprendere profondamente il modo in cui tutti questi pezzi si incastrano tra loro per formare un quadro completo e nel corso degli anni è riuscito a perfezionare questa abilità. Ora il suo lavoro ha una maturità che gli consente di dire tante cose contemporaneamente".

Quando ha diretto il suo primo film d'animazione, FANTASTIC MR. FOX, Anderson ha utilizzato gli animatic (o storyboard animati) per la prima volta e da allora questo è entrato a far parte del suo processo creativo. "Credo che i suoi film abbiano assunto uno stile più esplicitamente grafico", afferma Weisblum, "e penso che questo dipenda in parte dagli animatic. Per Wes, è un modo per riuscire a organizzare creativamente quello che deve avvenire in ogni scena e il modo in cui deve avvenire. È uno strumento creativo che ci permette anche di organizzarci in modo estremamente efficiente. Quando abbiamo realizzato L'ISOLA DEI CANI, il procedimento degli animatic era diventato quasi la sua seconda natura, e ha continuato a impiegarlo anche in The French Dispatch".

Dawson afferma: "Gli animatic hanno permesso a Wes di pianificare le inquadrature, i movimenti di macchina e ogni altra cosa in modo estremamente specifico: gli permettono di pre-visualizzare e creare esattamente il tipo di film che vuole. Grazie ai film d'animazione ha maturato anche una grande esperienza nel campo delle miniature, che quindi si sono fatte lentamente strada anche nei suoi film in live action".

"Con gli animatic", afferma Randall Poster, "Wes ha ottenuto un nuovo livello di precisione e controllo su tutti gli elementi che fanno parte dell'inquadratura. Non c'è nulla che sfugga alla sua attenzione: nessun dettaglio passa inosservato, nemmeno il più microscopico".

"La composizione delle inquadrature fa somigliare i suoi film a diorami viventi", afferma Wright. "E da certi punti di vista, questo film somiglia alle pagine di una rivista. Ma c'è un'incredibile quantità di dettagli vividi all'interno dell'inquadratura. Inoltre, dedica tantissima attenzione non soltanto al linguaggio e alle parole ma anche alla specificità della composizione di ciascun'inquadratura, che diventa a sua volta una storia dentro una storia".
"Quando ho letto la sceneggiatura di The French Dispatch", ricorda Weisblum, "era chiaro già dopo le prime 30 pagine che ogni frase rappresentava un set differente. Questo proveniva direttamente dal suo lavoro nel mondo dell'animazione, in cui ciascun fotogramma è un set a sé stante e anche i dettagli visivi più microscopici sono oggetto di una costante attenzione. Ovviamente, ho subito parlato con lui per chiedergli come ci saremmo riusciti".
"Credo ci siano all'incirca 130 set diversi in questo film, con il numero più alto di set e inquadrature che abbia mai realizzato nella sua carriera", afferma Dawson.  "Ognuno aveva un aspetto distinto, e l'unico modo per realizzarli in modo economico era costruirli molto vicini tra loro, riutilizzando determinati elementi laddove possibile e trovando stratagemmi intelligenti… per fortuna avevamo un incredibile squadra di scenografi pieni di talento, guidata da Adam Stockhausen e dalla sua meravigliosa crew francese, composta da artigiani, illustratori di manifesti e pittori di fondali dell'Opera… hanno fatto un lavoro meraviglioso".

"All'inizio eravamo sostanzialmente nel panico", racconta ridendo Stockhausen, "seguito da un senso di consapevolezza: ciascuna inquadratura avrebbe comportato un nuovo set. E poi ci siamo semplicemente tuffati. Abbiamo creato gli animatic, abbiamo pianificato le esigenze fisiche basilari delle varie componenti della storia e poi ci siamo occupati del location scouting. E quando Wes ha determinato in via definitiva il modo in cui le scene si sarebbero susseguite, ogni pezzo ha iniziato ad andare al suo posto. E poi, anche se ogni inquadratura comportava un set differente per la maggior parte del film, tutto si trovava nel contesto di un unico luogo, che è diventato una sorta di tavolozza con cui raccontare la storia".

Come tutti i precedenti film di Anderson (ad eccezione dei suoi film d'animazione), The French Dispatch è stato girato in pellicola. "Oltre a preferire l'aspetto visivo della pellicola", afferma Yeoman, "penso che Wes preferisca il procedimento delle riprese su pellicola rispetto a quello impiegato per il digitale. All'inizio, avevamo pianificato di girare la maggior parte di The French Dispatch a colori. Durante la pre-produzione abbiamo girato dei test e siamo rimasti colpiti dal look della pellicola in bianco e nero: la granulosità, il contrasto e l'atmosfera generale erano davvero straordinari, quindi Wes ha deciso di utilizzare il bianco e nero più di quanto avevamo pianificato inizialmente. Molto spesso, quindi, utilizzavamo il colore per dare più enfasi. Per esempio, quando Rosenthaler svela i suoi dipinti per la prima volta, siamo passati alla pellicola a colori e abbiamo impiegato un obiettivo anamorfico per dare all'immagine un impatto molto più forte".

"Ero intrigata ed elettrizzata da questo progetto", afferma Canonero, "perché sarebbe stato girato sia a colori che in bianco e nero, quindi avremmo dovuto riflettere con attenzione sui colori e sulle superfici dei costumi, oltre che sulle acconciature e sul trucco. Ho studiato diversi film in bianco e nero per capire come facessero a creare certi effetti con determinati colori".
"La cosa che lo rende un regista così diverso dagli altri", afferma Revolori, "è la sua abilità di riuscire a creare cose meravigliose che somigliano quasi a un film studentesco. Ci riesce ancora. Pensa sempre al modo più inventivo, interessante, divertente ed economico per girare una scena. È davvero interessante ed è molto bello farne parte".
"A un certo punto della mia carriera, ho deciso che avrei fatto tutto ciò che volevo", afferma Anderson. "Se voglio girare una sequenza in bianco e nero, in formato widescreen e con una macchina a mano, questo è quello che faremo. Possiamo realizzare questa parte a cartoni animati? Sì, possiamo, e quindi penso che lo faremo. I primi anni in cui facevo il regista, la domanda era sempre 'Possiamo farlo?'. Ormai è una domanda che non mi pongo più. Ma ovviamente tutto deve armonizzarsi nel modo giusto per formare un quadro coerente e per questo è importante avere una squadra così grandiosa, guidata da Adam Stockhausen, Milena Canonero (costumista), Bob Yeoman (direttore della fotografia), Sanjay Sami (capo macchinista e operatore Steadicam), Alexandre Desplat (compositore)".

Gli interpreti

Per gli attori di Anderson in The French Dispatch, questo livello inusuale di pianificazione, cura e lavoro di squadra ha aperto le porte a un senso di libertà senza pari durante le riprese, da nuovi arrivati come Timothée Chalamet a collaboratori abituali come Bob Balaban e Fisher Stevens. "È una macchina estremamente ben oliata", afferma Chalamet, "nulla è sprecato, ogni ingranaggio funziona alla perfezione e tutti lavorano insieme, da Sanjay a Bob Yeoman, da Milena a Adam Stockhausen e le rispettive squadre. E ovviamente Wes è sempre di grande ispirazione: la sua leadership intimorisce un po', perché c'è l'atmosfera di un circo bohemienne comunitario, ma ogni cosa è puntuale come un orologio. Tutti sono uniti dietro la visione di Wes e contribuiscono a trasformarla in realtà".

"Lavorare con Wes somigliava più a un gioco", afferma Park. "È molto aperto e collaborativo, ma anche estremamente specifico in tutto, una cosa che amo. Ogni membro della sua squadra era incredibile e tutti si conoscevano bene, quindi tutto funzionava in modo molto fluido e semplice". 
"Se dovessi trovare un modo per descrivere la vita sul set di Wes", afferma Lyna Khoudri, "la definirei un mix tra l'astratto e il concreto. Il suo set è vivace, come un parco giochi per bambini, concentrato, gioioso, pieno di intelligenza e amore. Anche se stai lavorando, ti senti a casa".
"Ognuno dà il meglio di sé con Wes", afferma Stevens. "Devi essere presente e pronto a partire, anche se hai una sola battuta. È un'atmosfera incredibilmente creativa e tutti vogliono aiutare Wes a dare vita alla sua visione. La cosa che ho notato di Wes è che sa esattamente cosa vuole ma ti permette anche di offrire il tuo contributo come attore qualche volta, per poi dirti 'Ok, grandioso, questo invece è quello che voglio io'. È il meglio di entrambi i mondi: ti dà la libertà necessaria a fare ciò che gli serve".
"Dal punto di vista della recitazione, è un'estetica molto divertente di cui fare parte", afferma Revolori. "Ogni cosa ha un suo ritmo e una sua musicalità, e bisogna entrare in quel ritmo, una cosa molto interessante". Mathieu Amalric, collaboratore abituale di Anderson, afferma: "È come una disciplina atletica, ci si tuffa immediatamente nella ripresa. Wes carica nel magazzino della macchina da presa una grossa pellicola da 35mm e non smette di girare finché la pellicola non si esaurisce e arriva il momento di caricarne un'altra. Crea quel tipo di attenzione che adoro. Continui a recitare, a rimettere a posto gli oggetti di scena, a ripetere la scena continuamente: in questo modo, emerge una sorta di sensazione animalesca all'interno di un'estetica molto formale. Crea questa scatola perfetta in cui le cose possono diventare completamente folli, ed è proprio quello che cerca. Lo senti ridere, lo senti gridare e ti accorgi che è felice, mentre a volte rallenta il ritmo per vedere cosa accade e poi lo accelera per vedere come cambiano le cose. In questo modo, riesce a creare la vita e il movimento dei personaggi".
"La prima cosa che ti colpisce di Wes", afferma Balaban, "è la sua concentrazione imperturbabile. È come un raggio laser, contribuisce istantaneamente a immergere chiunque si trovi sul set o dietro le quinte nello stesso tipo di quiete. È concentrato, gentile e paziente, ed è incredibilmente insistente nell'ottenere ciò che vuole, senza però metterti sotto troppa pressione: è una forza della natura gentile. In scene in cui numerosi personaggi sono presenti nella stessa inquadratura, ed è necessario che sia la macchina da presa che i personaggi si muovano, ogni tanto finiamo per girare la stessa scena trenta o quaranta volte, perché ognuno deve riuscire a fare la cosa giusta a livello fisico, emotivo ecc. dato che non ci sono tagli. E dato che è un comunicatore geniale, trova sempre modi diversi per convincerti a fare ciò che lui vuole. Non ho mai lavorato con nessuno che fosse così bravo a costringere me e tutto il resto del cast a fare qualcosa senza farci sentire sotto pressione: al contrario, ti sembra di trovarti nel dipinto di un artista e vuoi esaudire la sua idea, il suo sogno".

Wright afferma: "Il rapporto tra un attore e un regista è fondato sulla fiducia. Altrimenti si scatena il caos. Wes è incredibilmente determinato e inarrestabile nell'inseguire il film che ha immaginato nella sua testa. È davvero meraviglioso, perché quando non lavora è leggermente riservato, esitante e un po' modesto in modo sincero, con un pizzico di timidezza. Ma quando arriva sul set diventa uno dei generali dello sbarco in Normandia. È incredibilmente concentrato, instancabile, intraprendente ed esigente nel miglior modo possibile, e in fin dei conti è proprio quello che tutti noi desideriamo: il ruolo di un regista è fondato principalmente sulla leadership e lui è un leader meraviglioso".
"Come attrice, mi sono accorta che bisogna comprendere e imparare un ritmo molto specifico quando si lavora con Wes", afferma Léa Seydoux. "È instancabile ed estremamente attento anche ai dettagli più microscopici. Rigira la stessa scena innumerevoli volte finché non ottiene quella sfumatura minuscola che fa la differenza, e ci riesce sempre con tanto umorismo!".

"C'era una sequenza che durava quasi quattro secondi, in cui affiggevo un pezzo di carta al muro e poi camminavo verso un jukebox. Mi pare che abbiamo girato 45 ciak", afferma Chalamet. "A un certo punto ho pensato: 'Sul serio?'. Ma poi ho capito. Quei momenti sono di grande ispirazione, perché cerca di spingersi oltre e insegue qualcosa di estremamente raffinato: quello che a me sembrava casuale era in realtà una sfumatura estremamente precisa su cui aveva riflettuto molto profondamente. Se la genericità è nemica dell'arte, allora Wes merita una statua".

Riassumendo

"Come ho imparato molto tempo fa, Wes getta delle basi molto precise per la composizione dell'inquadratura e la grammatica della scena", afferma Weisblum, "e all'interno di quella struttura predeterminata riesce a giocare per parecchio tempo con i suoi attori, sperimentando tante improvvisazioni diverse, o girando quella che noi chiamiamo una 'serie', in cui la macchina da presa continua a filmare per moltissimo tempo fino a che la pellicola non si esaurisce e dobbiamo caricarne un'altra. Wes continua a sperimentare con l'attore fino a che non sono entrambi soddisfatti e non c'è abbastanza materiale da esplorare. Gira sempre tantissimo materiale. Inoltre, come prevedibile, abbiamo un processo di montaggio piuttosto meticoloso che ci offre un ampio margine di manovra per sperimentare. Il suo processo comincia in modo estremamente rigido e poi esplode".

"In The French Dispatch", aggiunge Weisblum, "abbiamo trascorso moltissimo tempo a sperimentare, in parte perché stavolta avevamo tantissimi personaggi diversi con cui giocare. Tutto si è sviluppato in modo molto naturale e all'interno del nostro processo ci sono moltissime possibilità da esplorare finché il film non è finito. Di solito, negli altri film, si lavora a un primo montaggio e, una volta terminato, il film arriva ai responsabili del sonoro e al compositore, per poi passare al missaggio e agli effetti visivi. Ma nei progetti di Wes, tutto si svolge contemporaneamente. Il nostro sound designer lavora con noi fin dal premontato, a volte anche durante le riprese stesse. Fin da subito, abbiamo iniziato a lavorare alle musiche con Alexandre Desplat: gli mostravamo le sequenze e lui ci faceva ascoltare piccoli assaggi delle musiche che componeva, e partendo da quelle musiche iniziavamo a parlare di come utilizzare la colonna sonora all'interno del montaggio. Poi ci forniva degli stralci strumentali e in questo modo potevamo espandere e contrarre la colonna sonora a seconda delle nostre esigenze. E poi, Alexandre si è basato su tutto questo per creare la colonna sonora definitiva".

"In ogni film", afferma Desplat, "abbiamo fatto delle scelte molto precise selezionando un numero limitato di strumenti, che danno un colore ben preciso a ciascuna colonna sonora. Stavolta dovevamo trovare qualcosa che appartenesse soltanto a The French Dispatch e che non avesse nulla a che fare con GRAND BUDAPEST HOTEL o L'ISOLA DEI CANI. È come guardare uno strano albero che cresce un ramo alla volta. E la musica non viene utilizzata a ciclo continuo in tutto il film. È sempre piena di colori che cambiano, si ferma e ricomincia nei momenti più inaspettati. Se fate attenzione ai momenti in cui la musica viene utilizzata e al modo in cui comincia, vi accorgerete che nessun altro regista utilizza la colonna sonora in questo modo".
Anche il supervisore musicale Poster fa parte di questo processo creativo ininterrotto e in costante evoluzione. "La maggior parte del lavoro viene svolto tra un film e l'altro", afferma. "Il mio coinvolgimento per alcuni aspetti inizia quando le cose sono ancora in fase di ideazione. In questo caso il film è costruito attorno a libri e articoli di cui io e Wes abbiamo parlato in modo approfondito e anche attorno a musiche che ci siamo scambiati per vent'anni. Quindi, per me, vedere questi film che vengono girati e prendono vita è come assistere al ritorno di un membro della mia famiglia. Ne parliamo per anni e poi, improvvisamente, eccoli qui".
"È un processo organico che fa parte del nostro processo di montaggio", afferma Weisblum, "e non qualcosa che avviene al termine della realizzazione. Parliamo e discutiamo continuamente con tutti i nostri collaboratori".

"Quando vedi un qualsiasi fotogramma di un qualsiasi film di Wes, ti accorgi immediatamente che è diretto da lui", afferma Wright riassumendo l'unicità dell'arte di Anderson. "In qualche modo, credo che i suoi film siano profondamente legati al piacere provato da un bambino mentre ascolta una storia. I suoi film sono ambientati in una realtà esagerata, un po' come il modo in cui un bambino vede il mondo: i colori sono leggermente più intensi e gradevoli, la luce è leggermente più accesa e tutto possiede una qualità illustrativa, come se fosse uno spettacolo teatrale al cinema, ma allo stesso tempo si tratta di un'esperienza estremamente cinematografica. E tutte queste cose tirano fuori quel senso bambinesco di meraviglia che vive dentro ognuno di noi ed esce fuori quando ascoltiamo una storia".

"Definirei The French Dispatch un capolavoro girato da un filmmaker straordinario", afferma Adrien Brody parlando del prodotto finito. "Ed è stato davvero straordinario assistere da vicino all'evoluzione di questo filmmaker. Da molti punti di vista è come l'evoluzione di un pittore e ha lo stesso tipo di complessità e ricchezza. E in ogni fotogramma, c'è l'anima di un vero artista".

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